Oltre il tempo

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Oltre il tempo

di Florinda Balli

“Portami nel ventre del drago” dice Viviana a Merlino nel bellissimo film “Excalibur” di John
Boorman, intendendo con questo che vuole accedere alla dimensione in cui hanno origine tutte le
cose. Il concetto di un “luogo” o di un mondo che contiene il seme di ogni cosa e in cui ogni evento
o nuovo essere germoglia prima di manifestarsi nel mondo visibile è piuttosto diffuso nelle più
svariate tradizioni.

Varie sono anche le discipline che promettono accesso a quelle dimensioni. La Kabbalah ebraica
illustra molto bene questo concetto di progressiva “discesa” della luce verso la materia. Non a caso
la stessa Kabbalah è stato studiata per secoli dai maghi, coloro che desiderano modificare la
realtà.

Nell’antica Grecia, Platone contrappone al mondo imperfetto della vita concreta, il modello perfetto
delle Idee e afferma che l’uomo è prigioniero in una caverna, il viso volto verso la parete e
condannato a guardare soltanto il riflesso della realtà più autentica.

Nei secoli più vicini a noi, l’influsso della teoria darwiniana dell’evoluzione spinge molti mistici
a parlare di un movimento dell’umanità verso uno stato di maggiore equilibrio bontà e intelligenza.
Una teoria questa rifiutata dagli studiosi della Tradizione, i quali sostengono al contrario la
teoria di una umanità “caduta”.

Tradizionalisti ed “evoluzionisti” dello spirito concordano comunque nel dire che la dimensione
ideale, quale che sia, non è assolutamente inaccessibile all’essere umano in qualsiasi momento della
sua storia e che anzi alcuni privilegiati vi possono attingere scintille di luce che riportano poi
nel mondo abituale. Queste scintille diventeranno opere d’arte, scoperte scientifiche, profezie o,
nei casi più banali, semplici intuizioni.

Questa affermazione può sembrare incredibile, ma viene confermata da innumerevoli testimonianze che
dimostrano come le maggiori scoperte scientifiche siano nate spesso da sogni, intuizioni, o
provvidenziali disattenzioni.

Per fare qualche esempio, il metodo per produrre l’insulina, il farmaco per la cura del diabete,
venne suggerito in sogno al medico canadese sir Frederick Banting. Un sogno ispirò all’inventore
della macchina da cucire, Elias Howe, la trovata geniale di invertire la collocazione della cruna
dell’ago. Anche il famosissimo fisico Niels Bohr ebbe un sogno in cui si vide all’interno di un
atomo.

Veggenti e profeti sono predestinati per definizione ad accedere al mondo senza tempo in cui tutto
germoglia. Proprio il fatto che si tratta di un mondo senza tempo, spiega l’estrema difficoltà che
incontrano spesso questo tipo di persone nel precisare la collocazione temporale di un determinato
evento.

In un libro pubblicato poco prima della morte, lo studioso francese George Dumezil analizza alcune
quartine di Nostradamus dedicate alla caduta della monarchia e alla Rivoluzione del 1792. Nello
scritto, Dumezil sottolinea l’assoluta precisione delle predizioni di Nostradamus, ma anche il fatto
che gli eventi non vengono presentati in ordine cronologico. Infatti l’accenno alla prigionia di
Luigi XVI nell’ex-convento del Temple precede l’allusione al tentativo di fuga della famiglia reale,
finita come si sa a Varennes.

Per quanto concerne l’artista il discorso è molto più noto. Si sa infatti che l’ispirazione,
addirittura personificata dalla musa nei tempi classici, ha una grande influenza nel lavoro
artistico. È noto il caso clamoroso di Mozart che poteva scrivere intere sinfonie senza cancellare
una nota, come sotto dettatura.

Anche lo scrittore inglese Robert Louis Stevenson ricavò da un sogno la trama del suo famosissimo
romanzo “Il curioso caso del Dottor Jekyll e di Mister Hyde”. A questo proposito si può notare un
altro fatto, e cioè che il racconto di Stevenson rieccheggia la scoperta dell’inconconscio da parte
di Freud, o addirittura l’anticipa.

Per chi non lo ricordasse, il dottor Jekyll è un medico onesto e virtuoso che, dopo aver assunto un
farmaco di sua invenzione, si trasforma in un pericoloso criminale. Questa seconda personalità
prende sempre più spazio nella vita di Jekyll fino al tragico epilogo del romanzo.

In altre parole Stevenson ci presenta sotto forma di racconto fantastico un ben noto disturbo
psicologico: il caso in cui le pulsioni rimosse per aderire a princìpi morali troppo rigidi si
“vendicano” manifestandosi sotto la forma più primitiva e selvaggia e prendendo possesso del
soggetto come una seconda personalità.

Tocchiamo qui un altro aspetto interessante del contatto con la dimensione del “senza tempo”: il
fatto che chi vi attinge, sia esso artista, scienziato o veggente esprime la stessa cosa nello
stesso momento ma in forme diverse.

Prendiamo il caso della rivoluzione scientifica portata dalla scoperta della fisica subatomica nei
primi decenni del Novecento. Mentre i fisici scoprono i rapporto tra materia ed energia e la
possibilità almeno teorica di una reversibilità del tempo, nascono gruppi di pittori che
sperimentano rappresentazioni della realtà in cui le forme si frammentano in particelle più o meno
grandi e sfumano, perdendo ogni apparenza di materia solida.

Come se non bastasse, in quegli stessi anni la psicanalisi scopre che l’inconscio non conosce limiti
di spazio né di tempo e che una persona può rivivere nel vero senso della parola uno shock provato
molti decenni prima.

La scrittrice francese Marguerite Yourcenar sottolinea anche lei in un’opera poco nota, la capacità
di veggenza di certi artisti. Accennando a Piranesi e alle sue celebri “Carceri”, la Yourcenar
sostiene infatti che potrebbero essere un presagio dei tempi di sconvolgimenti che si preparavano e
che sarebbero esplosi di lì a poco con lo scoppio della
Rivoluzione francese. La famosa romanziera non tenta di spiegare i motivi della capacità di
preveggenza propria di certi artisti, limitandosi a constatarne le conseguenze.

Lo storico dell’arte francese René Huyghe, oggi scomparso, ma un tempo tra gli oratori di quel
centro di ricerche assolutamente eccezionale che è stata la Fondazione Eranos di Ascona, si
dichiarava invece sostenitore delle tesi di Teilhard de Chardin. Huyghe, affermava infatti che
l’artista è profondamente in contatto con quella dimensione in cui si creano le idee nuove, quella
misteriosa corrente che va da un punto Alfa verso un punto Omega, ossia da uno stato inferiore ad
uno superiore della specie umana.

Naturalmente, prosegue Huyghe, non tutti gli artisti sono ugualmente aperti a questo contatto “oltre
il tempo”. Molti, per ovvi motivi di sopravvivenza, sono più attenti ai gusti del pubblico e alle
mode intellettuali dell’ambiente in cui vivono.

Il contatto con certe forze può a volte risultare difficile se non fatale, lo testimoniano molti
casi di artisti incompresi perché troppo in anticipo sul loro tempo se non addirittura psichicamente
distrutti da un’apertura che la loro personalità non era in grado di sopportare.

Vorremmo concludere questa breve panoramica parlando di un “artista veggente” molto vicino a noi
geograficamente se non cronologicamente: lo svizzero italiano Filippo Franzoni. Nato a Locarno l’8
ottobre 1857, Franzoni si forma a Milano, all’Accademia di Brera, e trascorre la gioventù nella
città Lombarda a contatto con Medardo Rosso e altri artisti del suo tempo. Nel 1893 si trasferisce
definitivamente a Locarno. Muore 18 anni più tardi, nel 1911, all’ospedale psichiatrico di
Mendrisio.

Non è facile oggi farsi un’idea del percorso spirituale di un uomo come Franzoni. Poco o nulla è
rimasto di eventuali testimonianze dirette e la principale fonte di informazione in questo campo
sono gli appunti dell’avvocato locarnese Fausto Pedrotta, a sua volta interessato alla spiritualità
e alla teosofia e autore una biografia del teosofo Alfredo Pioda, grande amico di Franzoni e di sua
madre, Emilia Stalder Franzoni.

Risulta comunque chiaro che gli interessi dell’artista andavano verso la spiritualità, ma una
spiritualità non inquadrabile in una religione costituita. Questa tendenza forse ereditata dalla
madre, Emilia Stalder, lo destinava in un certo senso ad interessarsi di esoterismo nelle forme che
in quel tempo si andavano affermando specie nelle classi privilegiate dell’aristocrazia e dell’alta
borghesia.

Durante la gioventù, a Milano, Emilia Stalder Franzoni era stata vicina agli ambienti del
Risorgimento italiano e della Carboneria, dove si professavano teorie esoteriche e massoniche. In
seguito divenne fervente spiritista. L’influenza della madre fu certo determinante per
l’orientamento degli interessi spirituali di Filippo Franzoni. D’altro canto il tempo in cui viveva,
il tardo Ottocento, era dominato dal positivismo e dallo scientismo che ancor oggi influenzano la
nostra cultura.

Franzoni dal canto suo sente il bisogno di unire spiritualità e scienza in un connubio che comincerà
a delinearsi solo qualche decennio dopo la sua morte e che attualmente è ancora solo agli inizi.
Questa aspirazione crea in lui un conflitto. Di qui una smania di ricerca e di studio che però lo
lascia sempre insoddisfatto. Studia con foga instancabile la filosofia, la storia delle religioni,
legge i testi di varie correnti esoteriche, ma soprattutto ricerca attraverso l’arte. Aderisce alle
tendenze avanguardistiche del tempo, dichiara ad esempio di essere affascinanto dall’astrattismo.

“Vuole rivelare la legge pura” scrive l’amico Alfredo Pioda ad Emilia Stalder Franzoni “Un simile
fenomeno lo provo io, in un altro ordine di idee e in un’altra attività…”. Ma, a riprova
dell’accesso dell’artista alla dimensione senza tempo cui si accennava prima, le sue intuizioni e le
sue tormentose ricerche preannunciano a volte ciò che in seguito verrà scoperto dalla scienza
d’avanguardia.

Così Franzoni sente la presenza di una quarta dimensione, che non riesce a definire. Per lui la
quarta dimensione non è nella natura statica o nello spazio ordinariamente inteso, ma nello spazio
assoluto che é insieme l’etere. Si tratta forse di un’intuizione dell’esistenza della dimensione
spazio-temporale di cui parlerà la fisica dopo Einstein?

Harald Szeemann, nel saggio dedicato alla storia del centro esoterico sorto tra fine Ottocento e
primo Novecento sul Monte Verità, non lontano da Locarno, parla di un tentativo da parte di Filippo
Franzoni di elaborare una teoria della corrispondenza tra colori e suoni. Il pittore era tra l’altro
appassionato di musica e un ottimo violoncellista.

Secondo alcuni documenti del tempo, Franzoni “…Parlava soprattutto dei rapporti della pittura con la
musica. Affermava di procedere in questi studi con un rigore assolutamente scientifico. Diceva che
il calcolo delle vibrazioni gli permetteva di trovare delle armonie di colori che corrispondevano
esattamente a questo o quell’altro accordo musicale”.

Oggi la fisica sa che colore e suono sono frutto di frequenze e che pertanto ad un certo livello
esiste una corrispondenza tra di due. Ma questo suo sguardo che spazia “oltre il tempo” isola
l’artista dagli stessi amici e lo rende in parte incomprensibile a tutti. La sua natura lo porta a
puntare al futuro, ad assumere, anche politicamente posizioni d’avanguardia che lo relegano ai
margini della sua classe sociale e del suo tempo.

Furono i conflitti interiori che lo tormentavano a causare o ad acuire la malattia di cui era
affetto? È difficile dare una risposta a questa domanda. Nonostante tutte le teorie e le scoperte,
la psiche umana è e rimane ancora un mistero.

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