Perche’ diciamo bugie (anche a noi stessi)? Ci serve a primeggiare sugli altri

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Perche’ diciamo bugie (anche a noi stessi)? Ci serve a primeggiare sugli altri

Le bugie servono a evitare conflitti o a vincerli. Ma anche a essere gentili o apparire migliori di
quello che siamo. E mentiamo a noi stessi (anche) per ingannare meglio gli altri.

20 febbraio 2024 – Raffaella Procenzano

La bugia perfetta? Deve essere “incorporata” in fatti veri, essere chiara e semplice da capire e
contribuire a costruire un quadro plausibile. Deve essere detta di persona, preferibilmente a
conoscenti e amici. Una delle più importanti ricerche recenti sulle bugie ha infatti messo a fuoco
chi siano i mentitori “di professione” e come fanno a ingannare gli altri. L’hanno formulata Brianna
Verigin e Ewout Meijer dell’Università di Maastricht (Paesi Bassi), studiando 194 persone, alcune
delle quali si dichiaravano ottimi bugiardi. «A volte, anche in lavori scientifici, si legge che
ognuno di noi mente circa 1 o 2 volte al giorno. Ma fare una media non è corretto: la gran parte
delle bugie viene pronunciata da pochi individui, nel nostro studio dal 40% delle persone», afferma
Verigin.

Anche se tutti, di tanto in tanto, non possono evitare qualche bugia, esiste dunque una buona quota
di “bugiardi matricolati”. La strategia più usata tra tutti coloro che, nello studio di Verigin e
Meijer, ammettevano di mentire era quella di tralasciare alcune informazioni (bugie di omissione).
Ma i bugiardi esperti hanno aggiunto a ciò la capacità di tessere una «storia credibile impreziosita
dalla verità», come dicono i ricercatori, rendendo le bugie più difficili da individuare. Del resto,
per il vocabolario, la bugia è “una falsa affermazione detta per trarre altri in errore, di solito a
proprio vantaggio”. Si tratta quindi di un’azione consapevole: chi mente ha un’alternativa, ma
sceglie deliberatamente di non adottarla (ecco perché dire il falso è considerato sbagliato).

BUGIARDI DA RECORD. Insomma, mentiamo perché ci serve. E perché ci è utile per primeggiare sugli
altri. Quella che ci permette di mentire, per gli antropologi, è proprio la cosiddetta intelligenza
machiavellica, la capacità di pensare a una strategia ingannatrice che possa portare vantaggi. Anzi,
è stato addirittura ipotizzato che la necessità di sviluppare inganni ai danni di altri membri del
gruppo per poter primeggiare sia stata una delle molle che ci ha consentito di sviluppare
l’intelligenza. Vincere con l’astuzia è infatti un ottimo modo di evitare un conflitto aperto. Del
resto, alcuni studi dimostrano che i bravi bugiardi hanno più facilità a ottenere un lavoro e
trovare partner sessuali.

E (chi più e chi meno, come abbiamo visto) lo facciamo sempre, anche quando non ce ne sarebbe
bisogno. In un celebre esperimento, condotto ormai circa vent’anni fa dallo psicologo Robert Feldman
all’Università del Massachusetts, ad alcuni studenti è stato chiesto di parlare a uno sconosciuto
per 10 minuti.

Le conversazioni sono state filmate di nascosto e poi riesaminate insieme a ciascuno studente per
contare le bugie dette. Circa il 60% dei partecipanti ha mentito almeno una volta e le bugie
andavano dalle esagerazioni intenzionali alle informazioni totalmente inventate.

DONNE E UOMINI: CHI MENTE DI PIÙ? Inoltre, maschi e femmine mentivano con la stessa frequenza. Del
resto, consideriamo le bugie per “autopromuoverci” praticamente inevitabili, per esempio quelle
dette sul lavoro. Oppure, incontrando un possibile partner, potremmo affermare: “Sì, questo è il mio
vero colore di capelli”. E così ci appaiono necessarie le menzogne di cortesia, pronunciate per
esempio quando si conoscono persone nuove (“Ma che bella bambina è sua figlia!”). Non è
sorprendente, visto che a mentire “a fin di bene” si impara fin dall’infanzia (“Non dire a Mario che
è grasso”, “Dì alla zia che ti piace la camicia che ti ha regalato”).

Ma non mentiamo solo agli altri, tutti mentiamo anche a noi stessi. Molti studi provano che,
mediamente, le persone si ritengono migliori di quanto non siano davvero, soprattutto quando si
tratta delle proprie qualità morali (generosità, altruismo…). Il vantaggio evolutivo
dell’autoinganno, secondo il celebre neuroscienziato Usa Michael Gazzaniga, sta nel fatto che se non
si è consapevoli di mentire, non si può tradirsi con la voce o con le espressioni del volto, facendo
trasparire – per esempio – la paura di essere scoperti.

INGANNARE SE STESSI. Tra l’altro, mentire a se stessi ci fa apparire migliori ai nostri stessi occhi
come ha dimostrato Dan Batson dell’Università del Kansas con un esperimento (più volte replicato con
i medesimi risultati da vari studiosi nel mondo). Ha fatto credere a un gruppo di studenti che
dovevano assegnare un compito a se stessi e un altro lavoro a uno studente sconosciuto che non
avrebbe mai saputo a chi doveva quella incombenza. Un compito era descritto come noioso, l’altro
dava diritto a ottenere un biglietto della lotteria. Agli studenti veniva anche data una moneta,
dicendo che potevano tirare a sorte tra i due compiti (ma non era obbligatorio). Sorpresa: anche tra
coloro che sceglievano di tirare a sorte erano molti di più coloro che assegnavano a se stessi il
compito più semplice e con il premio finale, indipendentemente dal risultato apparso sulla moneta.
Si sentivano cioè onesti solo per il fatto di averla lanciata anche se poi non ne rispettavano il
verdetto.

Mentivano quindi a se stessi per migliorare l’immagine che avevano di sé.

Del resto, le persone si autoingannano anche sulla propria capacità di smascherare chi mente,
credono cioè di essere abbastanza abili. Ma gli studi hanno dimostrato che, mediamente, non siamo
molto bravi a capire chi mente e chi no. Di solito il livello di successo è lo stesso di chi tira a
indovinare. Perfino gli investigatori non sono granché migliori nell’individuare un bugiardo
rispetto alle persone comuni. Secondo alcune statistiche statunitensi, la capacità dei detective di
polizia di smascherare un colpevole varia tra il 45 e il 60%, con una media di appena il 54%.

SMASCHERARE UN BUGIARDO. Esistono però persone dall’abilità eccellente, dei veri e propri cacciatori
di bugie. Ma si tratta di una qualità rarissima, su 12.000 persone esaminate dal neuroscienziato
Paul Ekman, dell’Università della California, solo 20 erano abilissimi “smascheratori”. Forse perché
riuscivano istintivamente a cogliere cambiamenti minimi nelle espressioni facciali e negli occhi dei
mentitori. Per esempio quelli individuati l’anno scorso da un team di scienziati studiando con l’eye
tracker, un apparecchio che registra caratteristiche e movimenti delle pupille, le persone intente a
dire bugie. Risultato: i mentitori avevano la pupilla più stretta, fissavano più a lungo un
determinato punto prima di spostare lo sguardo e gli occhi vagavano intorno di meno rispetto a chi
dice la verità. Non era invece importante quante volte sbattessero le palpebre.

Con indizi così sfumati, non è sorprendente che non sia per niente facile stanare un bugiardo,
specialmente in alcune situazioni. Per esempio un rapporto sentimentale. Le ricerche dimostrano
chiaramente che i più creduloni in assoluto sono proprio gli innamorati. Lo hanno scoperto alcuni
anni fa gli scienziati dell’Università di Monaco (Germania). Somministrando ossitocina (l’ormone che
viene prodotto in grande quantità quando si crea un rapporto stabile) a un gruppo di volontari
maschi e femmine, hanno verificato che dopo aver ascoltato alcuni attori dire bugie, gli uomini
riconoscevano meno le frottole dette dalle donne che quelle dette dagli uomini, le donne viceversa.

VERITÀ A OGNI COSTO? Ma perché non siamo bravi a scoprire le bugie? Forse perché, dicono gli
antropologi, i nostri antenati vivevano in gruppi promiscui dove era relativamente facile capire un
inganno dai comportamenti altrui. Oggi che viviamo dietro a porte chiuse e in comunità ben più
numerose, ingannare è molto più facile.

Resta il fatto che certe verità forse è più comodo non conoscerle: vogliamo davvero sapere la vera
risposta alla domanda-saluto “E tu, come stai?”. E soprattutto, è più conveniente non dirle. Come fa
notare Michael Gazzaniga: «La verità rende liberi, ma detta nel momento o alla persona sbagliata
(per esempio a un irascibile capoufficio) potrebbe anche rendere… liberi con quattro figli e senza
stipendio».

da focus.it

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