Perche’ dormire e’ indispensabile per la salute?

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Perche’ dormire e’ indispensabile per la salute?

Il 17 marzo è la Giornata mondiale del sonno 2023: dormire è un comportamento fondamentale perché
rigenera corpo e mente. Eppure le nostre notti sono sempre più disturbate.

17 marzo 2023 – Margherita Fronte

Il sonno è essenziale per la salute: questo è il tema della Giornata mondiale del sonno 2023 che
quest’anno cade il 17 marzo, ovvero, come sempre, il venerdì prima dell’equinozio di primavera.
Proprio come mangiare bene e fare esercizio, il sonno è un comportamento fondamentale per il proprio
benessere fisico, mentale e sociale. Dopo 18 ore svegli, impieghiamo da un quarto di secondo a mezzo
secondo in più per reagire a uno stimolo. E, dopo 24 ore, la capacità del cervello di usare il
glucosio cala bruscamente, soprattutto nelle aree preposte al ragionamento e al controllo delle
emozioni. Diversi studi hanno dimostrato che mettersi al volante dopo una notte insonne è come farlo
da ubriachi. Mentre la carenza di sonno è stata indicata come una concausa di alcuni incidenti che
hanno segnato gli ultimi 50 anni di storia, fra cui quello della petroliera Exxon Valdez del 1989,
il disastro dello Space Shuttle del 1986 e persino quello di Chernobyl, lo stesso anno.

FASE REM E FASE NON-REM. A partire dalla metà del secolo scorso, l’invenzione di strumenti che
registrano l’attività cerebrale e quella di muscoli e organi ha permesso di chiarire che cosa
succede durante la notte. L’elettroencefalogramma, in particolare, si è addentrato nel mistero del
cervello addormentato, rivelando un’attività sorprendentemente varia e a tratti persino più vivace
di quella che si registra nelle ore di veglia. Il tracciato mostra due fasi che si alternano
ciclicamente: la fase non-Rem è la prima a manifestarsi e occupa il 75-80% del sonno totale; la fase
Rem, invece, fu identificata già nel 1953 dallo scienziato statunitense Eugene Aserinsky, sulla base
dei movimenti oculari chesi percepiscono dietro le palpebre chiuse (Rem è l’acronimo di Rapid Eye
Movements).

La fase non-Rem è a sua volta suddivisa in 4 stadi. Il primo rappresenta il passaggio dalla veglia
al sonno, dura da uno a sette minuti e può essere facilmente interrotto da disturbi esterni, come
per esempio un rumore. Il secondo, della durata di 10-25 minuti, costituisce il 45-55% del sonno
totale ed è caratterizzato da un tracciato singolare dell’elettroencefalogramma, con segni
caratteristici che gli studiosi hanno collegato ai processi di consolidamento della memoria e
all’apprendimento. Gli stadi 3 e 4, che precedono la fase Rem, costituiscono il cosiddetto “sonno a
onde lente”, presente solo nella prima parte della notte, ma cruciale per la riorganizzazione dei
circuiti cerebrali. A livello fisiologico, il sonno a onde lente è caratterizzato anche dal calo
nella produzione di ormoni dello stress, come il cortisolo.

I SOGNI DEL MATTINO. L’importanza del sonno non-Rem è emersa solo in anni recenti. In precedenza,
infatti, l’interesse degli studiosi si era rivolto principalmente alla fase Rem e all’attività
cerebrale particolarmente vivace che la caratterizza: un’attività irregolare, concentrata
soprattutto nelle aree legate alle sensazioni e ai movimenti (i muscoli però non rispondono, perché
sono come paralizzati). La fase Rem è il regno dei sogni che ricordiamo il giorno seguente. Limitata
a periodi brevi nella prima parte della notte, si allunga con il passare del tempo e diventa
preponderante nelle ore che precedono il risveglio. Per questo motivo, i sogni del mattino sono più
complessi e li rammentiamo con un livello maggiore di dettaglio.

QUANTITÀ E QUALITÀ. Numerosi studi hanno chiarito che dormire poco e male ci rende meno efficienti
durante la giornata e che, se il problema persiste, può danneggiare la salute in molti modi. Stimare
la quantità di sonno necessaria a ciascuno di noi è però difficile, perché ci sono variazioni
individuali ma anche perché a volte il problema non sta tanto nel numero di ore dormite, ma nella
qualità. Per esempio, chi soffre di apnee notturne va incontro a continui risvegli (di cui a volte
non si rende neppure conto) che alterano l’architettura del sonno e creano sonnolenza e altre
difficoltà durante il giorno. Tuttavia, «nella maggior parte della popolazione adulta vale la regola
delle 8 ore per notte», spiega Francesco Fanfulla, responsabile del Centro di medicina del sonno
dell’Istituto Maugeri di Pavia. «Si tratta però di un obiettivo sempre più difficile da
raggiungere».

LADRI DI SONNO. A mettersi di mezzo fra noi e il cuscino ci sono abitudini ormai consolidate, come
quella di utilizzare la sera telefonini, tablet e computer, il cui schermo emette una luce blu che
interferisce con la produzione di melatonina (l’ormone che ci induce al sonno). Le buone abitudini,
adottate dai singoli, possono aiutare gli insonni cronici, ma non permettono di risolvere il vero
problema, che è molto più ampio e che riguarda tutti. «La società si evolve in un modo che non
favorisce il riposo notturno; nell’ultimo secolo abbiamo perso in media un’ora di sonno a testa»,
riprende Fanfulla. «Per esempio le attività sportive e ricreative si svolgono ormai per lo più la
sera, l’economista Jonathan White è arrivato a parlare di un “diritto al sonno” che andrebbe
garantito per legge.

IL SONNO DEI RAGAZZINI. Né va meglio per i giovanissimi. Secondo un’analisi dell’Università di
Adelaide (Australia), che ha esaminato oltre tremila ricerche effettuate in 20 Paesi su più di
690.000 soggetti, tra il 1905 e il2008 i bambini e i ragazzi di età comprese fra i 5 e i 18 anni
hanno perso 75 minuti di sonno a notte, pur con grandi variazioni a seconda dell’area geografica. Le
conseguenze sulla salute dei più giovani sono particolarmente preoccupanti, come dimostra una
ricerca pubblicata alla fine di luglio 2022 sulla rivista Lancet Child & Adolescent Medicine. Lo
studio ha seguito per due anni 8.323 bambini di età comprese fra 9 e 10 anni, suddivisi in due
gruppi: coloro che dormivano almeno 9 ore per notte (ovvero, la quantità minima raccomandata
dall’American Academy of Sleep Medicine per la fascia di età compresa fra i 6 e i 12 anni) e coloro
che invece dormivano meno.

I risultati mostrano che questi ultimi tendono ad avere difficoltà cognitive (nel processamento
delle informazioni, nella memoria e così via) e comportamentali. I ricercatori, poi, sono stati in
grado di collegare questi problemi ad anomalie strutturali molto precise, identificate tramite la
risonanza magnetica. «Le anomalie osservate fra i ragazzini che non dormono abbastanza sono quelle
tipiche della carenza di sonno anche negli adulti», commenta Fanfulla. In particolare, riguardano i
gangli della base, regione cerebrale implicata nella regolazione del ritmo sonno-veglia, e la
corteccia, responsabile delle funzioni cognitive più sofisticate.

A SCUOLA PIÙ TARDI? «Lo studio di Lancet è molto più di un campanello d’allarme, perché conferma che
la carenza di sonno nei giovani problemi cognitivi e comportamentali, e perché individua un effetto
a lungo termine, sulla struttura del cervello», spiega Fanfulla. «Le soluzioni però non sono
semplici, anche perché alle cattive abitudini si sommano i fattori ormonali, che fanno sì che
durante l’adolescenza i ragazzi tendano ad andare a dormire più tardi». È un fatto del tutto
fisiologico, che un tempo era mitigato dalla scarsità di stimoli dopo una certa ora, ma che adesso
viene invece amplificato dalla presenza di possibili svaghi lungo tutte le 24 ore.

Per venire incontro alle esigenze fisiologiche dei più giovani, una risposta sembra essere quella di
posticipare l’ingresso a scuola. Le sperimentazioni in tal senso, condotte all’estero e anche in
Italia, dimostrano che la soluzione è percorribile e che funziona.

Per esempio, già da qualche anno l’Istituto Majorana di Brindisi ha scelto di ritardare l’inizio
delle lezioni e, alla fine del 2020, uno studio condotto dal dipartimento di psicologia
dell’Università La Sapienza di Roma, ha valutato i risultati della decisione. La ricerca, pubblicata
sulla rivista Nature and Science of Sleep, ha trovato che gli studenti che avevano la possibilità di
alzarsi un’ora dopo al mattino avevano migliori risultati scolastici, livelli maggiori di attenzione
e facevano meno assenze.

worldsleepday.org/

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