Neuro-informatica BrainGate

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Neuro-informatica BrainGate

di: Alessio Mannucci

La Food and Drug Administration, il severo organismo americano che supervisiona il mercato
dell’alimentazione e della sanità, ha dato il via libera alla sperimentazione clinica di impianti
elettronici nel cervello. La notizia, pubblicata dal New York Times, è destinata a fare rumore.
L’”interfaccia neurale”, chiamata “BrainGate”, è di proprietà della Cyberkinetics, un’azienda del
Massachusetts, che aveva chiesto alla FDA il permesso di poterla sperimentare sugli esseri umani già
nel gennaio scorso.

Ma di che si tratta?

Di un vero e proprio “neuro-chip” da impiantare sulla corteccia cerebrale, giusto sopra l’orecchio
destro, nel tentativo di interpretare i segnali provenienti dai neuroni ed elaborarli tramite un
computer. Si tratta di un dispositivo composto da un array di un centinaio di elettrodi capaci di
monitorare un alto numero di neuroni. Per impiantarli, viene praticato un piccolo foro nella scatola
cranica al di sopra dell’orecchio e in quella sede viene piazzato il “sensore” da 2 millimetri, a
diretto contatto con la parte della corteccia cerebrale che controlla il movimento. L’array verrà
spinto nella corteccia fino ad una profondità non superiore al millimetro.

“L’impianto – afferma l’azienda – consentirà la raccolta dei segnali dalla corteccia, affinché
vengano elaborati e analizzati, producendo in questo modo una interfaccia con un personal computer.
In questo modo, BrainGate dovrebbe consentire a questi pazienti di utilizzare il computer come mezzo
per comunicare e controllare semplici dispositivi che si trovano nel loro ambiente”.

Alla Cyberkinetics dicono che il dispositivo – già testato con successo sulle scimmie – potrebbe
essere sul mercato per il 2007. La sperimentazione appare giustificata in vista dell’uso del
BrainGate per ridare autonomia ai cerebrolesi. Come ha sottolineato uno dei fondatori della
Cyberkinetics, nonché preside del Dipartimento di Scienze Neurologiche della Brown University, John
P. Donoghue, “il controllo cerebrale può sostituire quello manuale”.

Ma possiamo facilmente immaginare a quali altri scopi, ovviamente non dichiarati, sia destinata una
tale tecnologia.

NEURAL PROSTHESIS PROGRAM

Alan Rudolph della DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), ad esempio, tempo fa
dichiarava che il Neural Prosthesis Program produrrà una nuova generazione di elettrodi, chip e
software per computer che potranno consentire ai soldati di controllare arti artificiali
superveloci, di pilotare veicoli a distanza e di guidare robot mobili in ambienti pericolosi, usando
solo la forza del loro pensiero. Apparecchi che velocizzeranno i processi decisori, miglioreranno le
capacità cognitive e la memoria e renderanno possibile comunicare senza fili tra cervelli di persone
diverse.

THE TURING OPTION

Fantascienza o fantarealtà? Sempre più difficile dirlo.

Di certo, lo scopo non dichiarato di queste sperimentazioni è quello di giungere alla
riprogrammazione neurale e a tecniche neuro-informatiche di lavaggio del cervello proprio come
quelle immaginate da Harry Harrison e Marvin Minsky (The Turing Option), Philip Dick e da tutto il
cyberpunk.

Anzi, si ha quasi la sensazione che i moderni neuro-scienziati siano figli proprio di questo
immaginario distopico, che invece di produrre degli anticorpi memetici ha generato proprio quel
mondo a cui cercava di opporsi.

Da anti-utopia a realtà distopica.

Di fatto, ci troviamo immersi in un metaverso da incubo proprio come immaginato dagli scrittori di
fantascienza, gli ultimi profeti. Nessuno, e dico nessuno, è stato capace di immaginare, e di
conseguenza creare, un mondo parallelo anti-distopico. Un altro mondo possibile per il momento
rimane solo uno slogan privo di significato. Nella guerra tra memi ha trionfato il meme egoista.

Alessio Mannucci
E-mail: hugofolk@ecplanet.com

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