12 dicembre 2013
Forse non c’è mai stato alcun big bang e il tempo non ha mai avuto un inizio ma si estende
all’infinito nel passato. Sono queste le conseguenze della cosiddetta “gravità arcobaleno”,
un’ipotesi secondo cui le diverse lunghezze d’onda della luce risentirebbero in modo diverso della
curvatura dello spazio-tempo. Gli strumenti che potrebbero controllare sperimentalmente questa
teoria stanno raggiungendo la sensibilità necessaria
di Clara Moskowitz
E se l’universo non avesse avuto un principio, e il tempo si estendesse indietro all’infinito, senza
un big bang che abbia dato inizio alle cose? E’ una possibile conseguenza di un’idea chiamata
gravità arcobaleno, che postula che gli effetti della gravità sullo spazio-tempo si facciano
sentire in modo diverso alle diverse lunghezze d’onda della luce, come i diversi colori
dell’arcobaleno.
La gravità arcobaleno è stata proposta per la prima volta dieci anni fa come un possibile passo
verso la soluzione delle incongruenze tra la teorie della relatività generale (che riguarda il molto
grande) e la meccanica quantistica (che riguarda il regno del molto piccolo). Non si tratta di una
teoria completa per descrivere gli effetti quantistici sulla gravità, né è ampiamente accettata.
Tuttavia, i fisici hanno applicato il concetto al problema di come l’universo potrebbe aver avuto
inizio, scoprendo che, se la gravità arcobaleno è corretta, la storia dell’origine dello
spazio-tempo può essere drasticamente diversa dallo scenario del big bang.
Secondo la relatività generale di Einstein, gli oggetti massicci deformano lo spazio-tempo in modo
tale per cui tutto ciò che viaggia attraverso di esso, inclusa la luce, segue un percorso
curvilineo. La fisica standard dice che questo percorso non dovrebbe dipendere dall’energia delle
particelle che si muovono attraverso lo spazio-tempo, mentre invece è così secondo la gravità
arcobaleno. Le particelle con energie differenti vedranno effettivamente spazi-tempo diversi e
diversi campi gravitazionali, dice Adel Awad, del Centro di fisica teorica presso la Città della
scienza e della tecnologia Zewai, in Egitto, che ha diretto la nuova ricerca, pubblicata a ottobre
sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics. Il colore della luce è determinato dalla
frequenza, e a diverse frequenze corrispondono energie diverse; le particelle di luce (fotoni) dei
diversi colori viaggerebbero così su percorsi dello spazio-tempo leggermente differenti, in funzione
della loro energia.
Gli effetti di solito sono piccoli, tanto da non poter notare la differenza nella maggior parte
delle osservazioni di stelle, galassie e altri fenomeni cosmici. Ma per energie estreme – come nel
caso delle particelle emesse dalle esplosioni stellari note come lampi di raggi gamma (gamma-ray
burst) – il cambiamento potrebbe essere rilevabile. In simili situazioni, i fotoni di diverse
lunghezze d’onda rilasciati dallo stesso gamma-ray burst raggiungerebbero la Terra in tempi
leggermente diversi, dopo aver seguito percorsi leggermente alterati nell’arco di miliardi di anni
luce di spazio e tempo. Finora non abbiamo alcuna prova conclusiva che questo stia accadendo,
spiega Giovanni Amelino-Camelia, dell’Università Sapienza di Roma, che ha studiato la possibilità
di simili segnali. Gli osservatori attuali, però, stanno raggiungendo solo ora la sensibilità
necessaria per misurare questi effetti, sensibilità che dovrebbe migliorare nei prossimi anni.
Per quanto ormai rare, le energie estreme necessarie a far emergere conseguenze significative dalla
gravità arcobaleno, erano prevalenti nel denso universo primordiale, e questo potrebbe significare
che le cose siano cominciate in un modo radicalmente diverso da quanto si tende a pensare. Sulla
base di interpretazioni leggermente differenti delle ramificazioni della gravità arcobaleno, Awad e
colleghi hanno trovato due possibili origini dell’universo.
In uno scenario, se si ripercorre il tempo all’indietro, l’universo diventa sempre più denso,
avvicinandosi a una densità infinita senza però mai raggiungerla. Nell’altro scenario, guardando
indietro nel tempo, l’universo arriva a una densità estremamente elevata, ma finita, raggiungendo un
plateau. In nessuno dei due casi c’è una singolarità, un punto nel tempo in cui l’universo è
infinitamente denso; in altre parole, non c’è un big bang. Questo è stato, ovviamente, un risultato
interessante, perché nella maggior parte dei modelli cosmologici abbiamo una singolarità, dice
Awad. Il risultato suggerisce che forse l’universo non ha avuto alcun inizio, e che il tempo può
perdersi in una infinita lontananza.
Anche se è troppo presto per sapere se questi scenari possano corrispondere al vero, sono certamente
affascinanti. Questo articolo e alcuni altri mostrano che questa idea di gravità arcobaleno
potrebbe legittimamente aspirare a un posto nella cosmologia, e questo per me è incoraggiante”, dice
Amelino-Camelia, che non è stato coinvolto nella ricerca, ma ha studiato i contesti teorici che
permetterebbero lo sviluppo di una teoria quantistica della gravità. Nella gravità quantistica
stiamo scoprendo sempre più esempi in cui compare la caratteristica che si può chiamare gravità
arcobaleno. E’ qualcosa che diventa sempre più avvincente.
Eppure l’idea ha i suoi critici. E’ un modello che non credo abbia a che fare con la realtà,
spiega Sabine Hossenfelder del Nordic Institute for Theoretical Physics di Stoccolma, aggiungendo
che non è l’unico modo per togliere di mezzo la singolarità del big bang. Il problema non è
rimuovere la singolarità, il problema è modificare la relatività generale in modo coerente, cioè in
modo che produca ancora tutte le sue conquiste e, in più, quelle del modello standard della fisica
delle particelle.
Lee Smolin del Perimeter Institute for Theoretical Physics, in Ontario – che per primo, insieme a
Joao Magueijo dell’Imperial College di Londra, ha suggerito l’idea di gravità arcobaleno – dice che,
nella sua testa, la gravità arcobaleno fa parte di un’idea più ampia, chiamata località relativa.
Secondo la località relativa, osservatori situati in diverse località di tutto lo spazio-tempo non
saranno d’accordo sul punto in cui avvengono gli eventi; in altre parole, la posizione è relativa.
La località relativa è un modo più profondo di intendere la stessa idea di gravità arcobaleno,
dice Smolin. Il nuovo articolo di Awad e colleghi, aggiunge, è interessante, ma prima di credere
davvero nel risultato, vorrei riformularlo nel quadro della località relativa. Potrebbero esserci
problemi nel modo in cui è scritta la località e dei quali gli autori potrebbero non essere
consapevoli.
Nei prossimi anni i ricercatori sperano di analizzare i lampi di raggi gamma e altri fenomeni
cosmici alla ricerca di segni degli effetti della gravità arcobaleno. Se li troveranno, potrebbe
significare che l’universo ha una storia più colorata di quanto pensato.
iopscience.iop.org/1475-7516/2013/10/052/
(La versione originale di questo articolo è apparsa su scientificamerican.com il 9 dicembre.
Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)
www.scientificamerican.com/article.cfm?id=rainbow-gravity-universe-beginning
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