PARLANDO DI BIOETICA

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PARLANDO DI BIOETICA

di Andrea Boni

Le problematiche legate alla bioetica sono assai numerose e l’opinione pubblica è sempre più
coinvolta nella discussione delle tematiche ad essa connesse, anche a causa del bombardamento
mediatico cui è sottoposta dai mass-media. Si pensi solo – per fare alcuni esempi – a questi
aspetti: clonazione, utilizzo delle cellule staminali, ingegneria genetica, procreazione assistita,
sperimentazione clinica dei farmaci, trapianti d’organo nell’uomo, IVG, accanimento terapeutico,
eutanasia, problematiche ambientali da compromissione dell’equilibrio biologico, screening
generalizzato, etc. I recenti avvenimenti che hanno coinvolto l’opinione pubblica in termini di
Bioetica hanno evidenziato la necessità di una profonda riflessione circa la modalità con cui il
progresso tecnologico interviene nel modificare il corso naturale degli eventi del vivere umano.
Aspetti che sembravano assolutamente naturali non lo sono più a seguito delle innovazioni portate da
nuovi ritrovati della tecnica.

“… Una volta, la nascita e la morte erano fatti “naturali” per eccellenza, e dunque sottratti,
nell’immodificabilità radicale del loro accadimento, a ogni regola elaborata dalla società.
Semplicemente, si nasceva e si moriva. Oggi non è più così: la potenza della tecnica — che non è
altro se non la forza dell’intelligenza umana in cammino per appropriarsi fino in fondo dei proprio
destino — sta modificando la forma intrinseca di quegli eventi; sta cominciando a farli entrare, per
dir così, nel raggio delle nostre scelte. La tecnica infatti ha sempre come effetto quello di
accrescere, talvolta in modo smisurato, la nostra capacità di decidere. E quando noi possiamo
scegliere, abbiamo bisogno di etica, di democrazia e di diritto. Per ora, non abbiamo inventato
strumenti migliori, per aiutarci.” (Aldo Schiamone, 3 feb 2009 su La Repubblica).

Si pone quindi il problema di dover affrontare scelte etiche molto delicate che, non potendo essere
state codificate in precedenza in termini costituzionali, devono essere rielaborate con sensibilità
ed intelligenza. In questo processo la Scienza e la Politica da sole non possono fornire risposte a
quesiti di elevato contenuto morale, bensì occorre necessariamente attingere ai principi derivanti
da tradizioni in cui lo studio e l’applicazione dei valori etici e morali è stato posto come
fondamento del vivere umano. In un recente articolo di Francesco Alberoni dal titolo “La scienza non
può dire cosa è bene e cosa è male” apparso su Il Corriere della Sera del 16/02/2009, viene espressa
bene questa difficoltà oggettiva della Scienza (ma soprattutto della Politica) nel prendere
decisioni in termini di Bioetica.

“La vicenda di Eluana è un episodio dell’unico vero grande conflitto del nostro tempo: il conflitto
sui valori. La scienza produce una vertiginosa trasformazione del mondo e dell’uomo e ogni progresso
apre nuovi dilemmi. La scoperta dell’energia atomica ha reso possibile una guerra termonucleare. Gli
uomini hanno scelto di non farla. Negli anni Sessanta i contraccettivi hanno consentito alle donne
di evitare una gravidanza indesiderata. Le donne li hanno usati anche quando le tradizionali leggi
morali lo proibivano. Poi si sono diffuse numerose droghe ma, in questo campo è prevalsa la
proibizione. Fra non molti anni i genitori potranno decidere il corredo genetico dei figli, la
neuroscienza consentirà di modificare idee, sentimenti e passioni agendo sui processi fisico chimici
del cervello. E ogni volta si porrà il quesito: farlo o non farlo? E’ bene o è male? Ma la scienza
non può dire cosa è bene e cosa è male. Può parlarti di fatti, di processi, dirti cosa puoi fare ma
non può dirti assolutamente nulla su cosa è giusto fare, cosa devi fare, sui valori.

L’universo scientifico non ha categorie morali. Certo il singolo scienziato può avere criteri etici
ma li ha in quanto uomo non in quanto scienziato. Lo scienziato atomico ti dice quali effetti
devastanti ha una guerra atomica. Ma se farla o non farla la scienza non te lo sa dire. Chi ci dice
allora cosa è bene e cosa e male? In alcuni casi la religione, in altri l’ideologia politica, in
altri la civiltà in cui sei stato allevato. Ma oggi tutti e tre questi fattori sono indeboliti e
sotto accusa. Prevale la tesi che siano validi tutti i punti di vista. Ma una società in cui tutti i
giudizi hanno lo stesso peso non può decidere, non può fare leggi, cade in preda al disordine. Però,
oltre una certa soglia di disordine, si crea un disagio intollerabile e gli uomini alla fine
scoprono in se stessi cosa è bene e cosa è male, e si raccolgono in movimenti collettivi che si
scontrano finché non prevale una delle due alternative. E’ gia successo: pensiamo ai movimenti a
favore e contro la contraccezione, gli OGM, le droghe, l’aborto, il divorzio, la vivisezione, la
clonazione umana, l’eutanasia. Col progredire della scienza e della tecnica questi scontri sono
destinati a diventare sempre più violenti. Non solo in Italia dove c’è la Chiesa o nei paesi Paesi
islamici, ma dappertutto. E ci saranno partiti politici in cui i valori diventeranno più importanti
dei tradizionali temi economici”.

Mentre per l’Occidente la bioetica è una disciplina relativamente recente, nella Tradizione della
Cultura antico-indiana da sempre sono state disponibili soluzioni naturali per gestire il rapporto
tra creato e creature, per poter affrontare i quesiti posti dai misteri della nascita e della morte,
il senso della vita, lo scopo del soffrire e del gioire umano. Tutto questo grazie alla possibilità
di attingere ad una scienza completa essenzialmente basata sull’ordine etico universale (dharma),
che gestisce sia il micro che il macrocosmo. Nel suo magistero il Divino interviene in tutte le
manifestazioni e quindi anche nelle regole degli umani che si attengono ad esso per preservare la
loro natura, anch’essa divina. Non è che l’insegnamento dei Veda fornisca risposte puntuali ed
esatte a tutte le problematiche che caratterizzano la società moderna circa l’applicazione delle più
avanzate scoperte scientifiche e la loro influenza sui trattamenti del corpo umano, sia esso nello
stato di embrione o nella manifestazione di un corpo di adulto, anzi, la Cultura Indovedica si
rivela pre-veggente, offrendo soprattutto un panorama vasto e completo di insegnamenti e principi
che, opportunamente interpretati, consentono di poter affrontare quello che per la società di oggi è
un continuo dilemma di opportunità e di problemi.

Poiché la bioetica si occupa delle questioni morali che sorgono parallelamente al rapido progredire
della ricerca biologica e medica, la sua natura è marcatamente multidisciplinare, potendo annoverare
al proprio interno aspetti relativi a varie materie, quali: biologia, medicina, filosofia, diritto,
ed altre ancora. Un approccio attento e scrupoloso alla bioetica non può quindi prescindere dal
prendere in esame tutte le componenti che provengono da queste aree del sapere umano. E’ anche per
questo che la politica o la Scienza in sé non possono fornire risposte adeguate alla soluzione dei
quesiti che sorgono con l’avanzare del progresso tecnologico. La Scienza Indovedica, al contrario, è
per definizione olistica, ovvero più che multidisciplinare, è quindi esente dalle difficoltà che
sorgono nel cercare di armonizzare le tante branche citate, e proprio per questo offre insegnamenti
e principi che aiutano nello sviluppo di una coscienza globale del problema, sganciata da
identificazioni, condizionamenti o speculazioni che hanno la loro radice nei piani materiali
dell’esistenza. L’essere è definito nei suoi tre piani atropologici (bio-psico-spirituali) come una
parte del Tutto, e come tale ontologicamente eterno nella parte più profonda della personalità. E’
in questo senso una scintilla Divina.

Mamaivamsho jiva-loke
jiva-bhutah sanatanah
manah-shashthanindriyani
prakriti-sthani karshati

“Gli esseri viventi, in questo mondo materiale, sono miei frammenti eterni, ma essendo condizionati
lottano duramente con i sei sensi, tra cui la mente.” (Bhagavad Gita XV.7)
Nascita e morte vengono interpretati come momenti di cambiamento e come motivo di nuove possibilità
di crescita in quel cammino affascinante che è la vita nel suo insieme. Non esiste un inizio, non
esiste una fine, ma un ciclo (samsara) che si sussegue eternamente finché l’essere ottiene
l’emancipazione (moksha) dalla natura materiale, anch’essa di natura Divina, ottenendo la piena
consapevolezza della sua relazione con il Divino.

Na jayate mriyate va kadacin
nayam bhutva bhavita va na bhuya
ajo nityah shashvato ‘yam purano
na hanyate hanyamane sharire

“Per l’anima non vi è nascita né morte. La sua esistenza non ha avuto inizio nel passato, non ha
inizio nel presente e non avrà inizio nel futuro. Essa non nata, eterna, sempre esistente e
primordiale. Non muore quando il corpo muore.” (Bhagavad Gita II.20)
La natura materiale viene allora vista come strumento di liberazione, non demonizzata, ma anzi
prezioso aiuto per superare i condizionamenti indotti da una falsa identificazione con corpo e
psiche.

Daivi hy esha guna-mayi
mama maya duratyaya
mam eva ye prapadyante
mayam etam taranti te

“Questa mia energia divina [la materia], costituita dalle tre influenze della natura materiale, è
difficile da superare, ma coloro che si abbandonano a Me ne superano facilmente i confini”.
(Bhagavad Gita VII.14)
Questi sono i principi base che occorre avere ben chiari quando si affrontano i temi delicati che
sorgono nella società di oggi in chiave bioetica. Senza di essi qualsiasi discussione sarà
affrontata solo superficialmente, e non si potranno avere contribuiti oggettivi, ma solo vaghe
speculazioni che saranno interpretate soggettivamente.

Ringraziamenti:
Si ringrazia Giovanni Canepa per il prezioso lavoro di ricerca e per gli utili suggerimenti forniti.

da scienzaespiritualita.blogspot.com/

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