Perché ci sfuggono i piccoli cambiamenti visivi

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Perché ci sfuggono i piccoli cambiamenti visivi

01 aprile 2014

Il cervello tende a ignorare le piccole variazioni che avvengono nel giro di alcuni secondi in un
oggetto osservato, in modo da garantirci la percezione della stabilità del mondo intorno a noi. Se
così non fosse, le fluttuazioni nelle ombre e i movimenti di ciò che guardiamo indurrebbero un
effetto percettivo simile a quello prodotto dalle droghe allucinogene (red)

lescienze.it

Il nostro sistema visivo sacrifica l’accuratezza visiva, rendendoci sostanzialmente ciechi di fronte
a cambiamenti minori in ciò che stiamo osservando, pur di preservare la percezione di trovarci di
fronte a un oggetto “stabile”, ossia chiaramente identificabile dalle sue caratteristiche. A
dimostrarlo è una ricerca condotta da due psicologi dell’Università della California a Berkeley, che
firmano un articolo pubblicato su “Nature Neuroscience”.

Avendo imparato che il mondo reale di solito non cambia improvvisamente, il cervello sfrutta questa
conoscenza per rendere la nostra esperienza visiva più coerente, fondendo immagini lievemente
diverse di uno stesso oggetto, viste nell’arco di alcuni secondi, che altrimenti potrebbero essere
percepite come immagini di due differenti oggetti.

Il cervello crea cioè quello che Jason Fischer e David Whitney hanno chiamato campo di continuità.
“Il campo di continuità leviga quella che altrimenti sarebbe una percezione disturbata dalla
continua variazione delle caratteristiche dell’oggetto nel tempo” ha detto David Whitney.
“Essenzialmente, mette insieme oggetti fisicamente, ma non radicalmente, diversi per farli apparire
più simili tra loro”, ha aggiunto Whitney.

Senza un campo di continuità, potremmo essere ipersensibili a ogni fluttuazione visiva innescata da
ombre, movimenti e una miriade di altri fattori. I volti e gli oggetti sembrerebbero trasformarsi da
un momento all’altro, con un effetto simile a quello che può essere indotto dalle droghe
allucinogene.

Nel corso degli esperimenti che hanno portato alla scoperta, i ricercatori hanno sottoposto a una
serie di test un gruppo di soggetti a cui è stato chiesto, per esempio, di inclinare una barra
mostrata su un monitor in modo che corrispondesse a quello di un reticolo apparso poco prima sullo
schermo. Ripetendo l’operazione per centinaia di griglie con differenti angolazioni, i ricercatori
hanno scoperto che i soggetti non inclinavano la barra corrispondente all’ultima immagine vista, ma
sulla media delle inclinazioni dei tre ultimo reticoli osservati, un fenomeno che hanno chiamato
“dipendenza seriale percettiva”.

Attraverso una serie di variazioni nell’aspetto sperimentale dei test, i ricercatori hanno anche
appurato che l’effetto di annullamento percettivo dei cambiamenti nell’oggetto osservato può
estendersi per un tempo rilevante, ben quindici secondi. Questo annullamento dei cambiamenti – che è
influenzato dal livello di attenzione prestato all’oggetto- è tanto più forte quanto più i
cambiamenti interessano aree dell’oggetto fra loro vicine.

dx.doi.org/10.1038/nn.3690

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