Perché a Capodanno si può credere al libero arbitrio

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Perché a Capodanno si può credere al libero arbitrio

31 dicembre 2013

Il libero arbitrio non è il potere di astrarsi dal tessuto causale del mondo fisico, come vorrebbe
parte della tradizione filosofica, ma la capacità di percepire, meditare e mettere in atto delle
scelte. A dispetto di esperimenti famosi e delle opinioni di famosi scienziati

di John Horgan

Capodanno almeno per me, è il momento in cui rimuginare sui fallimenti passati e decidere di
migliorare me stesso. Sarò meno severo con i miei figli e più romantico con la mia ragazza. La
smetterò di abbuffarmi di dolci e di TV spazzatura. Non penserò che chi non è d’accordo con me è
stupido o cattivo.

In questo periodo dell’anno mi piace rincuorare i miei compagni “decisionisti” difendendo il
concetto di libero arbitrio attaccato da vari esperti scientifici (che semplicemente sbagliano, e
non sono stupidi o cattivi). Dopo tutto, come si può credere nelle decisioni se non si crede nel
libero arbitrio? Quanto segue è una versione modificata di un articolo che originariamente avevo
scritto per “The Chronicle of Higher Education”.

Non ho mai riflettuto sul libero arbitrio – o meglio, l’ho sempre dato per scontato – fino al 1991,
quando ho intervistato il grande e compianto Francis Crick che, decifrato il codice genetico, era
passato a studiare l’enigma della coscienza. Con snervante allegria, Crick mi informò che la ricerca
sul cervello contraddice la nozione di libero arbitrio. Anche il semplice atto di prendere una penna
dalla scrivania, osservò, è sostenuto e preceduto da complessi processi biochimici che avvengono al
di sotto del livello di coscienza.

«Sei consapevole di una decisione, ma non sei consapevole di ciò che ti fa prendere la decisione”,
disse Crick. “Ti sembra ovvio, ma è il risultato di cose di cui non sei a conoscenza.” Mi accigliai,
e Crick ridacchiò della mia inquietudine.

Come molti di coloro che negano il libero arbitrio, citò gli esperimenti effettuati nel 1980 dallo
psicologo Benjamin Libet. Libet aveva chiesto ai suoi soggetti di premere un pulsante in un momento
a loro scelta, segnando il momento della decisione su un orologio. Le onde cerebrali dei soggetti,
monitorate da un elettroencefalogramma (EEG), mostravano un picco di attività quasi un secondo prima
che i soggetti decidessero di premere il pulsante. Questo e altri risultati mostrano, secondo Crick,
che le nostre decisioni coscienti sono letteralmente “ri-pensamenti”.

L’EEG è una misura grezza dell’attività neurale, ma i neuroscienziati guidati da Itzhak Fried hanno
recentemente replicato i risultati di Libet con elettrodi impiantati nel cervello. Il gruppo di
Fried inserisce elettrodi nel cervello di soggetti epilettici per individuare l’epicentro delle loro
crisi, che viene poi rimosso chirurgicamente. Mentre raccoglievano queste informazioni cliniche, i
ricercatori hanno ripetuto l’esperimento dell’orologio di Libet. Gli elettrodi hanno rivelato una
raffica di attività nell’area motoria supplementare del cervello – che si ritiene sottostante alla
decisione di agire – fino a un secondo e mezzo prima che i pazienti premessero effettivamente il
pulsante.

“Dunque, si scopre che nel cervello ci sono neuroni che sanno che stai per fare un movimento un
secondo buono prima che lo sappia tu stesso”, hanno osservato gli scienziati cognitivi Daniela
Schiller e David Carmel su Scientific American. “Si potrebbe essere tentati di concludere che il
libero arbitrio è un’illusione”.

Non provo questa tentazione. L’esperimento dell’orologio di Libet è uno strumento insufficiente per
sondare il libero arbitrio, perché il soggetto aveva già preso la decisione di premere il pulsante;
ha solo scelto quando farlo. Sarei sorpreso se i sensori EEG o gli elettrodi impiantati non avessero
trovato un’anticipazione neurale di quella scelta.

Sono più colpito dagli esperimenti con elettrodi impiantati che rivelano come inganniamo noi stessi
nel pensare di avere il controllo quando non lo abbiamo. Gli scienziati, per esempio, possono far
alzare in aria il braccio di un paziente stimolando elettricamente un punto nella corteccia motoria.
Spesso il paziente sostiene che intendeva sollevare il braccio e addirittura inventa un motivo:
stava salutando quel simpatico dottore! Nel suo libro del 2002 The Illusion of Conscious Will, lo
psicologo Daniel Wegner chiama “confabulazioni” queste spiegazioni deliranti successive all’evento.

Noi tutti confabuliamo spesso e volentieri. Facciamo passivamente ciò che ci è stato detto di fare e
crediamo a quello che ci è stato detto di credere da genitori, sacerdoti e leader politici, e ci
convinciamo che è una nostra scelta. Sovvertiamo la nostra volontà per arrivare in modo insincero a
una conclusione scontata, fallendo nell’agire sulla base delle nostre risoluzioni. A volte agiamo in
base seguendo un impulso – paura o rabbia – senza pensare alle conseguenze delle nostre azioni. Ma
il fatto la nostra volontà è debole non significa che non esista.

La mia visione del libero arbitrio somiglia a quella del filosofo Daniel Dennett. Dennett, che a
volte è fin troppo intelligente, come quando nel suo libro del 1991, Coscienza, Che cos’è (Laterza,
Roma-Bari 2009), sostiene che la coscienza è stata spiegata, cosa che dubito che Dennett stesso
creda veramente. Ma nel suo libro del 2003, L’evoluzione della libertà (Raffaello Cortina, Milano
2004), Dennett delinea una visione ragionevole e realistica del libero arbitrio. Egli osserva, in
primo luogo, che il libero arbitrio non è “quello che la tradizione afferma che sia: un potere quasi
divino di astrarsi dal tessuto causale del mondo fisico”. Il libero arbitrio è semplicemente la
nostra capacità di percepire, riflettere e mettere in atto delle scelte; infatti, scelta, o
addirittura libertà, sono sinonimi ragionevoli di libero arbitrio.

Dennett chiama il libero arbitrio “una creazione evoluta delle attività e delle credenze umane”, che
l’umanità ha acquisito recentemente come conseguenza del linguaggio e della cultura. Il libero
arbitrio è una proprietà variabile piuttosto che binaria, che può crescere e diminuire sia negli
individui sia nelle società: più scelte possiamo percepire e fare, più libertà avremo. Il punto più
sottile e profondo di Dennett è che il libero arbitrio è sì un “fenomeno oggettivo” ma al tempo
stesso dipende dalla nostra fede in esso e dalla nostra percezione di esso, “come il linguaggio, la
musica, il denaro e gli altri prodotti della società”.

Noi, a nostra volta, siamo dipendenti dal libero arbitrio. Il concetto di libero arbitrio è alla
base di tutta la nostra etica e morale: ci costringe ad assumerci le nostre responsabilità invece di
consegnare il nostro destino ai nostri geni o a un piano divino. Le scelte, fatte liberamente, sono
ciò che dà significato alla vita. Provate a dire ai prigionieri di Guantanamo o ai civili siriani in
fuga da bombe e proiettili che le scelte sono illusorie. “Scambiamoci i ruoli”, potrebbero
rispondere, “visto che non avete nulla da perdere.”

La libertà, afferma Dennett, può essere “studiata oggettivamente da un punto di vista scientifico e
pratico.” L’organizzazione no profit Freedom House fa esattamente questo, delineando il flusso e il
riflusso della libertà in tutto il mondo. Freedom House definisce una nazione come “libera” se
soddisfa due criteri. In primo luogo, deve “eleggere rappresentanti che hanno un impatto decisivo
sulle politiche pubbliche e che sono responsabili nei confronti dell’elettorato”. Secondo, la
nazione deve consentire “libertà di espressione e di credo, i diritti associativi e organizzativi,
lo stato di diritto e l’autonomia personale, senza interferenze da parte dello Stato.”

Secondo il rapporto annuale del 2013 della Freedom House, 90 delle 195 nazioni del mondo, che
rappresentano il 43 per cento della popolazione mondiale, sono libere, altri 58 sono “parzialmente
libere”. Le persone “non sono libere” in 47 paesi, dove vive il 34 per cento della popolazione
mondiale.

Anche se ultimamente la libertà è diminuita in alcune regioni del mondo e fatica a sopravvivere in
altre, nella nostra epoca l’umanità è più libera che in qualsiasi altra precedente. Quarant’anni fa,
solo 44 paesi erano liberi, e 69 non lo erano. E ricordiamoci che appena un secolo fa le donne
ancora non potevano votare negli Stati Uniti e in altre “democrazie” avanzate!

Ecco fatto. Non solo il libero arbitrio esiste, ma oggi lo abbiamo più che mai. Se continuiamo a
crederci e a insistere che è un nostro diritto, forse un giorno saremo tutti liberi, nel nostro modo
imperfetto e confabulante.

Buon anno!

————-
John Horgan, giornalista scientifico, ed ex redattore senior di “Scientific American”, insegna allo
Stevens Institute of Technology. E’ autore di diversi libri, fra cui La fine della scienza (Adelphi,
Milano 1998) e La mente inviolata. Una sfida per la psicologia e le neuroscienze (Raffaello Cortina,
Milano 2001). E’ su Twitter con l’alias @Horganism

(La versione originale di questo articolo è apparsa su scentificamerican.com il 27 dicembre.
Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

blogs.scientificamerican.com/cross-check/2013/12/27/why-new-year-resolutionaries-should-belie
ve-in-free-will/

www.scientificamerican.com/article.cfm?id=how-free-is-your-will

www.freedomhouse.org/report-types/freedom-world

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