Musica: la psicologia del ballo

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Musica: la psicologia del ballo

Che la musica sia di Lady Gaga o Bob Marley, un computer ci sa riconoscere da come balliamo: alcuni
movimenti ci contraddistinguono.

27 FEBBRAIO 2020 | CHIARA GUZZONATO

Che vi muoviate come un manico di scopa o siate i nuovi Nureyev, il modo in cui ballate rivela molto
su chi siete e sulla vostra personalità: è quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori
dell’Università di Jyväskylä (Finlandia), pubblicato sul Journal of New Music Research. «È come se i
passi di danza fossero una sorta di impronta digitale», afferma Pasi Saari, uno degli autori della
ricerca. Il modo in cui ci muoviamo a ritmo di musica, oltre a renderci identificabili da un
computer, direbbe molto sulla nostra personalità e sul nostro umore: «Ognuno di noi balla in un modo
unico, con delle movenze tipiche che rimangono le stesse anche se cambia il genere musicale», spiega
Saari.

LET’S DANCE! Per i 73 volontari che hanno partecipato alla ricerca il compito è stato semplice (e
divertente): ballare sulle note di canzoni appartenenti a otto diversi generi di musica (blues,
country, dance/elettronica, jazz, metal, pop, reggae e rap). Durante il ballo sono stati “osservati”
da un computer che, tenendo traccia dei loro movimenti, ha cercato di distinguere un ballerino
dall’altro.

COMPITO INIZIALE: FALLITO. Inizialmente l’idea dei ricercatori era testare se il computer fosse in
grado di indovinare i diversi generi musicali sulle note dei quali ballavano i partecipanti. I
risultati in questo senso, però, sono stati piuttosto deludenti: solo la musica metal è stata
riconosciuta il 53% delle volte; riconoscere gli altri generi si è rivelata un’impresa piuttosto
ardua per il cervello elettronico, che ha avuto particolare difficoltà con la musica pop, azzeccata
solo in meno del 10% dei casi.

Il computer si è invece rivelato inaspettatamente abile a distinguere chi fossero i diversi
ballerini: a prescindere da quale musica stesse suonando, i partecipanti sono stati individuati
correttamente il 94% delle volte.

FUTURI SVILUPPI. La ricerca, però, non finisce qui: «Sono parecchie le domande a cui vogliamo dare
risposta», afferma Emily Carlson, a capo dello studio. «Ci interessa comprendere, ad esempio, se i
movimenti che ci contraddistinguono rimangono uguali durante il corso della vita, se esistono delle
differenze culturali, e come ci riconosciamo tra noi in base al nostro modo di muoverci a ritmo di
musica.»

www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/09298215.2020.1711778

da focus.it

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