Passi dal ‘Commento alla Bhagavad Gita’ 19a – Yogananda

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Passi dal ‘Commento alla Bhagavad Gita’ 19a

di Paramahansa Yogananda

LA BHAGAVAD-GITA (CON IL COMMENTO DI PARAMAHANSA YOGANANDA) Ed. Vidyananda

(Parte 19a.)

Applicazione della Gita nella Vita Quotidiana

Infine, la lezione pratica da apprendere è che questa conoscenza non deve essere chiusa a chiave
come un’esperienza metafisica, ma deve essere applicata nella vita quotidiana: durante la malattia e
la sofferenza fisica, durante l’esperienza comune della morte, o nella morte estatica con Dio (in
samadhi), o dovunque la gente parli dell’impermanenza del corpo. Dovete ricordare che la vostra
individualità, come entità esistente, non potrà mai esservi tolta. Nella morte di schiavitù la
vostra anima cambia residenza, e nella morte di libertà la vostra anima s’espande nello Spirito e
rioccupa la dimora di spazio infinito che aveva perduto.

Verso 21°

“O Arjuna, per colui che conosce il Sé come indeperibile, eternamente permanente, senza respiro ed
inesauribile, come può essere possibile pensare che quest’Essere, abitante nel tempio corporeo,
possa uccidere qualcuno? Come potrebbe uccidere o causare la distruzione di un altro?

Versione Poetica

Colui che guarda con l’occhio spirituale è assolutamente certo che l’anima è indistruttibile, libera
dal respiro, immutabile ed inesauribile. Come può una persona così estinguere la vita, o causare
l’estinzione della vita di un altro?

Interpretazione Spirituale

In questa stanza l’anima Krishna, sta dicendo al devoto, Arjuna (l’ego): “O mio sé inferiore, tu ti
devi innalzare al mio piano superiore di coscienza spirituale e realizzare che anche se distruggessi
la malvagità dei sensi, le tentazione dei piaceri e l’attaccamento materiale, sei sciocco a pensare
che con la distruzione di questi desideri materiali legati al corpo il tuo Sè Superiore possa
distruggere i piaceri dei sensi o la loro coscienza dentro di te”.

Giustizia

Qui il profeta Krishna sta dicendo al discepolo Arjuna, che ha paura di impegnarsi nella giusta
battaglia tra i suoi pensieri virtuosi e viziosi, che egli distruggerà i parenti viziosi di Arjuna o
causerà la loro distruzione. Ed inoltre dice che nella battaglia materiale in cui le persone
virtuose sono attaccate senza motivo dalle persone immorali, è giusto che i buoni si proteggano dai
cattivi. Se mentre difendono loro stessi, le loro donne e i loro figli innocenti, i giusti dovessero
uccidere alcuni dei malvagi invasori, quest’azione non sarebbe incompatibile con le leggi della
giustizia. I giusti non si potrebbero ritenere responsabili della distruzione dei malvagi. Inoltre
Krishna spiega che malgrado siano uccisi i corpi fisici dei malvagi, le loro anime non possono
essere distrutte in alcun modo. Naturalmente questo non deve essere un motivo perché i giusti
uccidano i malvagi; ma quando degli individui malvagi ed aggressivi sono uccisi in battaglia dai
giusti (che stanno proteggendo le loro donne e i loro figli), i buoni possono consolare le loro
coscienze sapendo che né Dio né loro possono in alcun modo distruggere le anime dei malvagi. Sarebbe
una filosofia pericolosa se la gente ritenesse giusto uccidere gli altri nella convinzione che il
fine giustifica i mezzi. Si potrebbe pensare che l’atto di uccidere sia giustificato, quando forse
in effetti si è motivati più dalla vendetta che dalla necessaria di difesa.

Non l’Artefice

Questa stanza potrebbe essere una buona lezione per il soldato costretto a combattere per il suo
paese. Essa insegna che anche sul campo di battaglia uno non deve pensare di essere l’artefice, ma
che tutte le cose sono ordinate dalla natura e da Dio. Il soldato sul campo di battaglia dovrebbe
realizzare che tutta l’esistenza è una finta battaglia tra vita e morte, e che gli uomini uccisi in
battaglia non sono veramente morti, e i sopravvissuti non sono realmente vivi. Nel sogno uno può
vedere una battaglia tra persone giuste e malvage, e può assistere all’uccisione dei cattivi da
parte dei buoni. Destandosi dal sogno, il sognatore realizzerà che sia l’uccisione dei malvagi che
la sopravvivenza dei giusti erano prodotti dell’immaginazione interiore, e che in effetti non c’è
stata alcuna uccisione. Similmente, Krishna disse ad Arjuna che la battaglia tra i suoi parenti
giusti e quelli malvagi era una battaglia che lui vedeva nell’illusione cosmica, poiché egli si
trovava in quello stato di coscienza in cui si è spiritualmente addormentati e non ancora desti
nella saggezza. Krishna Disse a Arjuna che la Coscienza Cosmica dello Spirito onnipervadente deve
essere mantenuta in tutte le circostanze: durante una battaglia o durante qualsiasi esperienza
terrena.

Vita Indistruttibile

Questa stanza è veramente una grande lezione metafisica in cui il precettore dice allo studente o
l’anima insegna al devoto – che anche se il devoto uccidesse i piaceri dei sensi o causasse la loro
uccisione da parte delle forze dell’anima, o se i giusti uccidessero i malvagi per difendere se
stessi e quelli che dipendono da loro, tutti dovrebbero sapere – innalzando le loro coscienze al
piano della saggezza – che niente può essere distrutto perché tutte le cose sono immortali. Neppure
i sensi degli esseri umani possono essere uccisi o distrutti per sempre. Essi passano soltanto
attraverso un cambiamento. Una tempesta crea onde sulla superficie dell’oceano, e quando finisce si
vede che le onde non sono state uccise o distrutte dall’assenza di tempesta ma sono solo scomparse e
ritornate in seno al mare. Perciò quando i giusti causano, anche direttamente, l’uccisione dei
malvagi in battaglia, essi non devono rimanere nell’illusione pensando che il potere della
distruzione dipenda da loro. Quando i piaceri dei sensi sono distrutti dell’autocontrollo, in realtà
essi non vengono distrutti, ma le loro forze sono trattenute nel sé e trasmutate in uno stato più
sottile per percepire la beatitudine superiore. Come quando, per esempio, una persona è golosa e
mangia troppo, e quindi soffre di indigestione; se però trasmutasse la sua avidità di cibo fisico
nel desiderio di una continua comunione non Dio egli non distruggerebbe l’avidità, ma la
trasformerebbe da agente del male ad un mezzo di bene.

Consigli Pratici

Quando un devoto novizio comincia ad uccidere le sue tentazione e i desideri di benessere materiale,
non deve condannare se stesso come un crudele tiranno, un assassino della felicità, uno che nega
gioia a se stesso. Né deve biasimare Dio come causa della distruzione dei suoi pensieri tentatori.
Egli deve consolare se stesso pensando che i pensieri legati alla tentazione e amanti del piacere
non sono stati distrutti, ma sono stati innalzati dal piano della miseria al piano dell’attaccamento
a Dio che rende felici e che si ottiene con la meditazione. Ogni soldato che sul campo di battaglia
difende giustamente dalle anime indifese, non deve pensare che sta uccidendo o che Dio uccide, ma
che le anime malvage sono sfrattate a morte dalle loro fortezze corporee per andare in altre dimore,
di modo che non possano continuare oltre la loro crudele attività di torturare anime giuste. La
persona spirituale altamente evoluta che uccide tutti i suoi desideri materiali non deve commiserare
se stessa o i desideri uccisi, e non deve pensare che Dio causa la distruzione di questi desideri.
Quando un uomo conquista i cattivi pensieri con buoni desideri, deve pensare di stare trasmutando in
buoni i cattivi desideri.

I cattivi desideri promettono la felicità e danno sofferenza, mentre i buoni desideri conducono
l’anima alla felicità perpetua. Perciò il devoto è giustificato a trasmutare i suoi cattivi
desideri, e a non reprimerli o ucciderli, diventando così un fossile mentale, perché attraverso la
bocca assetata dei desideri egli beve il miele immortale della beatitudine di Dio. L’uomo malvagio
beve il miele avvelenato dei piaceli dei sensi che gli causa sofferenza. L’uomo divino beve
l’ambrosia dell’eterna beatitudine. I soldati devono notare che c’è una grande differenza tra una
cosiddetta giusta battaglia patriottica e una vera e giusta battaglia patriottica; perché un paese
potrebbe essere intenzionalmente aggressivo e creare le guerre per soddisfare la propria avidità.
Una guerra così motivata sarebbe un atto ingiusto da parte degli aggressori e nessun soldato
dovrebbe battersi per tale causa. Però difendere il proprio paese dall’aggressione di un altro paese
è una giusta azione.

Ogni qualvolta sorge un dubbio se una guerra è giusta oppure no, è sempre meglio consultare un uomo
che conosce Dio. C’è un’enorme differenza tra una guerra veramente giusta e una in cui i soldati
ambiziosi credono d’essere dotalo giustificati a combattere per soddisfare le loro malvage
ambizioni.

Verso 22°

“Come un individuo getta degli abiti logori per indossare nuovi vestiti, così l’anima incarnata
abbandona una abitazione corporea rovinata per entrare in una nuova”.

Versione Poetica

Come un figlio fatto di carne è solito gettare un abito rovinato per indossarne uno nuovo, così un
figlio incarnato dello Spirito abbandona una logora dimora corporea per occupare un altro nuovo
corpo di sogno.

Interpretazione Spirituale

Questa stanza illustra la dottrina della reincarnazione esposta dalla Bhagavad Gita. L’autore della
Gita rimuove la spaventosa concezione della danza macabra che conduce la folla eterogenea degli
esseri umani al baratro della distruzione, quando descrive semplicemente la morte come lo scartare
un vestito logoro per un abito nuovo. E’ pratica comune degli esseri umani cambiare spesso i loro
vestiti vecchi per dei nuovi. Allo stesso modo è abitutudine comune dell’anima scartare i corpi
vecchi per dei nuovi. Un’anima che scarta un corpo rovinato entra in uno nuovo, e quando anche quel
corpo nuova diventerà vecchie ed inutile l’anima l’abbandonerà per entrare in un altro corpo. Un
uomo getta via il vestito a causa della sua natura distruttibile. Similmente un’anima scarta un
corpo secondo la sua durabilità, come ordinato dalle leggi del karma (le leggi di causa e effetto le
governano le azioni umane). L’anima, essendo fatta a immagine dello spirito è immortale. Ma
identificandosi col corpo l’anima si comporta come la sua natura mortale e viene intrappolata nei
labirinti di nascite e morti.

Molti Corpi per l’Anima

Ci vuole molto tempo perché l’anima, con la buona compagnia, l’aiuto del guru, il risveglio di sé,
la saggezza e la meditazione, riguadagni la sua coscienza di mortalità onniliberante. Perciò la
Bhagavad Gita dice che come un essere umano cambia parecchie volte nel corso della vita i suoi
vestiti vecchi per altri nuovi, allo stesso modo l’anima eterna, immagine dello spirito eterno,
durante il suo peregrinare sul sentiero dell’illusione e dei desideri mortali abbandona molte volte
i vecchi corpi logorati dal karma per prenderne di nuovi. Un individuo grossolano radicato
nell’illusione ed ebbro d’ignoranza considera ed immagina il suo corpo, la sua famiglia e la sua
posizione come invulnerabili; e per questo, quando nella famiglia c’è un’esperienza improvvisa di
morte, egli è scioccato e non comprende la differenza tra l’anima immortale racchiusa nel mutevole
corpo mortale e il corpo temporale. Per questo l’uomo comune è colpito dal dolore e dalla paura,
quando assiste alla morte o si vede avvicinarsi ad esso.

Invece il consiglio della Bhagavad Gita a tutte le anime è che come la gente è contenta di cambiare
dei vestiti logori e consunti per altri nuovi, così ognuno dovrebbe essere contento quando sta per
cambiare un corpo inservibile, super-usato, lacerato dalle malattie e distrutto dalla vecchiaia, per
assumerne uno nuovo.

Quando era sul punto di trasferire la sua anima dalle limitazione del corpo fisico al regno
onnipresente dello Spirito, un maestro vide che i suoi discepoli piangevano, e per consolarli disse
queste parole: “Miei cari, sono stato a lungo con voi, servendovi con la gioia della saggezza
divina. Vi prego, non siate egoisti piangendo perché perderete la mia persona, ma gioite che sto per
abbandonare la casa-prigione del mio corpo, esaurendo il mio periodo di legge karmica ed andando ora
a reclamare il mio regno d’onnipresenza e a incontrare l’Amato di tutti”.

Morte Apparente Crudele

Naturalmente bisogna capire che le anime comuni attaccate ai loro corpi e alle famiglie trovano
difficilissimo mantenere l’equilibrio mentale, quando sono messe a confronto con la morte
apparentemente crudele che viene a rovinare come un tiranno l’armonia e la pace della vita. Ci sono
certe persone così abitualmente attaccate ai loro possessi che quando devono lasciare i loro
amatissimi e logori vestiti soffrono tanto. Similmente i comuni mortali, non importa quale saggezza
sia offerta loro, soffrono quando devono abbandonare i loro amatissimi e logori corpi.

Non è poi così brutto per un individuo rinunciare ad un vestito logoro, anche se molto amato, quando
ne ha in vista uno nuovo; ma la persona comune legata al corpo al momento della morte è piena di
paura e di dolore, perché non ha alcuna prospettiva e assicurazione divina di entrare in un corpo
nuovo. Come alcuni bambini hanno paura di andare nel buio per timore di incontrarvi dei fantasmi,
così alcune persone hanno paura di entrare nell’oscuro dominio della morte per timore d’incontrarvi
torture e mali sconosciuti. E come le storie di cattivi fantasmi sono raccontate da persone con
forti immaginazioni, allo stesso modo la morte viene dipinta spaventosa e terribile dalle persone
con strane immaginazioni.

Come nel sonno ogni notte un individuo lascia la coscienza del logoro corpo e della mente afflitta
dalle preoccupazioni, e trova pace, così nel sonno più grande della morte ogni anima abbandona il
corpo consunto dalle malattie e la mente corrosa dagli attaccamenti per entrare in uno stato
riposante di grande gioia. Ma come il desiderio per la vita riporta il dormiente alla veglia, così
il desiderio per il corpo perduto e per l’ambiente terreno fa risvegliare l’anima disincarnata nel
piccolo embrione del grembo di una madre. Dopo aver lasciato la prigione corporea i comuni mortali
godono per qualche tempo il riposo di una morte-sonno piena di pace, ma infine i loro desideri
mortali li svegliano e, mediante la trasgressione e i desideri materiali latenti essi ritornano
nelle loro lolite ed amatissime prigioni corporee. Se grazie alla meditazione queste anime potessero
lasciare coscientemente la prigione corporea, esse troverebbero la strada verso la loro casa di
gioia onnipresente e non desidererebbero più tornare nelle prigioni corporee che sono causa di
sofferenza.

La Prigione Corporea

Come un uccello rinchiuso a lungo in una gabbia ama ritornarvi anche quando viene lasciato libero,
così un’anima attaccata alla prigione corporea vuole ritornarci anche quando è stata liberata. Come
la lunga prigionia nella gabbia fa dimenticare all’uccello la sua libera dimora nei cieli, allo
stesso modo l’anima che per molte incarnazioni vive nella prigione corporea dimentica la sua libera
e beata dimora nello spazio onnipresente.

Per realizzare la morale di questa stanza ogni anima deve praticare la meditazione, o trasferire la
coscienza del corpo limitato alla gioia illimitata che si sente nella sfera della pace senza limiti
e senza confini della meditazione. Con l’unità continua con lo Spirito nella meditazione e con il
non attaccamento al corpo, l’anima realizza il corpo come un luogo temporaneo di confino a causa del
desiderio mortale, ed anela a ritornare nella casa dell’eterna beatitudine nello Spirito
onnipresente. Una volta fatto questo, all’avvicinarsi della morte l’anima autorealizzata considera
il cambio del corpo come cambiare un vestito vecchio per uno nuovo.

Ci sono altre similitudini che illustrano magnificamente la trasmigrazione dell’anima da un corpo
all’altro. Eccone alcune:

Come un uomo è contento d’essere diventato ricco e di lasciare la sua piccola casa cadente per
andare in una nuova e splendida casa, così lo yogi avanzato che ha un corpo vecchio è contento di
lasciarlo, quando con l’accumulo delle ricchezze della saggezza e dell’autorealizzazione egli
ottiene il regno celeste della gioia onnipresente.

Come un viaggiatore sarebbe contento di lasciare la sua vecchia auto scassata per un super aereo
sicurissimo e più che collaudato, allo stesso modo l’anima avanzata dovrebbe essere contenta di
lasciare la sua macchina corporea logorata dal tempo per un bel viaggio con l’aereo etereo del suo
corpo astrale nel regno perduto della propria onnipresenza.

Come un’onda violentemente agitata dalla tempesta, al termine della tempesta non deve lamentare la
perdita della propria individualità nell’immensità del mare, allo stesso modo ogni anima-onda
agitata dal desiderio al termine della tempesta della reincarnazione (in seguito alla realizzazione
della Coscienza Cosmica) non deve addolorarsi per la perdita dell’individualità, ma dev’essere
felice d’essersi espansa nella vasta coscienza oceanica dello Spirito onnipresente.

Com’è stupido per dei criminali tornare nuovamente in prigione a causa di nuovi atti criminosi, così
è ugualmente un errore metafisico per le anime punite dal karma e prigioniere del corpo desiderare
la reincarnazione e dimenticare la loro libertà e felicità eterna dello Spirito, che è la loro
eredità divina.

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