19 giugno 2018
Una nuova ricerca su topi di laboratorio ha trovato la conferma sperimentale di una recente teoria
secondo cui in alcune popolazioni di neuroni la codifica delle informazioni non si basa solo sugli
impulsi elettrici che li attraversano, ma anche sugli intervalli di “silenzio” tra impulsi
successivi (red)
da lescienze.it/news
La base di tutta lattività cerebrale è nel funzionamento del neurone, che viene attraversato da un
impulso elettrico: il potenziale dazione. Questa nozione fondamentale delle neuroscienze viene ora
in parte modificata da un nuovo studio pubblicato sulla rivista Cerebral Cortex da Joe Tsien,
dellUniversità di Augusta, in Georgia (Stati Uniti), che ha verificato sperimentalmente una sua
ipotesi secondo cui una parte dellinformazione viene codificata dalla lunghezza dei silenzi che
separano i potenziali dazione, chiamati intervalli interpotenziali.
Le misurazioni mostrano che i neuroni sono sempre in qualche modo attivi: oltre ai potenziali
dazione, si osserva anche la presenza di fluttuazioni spontanee, il cui significato per il codice
neurale non è ancora chiaro. Per dare unimmagine di queste fluttuazioni, Tsien usa spesso
lanalogia con la superficie delloceano: nella maggior parte dei casi, può apparire tranquilla se
paragonata a uno tsunami. Ma a ben guardare è sempre increspata dalle onde.
Alcuni ricercatori hanno inoltre notato una certa variabilità nel modo in cui uno stesso neurone
risponde in occasioni diverse allo stesso tipo di stimolo, o come mantiene il proprio stato di
riposo. Perciò si ipotizza che vi sia qualche principio di regolazione che permette al cervello di
continuare a pensare e agire in tempo reale nonostante questa variabilità.
Recentemente Tsien e colleghi hanno proposto la teoria dell’auto-informazione neurale, secondo cui
anche la variabilità degli intervalli interpotenziali fa parte di un codice neurale che veicola
linformazione. In pratica, la teoria prevede che il silenzio tra due potenziali dazione sia
tanto più carico dinformazione, cioè più significativo, quanto più la sua durata si discosta dalla
storia di variabilità dellattività del neurone.
Per analogia, spiegano gli autori, è come se una persona che normalmente parla molto rimanesse in
silenzio per lunghi periodi di tempo: anche il silenzio in questo caso potrebbe diventare
significativo. Se poi fossero diverse persone a comunicare nello stesso modo in un gruppo, parole e
silenzi diventerebbero una vera e propria forma di comunicazione.
Il gruppo di Tsien ha ora trovato un riscontro sperimentale di questa teoria di auto-informazione
neurale in topi di laboratorio impegnati in compiti in cui dovevano utilizzare notevoli risorse di
attenzione. Hanno così identificato 15 gruppi di aggregati di cellule nella corteccia e
nellippocampo che lavorano insieme per coordinare i cicli del sonno o altre attività di attenzione
e di risposta agli stimoli ambientali.
Per identificare i gruppi di cellule che consentono ai topi di rispondere efficacemente gli
stimoli, occorre identificare come sono fatti gli intervalli interpotenziali quando sono al di fuori
del loro normale range di durata, ha concluso Tsien. Tra tutte le cellule di cui è possibile
registrare lattività è possibile identificare quelle che evolvono contemporaneamente verso uno
stato diverso dal solito.
È in queste occasioni che il comportamento dei neuroni somiglia a quello di persone che usano anche
i silenzi per comunicare.
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