Perché ci emozioniamo ascoltando la musica?
Di tutte le arti la musica è quella che maggiormente suscita emozioni, ma cosa accade davvero nel nostro corpo?
di Marco Capozza e Laura Pieroni – 05/03/2013
Di tutte le arti la musica è quella più capace di evocare emozioni. Che sia gioia, commozione,
serenità, eccitamento, malinconia, nessuna emozione è assente dalla tavolozza della musica, e non vi
è nessuno che non abbia provato uno speciale sentimento allascolto di uno speciale brano. La musica
può arrivare a coinvolgere il corpo, a suscitare voglia di muoversi: il ballo, le marce militari, le
danze tribali non esistono a caso. Lassociazione di musica e poesia in una bella canzone può farci
piangere come bambini. Nessunaltra arte pittura, scultura, poesia o letteratura, per quanto
apprezzata e seguita, savvicina neanche lontanamente alle capacità emotive della musica. Perché?
Cosha di speciale questa arte? A quali parti di noi parla così forte? E come fa? Certi brani
musicali suscitano emozione in quanto legati a momenti significativi della nostra vita. Questo caso
è semplice da spiegare: la musica rievoca i ricordi e questi, a loro volta evocano le emozioni.
Sono i ricordi più che la musica, a suscitare lemozione. Questo è facilmente comprensibile e non ne
parleremo ulteriormente. Ma una musica può evocare emozioni anche quando la sentiamo per la prima
volta: le evoca per come è, non perché già legata a nostre precedenti esperienze. Avviene anche
spesso che ascoltatori diversi senza background comune giudichino nello stesso modo allegra o
triste, serena o angosciosa, consonante o dissonante, ecc. una medesima musica ascoltata per la
prima volta. Tutto ciò suggerisce che la musica parla a parti di noi che abbiamo in comune
semplicemente in quanto esseri umani, indifferentemente dal sesso, esperienza, conoscenze,
scolarità, censo, educazione musicale, gusti, tendenze, ecc. È questo il caso che riteniamo più
interessante, e di cui parleremo in questo articolo. Cominciamo col parlare delle emozioni.
Emozioni
Non daremo qui una definizione o un elenco delle emozioni; chiunque ne ha una esperienza diretta ben
superiore a qualsiasi definizione. Sottolineiamo invece alcuni aspetti che ci verranno utili in
seguito. Le emozioni inducono modificazioni a tre livelli: 1) fisico-fisiologico (aumento o
diminuzione del respiro, della pressione arteriosa, del battito cardiaco, della tensione muscolare,
delle secrezioni ed escrezioni); 2) comportamentale (attacco, fuga, panico, blocco, approccio
sessuale, variazioni della postura, della mimica e della voce); 3) mentale, consistente
nellesperienza soggettiva cosciente che abbiamo dellemozione e nelle sue conseguenze sul nostro
pensiero e cognizione. Le modificazioni fisiche e comportamentali sono automatiche, indipendenti
dalla volontà e dalla coscienza, come quando accade di ridere o piangere ad onta di ogni sforzo per
trattenersi. Quando lemozione diventa cosciente parliamo di sentimento. Le emozioni più potenti,
quelle con gli effetti fisici e comportamentali più forti, sono innate, universali, comuni a tutte
le popolazioni umane, indipendenti dalla cultura e dallesperienza di vita individuale. Queste sono
comunemente dette emozioni primarie. Sono abbastanza poche: paura, tristezza, dolore, felicità,
gioia, eccitamento, interesse, disgusto, sorpresa. La serenità/tranquillità spesso non viene inclusa
fra le emozioni, e considerata piuttosto assenza di emozione; tuttavia è dotata di tutte le
caratteristiche delle emozioni e dovrebbe essere considerata tale. Altre emozioni sono acquisite,
apprese, legate allesperienza individuale e alla cultura sociale, e hanno un connotato cognitivo e
cosciente prevalente rispetto alle modificazioni fisiche e comportamentali automatiche. Di queste
non ci occuperemo, poiché la musica riguarda essenzialmente le emozioni primarie. Tutte le emozioni
si sono evolute in quanto favoriscono la sopravvivenza e/o la riproduzione dellindividuo.
Lo fanno producendo una risposta-comportamento adatta a situazioni (stimoli) importanti per la vita
e/o la riproduzione dellindividuo, e predisponendo il corpo a fornire quella risposta nella maniera
più efficiente. Alcune (poche) associazioni stimolo-risposta sono innate, impresse geneticamente
dentro di noi: essenzialmente le risposte di paura (blocco, evitamento, fuga, panico) evocate da
forti rumori, grandi oggetti in movimento, rapidi movimenti verso di noi e/o vicino a noi, il suolo
che si muove o ci manca sotto i piedi, la mancanza daria. Di segno opposto, ma ugualmente innata, è
la risposta di accudimento evocata dai segnali di sofferenza di un cucciolo (particolarmente
potente, ma non esclusiva, quando il cucciolo è della medesima specie). Altre associazioni
stimolo-risposta sono invece apprese: ad esempio la nostra risposta emotiva ai cani sarà
probabilmente diversa a seconda che, il primo cane che vediamo, morda o manifesti affettuosità.
Queste associazioni stimolo-risposta si formano grazie a circuiti nervosi fra cui è particolarmente
importante la struttura nervosa chiamata amigdala: è grazie a questa che impariamo quale risposta
innata è più adatta a un certo stimolo-situazione (ed è per questo che lamigdala è stata variamente
interpretata quale centro del piacere o della paura o di altre emozioni). Lamigdala è un centro
evolutivamente antico, sicuramente presente già nei pesci teleostei, e che abbiamo ereditato
attraverso gli anfibi, i rettili, e i vari mammiferi. Essa lavora a livello inconscio e non
richiede alcuna partecipazione della consapevolezza o elaborazione cognitiva delle emozioni, elaborazione che avviene invece in altre strutture nervose più recenti.
Comunicazione emotiva
Oltre al compito di produrre in modo rapido ed efficiente una risposta adatta in situazioni
critiche, negli animali sociali (uomo incluso) molte emozioni hanno anche lo scopo di suscitare
negli altri emozioni e, quindi, azioni di risposta vantaggiose. Così, ad esempio, lespressione
dellemozione tristezza è per suscitare compassione e possibili azioni di accudimento; la rabbia è
per suscitare attenzione e azioni di correzione; la paura è per suscitare azioni di protezione; la
gioia è per suscitare espressione del piacere, che rassicura sullassenza di emozioni negative
nellaltro e rinforza il legame sociale. Questa comunicazione interindividuale a doppio senso
avviene a un livello non verbale, non volontario e non conscio, che passa attraverso la postura,
la mimica, e i suoni non verbali. Attraverso queste vie le amigdale di due individui comunicano
direttamente e indipendentemente dalla coscienza, evocandosi reciprocamente emozioni e relativi
comportamenti. I contenuti veicolabili da una tale comunicazione sono naturalmente pochi e
necessariamente importanti: essenzialmente cosa vorremmo dallaltro, cosa possiamo aspettarci da
lui, e cosa lui può aspettarsi da noi. Pochi e importanti come le emozioni primarie. Questo
collegamento non verbale ha rappresentato un mezzo di comunicazione essenziale per centinaia di
migliaia danni devoluzione umana, e per milioni danni devoluzione animale che li ha preceduti.
Gli effetti emotivi dei suoi suoni, e di suoni della natura, sono quelli su cui si basano gli effetti emotivi della musica.
La Musica e le Emozioni
Gli effetti emotivi della musica sono prodotti, con meccanismi diversi, dalle note e dal ritmo. Gli
effetti del ritmo sono semplici, e dipendono essenzialmente dalla velocità (in termini musicali il
tempo) della musica. Questa si misura in battiti al minuto, dove, per dirla nel modo più semplice
e meno esatto possibile, i battiti sono quelli con cui batteremmo le mani ascoltando la musica.
Tempi inferiori a 60 battiti al minuto hanno effetto tranquillizzante, che sotto i 30-40 diventa
addirittura rattristante/deprimente, tanto da essere utilizzato per marce funebri. Al contrario, da
80-90 battiti al minuto in su leffetto è attivante. La musica da discoteca si situatipicamente da
120 in su, con una fascia bassa, da 107 a 120, per una disco dance tranquilla. Perché questi
valori, e non altri? Perché lattività cardiaca umana normale, in veglia a riposo, si aggira fra i
60 e gli 80 battiti per minuto, tipicamente 70-72. La frequenza cardiaca di una mamma ha effetto
sullo stato danimo del bambino che tiene abbracciato al petto, e che ode il cuore di lei.
Il bambino è tranquillizzato da frequenze normali, o lievemente più lente, che gli comunicano che la
mamma sta bene ed è tranquilla, o addirittura dorme, e tutto va bene. Frequenze più alte indicano
che la mamma è allerta, o in ansia, e il bambino risponde con analoga attivazione. Questa risposta
emotiva alla frequenza di suoni ritmati, in particolare quando ricordano il suono dei battiti del
cuore come i tamburi, il contrabbasso e il basso elettrico, ce la portiamo appresso per tutta la
vita. Gli effetti emotivi delle note sono un poco più complicati, e per cercare di comprenderli
dobbiamo innanzitutto chiederci perché certe note suonate insieme (armonia, accordi) o una dopo
laltra (melodia) le troviamo gradevoli, o addirittura allegre, e certe altre sgradevoli o tristi
(come vedremo meglio in seguito, i cosiddetti accordi maggiori sono generalmente percepiti come
allegri e quelli minori come tristi). Questo è di origine in parte culturale, ma in altra
parte innata, e questultima è interessante nel rapporto fra musica ed emozioni. Approcciare questi
argomenti presume però qualche nozione di fisica e fisiologia acustiche, che per chi non le possiede già cercheremo ora di fornire nel modo più semplice possibile.
Ciò che sentiamo come suono sono onde di compressione- rarefazione dellaria (onde sonore)
prodotte dalla vibrazione delloggetto che produce il suono (sorgente sonora). Le corde vocali e
gli strumenti musicali sono fatti per questo, ma praticamente ogni oggetto può vibrare e produrre
suono, come laria stessa nel vento e nel tuono, il suolo e gli edifici che tremano per un
terremoto, e persino il nostro torace e addome quando il medico visitandoci li bussa con la punta
delle dita. La velocità di vibrazione (frequenza) determina lacutezza del suono: tanto più veloce
la vibrazione, tanto maggiore la frequenza ed acuto il suono. La forza della vibrazione (ampiezza)
determina il volume. Una nota musicale è un suono di frequenza definita: ad esempio un suono a 262
oscillazioni al secondo è un Do, uno a 440 è un La. Una frequenza doppia dà la medesima nota, ma più
acuta; una frequenza dimezzata ancora la medesima nota, ma più grave. Lintervallo di frequenze fra
una nota e la stessa nota a frequenza doppia è detto ottava, e contiene tutte le note intermedie. Un
punto cruciale per spiegare parte degli effetti emotivi dei suoni è che, come osservato fin
dallantichità, due o più note diverse suonate insieme o una dopo laltra ci piacciono tanto più (le
troviamo più consonanti) quanto più è semplice il rapporto fra le loro frequenze.
Se dividiamo lintervallo di unottava in modo da avere sette note che siano il più equidistanti
possibile, ma le cui frequenze stiano anche con la prima nel rapporto più semplice possibile,
abbiamo, dalla prima alla settima nota, i seguenti rapporti: 1/1, 9/8, 5/4, 4/3, 3/2, 5/3, 15/8 (e
lottava è ovviamente a 2/1). Note così disposte costituiscono la cosiddetta scala naturale. È
facile constatare che i rapporti più semplici corrispondono alle minori somme tra numeratore e
denominatore nelle dette frazioni. Il rapporto più semplice di tutti è 3/2, cioè quello fra la nota
fondamentale e la quinta, pertanto detto intervallo di quinta. La fondamentale e la quinta sono le
due note che, se suonate insieme o una subito dopo laltra, sentiamo più consonanti (esempi: Do-Sol,
Mi-Si, Sol- Re). Il rapporto che si situa secondo nella scala delle consonanze è quello di quarta,
4/3 (Do-Fa, Mi-La, Sol-Do). È interessante a questo punto notare che la maggioranza delle canzoni
popolari di successo facili e orecchiabili, è costruita proprio sui tre accordi le cui
fondamentali stanno fra loro in rapporto di quinta e di quarta (es. Do, Sol e Fa; Mi, Si e La; La,
Mi e Re; ecc.). Se passiamo a tre note suonate insieme (accordo) il principio rimane lo stesso: le
tre note stanno tanto meglio insieme quanto più semplici sono i rapporti fra loro; ma la faccenda si complica perché occorre considerare tre rapporti anziché uno.
Se suoniamo insieme le tre note più consonanti, la fondamentale la quarta e la quinta, ci accorgiamo
che il risultato non è molto gradevole. Questo avviene perché la quinta è seconda rispetto alla
quarta, sicché il rapporto fra loro è 9/8. Un risultato migliore, anzi il migliore possibile,
labbiamo prendendo come nota intermedia non la quarta, ma la terza (esempi: Do-Mi-Sol, Fa-La-Do,
Sol-Si-Re). In questo caso infatti la quinta è terza rispetto alla terza, per cui i tre rapporti
sono 5/4, 4/3 e ancora 5/4. Così laccordo più gradevole di tre note è quello fondamentale + terza
+ quinta, e tale triade rappresenta laccordo per antonomasia. Fino a questo punto abbiamo
considerato unottava divisa in sette note; ma per una maggiore ricchezza espressiva della musica si
può dividere in più note. La scala naturale di cui abbiamo finora parlato, quella più naturale e
consonante per lorecchio, utilizza in effetti 13 note, in rapporto con la fondamentale
rispettivamente 1/1, 16/15, 9/8, 6/5, 5/4, 4/3, 45/32, 64/45, 3/2, 8/5, 5/3, 9/5, 15/8. Negli ultimi
due secoli la musica occidentale utilizza invece quasi esclusivamente una scala di 12 note ottenute
suddividendo lottava in 12 parti logaritimicamente uguali, detta scala equabile 12-TET, che
presenta il vantaggio che qualsiasi strumento può suonare in tonalità differenti (utilizzare come
nota fondamentale della scala una qualsiasi delle 12 note) senza doverlo ri-accordare. Nessuna delle
12 note della scala 12-TET coincide esattamente con una delle 13 note della scala naturale; tuttavia
per alcune (la seconda, la quarta e la quinta) la differenza è talmente piccola che lorecchio umano
non è in grado di avvertirla, e restano valide tutte le considerazioni che abbiamo fatto circa la
gradevolezza o meno degli intervalli nella scala naturale. Per le altre note, quelle della scala
12-TET si situano lievemente sopra (sono crescenti) o sotto (calanti) rispetto alle corrispondenti note naturali.
Queste differenze non sono tali da invalidare quanto detto finora, ma sono tali da aggiungere invece
un ulteriore elemento importante rispetto agli effetti emotivi della musica: infatti le note
crescenti suonano allegre, ravvivanti; quelle calanti suonano tristi, deprimenti. È questo il motivo
per cui, nella musica a cui siamo oggi abituati, certi accordi hanno effetto rallegrante, attivante,
e altri rattristante: la nota intermedia dellaccordo, quella dellintervallo di terza, è crescente
(accordo maggiore) o calante (accordo minore) rispetto alla nota che il nostro orecchio
inconsciamente sente come naturale per quellaccordo, e questo ha effetti psicologici
significativi. A questo punto abbiamo elencato praticamente tutte le più importanti relazioni fra le
caratteristiche fisiche della musica e suoi effetti sulle emozioni. Quello che resta da chiederci è:
perché? Perché le note che sono in rapporti di frequenza semplici fra loro ci risultano più
gradevoli di quelle con rapporti complessi? E perché una nota crescente rispetto a una nota
naturale ha effetto rallegrante e attivatore, e una nota calante effetto rattristante e
deprimente? Per la prima domanda dobbiamo considerare le armoniche. In quasi tutte le vibrazioni
naturali, alla vibrazione fondamentale che definisce la nota si sovrappongono anche vibrazioni a
frequenze più alte, multiple della prima, dette armoniche, di ampiezze relative diverse secondo
loggetto che produce il suono. In altri termini, la nota fondamentale è sempre accompagnata da
altre note più acute, in proporzioni differenti secondo i differenti oggetti che producono i suoni.
Sono queste insieme alla variazione dampiezza del suono nel tempo, anchessa caratteristica di
ciascun oggetto e detta inviluppo a dare ad ogni diversa sorgente sonora il suo timbro (o colore)
caratteristico, a rendere diverso il suono di una chitarra da quello di un flauto.
I suoni che ci provocano istintivamente paura sono rumori prodotti in natura da eventi
potenzialmente pericolosi come terremoti, frane, fulmini, esplosioni. Tutti questi sono suoni che
contenengono un gran numero di armoniche, note che stanno fra loro in rapporti di frequenza
qualsiasi, quindi anche in rapporti molto complessi e disordinati. Viene naturale ipotizzare che il
nostro sistema nervoso sia predisposto a considerare allarmanti, sgradevoli, da fuggire, i suoni di
questo tipo; e che, per contrasto, trovi gradevoli i suoni che stanno fra loro in rapporti semplici
e/o le cui armoniche siano semplici o comunque ben caratterizzate, non caotiche. È come se suoni di
questo tipo dicessero nessun pericolo. Per ipotizzare una risposta alla seconda domanda dobbiamo
ricordare quanto visto nel paragrafo sulle emozioni circa i suoni non verbali nella comunicazione
primordiale. I suoni calanti sono tipicamente emessi da animali sofferenti o moribondi; lo spegnersi
del lamento nel rantolo è tipico della situazione agonica. È probabilmente su questo che il nostro
sistema nervoso, prima dimparare a parlare, ha imparato a utilizzare i lamenti per comunicare
sofferenza, lamenti che tipicamente hanno una tonalità calante. Per il solito meccanismo del
contrario, fonazioni gioiose, eccitate, attive, hanno tipicamente un andamento crescente. Anche nel
canto una stonatura calante è più avvertibile e meno tollerata di quella crescente. È quindi
probabile che gli accordi maggiori e quelli minori abbiano effetti emotivamente opposti in quanto
rievocano a livello inconscio le emozioni connesse a questo tipo di comunicazione non verbale, spontanea e involontaria.
Conclusioni
In tutti i casi che abbiamo esaminato sono naturalmente lamigdala e gli altri centri e circuiti
delle emozioni, il cosiddetto sistema limbico, a reagire istintivamente ai messaggi impliciti
contenuti nella musica. I rapporti fra sistema limbico ed emozioni, emozioni e musica, sistema
limbico e musica, sono ormai accertati e rappresentano un importante campo di ricerca in
neuroscienze. Tuttavia, pur accertati e diffusamente considerati, restano ancora largamente oscuri
nei loro meccanismi. In questo articolo abbiamo quindi descritto conoscenze e proposto ipotesi
dinterpretazione di alcuni di questi meccanismi alla luce delle attuali conoscenze in fisica acustica, neurofisiologia e psicologia.
Questo articolo è tratto dalla rivista
Scienza e Conoscenza – N. 42 >> http://goo.gl/EEtl0
Nuove scienze e antica saggezza per svelare i misteri della vita Editore: Scienza e Conoscenza – Editore
Data pubblicazione: Novembre 2012
Formato: Rivista – Pag 80 – Cartacea – Ebook
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