Musicoterapia: suoni, ritmi e movimenti per favorire integrazione e qualità della vita

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Musicoterapia: suoni, ritmi e movimenti per favorire integrazione e qualità della vita

Il paziente diventa una parte attiva. Le differenze fra le varie scuole: somatica, psicosomatica, psicanalitica e umanistica

di Massimo Zamuner e Ennio Marchesi

TREVISO – Da un punto di vista scientifico, la musicoterapia è un ramo della scienza che tratta lo
studio e la ricerca del complesso rapporto suono-uomo, per definire gli elementi diagnostici e i
metodi terapeutici ad esso inerenti. Da un punto di vista terapeutico, la musicoterapia è una
disciplina paramedica che utilizza la musica e gli elementi sonoro musicali (il suono, il ritmo, il
movimento) in un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione,
l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi
terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive della persona.

La musicoterapia mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell’individuo in modo tale
che questi possa meglio realizzare l’integrazione intra e interpersonale e consequenzialmente possa
migliorare la qualità della vita grazie a un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico. La
musicoterapia è applicata da un musicoterapeuta qualificato e formato presso i conservatori e le
scuole specializzate, che gli permettono di acquisire modelli di riferimento, metodologie e tecniche basate su competenze musicali, mediche, psicologiche e psicopedagogiche.

I principi base della pratica musicoterapeutica sono:
1. il paziente è parte attiva della terapia;
2. la centralità del rapporto di fiducia e l’accettazione incondizionata rispetto al paziente; 3. l’adattamento e la personalizzazione della tecnica volta per volta; 4. scambio reciproco di proposte tra paziente e musicoterapeuta; 5. legame tra il musicoterapeuta e il paziente stabilito grazie al suono.

Il musicoterapeuta e gli elementi sonoro musicali sono quindi un mezzo attraverso i quali un
paziente può esprimere e percepire le proprie emozioni, mostrare o comunicare i propri sentimenti o
stati d’animo attraverso il linguaggio non-verbale. Tipico è il caso degli individui affetti da
autismo, cioè individui che sono in una condizione patologica, per cui tendono a rinchiudersi in se
stessi rifiutando ogni comunicazione con l’esterno. La musica dunque permette al mondo esterno di
entrare in comunicazione con il bambino o l’adulto, favorendo l’inizio di un processo di apertura.

Poiché sostanzialmente la musicoterapia è una modalità di approccio alla persona, si configureranno
ambiti diversi di applicazione della metodica a seconda che l’utente sia singolo o gruppo, paziente
o discente. Un’ulteriore moltiplicazione dei modelli musicoterapici si avrà poi in relazione alle
finalità che si vogliono perseguire. Storicamente possiamo distinguere la musicoterapia attiva
(suonare) da quella recettiva (ascoltare), ma è una discrezione limitata, poiché lo stesso metodo può cambiare a seconda dell’applicativo.

Si può invece evidenziare una più precisa differenza tra le Scuole in base al core d’intervento che può essere psicanalitico, psicosomatico, somatico e umanistico.

1. Scuole a impianto somatico
In questi casi l’utente è un singolo paziente. Il fine è terapeutico. 2. Scuole d’impianto psicosomatico
L’utenza è costituita da singoli o gruppi. Spesso, ma non solo, bambini, anziani e disabili mentali.
Il fine è sviluppare o mantenere le capacità cognitive, espressive e di apprendimento, orientamento e coordinamento motorio.
3. Scuole a impronta psicanalitica
L’utenza è costituita da singoli o gruppi. Il fine è sviluppare gli aspetti sociali della persona. 4. Musicoterapia umanistica
La musicoterapia può essere utilizzata a vari livelli, quali l’insegnamento, la riabilitazione o la
terapia. Per quanto riguarda la terapia e la riabilitazione, gli ambiti di intervento riguardano preminentemente la neurologia e la psichiatria:
autismo infantile
ritardo mentale
disabilità motorie
morbo di Alzheimer ed altre demenze
psicosi
disturbi dell’umore
disturbi somatoformi (in particolare sindromi da dolore cronico) disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa)
Altre applicazioni sono state studiate in campo anestesiologico e chirurgico, come l’uso pre-operatorio.

Direttore Sanitario Arep Onlus: Massimo Zamuner
Musicoterapeuta: Ennio Marchesi

da gazzettino.it

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