Offrire DANDAVAT

pubblicato in: AltroBlog 0
Offrire DANDAVAT

Una dimostrazione educativa di sottomissione

Un modo semplice ma elegante per ciascuno di noi per arrendersi al desiderio d’Amore per il Tutto
Supremo

di Urmila Devi Dasi

Arresa. Sottomissione. Queste parole possono suggerire immagini di guerra e di aggressività in cui
la parte più debole cede con dolore al più forte, pensando alla possibilità di una futura vittoria o
vendetta. Con queste immagini nella mente, rabbrividiamo quando nella Bhagavad-gita leggiamo che
dobbiamo arrenderci a Krishna. E il nostro timore dell’arresa cresce quando vediamo i devoti che
danno un esempio di arresa offrendo il dandavat, distendendosi completamente sottomessi davanti al
Signore. Ma dopo esserci immersi negli esempi tratti dalla letteratura sacra, il duro, verde
germoglio delle nostre riserve sull’arresa può aprirsi e rivelarsi una delicata, fragrante,
incantevole rosa di esaltazione della pratica spirituale profondamente soddisfacente dell’offerta
del dandavat.

Un termine sanscrito che Srila Prabhupada traduce con “arresa” è prapadyate, che letteralmente
significa “prostrarsi ai piedi di qualcuno”. La suprema realizzazione spirituale implica una
cessione amorosa e volontaria del nostro sé al Tutto Supremo, di cui siamo parti eterne. Questo dono
del proprio sé o arresa è simile alla devozione di un bambino per sua madre. Quando la relazione tra
madre e figlio è sana, i figli hanno una naturale fiducia che la madre desideri il loro bene.
Arrendersi al Tutto Supremo non è un’abnegazione della volontà, ma una decisione deliberata di
“reagire in modo giusto alla danza di Krishna” anziché danzare in modo indipendente, come Prabhupada
scrive nel capitolo 33 del Libro di Krishna.

Egli dice anche che il mondo intero è pieno del canto di Krishna. Quelle anime i cui pensieri, le
cui parole ed azioni sono come un canto e una danza in armonia con Krishna ottengono l’arresa
suprema e un’illimitata felicità spirituale. Anche a livello materiale, l’esibizione di una danza
armoniosa compiace i ballerini e il pubblico, mentre ogni danzatore offre il proprio talento e la
propria grazia individuali come parte di un tutto. Arrendersi a Krishna in risposta al Suo canto è
il culmine del bhakti-yoga, che unisce con il Supremo in una devozione d’amore. Ci sono molti modi
di esprimere armonia con Krishna, sia metodi per ottenere un’arresa completa a Lui sia
manifestazioni di un’arresa già raggiunta.

L’Hari-bhakti-vilasa (11.676) elenca sei tipi di arresa: “I sei tipi di arresa sono: accettare tutto
ciò che è favorevole al servizio devozionale, rifiutare ciò che è sfavorevole, la convinzione che
Krishna ci proteggerà, accettare il Signore come proprio guardiano o padrone, un’arresa completa del
proprio sé e l’umiltà.” L’arresa può anche essere caratterizzata dal coinvolgimento del corpo, della
mente e delle parole, come Srila Prabhupada scrive nel capitolo 14 del Libro di Krishna: “Il modo
migliore è arrendersi a Dio, la Persona Suprema, con il corpo, la mente e le parole, sempre
impegnati al Suo servizio.” Le attività della mente arresa possono essere ulteriormente
classificate: “Per ottenere il servizio di devozione puro, [Bhisma], intendeva volgere tutte le sue
facoltà mentali verso l’Essere Supremo, Sri Krishna.” (Srimad-Bhagavatam1.9.32, Spiegazione)

Dimostrazione di Arresa

Tutti gli aspetti dell’arresa possono essere alimentati e manifestati col semplice ma profondo atto
fisico di offrire ildandavat: prostrarsi davanti a Dio e ai Suoi devoti. Prabhupada spiega: “Il
termine danda indica un bastone o un palo. Poiché un palo cade dritto, l’offerta di omaggi a un
superiore con tutte le otto anga (parti) del corpo è detto dandavat” (Caitanya-caritamrita,
Madhya-lila 1.67, Spiegazione) Le otto parti del corpo sono descritte come segue:

dorbhyam padbhyam ca janubhyam
urasa shirasa drisha
manasa vacasa ceti
pranamo ’stanga iritah

“Ci si dovrebbe prostrare con entrambe le braccia, i piedi, le ginocchia, il petto, la testa, gli
occhi, il cuore e le parole. Questo è detto prostrarsi con le otto parti del corpo.”
(Hari-bhakti-vilasa 8.360)

Dandavat appartiene alla categoria di vandanam, uno dei nove metodi di servizio devozionale. Srila
Prabhupada scrive: “Vandanam significa namaskuru – offrire omaggi o preghiere.” (Bhagavatam
7.5.23-24, Spiegazione)
Un altro modo di offrire omaggi col proprio corpo coinvolge cinque parti: le ginocchia, le braccia,
la testa, l’intelligenza e le parole. (Hari-bhakti-vilasa 8.361) La forma più semplice di vandanam è
l’anjali mudra o pranam mudra, in cui il devoto unisce le mani e inchina leggermente il capo. Quando
vandanam si riferisce all’offerta di preghiere, queste possono essere dette con o senza particolari
posizioni del corpo. Peraltro, quando si offrono omaggi col proprio corpo, si dovrebbe recitare una
preghiera o un mantra a voce alta. (Il Nettare della Devozione, Capitolo 8; Bhagavatam 11.27.45)

Categorie di Vandanam Orali

Ci sono categorie di vandanam orali come ci sono categorie di vandanam fisiche. La prima categoria
di preghiere orali è un’espressione di sentimento come nel seguente verso:

yuvatinam yatha yuni
yunam ca yuvatau yatha
mano ’bhiramate tadvan
mano me ramatam tvayi

“Come la mente di giovani donne trova piacere nel pensare a giovani uomini e la mente di giovani
uomini trova piacere nel pensare a giovani donne, fai che la mia mente trovi piacere in Te [Krishna] soltanto.” (Visnu Purana 1.20.19)

Il secondo tipo di preghiera orale è una dichiarazione di umiltà:

mat-samo nasti papatma
naparadhi ca kashcana
parihare ’pi lajja me
kim bruve purusottama

“Caro Signore, vogliamo che Tu sappia che non c’è nessuno più peccatore di noi, né esiste un
offensore come noi. Anche se solo volessimo citare i nostri peccati, proveremmo subito vergogna. Che
cosa dire di non commetterli più!”
(Padma Purana, citato nel Bhaktirasamrita-sindhu 1.2.154)

Al terzo posto ci sono le preghiere adatte a persone con una coscienza avanzata in cui la
sottomissione si unisce a una particolare richiesta di un servizio senza difetti, come sventagliare
il corpo trascendentale del Signore. Le preghiere con o senza posizioni fisiche di rispetto possono
essere semplici ma eleganti come il famosissimo mantra: Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna,
Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare. Invocando i nomi del Signore e la Sua
energia di piacere, nel mantra Hare Krishna c’è una richiesta di servizio d’amore. In aggiunta o in
alternativa ai tipi di preghiere citate prima, spesso i devoti, quando offrono omaggi con il corpo,
offrono preghiere che glorificano il loro maestro spirituale.

Un’altra semplice preghiera da recitare quando si offre il dandavat è prasida bhagavan:”O Signore,
Ti prego sii misericordioso con me!” (Bhag. 11.27.45) Il devoto dovrebbe stare in piedi davanti al
Signore con le mani giunte e pregare: “O mio Signore, Ti prego, proteggi il Tuo devoto che si è
arreso a Te. Ho il terrore di questo oceano dell’esistenza materiale, trovandomi ormai nella bocca
della morte. (Bhag. 11.27.46) Il dandavat, espressione fisica di una preghiera di piena
sottomissione, per il bhakti-yogi costituisce un ricordo vivido e tangibile del suo amore fiducioso
per il Signore e dà molta soddisfazione al cuore. Quando Krishna vede il devoto che offre il
dandavat, il Suo cuore, tenero per natura, si scioglie per la soddisfazione ed Egli offre ogni
protezione e una serena libertà dalla paura, come ha promesso nellaBhagavad-gita (18.66).

I devoti che offrono dandavat si sentono in pace e si mostrano pronti a dedicare se stessi al
servizio d’amore. Perciò, nei suoi insegnamenti alla moglie Diti sul metodo del bhakti-yoga, il
saggio Kashyapa disse: “Bisogna…con grande gioia e soddisfazione, offrirGli i propri omaggi,
prosternandosi a terra dritti come un bastone [dandavat].” E Shukadeva Gosvami, spiegando come una
donna deve compiere la cerimonia Pumsavana dice: “Si devono offrire omaggi al Signore con una mente
resa umile dalla devozione. Mentre si offre il dandavat cadendo al suolo come un bastone si dovrebbe
cantare per dieci volte il mantra sopracitato…” (Bhagavatam 6.9.10)

Gli esempi nelle Scritture

Molti esempi di offerta del dandavat tratti dalle Scritture possono ispirarci nella nostra pratica
devozionale, sia che proviamo a fare il dandavat per la prima volta, forse con un po’ di
trepidazione, sia che il dandavat faccia parte della nostra regolare pratica di bhakti-yoga. Il
primo esempio è quello di Diti, moglie di Kashyapa, sopra ricordato. La paura dei suoi nemici e
l’invidia della loro posizione di potere l’avevano travolta. Per mezzo del dandavat, delle preghiere
e dell’adorazione al Signore, Diti si purificò e si pacificò. Tra altri esempi dell’antichità c’è
quello del principe Dhruva, che, desiderando vedere il Signore, compì austerità nella foresta quando
era solo un bambino.

Sri Visnu apparve davanti a lui e Dhruva offrì il dandavat con grande amore. Quando si alzò
“contemplava il Signore come se Lo stesse bevendo con i suoi occhi, come se stesse baciando con la
sua bocca i piedi di loto del Signore e Lo stesse stringendo tra le braccia.” (Bhagavatam 4.9.3) La
dea Aditi, vedendo il Signore dopo averLo adorato, ebbe un comportamento simile a quello di Dhruva:

Quando Dio, la Persona Suprema, Si fu manifestato agli occhi di Aditi, ella si sentì a tal punto
sopraffatta dalla felicità trascendentale che immediatamente si alzò in piedi e poi cadde a terra
come un bastone per offrire i suoi rispettosi omaggi al Signore. Aditi rimase in silenzio, a mani
giunte, incapace di offrire preghiere al Signore. A causa della felicità trascendentale gli occhi le
si riempirono di lacrime e i peli si rizzarono sul suo corpo. Nel comtemplare Dio, la Persona
Suprema, provava una grande estasi e il suo corpo era scosso da tremiti. (Bhagavatam 8.17.5-6)

Ci sono molti esempi di devoti che offrono il dandavat al tempo dell’apparizione di Krishna
all’inizio dell’era attuale. Quando l’essere celeste Brahma, l’ingegnere capo dell’universo, vide la
dolcezza e l’opulenza di Krishna, offrì il dandavat e la sua splendente forma dorata sembrava un
bastone d’oro che cadeva, con gli elmetti delle sue quattro teste che toccavano i piedi di loto di
Krishna.

I numerosi esseri celesti che videro Krishna nella Sua città di Dwarka Gli offrirono il dandavat.
L’offerta del dandavat fu il primo atto compiuto dalle mogli di Kaliya quando pregarono Krishna di
perdonare il loro marito che aveva avvelenato il fiume Yamuna nella proprietà di Krishna. Tra i
contemporanei, il grande santo e maestro Sanatana Gosvami offriva regolarmente il dandavat a Sri
Caitanya e una volta si tenne a distanza a causa di una malattia purulenta della pelle. In
quell’occasione Caitanya Mahaprabhu fu così compiaciuto dall’umile arresa di Sanatana che lo
abbracciò dicendo che profumava di un misto di fragranze paradisiache. Dopo l’abbraccio Sanatana si
ritrovò guarito.

Anche il fratello di Sanatana, Rupa Gosvami, offriva regolarmente il dandavat al Signore. Una
prostituta che aveva cercato di sedurre il santo Haridasa Thakura finì per diventare sua discepola.
Per scusarsi ella offrì il dandavat ad Haridasa. Sebbene fosse un’incarnazione di Krishna, Sri
Caitanya mostrava il Suo rispetto per la madre offrendole il dandavat. La prova che l’offerta del
dandavat ha fatto parte dell’adorazione nel tempio da millenni, si trova nelle antiche sculture di
pietra del grandioso complesso del tempio di Sri Rangam nel sud dell’India. Scolpite in varie parti
del pavimento ci sono immagini di un uomo e di una donna che offrono il dandavat fianco a fianco.

Come affermato nella Caitanya-caritamrita, tutti gli abitanti dei villaggi locali ogni giorno
offrivano il dandavat alla Divinità di Gopala. Anche Srila Prabhupada insegnava ai suoi seguaci a
mostrare la loro arresa con l’atto fisico di offerta del dandavat, che dà molta soddisfazione oggi
come l’ha data per centinaia o migliaia di anni, sia che una persona risieda sulla Terra o sui
pianeti celesti, sia essa vecchia o giovane, maschio o femmina, ricca o povera. Potremmo far notare
che in alcune zone dell’India le abitudini locali moderne prescrivono che le donne offrano gli
omaggi solo con cinque parti del corpo o con qualche forma modificata di dandavat, anziché con il
completo dandavat descritto nelle Scritture vediche.

Queste abitudini locali sono diventate la regola anche nell’ISKCON, sebbene ci siano testimonianze
che Prabhupada approvava che le donne offrissero il dandavat anche negli ultimi anni del suo tempo
trascorso con noi. Per esempio, la mia consorella Ramaniya Devi Dasi mi ha descritto la sua
iniziazione in Francia a New Mayapur nel 1976:

Quando i primi devoti furono chiamati per venire a ricevere da Prabhupada la loro corona ed
enumerare i quattro principi regolatori, essi si inchinarono davanti a Prabhupada ma non in un
dandavat completo. Allora Prabhupada disse che tutti dovevano offrire il dandavat completo quando
venivano davanti a lui a ricevere le corone. Io ero la prossima ad essere chiamata e chiesi ad una
consorella che cosa dovevo fare. Devo offrire il dandavat o no? Rispose: “Perché no?” Perciò mi
presentai davanti a Prabhupada offrendo un dandavat completo. Una foto mostra un sari sul pavimento
davanti a Prabhupada. Egli fece un grande sorriso. Era molto compiaciuto con me perché avevo seguito
la sua istruzione.

Srila Prabhupada scrisse (15 novembre 1974) a un discepolo: “Tu hai anche ricordato di offrire più
volte omaggi al tuo maestro spirituale. Questo è molto importante. Un discepolo dovrebbe offrire il
dandavat, non il namaskara. Quanto più una persona diventa fissa nel rendere omaggio al guru, tanto
più progredisce sul sentiero spirituale.”

Mi piacerebbe vedere un ritorno alla tradizione originale, perché indipendentemente dalla posizione
materiale di una persona, quando si offre il dandavat, si prova veramente il sentimento espresso da
Srila Bhaktivinoda Thakura nel suoBhajana Rahasya:

yo ’ham mamasti yat kincid
iha loke paratra ca
tat sarvam bhavato ’dyaiva
caranesu samarpitam

“Me stesso e tutto quel poco che possiedo in questo mondo e nel prossimo – tutto ciò ora lo offro ai
Tuoi [di Krishna] piedi di loto.”

Lo Skanda Purana afferma: “Una persona che s’inchina davanti a Sri Visnu viene glorificata a
Visnuloka per un periodo di tempo corrispondente a mille anni moltiplicati per il numero di
particelle di polvere che decoravano il suo corpo quando si è inchinata.” (Citato
nell’Hari-bhakti-vilasa 8.3.71) Rupa Gosvami ci dice inoltre che questa pratica dà il seguente
risultato: “La persona che ha offerto una volta i suoi omaggi, inchinandosi davanti alla Divinità,
non tornerà in questo mondo perché andrà direttamente nella dimora di Krishna.” (Il Nettare della
Devozione, capitolo 9) L’Hari-bhakti-sudhodhaya afferma: “Un devoto che cade a terra per offrire
l’omaggio del dandavat a Sri Visnu versa tutti i suoi peccati in quel posto. Essi non si
risolleveranno mai da lì.”

Forse qualcosa che lascia perplessi è questa affermazione: “Un ipocrita che fa spettacolo
d’inchinarsi davanti a Sri Krishna, che tiene l’arco Sharnga, si purifica da centinaia di peccati.
In un attimo i suoi peccati vengono distrutti.” (Hari-bhakti-vilasa8.370) Non dovremmo sorprenderci
per questi risultati eccezionali, perché nella Gita (9.34) Krishna Stesso dice: “Pensa sempre a Me,
diventa Mio devoto, offriMi I tuoi omaggi e adoraMi. Completamente assorto in Me, certamente verrai
a Me.” Esteriormente l’atto di offrire il dandavat può sembrare semplice e perfino rituale, ma se
compiuto con attenzione e cura lega l’anima che ama e il Signore amato in un’unione eterna di arresa
d’amore.

Urmila Devi Dasi, redattrice associata, si è laureata in Scienza dell’Educazione alla University of
Northern Carolina a Chapel Hill. Imparare a Leggere della dottoressa Best la sua serie in tre parti
per insegnare a leggere ai bambini, è disponibile su Krishna. com Store.

© The Bhaktivedanta Book Trust International. All rights reserved.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *