OGGI NO domani sì

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OGGI NO domani sì

Bocola Marco da Newton

01 gennaio 2003

Studiare per un esame, smettere di fumare, andare in palestra: il momento buono è sempre quello che
verrà. Ma i rimandoni cronici non sono semplicemente pigri; per gli esperti le vere cause sono
altre. Ecco come scoprirle e neutralizzarle

Oggi stesso. Anzi, proprio in questo momento. Secondo i nostri buoni propositi, a partire da adesso
dovremmo: metterci a dieta, fare un po’ di palestra e magari anche smettere di fumare. Eppure, con
ogni probabilità decideremo anche questa volta che il grande giorno, quello della svolta, sarà
domani (o dopodomani). Gli esperti chiamano questo meccanismo ‘procrastinazione’, che in parole
povere significa rimandare sempre a un altro giorno. In apparenza una forma di pigrizia, in realtà
una cattiva abitudine che spesso può causare non pochi problemi.

Come ha segnalato l’ Istat nel 2000, nel corso degli studi universitari arriva in ritardo al
traguardo oltre l’ 85 per cento dei laureati italiani. E da soli i 16mila laureati in Ingegneria del
‘ 99 hanno accumulato complessivamente oltre 50mila anni di ritardo negli studi. Il temporeggiatore
Doc: secondo lo psicologo americano Albert Ellis, ideatore della ‘Psicoterapia razionale emotiva’ e
presidente dell’ omonimo Istituto di ricerca newyorkese, la pigrizia non è una spiegazione
sufficiente. Infatti all’ origine di ogni rinvio si possono individuare alcuni atteggiamenti
psichici precisi. Innanzitutto la pretesa che prima di mettersi al lavoro si debba aspettare l’
ispirazione. Se siete un temporeggiatore questa esigenza può sembrarvi del tutto lecita, ed è
perfettamente inutile cercare di convincervi del contrario. Piuttosto, imparate a pensare che essere
dell’ umore giusto è una condizione desiderabile, ma non indispensabile. Se ‘avere voglia’ diventa
una esigenza assolutamente irrinunciabile, rischiate di rinviare troppo i vostri doveri.

Secondo Ellis, poi, esistono persone convinte che ‘tutto sia terribile’. Con questa espressione lo
psicologo americano indica la tendenza a dare troppa importanza agli elementi fastidiosi legati all’
impegno da rispettare. Per esempio, agli occhi di chi vuole evitare la palestra, la strada per
raggiungerla potrebbe apparire improvvisamente troppo lunga. Oppure, in ufficio, il chiacchiericcio
e la musica dei colleghi possono risultare talmente ‘insopportabili’ da causare enormi ritardi nella
consegna di un lavoro. In fuga dalla fatica: a parziale discolpa dei temporeggiatori cronici gioca
però il reale fastidio che qualunque compito in un modo o nell’ altro può provocare. Del resto, voi
cosa scegliereste fra queste due opzioni: stare comodamente sdraiati sul divano a leggere oppure
sudare come matti arrancando sulla cyclette in nome della linea ? Difficile avere dubbi in
proposito: la preferenza per la comodità è più che legittima ma da prendere con le molle, perché a
lungo andare rischierebbe di trasformarsi in una vera e propria ‘intolleranza al disagio’. Secondo
gli studi di Ellis, infatti, questa è in ordine di importanza la terza causa psicologica della
tendenza a procrastinare gli impegni: la fuga dalla fatica, mentre un po’ di sopportazione può
essere di grande aiuto per la psiche.

Comunque possiamo trovarci cronicamente in ritardo anche quando siamo ispirati e ci rendiamo
perfettamente conto dei vantaggi dati dall’ azione. E’ soprattutto il caso degli incarichi ricevuti
dai superiori, quindi obbligatori: ritardando lo svolgimento del compito è come se volessimo
rivendicare la nostra autonomia. Ma non basta. Ci può essere un inconscio desiderio di ‘vendetta’
per eventuali ingiustizie subite o un sottile senso di inadeguatezza che porta a temporeggiare per
sfuggire all’ umiliazione di un rimprovero in caso di errore. La personalità non c’ entra: volete
evitare di essere considerati persone inaffidabili ? Individuate i motivi psicologici alla radice
del vostro atteggiamento. Operazione tutt’ altro che semplice, considerato che ogni ritardatario
cronico è sempre molto abile nel trovare ogni sorta di giustificazione per i propri indugi.

Infatti i comportamenti descritti da Albert Ellis non sono rigidi tratti della personalità, ma vere
e proprie convinzioni, più o meno razionali, che portano inesorabilmente alla procrastinazione.
Detto questo, non sarà difficile rispecchiarvi in uno dei tipi individuati da Windy Dryden,
professore di Consulenza psicologica al Goldsmith College di Londra e autore di un divertente saggio
sul tema: ‘Se avessi avuto tutto il tempo necessario, avrei fatto un lavoro migliore’. Ecco
smascherato il perfezionista, quello che rimanda a oltranza gli impegni perché non riesce a
raggiungere la ‘quadratura del cerchio’. Suggerisce Dryden: ‘Per superare questo atteggiamento deve
smettere di pensare ‘in bianco e nero’ e ricercare il compromesso di un lavoro imperfetto, ma svolto
in tempi accettabili’. ‘Se, invece, temete di mancare la prova’, continua lo psicologo, ‘prima
dovete allontanare due convinzioni che vi frenano: quella di essere destinati al fallimento e quella
di dover per forza ottenere un buon risultato. Sgombrato il campo dai pensieri negativi, sarà più
facile dimostrare che il valore personale non dipende unicamente dall’ esecuzione di un compito’.

E se, sotto sotto, fosse proprio il successo a farvi paura ? Magari, senza rendervene conto, vi
spiacerebbe ferire l’ orgoglio dell’ amico con cui avete preparato l’ esame, prendendo un voto più
alto del suo. Oppure temete di essere considerati secchioni e di venire esclusi dal gruppo dei
compagni più turbolenti (e spassosi) della classe. Solo scuse o motivi seri ?: c’ è un modo per
uscire dal ritardo cronico, riconoscere il difetto per poi prevenirlo. ‘Fate un’ analisi di costi e
benefici stabilendo cosa succede se svolgete il compito oppure no’, consiglia Dryden. ‘Riuscirete a
distinguere le scuse dai motivi seri. Certo, ammette lo psicologo, dovete cambiare abitudini, magari
preparando uno piano di lavoro estremamente dettagliato. Così sarete in grado di verificare al
momento giusto le lentezze ed eventualmente indagarne le cause. Se la vostra scusa preferita per
rimandare è la mancanza d’ ispirazione, potreste cercare innanzitutto di ammorbidire le vostre
pretese e contemporaneamente mettervi all’ opera per fare in modo che almeno qualcuno dei vostri
rigidi requisiti sia soddisfatto.

L’ avvocato del diavolo: non cominciate a studiare finché non vi trovate in un ambiente tranquillo ?
Staccate il telefono o mettere in guardia gli amici ‘tentatori’. Avete bisogno di sentirvi sotto
pressione per lavorare al meglio ? Pensate all’ importanza dell’ incarico e a quanto sia decisivo
dimostrare che siete in grado di svolgerlo bene, troverete la giusta carica. Un fatto è certo, siamo
noi i più insidiosi nemici della nostra efficienza. E allora provate a scrivere tutte le scuse più
sottili che vi vengono in mente. Appena finito, divertitevi a smontarle una a una, come se vi
fossero state proposte da un amico un po’ imbroglione. Insomma, fate l’ avvocato del diavolo. Questa
tecnica, definita da Dryden ‘attacco risposta’ è utilissima per combattere le convinzioni poco
costruttive che portano alla procrastinazione. Ovviamente, nel caso in cui non decidiate di metterla
in pratica a partire da domani. Poverino, adesso lo aiuto io !: se siete tipi compassionevoli, state
attenti. Potreste cadere nella trappola tesa dal ritardatario per scelta; mancano pochissimi giorni
alla consegna del progetto, ma (come al solito) vi accorgete di essere drammaticamente in ritardo.
Al vostro attivo, solo un paio di patetici tentativi di cominciare in qualche modo il lavoro.
Improvvisamente, un magnanimo collega si offre volontario per darvi una mano, finendo poi
immancabilmente per sobbarcarsi tutto il lavoro. Se per voi la scena appena descritta è all’ ordine
del giorno, lasciate perdere i tentativi di combattere la pigrizia: la vostra è infatti una vera e
propria strategia. Un po’ subdola, forse, ma indubbiamente efficace.

‘La procrastinazione può essere usata, consciamente o inconsciamente, come stratagemma per ottenere
qualcosa’, spiega lo psicologo inglese Windy Dryden. Nel caso appena descritto l’ obiettivo è quello
di far fare ad altri il proprio lavoro. Vittime predilette dei ritardatari ‘strategici’ sono le
persone che aggiungono alla normale compassione il piacere psicologico di rivestire il ruolo di
soccorritori. Ma come riconoscere chi usa meschinamente la procrastinazione da chi invece è solo un
cronico ritardatario ? Secondo Dryden un campanello d’ allarme potrebbero essere gli atteggiamenti
che suscitano compassione e l’ eccessiva sollecitudine a farsi poi aiutare. Per esempio, un collega
lavora lentamente, si lamenta in continuazione per un malessere. Alla fine la vittima designata si
preoccupa e si offre volontaria. A questo punto lo ‘stratega’ tergiversa un po’ , poi, naturalmente,
permette all’ altro di svolgere il compito al suo posto. E il gioco è fatto.

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