di Jack Kornfield
Traduzione di Beatrice Taboga
[Tratto da ‘After the Ecstasy the Laundry’, ed.Bantam Books, New York, 2000]
Un’antica storia indiana racconta di un giovane
uomo, Naciketa, e di come venne a trovarsi
faccia a faccia con la Morte.
Naciketa si era reso conto della brevità della
vita dopo che, per cause diverse, alcuni dei suoi
amici erano morti. Era diventato allora consapevole
di come si sia soliti vivere molto superficialmente
quando si inseguono o si ricercano solo
soddisfazioni mondane, senza alcuna comprensione
spirituale degli avvenimenti che accadono.
Essendo figlio di un ricco mercante, sapeva bene
che la gioia del cuore non dipende dalle cose
che si possiedono. Questa consapevolezza spiega
la reazione che ebbe quando suo padre venne
convinto dai bramini della sua città a fare una
grande donazione al tempio per assicurarsi una
futura buona rinascita. Naciketa era rimasto
scioccato dall’idea che si potessero acquistare
meriti grazie a un magnifico evento pubblico che
doveva aver luogo nella piazza principale della
città e davanti a tutti i cittadini.
Quando arrivò il giorno fatidico suo padre
dichiarò solennemente: “Offro al tempio tutto il
mio bestiame, il mio oro e tutto ciò che possiedo
di valore”. “Ah, veramente offri tutto ciò che possiedi?”
chiese provocatoriamente e pubblicamente Naciketa.
” E di me che ne farai?”. Il padre
rimase senza parole davanti alla sua sfrontatezza
poi, arrabbiato, gli rispose: “Offro anche te.
Sono disposto a morire anche come padre e
quindi qui, ora, ti offro alla morte”. Con gli occhi
fiammeggianti Naciketa gli rispose: “E io accetto!”
Il giorno dopo se ne andò di casa. Camminò
per giorni e giorni, finché giunse in un luogo
sperduto nelle profondità della giungla. Lì si
fermò e si sedette, aspettando che la Morte gli si
mostrasse.
Per tre giorni e tre notti rimase seduto
immobile e concentrato, determinato a snidarla,
determinato ad affrontarla; ormai la sua
ricerca spirituale l’aveva portato fin là e voleva
scoprire che faccia avesse. Rimase lì fermo e,
nonostante la fame, il dolore e la stanchezza, alla
fine si ritrovò nel regno di Yama, il dio della
Morte, conosciuto anche con l’appellativo “La
resa dei conti”.
Lì incontrò i suoi tre assistenti “
la pestilenza, la fame e la guerra ” che gli spiegarono
che il dio Yama non c’era perché era in
giro a riscuotere gli affitti”. “Bene ” disse
Naciketa ” aspetterò che torni”.
Tre giorni dopo, quando ritornò la Morte, i
suoi assistenti la informarono che un giovane
uomo, uno proprio strano, era venuto a cercarla.
Di solito, gli esseri umani che sentono parlare
del Signore della Morte scappano dalla parte
opposta, mentre questo strano ragazzo lo stava
aspettando impavido da tre giorni. Il dio Yama si
recò allora da Naciketa e, dopo averlo salutato, si
scusò con il ragazzo per averlo fatto aspettare
per tre giorni: “Benvenuto nel mio regno. Vedo
che sei un uomo in ricerca, in viaggio alla ricerca
di risposte. Mi dispiace di averti fatto aspettare e,
per scusarmi, voglio farti un dono. Puoi chiedermi
tre cose che ti possono essere utili in questo
tuo viaggio”
Nel corso della sua ricerca e mentre sedeva
immobile aspettandolo, Naciketa era entrato
nello spazio-limite che si situa tra le parole dove
si può intuire e rivelare la verità. Ecco che ora
poteva scegliere tre doni. Con la mente pura, in
uno stato luminoso, riconobbe ciò che più gli
poteva essere utile per andare avanti.
Il primo dono che chiese fu il perdono per
sé e per tutti coloro che aveva fatto soffrire:
“Vorrei che mio padre mi guardasse con la stessa
gioia che provò il giorno in cui venni al mondo”.
Naciketa aveva capito che solo lasciando
andare il passato, solo riconciliandosi con tutto
ciò che era rimasto inconcluso nel suo cuore,
avrebbe potuto continuare il suo viaggio.
Chiedendo perdono per sé, Naciketa stava
anche perdonando suo padre, dato che il perdono
deve sempre viaggiare in due direzioni. Non
è solo una questione di volontà, né il perdono è
sempre facile. Saper perdonare può richiedere
di aprirci ad un lungo processo per lasciar andare
la rabbia, la tristezza, il dolore. Perdonare non
significa giustificare o condonare le ingiustizie
che possiamo aver subito in passato. Possiamo
riprometterci dal profondo del cuore che ciò
non accadrà mai più in futuro, ma alla fine,
comunque, il perdono è semplicemente lasciar
andare tutta la rabbia e il dolore vissuti nel passato.
È attraverso la gentilezza che ammorbidisce
e scioglie tutta la durezza accumulata che noi ci
liberiamo dal ripetere ciecamente e inconsapevolmente
ciò che in passato è avvenuto e che
sarebbe destinato a ripetersi nel futuro.
Perdonare significa non chiudere una persona
fuori dalla porta del nostro cuore e Naciketa
si era reso conto che, se voleva continuare la sua
ricerca con tutto se stesso, non poteva tenere
suo padre ancora fuori dal suo cuore.
La ricompensa per il perdono è la vita che
viene riunificata, risanata e il dono del perdono
fece sentire a Naciketa che il suo cuore si era
aperto ed ora era libero.”
Guardandolo negli occhi, il Signore della
Morte gli disse: Il tuo primo desiderio era saggio,
Naciketa, cosa vuoi come secondo dono?
Parla!”.
Dopo aver riflettuto in silenzio per un
momento, Naciketa gli disse: “Ti chiedo di darmi
il fuoco interiore”. Naciketa aveva capito che, per
farcela, nella sua ricerca spirituale, avrebbe avuto
bisogno di ardore e di coraggio per seguire il
cammino interiore con tutto se stesso. Richiese
quindi la forza per dedicarsi anima e corpo alla
sua ricerca: il fuoco interiore è l’energia di un
cuore totale, è passione spirituale, è risveglio
totale di tutto l’essere.
Questa passione, questa pienezza, non ha
nulla a che spartire con l’ambizione, lo sforzo o
l’attaccamento a un obiettivo. Non è uno sforzo
per fare progressi, per diventare migliori o per
ottenere qualcosa di speciale. Richiedendo il
dono del totale risveglio, Naciketa non intendeva
chiedere di poter arrivare alla fine di un viaggio
immaginario, bensì di essere totalmente presente,
sveglio, proprio dove era, in ogni istante.
Perché ciò sia possibile serve l’energia di una
consapevolezza totale. Di nuovo, il Signore della
Morte riconobbe la saggezza della richiesta e gli
fece il dono della forza interiore.
Libero finalmente dalle restrizioni e dalle
resistenze del vecchio conflitto e pieno ora dell
energia senza limiti della perseveranza,’
aciketa aveva già molto di ciò che serve per
essere iniziato.
“Qual è ora la tua ultima richiesta?” gli chiese
quindi il Signore della Morte. Dopo aver riflettuto,
Naciketa lo guardò e disse: “Chiedo ciò che
non muore.” Con una certa sorpresa, il Signore
della Morte guardò questo ragazzo che, potendo
chiedere ogni cosa, gli stava facendo invece questa
richiesta.
Il Signore della Morte decise di fargli
vedere tutto ciò che invece avrebbe potuto
chiedergli: un intero harem di meravigliose
ragazze che avrebbero potuto accompagnarlo
nel suo viaggio; un carro regale, splendido, tutto
ricoperto d’oro, trainato dai cavalli più belli e
più veloci del mondo o uno splendido palazzo
in cui Naciketa avrebbe potuto vivere come un
re. Naciketa vide tutto questo ed altro ancora.
“Perché non scegliere tra questi doni?” gli propose
la Morte. Ma il ragazzo era determinato a non
lasciarsi abbindolare e le rispose: “Ma tutte queste
cose che ora mi hai fatto vedere non sono
destinate a tornare presto a far parte del tuo
regno?”.
Il Signore della Morte, vedendo la sua
lungimiranza, sorrise e disse: “È vero”.
“Allora ti chiedo di nuovo ciò che non muore”, ribadì
Naciketa.
Solo allora la Morte si arrese: “Va bene,
esaudisco anche la tua ultima richiesta” e –
dicendolo – si apprestò a consegnare a Naciketa
un dono semplice e straordinario al tempo stesso:
uno specchio.
” Se tu vuoi conoscere il segreto
dell’immortalità, non posso aiutarti più di
così. Tu stesso devi guardare diritto dentro di te
e ti devi porre ripetutamente la più grande delle
domande che un essere umano si può fare: “Chi
sono io?”. Guarda oltre il tuo corpo, oltre i tuoi
pensieri e in questo modo, Naciketa, troverai la
risposta che cerchi”
.
Che ciò avvenga grazie a una iniziazione o
grazie alla meditazione, anche noi dobbiamo
guardare in faccia la morte. Dobbiamo riuscire a
risponderci alla domanda : “Chi è che nasce? Chi
è che muore?”. Quando Naciketa guardò dentro
lo specchio sacro, entrò nel processo spirituale
profondo che porta a scoprire ciò che è immortale.
Quando tutto ciò a cui si attaccava venne
lasciato andare e un profondo abbandono lo
abitò completamente, ecco sorgere un cuore
puro, senza tempo, e Naciketa fu libero.
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