OLTRE LA FISICA DI STAR TREK – 12. APPENDICE METAFISICA

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OLTRE LA FISICA DI STAR TREK
(L’Ipotesi di Super Spin)
di Corrado Malanga del Gruppo StarGate
e Alfredo Magenta del Comitato Scientifico del CIFAS

12. APPENDICE METAFISICA
12.1 RIFLESSIONI COSMOGONICHE

Nel tentativo di costruire un’ipotesi che rendesse conto del motivo per cui gli OVNI volano in modo
apparentemente strano, abbiamo preso in considerazione le limitazioni del pensiero scientifico
coerente e razionale, condizionato dai cinque sensi di cui siamo dotati. Abbiamo quindi supposto che
possano esistere canali aggiuntivi, non convenzionali, forse addirittura altri sensi che
consentirebbero di captare la realtà in modo differente e di vedere l’Universo non come lo
percepiamo ora, ma com’è nella sua globalità.

L’obiettivo finale consiste nel dimostrare che la meccanica e la fisica degli OVNI sono plausibili.
Per far questo è necessario affrontare l’unificazione dei domini della fisica. Nell’ipotesi SSH
trovano felice connubio sia l’idea del continuum Spazio-Tempo della relatività Einsteiniana sia la
visione quantistica della realtà di Schrödinger.

Poiché queste due visioni della realtà sono aspetti differenti del pensiero umano, rappresentano
anche due diverse filosofie percettive della realtà stessa e quindi due filosofie di vita.
Congiungere queste due teorie in una sola significa unire il pensiero filosofico di due correnti,
unificando, dunque, la percezione dell’Universo. Una vera teoria unificatrice deve inglobare tutti i
sistemi percettivi, adottando un’unica chiave di lettura per l’Universo stesso, nella quale scienza
e religione siano fuse in una sola visione globale della realtà.

Noi, cercando il modo per dimostrare che un OVNI può volare come dicono i testimoni, e quindi
esistere, abbiamo operato secondo i dogmi dettati dalla scienza ufficiale, la quale dice che:

una cosa, per esistere, deve avere degli algoritmi che la descrivono.

Procedendo nella costruzione dell’Ipotesi di Super Spin (SSH), ci siamo resi conto che questo modo
di pensare è il vero limite di tutto il pensiero umano. Non solo, ma ci siamo resi conto che la
nostra ipotesi assume a volte degli aspetti teosofici per noi inconcepibili. Molti degli aspetti
della SSH, infatti, descrivono esattamente quello che già antiche filosofie hanno descritto. Il
testo di Fritrof Capra Il tao della fisica edito da Adelphi, in cui si descrive l’accostamento che
ci sarebbe tra il modo che avevano gli antichi orientali di descrivere l’Universo e quanto sta
scoprendo la fisica moderna, testimonia che anche noi ci stiamo allineando a questa corrente di
pensiero.

Gli antichi, dunque, con altri mezzi percettivi e quindi con altre conoscenze, avevano una visione
della realtà che, senza far uso di algoritmi, ha molto in comune con quello che dicono gli
scienziati moderni.

A questo punto va rilevato che gli antichi, a nostro avviso, erano, nei loro processi di
apprendimento, molto simili ai bambini, non possedendo prerequisiti di sorta e non conoscendo gli
algoritmi che giustificano il comportamento dell’Universo. Essi erano, quindi, in relazione con
l’Universo stesso in un modo differente da chi possiede delle conoscenze che gli derivano dai suoi
studi di tipo occidentale.

Un bambino che vede una mela “cadere per aria” non si stupisce come fa, al contrario, un professore
di fisica, il quale pensa di essere vittima di una allucinazione, perché, per quest’ultimo, le mele
devono cadere per terra e non possono levitare. Il professore scarterà l’ipotesi di aver visto
effettivamente la mela “cadere per aria” e concluderà che il fenomeno fisico non è accaduto. Per il
bambino, invece, che non deve giustificare con le formule la realtà che lo circonda, non c’è nulla
di strano nel vedere e descrivere il fenomeno così come lo percepisce.

Va specificato pure che le culture hanno sempre condizionato in maniera rilevante il comportamento
dei bambini. Mentre in occidente si affrontava la realtà con molti prerequisiti scientifici, in
oriente, invece, si cercava l’armonia con l’Universo. Gli antichi orientali erano portati a vedere
l’Universo come qualcosa che non aveva bisogno di leggi fisiche per manifestarsi: si manifestava e
basta!

Le antiche filosofie che descrivono l’Universo si basano, in fondo, su due principi fondamentali,
che sono il dualismo della realtà e la trinità dell’essere.

Su questi due aspetti filosofici e teosofici si sono scontrati diversi movimenti di pensiero. Basta
far riferimento alla dualità dello Yin e dello Yang, reperibile anche in modelli matematici che
descrivono la realtà e l’antirealtà, senza la quale la realtà stessa non potrebbe esistere. Acceso o
spento, vivo o morto, in moto o fermo, in rotazione oraria od antioraria, come lo stesso simbolo
Yin-Yang mostra, sono una rappresentazione della realtà.

Nella teoria SSH questi concetti sono contenuti, infatti rotazione in senso orario od antiorario
possono rappresentare, matematicamente, la materia o l’antimateria, lo spazio o l’antispazio, il
tempo o l’antitempo.

Che dire, poi, dell’aspetto teosofico della Santissima Trinità cristiana o della corrispondente
Trimurti buddista, che nella teoria SSH vengono rappresentate dai tre assi cartesiani Spazio, Tempo
ed Energia potenziale, i quali altro non sarebbero che campo elettrico, campo magnetico e campo
gravitazionale?

È come dire che dualismo e trinità, che prima si scontravano come filosofie diverse, trovano ora una
unificazione nella nostra ipotesi di modello universale, perché la definizione che noi diamo è la
seguente:

Esiste la consapevolezza dell’essere, che viene espressa dalla rotazione di un luogo di punti del
dominio Spazio-Tempo-Energia, ma esistono tre aspetti che descrivono la realtà e sono i domini del
nostro sistema. Ogni dominio ha solo due possibilità di manifestarsi: rotazione oraria oppure
antioraria rispetto al riferimento, che è la consapevolezza stessa.

In parole più semplici, secondo il nostro schema di pensiero l’essere si manifesta solo se si muove,
se fa qualcosa, se ruota attorno al proprio asse nello Spazio-Tempo-Energia. Se l’essere sta fermo,
non è che non esista, ma semplicemente non si manifesta. Non si manifesta a se stesso, non sa di
esistere, ma, se il luogo dei punti che caratterizza l’essere comincia a ruotare nel dominio
Spazio-Tempo-Energia, acquisisce la coscienza di Sé e si accorge di se stesso.

Dunque la differenza fondamentale che c’è, tra stare fuori oppure dentro il nostro Universo, è data
dalla presenza od assenza di rotazione.

All’interno dell’Universo i luoghi di punti matematicamente descrivibili sono caratterizzati da
rotazione, quindi percepibili in varie forme, a seconda del versore che li descrive, ma all’esterno
dell’Universo i punti che esistono non si manifestano, poiché sono fermi. Questo concetto,
totalmente nuovo, si accorda perfettamente con quello che la fisica moderna e la teoria buddista, o
la teosofia di madame Blavatsky, descrivono come una creazione continua.

Secondo noi l’Universo si espande, ma contemporaneamente la creazione appare continua.

Questi due concetti andrebbero a cozzare con la logica della termodinamica, che vuole l’Universo
come sistema chiuso, ma in continua espansione.

Secondo la logica esposta nella teoria SSH, invece, l’Universo si espande ruotando attorno agli assi
dell’Energia, dello Spazio e del Tempo: la rotazione attorno all’asse del Tempo produce l’effetto di
espansione dell’Universo stesso, o meglio quello che noi percepiamo come espansione, ma
nell’espandersi l’Universo non si dilata. Se si dilatasse, la sua densità tenderebbe a diminuire nel
tempo ed il tessuto spazio-temporale che costituisce il piano Spazio-Tempo si slabbrerebbe.

Per l’SSH, l’Universo si espande perché i suoi bordi vengono a contatto con luoghi di punti
caratterizzati da non-rotazione, comunicando l’informazione di rotazione a questi punti, i quali, se
prima erano fermi, non apparivano; dopo, quando sono stati messi in moto dai bordi dell’Universo,
diventano matematicamente definibili e quindi visibili. Questo processo può essere rappresentato
come una creazione continua, cioè come una continua messa in rotazione di punti che prima non
ruotavano e che quindi, seppur esistenti, non si manifestavano.

L’Universo, dunque, non si raffredderebbe a causa dell’espansione in quanto tale, ma perché il suo
contenuto energetico iniziale si delocalizzerebbe su una superficie spazio-temporale più ampia. In
effetti, da un punto di vista energetico, durante il trascorrere del tempo, i differenti livelli di
Energia che caratterizzerebbero le diverse realtà parallele, cioè i diversi piani spazio-temporali,
si sposterebbero verso il basso per l’antimateria e verso l’alto per la materia.

Questi spostamenti, nel nostro habitat spazio-temporale, produrrebbero, con il passar del tempo,
scomparsa apparente di materia, ed, alla fine del Tempo stesso, rimarrebbe solo radiazione
elettromagnetica, che si annichilerebbe con l’antiradiazione elettromagnetica proveniente dalla
corrispondente scomparsa di antimateria. Un attimo prima dell’annichilazione finale, rimarrebbe un
solo piano Spazio-Tempo, che si annichilirebbe con il corrispondente antipiano, facendo spegnere
l’Universo come la macchiolina luminosa al centro di uno schermo televisivo e riportandolo ad essere
ciò che era all’inizio, soltanto un punto fermo privo di rotazione.

Rimangono da sottolineare ancora due aspetti di natura tecnica:

È evidente che la struttura dello Spazio-Tempo, all’interno dell’SSH, prevede l’esistenza
dell’etere, cioè di qualcosa che rappresenta il materiale stesso con cui è costruito il piano
dell’esistenza. L’etere, in quest’ottica, non sarebbe altro che qualcosa che “è”, semplicemente
perché i suoi punti sono caratterizzati da rotazione lungo gli assi del dominio
Spazio-Tempo-Energia, i quali così si autodefinirebbero.

Lo Spazio si espande alla velocità della luce, che è anche la velocità limite della creazione.
Questo assioma è necessario, nell’SSH, perché l’unica velocità di espansione del nostro Universo,
tale da non consentirne la fuoriuscita di alcun corpo presente al suo interno, è proprio la velocità
della luce. Infatti, ammettiamo che l’Universo abbia cominciato ad espandersi al tempo t0 e
supponiamo che, qualche istante dopo, fosse ipoteticamente già stata creata un’astronave piccola
piccola, con al suo interno un pilota ancor più piccolo, la quale, dal centro della Creazione,
volasse, alla massima velocità possibile, verso i bordi dell’Universo in espansione, per tentare di
raggiungerli; il pilota scoprirebbe di non potercela mai fare, perché la sua meta correrebbe
continuamente davanti a lui, alla sua stessa velocità, mantenendo sempre lo stesso ritardo tra i
confini dell’Universo Cosciente e l’ipotetica piccola astronave. Qualsiasi altro valore della
velocità di espansione, inferiore a quello della velocità della luce, permetterebbe a chiunque di
raggiungere e superare i confini dell’Universo. Ciò, a ben vedere, sarebbe contrario al principio di
indeterminazione di Heisemberg ed ai tre principi della termodinamica classica, i quali suggeriscono
che l’Universo è, in ogni caso, rotazionale e chiuso.

Ed ecco che si presenta l’unico concetto non in accordo con la fisica classica: si tratta della
costante di Hubble, un numero secondo il quale, siccome le galassie si allontanerebbero l’una
dall’altra con velocità calcolate mediante misure di “red shift”, l’Universo si espanderebbe con la
stessa velocità con la quale le galassie si allontanano da un ipotetico centro. Questa ipotesi
richiama una similitudine: è come se se una macchia circolare di un potente solvente si allargasse
su di un vestito con una certa velocità, portando via, radialmente verso l’esterno, tutte le
molecole del colorante del tessuto, con la stessa velocità con cui essa si espande. In campo
scientifico questo principio viene utilizzato nella cosiddetta “thin layer chromatography”, ma la
misura della velocità di espansione della macchia, effettuata sulle molecole di colorante trascinate
via, tiene automaticamente conto del fatto che il tessuto del vestito, su cui poggiano le molecole,
rimane al suo posto e le frena, così come si comporta il tessuto dello Spazio-Tempo, il quale
rallenta la corsa delle galassie che poggiano su di esso.

Un altro aspetto dell’SSH che sembra coinvolgere non solo risvolti teosofici, ma anche religiosi,
concernenti la comprensione dell’Universo, è evidenziato dalla somiglianza che la Kabbalah ebraica
presenta con il modello matematico-geometrico proposto. Infatti la Kabbalah si basa su alcuni numeri
che simboleggiano la creazione e sono legati ad alcune forme geometriche. Il numero uno è legato al
punto, il due alla retta, il tre al triangolo, il quattro al cono ed il cinque al tetraedro, che
sarebbero stati creati in questa sequenza.

Questi appaiono essere, però, proprio i passi geometrici che contraddistinguono il domino SSH.
Dapprima c’è il Punto, poi si forma l’asse delle Energie, quindi esso inizia a ruotare e si forma un
Triangolo rotante, che dà origine al Cono, ed infine si ha un Tetraedro, provocato dallo spostamento
del Triangolo sull’asse del Tempo.

Casualità?

Un’ulteriore correlazione tra l’SSH e le teorie teosofiche orientali è messa in evidenza dalla
visione dell’Universo dei monaci tibetani, formatasi per mezzo delle conoscenze conseguite tramite
quello che è definito il terzo occhio. Il terzo occhio non sarebbe un organo vero e proprio, ma
deriverebbe dalla focalizzazione di tre organi ben precisi, che gli antichi Lama conoscevano
benissimo da tempi immemorabili.

Negli scritti di alcuni monaci viene riportata la descrizione dell’apertura del terzo occhio
mediante pratiche di meditazione, spesso accompagnate dalla somministrazione di alcuni farmaci o
droghe di varia natura.
Da un punto di vista biochimico il discorso può essere molto complesso, ma gli antichi sostenevano
che la ghiandola pineale era uno dei pilastri di tutta l’operatività del cosiddetto terzo occhio.
Quello che oggi si conosce sulla pineale è ben poco, ma abbastanza per trarne una ipotesi di lavoro
interessante anche a livello farmacologico.

La pineale è l’unica ghiandola del corpo umano che risulta sensibile ai campi magnetici.

Paradossalmente questo aspetto della questione è stato anche affrontato nel caso dei rapimenti
alieni (abductions) e degli stati di percezione alterata che si producono nell’addotto quando viene
rapito.

L’ipotesi avanzata per spiegare questi casi è che l’impianto, introdotto attraverso la cavità nasale
fino all’interno dell’ipofisi, funzioni emettendo, tra l’altro, un campo magnetico impulsivo di
opportuna frequenza, che stimola la Pineale a trasformare serotonina in melatonina ed alterando, di
conseguenza, tutto l’equilibrio ormonale del cervello umano. Si produrrebbe, tra l’altro, analgesia
e disorientamento nell’individuo addotto, che potrebbe essere, così, facilmente manipolato.

Molti dei pluriaddotti (repeaters) sostengono di aver acquisito qualche facoltà paranormale ed una
visione della realtà spesso mutata rispetto a prima del rapimento. Per spiegare tale fenomeno una
ipotesi sostiene che i soggetti rapiti acquisirebbero capacità extrasensoriali perché una specie di
terzo occhio potrebbe funzionare parzialmente dentro di loro, a causa di un effetto collaterale
della secrezione di melatonina (che ha una base simile a quella degli alcaloidi dell’indolo), per
cui si producono stati di percezione alterata non meglio identificati (l’LSD, od acido lisergico,
funzionerebbe allo stesso modo). La biochimica di questa molecola, infatti, produrrebbe uno stato di
percezione alterata, simile allo stato estatico prodotto dalla mescalina sui Mescaleros.

Dire, però, percezione alterata è limitativo, poiché la percezione potrebbe essere stata ampliata,
anche se in modo incompleto, e non semplicemente alterata dal farmaco, come sostiene colui che ha
sintetizzato e provato per la prima volta su se stesso l’acido lisergico. In altre parole l’apertura
parziale del terzo occhio, per ora continuiamo a chiamarlo così, avverrebbe negli addotti come
risposta chimica ad una sollecitazione biochimica che comunque avrebbe agito su mlecole a base di
nuclei indolici.

L’attività della Pineale, dunque, in linea di principio, potrebbe essere alterata da fattori
chimici, che produrrebbero lo stato di percezione ampliata.

Un’altra importante osservazione nasce dalla descrizione di come si vede l’Universo attraverso il
terzo occhio, reperibile in alcuni testi di natura esoterica, sia vecchi che nuovi. L’Universo,
attraverso il terzo occhio, sembra manifestarsi come una serie di “cose” caratterizzate da una
tripla rotazione, che si svolge, appunto, attorno a tre assi.

Inoltre il rotore di queste “cose” era anche stato già disegnato da molto tempo, ma, se visto solo
nel campo spaziale, appariva di difficile comprensione, tuttavia assomigliava decisamente al nostro
spin.

Ma vediamo come questo oggetto viene descritto da chi crede di averlo visto attraverso il terzo
occhio:

“È un cuore vivente che pulsa d’energia, con le sue tre spire più spesse e le sette più sottili…
Nelle tre spire corrono correnti d’elettricità differenziata, le altre sette vibrano in risposta ad
onde eteriche di ogni tipo… suoni, luce, calore, ecc. ed indicano i sette colori dello spettro;

L’atomo ANU (così è definito esotericamente – nda)… possiede tre movimenti propri, per così dire
personali e cioè indipendenti da qualsiasi sollecitazione esterna. Ruota senza posa attorno al suo
asse, simile ad una trottola. Descrive un piccolo cerchio con il suo asse, come se l’asse della
trottola si muovesse in un piccolo cerchio (seconda rotazione, attorno ad un secondo asse,
perpendicolare al primo – nda). Possiede una pulsazione regolare,.. come quella di un cuore (visione
della terza frequenza di rotazione – nda). Quando una forza esterna viene ad agire su di esso,
comincia a danzare e ondeggiare, si butta concitatamente di qua e di là, compie le rotazioni più
straordinarie e rapide, ma i tre movimenti fondamentali perdurano incessantemente”
(tratto da First principles of theosophy di Jinaradaiasa – Ed. Adyar – e ripreso da L’Apertura del
terzo occhio di Douglas Baker – Ed. Armenia – 1999 – pagg. 25 e 27).

Nello stesso trattato troviamo anche un’interessante discussione sui tre chakra della testa che, se
accesi, darebbero il via alla focalizzazione dell’immagine nel terzo occhio.

Ma cos’è un chakra?

Un organo eterico collegato al corpo eterico, cioè alla parte del nostro essere che, secondo antichi
testi Indù, sarebbe da mettere in relazione con diversi aspetti dell’esistenza, non solo di quella
fisica.

L’utilizzazione dei chakra è caratteristica della medicina trascendentale e nei processi della
comprensione delle cose attraverso la scienza intuitiva, a cui spesso ci riferiamo. Tre di questi
punti, detti “della testa”, e più precisamente i chakra della sommità capo, della fronte e della
gola, sarebbero da correlarsi, del resto come tutti gli altri chakra, a ben precisi punti del corpo
materiale a cui sono strettamente legati. In particolare questi tre sarebbero da mettere in
relazione con la ghiandola pineale (sommità del capo), con la pituitaria (fronte) e con la tiroidea
(gola).
Questa particolare osservazione, che risale agli Indù ed i monaci tibetani, secondo la SSH è da
mettersi in stretta correlazione, come abbiamo già accennato, con meccanismi puramente biochimici.

La prima annotazione che va fatta è che la ghiandola pineale è sensibile al campo magnetico, come
riportato in un rilevante numero di pubblicazioni scientifiche.
L’idea conseguente, a nostro avviso, è che le altre due ghiandole, collegate ai chakra responsabili
dell’apertura del terzo occhio, potrebbero essere messe in relazione con i campi gravitazionale ed
elettrico.
Mentre si sa poco, a tal proposito, sulla Pituitaria, tranne che tumori a questa ghiandola
provocherebbero fenomeni di gigantismo o di nanismo, come se il corpo umano non fosse più in grado
di distinguere correttamente l’influenza della forza gravitazionale terrestre, nulla si sa sugli
effetti del campo elettrico sulla Tiroide.
Se, però, le cose stessero come noi supponiamo e le tre ghiandole fossero sensibili ai campi
magnetico, elettrico e gravitazionale, cioè fossero capaci di percepire l’Universo in relazione alla
situazione di questi tre campi esistente in quel determinato Spazio-Tempo-Energia, o ancora meglio
vedessero gli spin correlati a tali campi nella teoria SSH, allora si spiegherebbe come si può avere
una percezione dell’Universo nei termini dell’ANU precedentemente descritto.

L’analogia tra la convinzione induista e la SSH è quanto mai calzante, se si pensa che chi può
accedere all’apertura del terzo occhio può vedere l’Universo in funzione di tre sue variabili
fondamentali, che sono i campi magnetico, elettrico e gravitazionale, ma sono anche, in altre
parole, il Tempo, lo Spazio e l’Energia potenziale. L’Universo ci apparirebbe com’è realmente e non
come lo vediamo attraverso sensi troppo rudimentali come la vista, il tatto, l’olfatto, il gusto e
l’udito. Invece di percepire i risultati delle interazioni fisiche, si percepirebbero solo le tre
fondamentali azioni (o campi) della fisica.

Il terzo occhio non sarebbe dunque un organo, ma l’insieme del complicato elettrochimismo di tre
ghiandole che, opportunamente sollecitate ad agire in modo sinergico, produrrebbero endorfine e
droghe interne in grado di correlare tra loro i tre aspetti fondamentali della realtà, che sono
proprio lo Spazio, il Tempo e l’Energia potenziale, tutto quello che serve per descrivere
geometricamente i luoghi di punti che formano il mondo che ci circonda.

La SSH sarebbe, di conseguenza, un modello matematico-geometrico capace di mettere d’accordo la
fisica classica con l’esoterismo della Blavatsky e con la visione induista e kabbalistica del mondo:
non solo una banale sintesi di teorie, ma l’unificazione di tutti i modi di pensare, cioè di
percepire l’Universo. La percezione dell’Universo è, infatti, il punto di partenza su cui si fonda
una qualsiasi teoria e tutti i modi a noi noti di percepire la realtà sarebbero soltanto descrizioni
parziali di parti differenti dell’Universo, ciascuna parzialmente valida ed ognuna contenuta nella
SSH, che le comprende tutte.

In quest’ottica si potrebbe tentare anche la razionalizzazione di quei fenomeni di natura
paranormale che risultano di difficile comprensione, ma sono facilmente descrivibili con
l’interazione parziale di due ghiandole o l’attività di una sola ghiandola alla volta. Così fenomeni
di levitazione di oggetti, probabilmente causati da variazioni del campo gravitazionale locale,
potrebbero essere innescati dall’intervento della Pituitaria, fenomeni di preveggenza potrebbero
essere ascrivibili alla visione alterata del tempo, o meglio, dello spin lungo l’asse del Tempo, da
correlarsi al campo magnetico e quindi alla Pineale, e così via.

Questi momenti percettivi alterati accadrebbero, casualmente, solo in persone particolarmente
predisposte o sollecitate da eventi esterni, che, molto probabilmente, provocano una variazione del
chimismo di almeno una di queste tre ghiandole.
L’SSH è anche in grado di formulare una risposta al quesito sull’esistenza del Dio cristiano, ma
anche di quello buddista o comunque di un Dio monoteista. Secondo la SSH, infatti, in principio
esiste un punto fermo, il quale, pur avendo consapevolezza di sé, non ha conoscenza di se stesso,
perché non ruota. Appena comincia a ruotare sull’asse dell’Energia, si accorge di essere e ne prende
conoscenza. Si tratta di una conoscenza parziale, perché il punto sa di essere, ma non sa come è
fatto. Non ha, in effetti, nessuno specchio per guardarsi o punto di riferimento con cui correlarsi:
è l’unico punto di un sistema fisico costituito da un solo punto. L’essere, allora, decide di
acquisire la conoscenza di Sé e si divide in tutti gli aspetti della realtà, che così potranno
guardarsi, vedersi e conoscersi. Si creano gli assi dello Spazio e del Tempo, con tutte le
manifestazioni dell’Entità, che si divide in luoghi di punti caratterizzati da rotazioni
differenziate. Nascono le cose materiali e la loro controparte spirituale, nascono le cose buone e
le cose cattive, il più ed il meno ed il dualismo nella trinità.

Nell’arco di tempo necessario a prendere coscienza di tutte le sue manifestazioni, l’Essere realizza
la sua conoscenza e quindi rende completa la sua esistenza. Alla fine di tale tempo la SSH prevede
che l’Universo si richiuda in un solo punto, cioè che i piani spazio-temporali si fondano insieme,
con la materia che si fonde con l’antimateria ed i campi di forze con gli anticampi, per tornare ad
essere come prima, come all’inizio … un punto e basta, ma con la differenza che ora l’Essere,
sapendo com’è fatto, può anche fermarsi, non morire perché è immortale, ma perdere ancora una volta
la sua conoscenza e non ruotare più fino al prossimo risveglio, se necessario!

Possiamo notare come le parole espresse dalla SSH si sovrappongano perfettamente all’idea di Dio che
hanno Buddha o Cristo (e non crediamo che sia un caso), anche perché ormai ci rendiamo conto che
troppi sono gli aspetti della realtà che, come per magia, risultano ben descritti dalla SSH.

Un’ulteriore annotazione interessante è che, se le cose stanno così, noi non dobbiamo considerarci
singoli individui, ma parte di un Essere che è il solo Essere. Noi saremmo, quindi, solo una piccola
parte di tale Essere, ma la cosa interessante è che noi ed i nostri peggiori nemici siamo parti
diverse di una stessa Cosa. Questo giustificherebbe il fatto che, come abbiamo già detto, si
potrebbe sapere cosa accade a qualcosa o a qualcun altro, che sia spazio-temporalmente lontano da
noi, semplicemente perché siamo la stessa cosa in ogni momento della vita dell’Universo. L’ultimo
aspetto, su cui vogliamo in questa sede insistere, riguarda l’esistenza del Tempo, dello Spazio e
dell’Energia potenziale.

Infatti, se esaminiamo le condizioni al contorno del domino matematico-geometrico della SSH, notiamo
che, all’inizio ed alla fine, le condizioni al contorno appaiono identiche. Da questo punto di vista
facciamo notare che il tempo, così come noi oggi lo consideriamo, è una variazione dello spazio,
così come il campo elettrico ed il campo magnetico sono variazioni l’uno dell’altro.
Se, ad esempio, le cose stessero ferme, il tempo non servirebbe come descrittore fisico: prima un
oggetto è qui, poi sarà lì…, ma, se l’oggetto non si sposta, dire prima e poi non ha senso, così
come non ha senso dire qui e lì. D’altro canto anche l’asse dell’Energia sussiste solamente perché
lo Spazio-Tempo viene deformato ed incurvato. Si potrebbe tranquillamente supporre che il Tempo, lo
Spazio e l’Energia esistano solo all’interno del dominio necessario alla acquisizione della
consapevolezza, ma, poiché, alla fine del Tutto, si trasformano nella stessa cosa che erano
all’inizio, si può concludere che Spazio, Tempo ed Energia sono solo una manifestazione transitoria
dell’Essere, ma, in assoluto, non esistono, in quanto non necessari a descrivere niente.

In conclusione l’unica cosa che È è la consapevolezza dell’essere, mentre lo Spazio, il Tempo e
l’Energia servono solo localmente ad acquisire la conoscenza del Sé, ma nulla hanno a che fare con
la consapevolezza di essere.

L’acquisizione della conoscenza richiederebbe, quindi, un atto di volontà?

12.2 UN UNIVERSO DI UNIVERSI

Se approfondiamo il nostro modello, ci dobbiamo soffermare sul fatto che ancora non sappiamo cosa e
perché ha prodotto l’iniziale rotazione del punto di origine. Ma, se ipotizziamo che l’Universo,
mentre si espande, tocchi e di conseguenza “accenda”, altri punti, i quali cominciano a ruotare e si
rendono visibili, possiamo ipoteticamente pensare che tali punti diventino fonte di altrettanti
Universi e che quindi, a dare il via alla rotazione del nostro punto primordiale, sia stato un altro
Universo in espansione, che l’ha toccato e gli ha trasmesso l’informazione vitale, che è solo la
rotazione.
Avremmo, così, la visione di un vero Universo inflazionato, un Universo di Universi, che poco si
discosta dalle più moderne teorie in questo campo.

12.3 KOILON

Non è nemmeno necessario uscire dai confini dell’Italia per verificare come alcuni teosofi abbiano
pubblicato opere che descrivono, ancora una volta, la realtà come appare nella SSH. Michele Giannone
nasce a Palermo l’8 novembre del 1911 ed è membro della Società Teosofica dal 1946. In una sua
pubblicazione, intitolata KOILON: per una teoria unitaria della materia e dell’Universo, Ed.
Aquarius, egli ripropone la teoria dell’esistenza dell’etere. Basta citare alcune frasi della
sintesi esposta nella presentazione, per rendersi subito conto del fatto che il suo modo di vedere
l’Universo coincide, per quasi tutti gli aspetti, con il nostro:

… L’Universo è la manifestazione periodica di questa Essenza Assoluta (la sostanza koilonica – nda)
… secondo Giannone l’Universo può pensarsi diviso in otto “Ottave Cosmiche” … le prime sette Ottave
sono di formazione, mentre l’ultima rappresenta la “manifestazione”, cioè il mondo fisico … Anche
secondo Giannone tutte le particelle subatomiche sono formate da un determinato numero di particelle
piccolissime, i “monopoli”, aventi tutte le stesse caratteristiche, tranne il loro movimento di
rotazione, che possiamo convenzionalmente chiamare “positivo” e “negativo”. Esse risultano nelle
particelle subatomiche a due a due accoppiate (positiva e negativa). Se sono in numero pari la
particella sarà elettricamente neutra; se invece sono in numero dispari, la particella sarà positiva
… o negativa … La corrente elettrica non è un flusso di elettroni liberi, bensì un flusso di
monopoli. La materia è caratterizzata dal movimento. Tutto si muove: dalle galassie alla più piccola
particella. Se non fosse per il “moto” di cui sono dotate tutte le particelle, l’Universo non
esisterebbe: vi sarebbe solo Koilon. Ecco perché la materia e le forme materiali sono “Mâyâ” …E se
la materia è sostanza koilonica differenziata, non può essere “energia condensata”. La “materia” non
può trasformarsi in “energia” e l’energia non può trasformarsi in materia, perché l’energia non
esiste indipendentemente dalla materia. L’energia è solo la “capacità di compiere lavoro” e quindi
non si trasforma e non si trasmette. Solo il movimento si trasmette per urti successivi nella
materia o per le onde nella sostanza koilonica (vedere anche le opere di Marco Todeschini: La teoria
delle apparenze – Istituto Italiano d’Arti Grafiche – Bergamo – 1949 ed ancora Psicobiofisca.
Scienza Unitaria del Creato – Casa Editrice MEB – Torino – 1978) … La famosa e misteriosa equazione
einsteiniana E = m.c2 (secondo le convenzioni utilizzate in questo lavoro: U = m.c2) perde così il
significato che le attribuisce la teoria relativistica. Per Giannone questa formula dà l’energia
cinetica di rotazione delle particelle attorno al proprio asse…

segue…

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