Neuromusicologia, una scienza romantica
«Ogni malattia è un problema musicale. La cura consiste nel trovare una soluzione musicale. Ciò che cura è la comunione con la salute (larmonia) il suono geniale». Novalis
Il pensiero di Novalis appartiene a una lunga tradizione che vede la musica come quellarte dei
suoni in grado di avere effetti benefici e curativi sulla vita mentale delluomo. Quello musicale è
un sistema curativo antico come luomo. Coltivato dai Greci, dagli Egizi, e dai Romani, viene
studiato nei secoli da molti ricercatori, medici e musicisti di fama ed è per questo che sullargomento esiste una letteratura infinita.
Tuttavia, soltanto negli ultimi anni, la ricerca sugli aspetti neurologici dellesperienza musicale
ha dimostrato scientificamente che la musica agisce sullorganismo come un vero e proprio farmaco con conseguenti effetti benefici per la salute.
Tali studi sono supportati dalle più recenti tecniche di neuroimaging funzionale in grado di
determinare la relazione fra lattività di determinate aree cerebrali durante lascolto musicale e
specifiche funzioni di elaborazione cerebrale. Osservazioni, queste, chehanno conferito validazione
scientifica a tutta quellampia documentazione di casi clinici in cui il potere terapeutico e
riabilitativo della musica ha riguardato, dagli anni 50 in poi, non solo le patologie
postraumatiche come le afasie ma anche le malattie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer, le
demenze, il trattamento dello spettro autistico ed altre situazioni cliniche in cui il sistema nervoso è coinvolto.
Dalla musicoterapia alla neuromusicologia clinica
Negli ultimi anni, le ricerche neurologiche in ambito clinico-musicale hanno dato origine a nuove
forme associative come la Società di NeuroMusicologia Clinica, unassociazione scientifica nata
nel 2008 a Düsseldorf, in Germania dai neuroscienziati Giorgio Brunelli e Luisa Monini e in pochi
anni ha prodotto tutta una serie di studi, di ricerche e di pubblicazioni scientifiche che
dimostrano come la musica sia una vera e propria medicina. In questo ambito la neuromusicologia può
dunque, essere considerata una nuova branca delle neuroscienze poiché essa prende avvio dalle più
recenti acquisizioni neuroscientifiche riguardanti la relazione fra linguaggio e musica a livello
neurofisiologico cerebrale e alla luce delle ultime scoperte intorno ai neuroni specchio e alla plasticità cerebrale.
Von Karajan e gli effetti farmacologici della musica
Sui temi scientifici di queste nuove acquisizioni che sono state al centro del dibattito del terzo
Congresso Mondiale di NeuroMusicologia nel 2012 a Brescia, è intervenuta lo scorso 30 marzo a
Brescia nel corso del convegno di medicina Salute in Comune la neurologa Luisa Monini ribadendo
con forza la funzione farmacologica della musica. Un potere questo, testimoniato per la prima
volta nel 1700 dal medico britannico Richard Brocklesbyal quale si attribuiscono i primi studi
musicoterapeutici e nel secolo scorso, dallo psichiatra bulgaro Georgi Lozanov il quale ancor
prima che leffetto Mozart fosse accertato dalla scienza era convinto che la musica mozartianastimolasse nei bambini lapprendimento e lintelligenza.
Lo stesso Herbert Von Karajan fondò negli anni 50 a Salisburgo un Istituto musicale da lui diretto
perché interessato agli aspetti neurologici dellesperienza musicale. Infatti, proprio in quegli
anni, il direttore dorchestra, spaventato dalla morte di un suo amico durante lesecuzione di un
concerto, decise di sottoporsi lui stesso a una rilevazione telemetrica, durante la direzione
dellOverture Leonore N. 3 di Beethoven. I risultati di questo esperimento furono sorprendenti.
LECG mostrò che mentre Von Karajan dirigeva lorchestra, il cuore raggiungeva le 150 pulsazioni e
la pressione saliva a 300 di massima nei momenti più intensi emotivamente. Il fatto interessante fu
che indipendentemente dallo sforzo fisico in fase di direzione, le stesse reazioni allECG vennero
registrate mentre Von Karajan riascoltava la registrazione del concerto appena effettuata, seduto
comodamente in poltrona. Per fugare ogni dubbio rispetto al rischio di eventuali patologie
cardiache, lo stesso monitoraggio venne effettuato anche mentre Von Karajan pilotava il suo jet
privato. Pur effettuando intenzionalmente manovre pericolose, la pressione arteriosa non raggiunse mai i valori di 115 e i 95 battiti al minuto.
Questo esperimento, sebbene lontano nel tempo, prova che occorre porre attenzione ai più piccoli
aspetti di ciò che accade mentre si ascolta musica. Un tema, questo, divenuto di grande interesse
per la neuromusicologia clinica poiché come afferma Luisa Monini è stato provato che ascoltare
musica: «rafforza il sistema immunitario; promuove il rilascio dormoni che riducono lo stress;
diminuisce il rilascio di cortisolo (ormone dello stress); allevia il dolore; accorcia i tempi di
recupero in caso di patologia, consentendo la riduzione dei farmaci fino al 50 per cento e infine
non certo in ordine di importanza comporta il rilascio di dopamina nel sistema striatale legato allemozione che viene suscitata dal piacere dellascolto musicale».
La musica è dopaminergica
Queste ultime rilevazioni scientifiche attestano così, che il piacere dellascolto di un brano
musicale o di una canzone a livello neurofisiologico implica il rilascio di dopamina un
neurotrasmettitore responsabile della sensazione di piacere. Non solo, ma da unaltra ricerca
coordinata dalla neuroscienziata Isabelle Peretz allUniversità di Montreal è emerso che anche nei
momenti che precedono lascolto, il cervello produce dopamina. Diversi studi successivi che si sono
serviti di un uso combinato di tecniche di neuroimaging hanno poi dimostrato che il piacere musicale
coinvolge il sistema a ricompensa, poiché essa si comporta come una ricompensa astratta nelle varie fasi di anticipazione e piacere dellascolto musicale.
Si tratta infatti, di due fasi in cui vengono coinvolti diversi circuiti cerebrali: nel primo stadio
dellanticipazione prevale lattività dei neuroni del nucleo caudato (parte del corpo striato
coinvolto nei meccanismi di ricompensa e nel controllo del movimento); mentre nella risposta emotiva
suscitata dallascolto vi è lattivazione delle cellule del nucleo accumbens ovvero quegli stessi
neuroni chiamati in causa nelle sensazioni di piacere e stimolati dalle droghe euforizzanti, dal sesso, dal cibo e naturalmente, dalla MUSICA.
Questo brano mi emoziona! Inconscio e neuroscienze
Il primo a documentare che la musica potesse fungere da ricompensa astratta nella produzione di
dopamina fu lo scienziato Zatorre dellUniversità McGill di Montreal che grazie a una combinazione
di PET e RMF dimostrò che il rilascio di dopamina è maggiore per il genere musicale preferito. Non
solo, ma altri esperimenti successivi hanno provato che lascolto di un brano familiare è
direttamente collegato a un maggiore incremento dellattività elettrodermica considerata un indicatore obiettivo di eccitazione emotiva.
Questo rilievo intorno allascolto della canzone preferita è di importanza estrema per
circoscrivere la disciplina della neuromusicologia clinica, poiché oltre a sancire definitivamente
lufficialità del suo carattere oggettivo e scientifico, essa si apre contemporaneamente al vissuto emotivo del soggetto.
Ma allora perché la musica infiamma i nostri cuori?
Per la Neuromusicologia, il piacere dellascolto musicale può essere così considerato da due punti
di vista: rispetto al piano della spiegazione neurofisiologica per cui la produzione di dopamina è
il neurotrasmettitore responsabile della sensazione di piacere: e rispetto a quella tonalità
affettiva come direbbe Freud che un determinato brano musicale provoca nella dimensione esistenziale propria allunicità del soggetto.
In altre parole, quando lascolto di un brano ci appassiona, su un piano inconscio dellascolto musicale accade che il mondo degli affetti venga risvegliato.
Se dal lato scientifico ciò è spiegabile attraverso lattivazione del sistema sistema dopaminergico
che secondo la teoria del cervello emotivo marca anche il legame affettivo, daltro canto ciò
non è ancora sufficiente a a spiegare il motivo per cui tale legame assume un significato diverso
da soggetto a soggetto. È infatti, solo attraverso lelaborazione del racconto di un soggetto che è
possibile comprendere il motivo per cui quel determinato brano musicale si fa amare. Come infatti,
sostiene Freud, nellascolto musicale si assiste al risveglio di frammenti di ricordo che
suggeriscono al soggetto quella particolare «tonalità affettiva della situazione complessiva in cui
quei frammenti andrebbero collocati». Memoria, suoni e affetti sono dunque legati insieme nellimmaginario dellinconscio.
Il piano psicoanalitico di questa rievocazione mnestica, ben si accosta a quello neuroscientifico,
se si considera che grazie alla tecnica del neuroimaging la musica, nel suo percorso cerebrale,
compie un tragitto straordinario, giungendo in una prima fase, dallapparato uditivo allippocampo
che è la sede della memoria e dei ricordi: qui, le vibrazioni musicali, già trasformate da energia
meccanica in energia elettrica, vengono tradotte in molecole, ovvero in messaggi chimici complessi
che si caricano di ricordi e in uninversione di rotta, si dirigono verso la corteccia frontale che,
a sua volta, svolge anche limportante funzione di conservare le informazioni musicali
precedentemente archiviate. Semplificando, tali dati già presenti nella corteccia frontale si
integrano ad altre informazioni musicali che giungono in quel momento, ottenendo finalmente la percezione cosciente della musica.
Ci troviamo così, di fronte a una bilateralità di sguardo dellascolto musicale che inaugura dal
punto di vista metodologico, due forme di cura: da un lato il piano della spiegazione
scientifico-descrittiva dei meccanismi neurofisiologici che presiedono agli effetti terapeutici
della musica nelle patologie; e dallaltro, i contenuti inconsci che riguardano il vissuto affettivo
di ciascun soggetto rispetto a una particolare tonalità affettiva suscitata dallascolto di un certo brano musicale.
La musica: cura del corpo e dellanima
E così, come si era sempre augurato il grande neurofisiologo Lurija, scienza e umanesimo possono
procedere insieme, nellesigenza costante che una teoria delle funzioni cerebrali delluomo consideri anche la sua dimensione storica ed esistenziale.
In altre parole, se è vero che rispetto allemozione suscitata dalla musica, i dati neurofisiologici
chiariscono i meccanismi presenti nel rapporto fra lascolto musicale e levocazione di un ricordo,
essi non sono tuttavia sufficienti a spiegarne i contenuti affettivi evocati dalla tonalità musicale ascoltata.
Ecco perché, la musica può così inaugurare due forme di cura: da un lato, alla luce delle ultime
scoperte neuroscientifiche e dei suoi effetti clinici riabilitativi, lascolto musicale può
funzionare come un vero e proprio farmaco; e dallaltro, sul piano inconscio dellascolto del
soggetto, la musica diviene misura dellineffabile comprensione affettiva dei suoni, confinata al mistero della soggettività.
Entrambi gli sguardi dovrebbero così procedere insieme, uniti fra loro, inerenti luno allaltro,
come anima e corpo non più nel dualismo che li contraddistingue da secoli ma quasi a inaugurare
una nuova forma di scienza, nei termini che il grande Lurija aveva osato definire come la cosa più
interessante del mondo: «Non posso esprimerla in una sola parola, devo usarne due. Dovrei parlare di
scienza romantica. Fondare o rifondare una scienza romantica è stata la speranza di tutta la mia vita».
Laura Darsié
neuroscienze.net
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