Pensiero: l’uomo e il lavoro
di Fabio Gabrielli
Distendersi. È alternando distensione e concentrazione che si assicura il
massimo di aderenza al pensiero.
Jean Guitton, ll libro della saggezza e delle virtù ritrovate
Il lavoro diventa atto di promozione umana e interumana nella misura in cui
ubbidisce a due condizioni:
– saper armonizzare compressione e decompressione, ovvero attenzione,
concentrazione, rigore, impegno comunitario e distensione, abbandono, pausa
esistenziale, ozio come contemplazione, dissodamento del sé, lavoro
interiore su se stessi;
– saper ricondurre la dimensione lavorativa a quel centro unificatore che è
la persona, intesa, per dirla con Mounier, come “vocazione, incarnazione,
comunione”, e, quindi, supplire con il vigore dell’anima alla fredda
impersonalità dei marcatori aziendalistici : competitività, produttività,
innovazioni, rendimenti…
All’uomo economico, tutto individualismo e amor proprio, dobbiamo
contrapporre davvero la persona, la cui attività lavorativa è finalizzata
alla trasformazione del mondo come luogo da abitare, spazio da condividere e
non come terra da usurare o in cui primeggiare, perché indebitamente si
ritiene che arrivare secondi o aspettare l’altro equivalga ad una sconfitta,
ad un naufragio biografico.
Il lavoro, nell’ottica della persona, diventa forza spirituale, nella misura
in cui si segue la propria inclinazione, la propria vocazione lavorativa, la
propria natura più intima e, incarnandola nel “qui e ora”, la si finalizza
al bene comune. In tal senso lo sviluppo economico-produttivo e la
dimensione etico – politica, solidaristica, si armonizzano in modo mirabile.
Ma leggiamo, a suggello di quanto stiamo dicendo, le eloquenti parole di
Mounier che esalta la persona, tanto in quanto sa testimoniare, nel segno
dell’impegno e del dono, la propria vocazione nel mondo: « La mia persona è
in me la presenza e l’unità di una vocazione che non ha limiti nel tempo, la
quale mi esorta ad andare indefinitamente al di là di me stesso…
La mia persona è incarnata. Quindi non può mai liberarsi completamente,
nelle condizioni in cui si trova, dalla schiavitù della materia. Ma non
basta: non può sollevarsi se non pesando sulla materia. Voler sfuggire a
questa legge significa condannarsi in precedenza all’insuccesso; chi vuol
essere solo angelo diventa bestia. Il problema non sta nell’evadere dalla
vita sensibile e particolare, che si svolge tra le cose, in seno a società
limitate, attraverso gli avvenimenti, ma nel trasfigurarla.
Infine, la mia persona non raggiunge se stessa se non dandosi alla comunità
superiore che chiama ed integra le persone singole.
I tre esercizi essenziali per arrivare alla formazione della persona sono
quindi: la meditazione, per la ricerca della mia vocazione; l’impegno,
l’adesione a una opera che è riconoscimento della propria incarnazione; la
rinuncia a se stessi, che è iniziazione al dono di sé e alla vita in altri.
Se la persona manca a uno di questi esercizi essenziali, è condannata
all’insuccesso».
Fabio Gabrielli
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