Ormoni e appetito
redazione ECplanet.net
Gli ormoni dell’appetito mettono a rischio la memoria
Un ormone che regola l’appetito può anche influenzare la formazione della memoria. E i ricercatori
si stanno dedicando sempre con maggiore attenzione a questo aspetto, nel tentativo di capire se
obesità e apprendimento possano essere in qualche modo legati. Jenni Harvey della University of
Dundee in Scozia ha infatti scoperto che i pazienti obesi sperimentano più spesso degli altri dei
problemi di memoria che vanno da semplici dimenticanze fino a sintomi simili all’Alzheimer. La
notizia è riportata dalla rivista Nature.
Le ricerche della scienziata scozzese sono concentrate su un ormone chiamato leptina, che regola
l’appetito e il metabolismo. La leptina che viene prodotta dal tessuto grasso, tende a indurre il
cervello a sentirsi sazio. Negli obesi, però, questo ormone è spesso presente in grandi quantità, ma
non riesce a ridurre la tendenza a ingozzarsi, perché l’organismo si è desensibilizzato alla sua
azione. Secondo alcune ricerche, livelli anormali di leptina mettono a rischio le funzioni delle
cellule cerebrali. Ed esperimenti sui ratti dimostrano anche che troppa leptina annulla la capacità
di queste cellule di rispondere a segnali specifici.
In particolare, la leptina indebolirebbe un processo noto come potenziamento a lungo termine per
il quale le cellule nervose tendono a divenire più sensibili a uno stimolo quando questo viene
ripetuto per più volte. Iniettandola direttamente nelle cellule dell’ippocampo dei topi si è visto
che la quantità di leptina assunta in un pasto normale aumenta il potenziamento a lungo termine di
circa tre volte. Se però la leptina è troppa, cioè circa 100 volte quanto si assume in un pasto
normale, l’effetto di potenziamento svanisce. Per questo i ricercatori temono che l’aumento di
obesità che si registra nei giovani possa nel lungo periodo influenzare l’apprendimento e la
memoria. Insomma le prossime generazioni saranno obese e anche asine.
Questa notizia è stata diffusa dall’agenzia ZadiG.
Istituzione scientifica citata nell’articolo:
University of Dundee
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