Maghi e neuroscienziati lavorano insieme già da qualche tempo alla scoperta di alcuni meccanismi con
cui funziona il nostro cervello, in particolare sui temi di comune interesse di attenzione,
consapevolezza e percezione. Una conferenza appena conclusa in Spagna ha aggiornato lo stato
dell’arte nelle rispettive conoscenze e nei vari progetti di collaborazione.
di Mariette DiChristina
VIDEO: Apollo Robbins dimostra il trucco dell’orologio alla conferenza “Neuromagic 2012”
www.lescienze.it/news/2012/05/23/video/neuroscienze_magia_spostare_attenzione_furto_orologio-
1043388/1/
“Vedo che il suo orologio ha un cinturino con la fibbia.” In piedi accanto a me, Apollo Robbins mi
teneva lievemente il polso e mi faceva ruotare la mano. Sapevo benissimo quel che mi aspettava, ma
ci sono cascata lo stesso. “Sì”, ho detto, cercando di tenerlo d’occhio, “per lei sarà piuttosto
facile da portar via. Ma con gli anelli sarebbe più difficile”. Gentilmente, si è detto d’accordo,
prima guardandomi le mani e poi negli occhi. “E secondo lei quale sarebbe il più difficile da
rubare?” Stavo ancora pensando a come rispondere, e lui già mi aveva preso l’orologio e se l’era
messo al polso dietro la schiena, inosservato.
Robbins non aveva fatto altro che orientare abilmente il riflettore della mia attenzione, il centro,
momento per momento, della consapevolezza. Per nascondere il furto, aveva usato la cosiddetta
misdirection: mi ha fatto badare alla cosa sbagliata, ha accresciuto il carico cognitivo del mio
cervello con le sue chiacchiere spiritose, ha dato luogo dentro di me a un dialogo interiore,
distraendo la mia attenzione dandomi una domanda cui rispondere; e intanto disorientava le mie
percezioni con piccoli tocchi sulla spalla e sul polso.
Per aggiungere il danno alle beffe, Robbins aveva appena descritto ciò che fa, e illustrato la
tecnica rubando al volo un altro orologio e svuotando le tasche dell’amabile Flip Phillips dello
Skidmore College. Eppure, non avevo la minima possibilità. Come ho reagito all’essermi fatta fregare
così facilmente? Con una gran risata.
Isole della realtà soggettiva
Eravamo alla conferenza “Neuromagic 2012”, che si è tenuta dal 7 al 10 maggio all’isola di San Simón
(detta anche, appropriatamente, l’Isola del Pensiero), sulla costa settentrionale spagnola, ed è
stata organizzata da Susana Martinez-Conde e Stephen Macknik del Barrow Neurological Institute.
Scopo delle discussioni, portare avanti un’affascinante area delle ricerche sul cervello che
abbraccia attenzione e consapevolezza, alcuni aspetti della percezione e, in ultima analisi, la
ricerca sulla coscienza.
Cosa ci fanno gli scienziati insieme agli artisti della prestidigitazione? I loro trucchi, affinati
nel corso dei decenni, rivelano che la gente risponde a certe situazioni in modo specifico. Come
detective in cerca di nuovi indizi, gli scienziati possono sfruttare le conoscenze dei maghi per
ricavarne idee da mettere alla prova in laboratorio. E ai maghi conoscere certi principi di
funzionamento del cervello – cioè come mai un dato trucco funziona in quel certo modo – può
suggerire nuove vie per far progredire la propria arte, sviluppando nuovi trucchi o migliorando i
vecchi. (Su “Nature Reviews Neuroscience”, nel novembre 2008, è uscito un lavoro scritto in
collaborazione da scienziati e illusionisti.)
La conferenza ha esaminato diversi aspetti dell’attenzione. Macknik ha aperto i lavori spiegando che
il cervello costruisce la nostra esperienza della realtà partendo da un insieme di strumenti
biofisici davvero imperfetti, e in ultima analisi crea “una grandiosa simulazione di tutto quel che
abbiamo intorno”. Per esempio, ha detto, “le vostre pupille dispongono di un megapixel; la vostra
macchina fotografica ne ha otto”. Oltre a raccogliere da una scena una quantità di informazione
relativamente ridotta, l’occhio ha poi una grossa macchia cieca, nel punto in cui il nervo ottico
che convoglia l’informazione al cervello passa attraverso la retina che raccoglie la luce nella
parte posteriore dell’occhio; è il cervello che riempie il buco del campo visivo creando l’illusione
che la visione funzioni come un macchina da presa dal campo ininterrotto.
Il quadro della realtà che produciamo internamente è soggettivo, e soggetto a varie influenze. “I
maghi sono gli artisti dell’attenzione e della consapevolezza”, dice Macknik. Usano varie tecniche,
fra cui appunto la misdirection, per gestire l’attenzione del pubblico. E sfruttano anche altri
punti deboli del cervello, come l’incapacità di notare piccole alterazioni in una scena (“cecità al
cambiamento”), la molteplicità dei modi in cui comunicano gli esseri umani, e molte altre cose. In
ultima analisi, dice Macknik, “I maghi orientano il riflettore dell’attenzione altrui in una sorta
di jujitsu mentale.”
Le finestre dell’anima
Un aspetto importante della comunicazione umana sta nel seguire i movimenti oculari altrui. “Si
potrebbe definire un magio come una persona che controlla gli occhi degli altri”, ha detto Macknik.
In un recente studio, per esempio, Robbins ha aiutato gli scienziati a cercare i perché di una sua
osservazione: gli occhi del pubblico seguivano un movimento curvilineo con più attenzione di un
movimento diritto. (lo studio è stato pubblicato nella rivista “Fontiers in Human Neuroscience”).
Quando un movimento avviene solo fra due punti – per esempio quando una mano si sposta da sinistra a
destra – l’occhio tende a saltare dal punto iniziale a quello finale, e poi a tornare indietro di
colpo. Questo può essere un problema per un illusionista che sta cercando di muovere qualcosa
tenendola fuori dal campo visivo. Le curve, al contrario, come è stato documentato ora in
laboratorio, “sono qualcosa di molto particolare per il sistema visivo. Il movimento curvilineo
spinge gli occhi a seguirlo più da vicino del movimento in linea retta”, dice Martinez-Conde. Quando
il mago muove una mano da sinistra a destra lungo una linea curva, l’attenzione del pubblico ne
segue l’arco, e non torna di scatto al punto di partenza. “Apollo merita un grosso riconoscimento
per esser stato il primo a farcelo notare”, ha detto la studiosa.
La percezione visiva è così importante per la sopravvivenza che anche quando si verificano certi
danni specifici alle vie neurali della visione cosciente i pazienti restano in grado di ricevere
informazioni visive. Beatrice de Gelder dell’Università di Tilburg, in Olanda, che ha parlato alla
conferenza, ha lavorato con pazienti dotati di questa “visione cieca”. Un’altra linea di ricerca
mostra che studiare lo sguardo nei bambini appena nati può contribuire a rivelare l’insorgere di
sintomi autistici che provocano deficit di comunicazione, dice Jed Elison del California Institute
of Technology.
Dato che gli occhi rivelano molto dei nostri pensieri, i giocatori di poker spesso li mascherano con
occhiali e cappucci. May Maceiras, una veterana dei tornei,li usa per spiare i segnali corporei che
possono accompagnare una certa decisione di gioco degli altri giocatori”Dopotuttonon si gioca con le
carte, ma con le persone”, ha detto. “Già solo guardandoli, posso ricavare parecchie informazioni
dai miei avversari.”
Phillips, dello Skidmore College, studia i movimenti biologici ingannevoli: le “finte” che facciamo
per ingannare gli avversari nei giochi, nello sport e nell’illusionismo “per sviarne l’attenzione o
impegnarli in un movimento biofisico che poi non possono più evitare di completare”. Animazioni
software realizzate a partire da registrazioni video per punti dei movimenti di soggetti viventi
aiutano gli scienziati a suddividere in fasi le manovre d’inganno, in modo da scoprire in quale
punto chi le esegue può lasciar capire a un osservatore ciò che sta cercando di fare. Per esempio,
c’è una manovra in cui il prestigiatore crea l’illusione che una moneta sia passata da una mano
all’altra. Nei loro studi, Phillips e colleghi hanno scoperto che i novellini rivelano le proprie
intenzioni con una visibile tensione dei muscoli dell’avambraccio e movimenti esagerati. “In ben
poco tempo, ci arrivano un sacco di informazioni visive”, ha aggiunto.
La comunicazione è influenzata anche da chi siamo e con chi stiamo interagendo, ha detto Ava Do, che
ha lavorato in psicologia clinica prima di passare alla magia. Certi trucchi quasi scontati per gli
uomini, non è affatto detto che funzionino quando è lei a eseguirlo. “Mi è toccato imparare nel modo
più difficile che un sacco di cose che vanno bene per un mago maschio non funzionano necessariamente
anche per me”, ha detto. Forse gli studi potrebbero dirci quali sono le differenze che contano.
Tutti amano le storie
Le narrazioni, che impegnano la capacità di elaborazione del cervello creando una trama interessante
che si fa seguire dagli ascoltatori, è stata efficacemente impiegata da alcuni dei maghi
partecipanti al convegno, come il grande demistificatore americano del soprannaturale, James Randi,
e lo spagnolo Kiko Pastur. Tutti e due hanno dato dimostrazioni di come l’intenso uso di una linea
narrativa possa fuorviare gli spettatori, con effetti deliziosi.
Mentre scambia battute con qualcuno degli astanti, le domande di Robbins sono intese anche a far
nascere un dialogo interno che occupi parte della larghezza di banda di cui dispone il cervello.
Spiega che cerca di tenere impegnate quelle che chiama “le due guardie giurate del cervello”. L’idea
è che queste due metaforiche guardie si mettano a discutere fra loro su quali sono le cose cui
devono stare più attente, così si distraggono e il furto diventa più facile. “I dollari mentali che
possiamo spendere non sono più di tanti”, ha aggiunto. Una volta che li ha spesi, la vittima non ha
più niente con cui affrontare quel che sta succedendo davvero. E via! Il portafoglio non c’è più.
A condurci fuori strada possono essere anche aspettative consapevoli e cose che diamo
automaticamente per scontate su base statistica. Amir Raz della McGill University, ha spiegato che i
suggerimenti degli “effetti d’aspettativa” prodotti dai processi top-down (cioè quelli della
coscienza) possono farci pensare che stia succedendo qualcosa quando non è vero.
La percezione è una medaglia a due facce
Esaminare l’interfaccia tra scienza e magia ha fatto fare passi avanti a tutte e due le discipline.
Il mago spagnolo Miguel Angel Gea, ha raccontato che dopo la conferenza Neuromagic dello scorso anno
si è messo a pensare al fenomeno del filling in (riempimento), in cui il cervello vede una parte di
uno schema e lo completa da solo, e l’ha usato in uno stupendo trucco con carte e monete. Ha poi
aggiunto che uno dei vantaggi dell’imparare nuove cose sul cervello è che così può spingersi ancora
più lontano con le sue magie. Per esempio, può sostituire il mazzo truccato che usa per un certo
numero con vere carte da gioco, perché la miglior comprensione del modo in cui lavora il cervello
gli consente di produrre lo stesso effetto con un mazzo normale.
In uno studio recente, Luis Martínez Otero dell’Istituto per le Neuroscienze di Alicante, in Spagna,
ha usato un numero vecchio di un secolo detto Princess Card Trick per mettere alla prova l’abilità
degli osservatori nell’individuare i cambiamenti di una scena. “Non siamo affatto bravi a
individuare le discontinuità, un difetto percettivo che può far comodo ai maghi. Noi sperimentamo il
mondo come continuo”, ha spiegato Martinez, “Ma non è così che lo percepiamo”.
Nello studio, i ricercatori presentavano un gruppo di carte; e poi tornavano a presentarlo con una
carta in meno. Anche se i soggetti non sapevano consapevolmente quale carta era cambiata (“cecità al
cambiamento”), quando erano invitati a scegliere in gran parte dei casi lo facevano nel modo
giusto, mostrando di aver inconsciamente elaborato l’informazione. (I soggetti riuscivano a farlo
piuttosto bene anche quando i ricercatori sostituivano le carte con immagini di visi umani).
Prima di presentare le carte per la seconda volta, i ricercatori hanno anche verificato varie
possibilità di interferire con l’elaborazione inconscia: con una domanda collegata a quel che
stavano facendo (“Lei gioca a carte?”); con una domanda su un argomento del tutto diverso (“È mai
stato sulla Torre Eiffel?”); o chiedendo ai soggetti di “concentrarsi su” (invece che di “pensare
a”) una certa carta. Hanno scoperto che ogni compito aggiunto abbassava la precisione del soggetto.
Macknik ha commentato che questo era un magnifico esempio di come la magia può additare nuove
direzioni agli studiosi delle neuroscienze: “Ora i neuroscienziati possono cercar di vedere cosa
succedere nei neuroni” durante questo trucco. “I maghi “assomigliano un po’ a ricercatori in
laboratorio”, ha detto Ava Do. Ma quando si lavora con il pubblico ci sono un sacco di fonti di
confusione, non c’è modo di isolare i singoli fattori e concentrarsi su una variabile alla volta.
Svelando in laboratorio il motivo per cui funzionano certe cose, gli scienziati possono aiutare i
maghi a migliorare le loro illusioni.
“Trovo eccitante questa collaborazione”, commenta D. J. Grotte, presidente dalle James Randi
Educational Foundation ed ex mago, “anche se non sempre è facile in un mondo che privilegia il
segreto”. In ultima analisi, ha aggiunto Robbins, “si lavora insieme a capire i processi della
percezione”.
www.illadesansimon.org/neuromagic.php
macknik.neuralcorrelate.com/pdf/articles/macknik_etal_NRN_2008.pdf
www.frontiersin.org/human_neuroscience/10.3389/fnhum.2011.00133/abstract
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su www.scientificamerican.com il 14 maggio 2012;
riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)
da lescienze.it
Lascia un commento