Perche’ i nostri cari defunti stanno sempre con noi?
Le Chiavi Mistiche dello Yoga
di Guido Da Todi
Capitolo 52:
L’argomento che forma oggetto di questo capitolo ha i suoi primi riscontri, di sicuro, nel nostro intuito superiore, e nelle sue facoltà percettive.
Solo, però, facendoci trasportare dall’azzurra ala delle intime risorse dell’animo, potremo riuscire ad appropriarci della stupenda verità che stiamo per affrontare: l’effettiva, riscontrabile inesistenza di qualunque separazione fra ogni apparente frammento dell’essere.
Quanto dolore superato, quali angosce evitate, che potenziale di gioia riusciremmo a far nascere in noi se realizzassimo che la persona amata non ci è stata strappata per sempre dalla morte, ma è unita a noi da un legame che è possibile rintracciare ed utilizzare! Quale forziere d’immensa ricchezza spirituale a nostra disposizione, e quale sazietà d’amore, nel riscontro obiettivo che tempi e spazi non ci separano dal diletto Guru!
Non intendiamo, nell’articolo, far leva su quelle facoltà innate e potenziali – ma, di sublime e difficile astrattezza – che già costituiscono parte delle divine capacità umane.
L’anima cosmica dell’Uomo Liberato possiede uno sguardo interno indicibile, che gli permette di forare qualunque apparente ostacolo alla sua unione totale con l’universale. In Lui non appare carenza alcuna di un pieno rapporto con ciò che, invece, sembra – agli altri – essere separato dalla Sua Immanenza.
Tuttavia, si perviene a questa visione totale, tramite la padronanza definitiva di molte leggi metafisiche, assimilate e conquistate lungo il complesso itinerario di un lungo ciclo evolutivo di reincarnazioni.
Noi parleremo solo di una delle suddette leggi; che, sufficientemente compresa, offre un potente aiuto alla comprensione della chiave che ci faccia trascendere l’attuale illusione di separatività tra le cose.
Quando ero , e mi si parlava delle Tavolette dell’Akasha – in cui è racchiuso passato, presente e futuro – immaginavo che, da qualche parte, vi fosse una specie di squisito contenitore, con una misteriosa raccolta di elementi, formati da cera vergine metafisica, che donassero una piena visione delle cause e dei risultati d’ogni azione universale.
Evidentemente, non era proprio così…
Il rapporto che l’Akasha ha con l’individuo è strettamente allacciato al fitto innesto che la natura energetica del cosmo – con le sue azioni e reazioni – ha, rispetto a quelle dell’uomo.
Per quanto possa apparire strana l’ipotesi, la grande immaginazione degli spiritualisti di ogni tempo si è mostrata molto carente quando si trattava di approfondire la struttura e l’essenza formale di quell’io, apparentemente separato d’ogni essere.
Dovremmo cessare di emettere degli istintivi impulsi inibitori all’accettazione dell’io – considerandolo, soltanto, la fonte di ogni illusione; e dovremmo, pure, disinnescare da esso ogni attenzione maggiore di quanta ne abbia una semplice analisi di un qualunque aspetto fenomenologico della natura. Chissà che, con questa distaccata contemplazione della sua vera natura, non si acquisti – poi – il tanto desiderato , che ci illumini sulla sua vera radicale.
Poiché siamo uomini e donne, tutti noi tendiamo a il nostro habitat fisico e metafisico con delle qualità che postergano i rudimenti mentali ed i parametri delle nostre intime specificità.
Fu sempre, grazie a questa meticolosa e complessa elaborazione, che ognuno ha costruito, impreziosito e rafforzato, nei millenni reincarnativi, delle strutture specifiche, di particolare sonorità mentale, che chiamiamo personalità ed ego; in poche parole, quel feticcio – o, , come viene detta – che ci guarda sempre interrogativamente, quando elaboriamo il concetto soggettivo di :”io”.
Parliamo un po’ – almeno sinteticamente – di questo “io”; cercando – però – di collocarlo in uno schema che gli sia più confacente.
Abbiamo già visto che un primo errore di valutazione risiede nel rendere
quella radiazione energetica che pulsa al centro di ogni individuo.
Come esiste un nobile intreccio di energie, che costituisce l’impersonale arazzo della natura tutta, così il sé si limita a rappresentarne una nota, simile a tutte le altre forze spontanee della vita.
La pioggia, il vento, il suono, l’atomo, le correnti marine – tutto, insomma – compone, alla fine, una sinfonia globale, che si arroventa nel coro finale dell’armonia cosmica.
E l’io umano è, in fin dei conti, una semplice energia – con le sue caratteristiche, le sue risultanti, la sua natura; solo una radiazione – pur se nobile a raffinata – che contribuisce alla tonalità generale del complesso di cui fa parte.
Di conseguenza, dobbiamo contemplare la nostra primordiale essenza come una radiazione; un flusso pregiato di particelle, che vada visto soltanto in funzione dei rapporti soggiacenti, e del tutto elastici, che esso mantiene con la complessità di nodi che serrano la rete universale.
Siamo portati a credere che costituiscano un gigantesco apparato, il quale viva e si esprima al di fuori di ogni nostra diretta funzione manifesta.
Ma rischiamo, invece, di rimanere piacevolmente stupiti – riconoscendo la validità del concetto – quando ci viene che anche noi facciamo parte vitale, in modo coinvolgente, dell’intera massa delle forze originali.
Proprio da ciò deriva la sensazione – non ancora precisa e netta, eppur sì potente – che l’uomo ha verso una magia universale, di cui è ingranaggio inscindibile.
Ci compiacciamo di creare dei parametri ossificati, riflesso distorto di sublimi realtà, e di rimanere senza fiato nei loro rigidi schemi.
Ad esempio, consideriamo il rapporto che ha un Guru con i suoi discepoli, identificandolo – al solito! – ad uso e consumo della che ne ha un uomo. Ossia, pensiamo – di larga massima – che l’Avatar, la Guida, il Maestro indicibile sia venuto solo per insegnare all’uomo cosa, in effetti, siano l’amore e la libertà dal dolore reincarnativo.
Eppure, non esiste la minima differenza tra il mistero originale del fragore di un tuono, che elettrizza l’atmosfera; tra la condensazione della pioggia, che rinfranca la terra riarsa; tra la fotosintesi clorofilliana, ed i suoi risultati planetari, con il possente reattivo che la presenza di uno Spirito Liberato scatena nella natura intera, mentre – ad esempio – passeggia, vicino al Suo Ashram, colloquiando con i propri discepoli.
Il Guru è una forza della natura, che fa parte di quel brusio costante, di quell’attributo creativo onnipervadente, che include ad ogni cosa.
Alcuni di Essi, tra le altre componenti della loro azione divina, si occupano, , dell’evoluzione di pochi, o numerosi discepoli (chelas)…
Insomma, quanto vogliamo evidenziare è che risulta paradossalmente invisibile la vera funzione che ha ognuno di noi – chi più e chi meno; ossia, quella di rappresentare la che compone la delicata trama dello spirito vitale.
L’atmosfera in cui ci siamo calati, quindi, giustifica l’asserzione fatta all’inizio dell’articolo; ossia, che è solo nel nostro intuito superiore e nelle nostre facoltà percettive che possiamo penetrare nella veracità e nel realismo del reale mondo, celato dalla natura dell’”io”.
Oltre ad un coinvolgimento sottile delle nostre radici energetiche, in un pulsante e – sovente – subconscio mare di rapporti, di segnali, di innesti con ogni altra che compone il tutto, emerge lentamente – come Venere dal mare – anche la peculiare caratteristica di ogni individuo: quella di essere consolidata, in espansione.
L’India insegna che l’apice dell’illusione è sottostare alla certezza che esista uno scoglio tagliente, su cui batta dolorosamente e costantemente il reincarnato; la materia solida e l’apparente delle cose.
È tanto potente questa illusione, che occorreranno centinaia e centinaia di vite affinché l’uomo trascenda il sogno, e cominci a gestire la natura una dell’essere: Mulaprakriti. Ossia, la sola
.L’Energia Una.
Ad un certo punto dell’evoluzione, l’individuo supera, infine, il della sua illusione. E si rende, anche, conto che – contemplandosi come energia in atto – s’arricchisce di attributi inimmaginabili, di qualità trascendenti e di potenzialità divine.
È ovvio che non perverrà, subito, a tanta realizzazione. Il percorso sarà lungo; ma, crescerà in misura trigonometrica, man mano che si sarà avviato il processo del risveglio.
L’uomo è, dunque, energia; e produce energia. Ed il rapporto tra quanto egli è, e quel che nasce da lui, continuerà, anch’esso, a rivelarsi come il suo io medesimo..
Spieghiamo meglio l’affermazione sibillina, con un esempio pratico.
Voi, ora che state leggendo, continuate, dunque, ad ipotizzate di essere un aggregato di forme – intense e meno intense, solide e sfumate – che costituiscono l’integralità di quanto supponete sia il vostro io.
Un corpo, con una precisa e complessa fisionomia; dei sentimenti; delle facoltà raziocinanti.
Vi esorto, tuttavia ad eliminare l’icona che vi rappresenta mentalmente, ed a penetrare in quel mondo di energia radiante e complessa, da cui siamo appena usciti.
Se vi osservate mentre una sedia, le vostre facoltà superiori vi permetteranno, allora, di seguire quell’invisibile processo che soggiace ad ogni vostro atto. Non solo ogni vostra azione impregna di una precisa impronta energetica qualunque ambiente vi accolga – nel dettaglio e nella globalità – ma, pure, espande l’onda emanata dal vostro io, sì che l’impronta radiante che lascerete sulla sedia, assieme alla vostra pulsazione energetica fondamentale ed al rapporto tra le due costituiranno, in ultimo, un unico aspetto totale ed organico, che emana del vostro stesso io.
Come lo spettro luminoso della luce va dall’infrarosso (invisibile) all’ultravioletto (invisibile), mentre – nel centro – mostra al nervo ottico i colori che quotidianamente esistono attorno a noi, così l’agglutinato del nostro organismo fisico è solo l’arricciatura di una vastissima gamma risonante, che il nostro io dispiega, nel manifestarsi.
Quali sono i confini – o, meglio, – della nostra individualità, dunque? Non certo quelli della nostra apparenza fisica; e, neppure, le sparute emittenze energetiche, da noi sinora comprese nello studio della generosa rivelazione esoterica.
Il nostro io è totalmente manifesto, quindi, nella che abbiamo lasciato, ovunque un nostro pensiero si sia posato, in passato, mentre s’esprimeva nei mondi fisici, o dell’immaginazione; il nostro io è pienamente manifesto ove si sia svolta una qualunque sua attività, nei tre piani, ed abbia soltanto sfiorato gli ambienti da noi frequentati.
Sono questi i nostri veri ed eterni, i nostri occhi, ed una delle apparenze più significative del nostro della nostra .
Se il Santo ha un luogo di culto geografico, ove visse e si espresse storicamente, ebbene ogni impronta magnetica da lui lasciata a pulsare sugli oggetti toccati, o sugli alberi sfiorati dalla propria aura, o mentre passeggiava nelle strade della sua cittadella, anche tutto ciò sarà il suo ed originale.
Non esiste una localizzazione accentrata che possa, di conseguenza, chiamarsi il nucleo
del sè. Ma, ogni estensione magnetica di esso continua ad esprimere – a visione metafisica – l’onda piena che lo rappresenta.
È solo la nostra consuetudine, che ci obbliga a voler visualizzare unicamente quell’immagine stereotipata di coloro che amiamo, ed a confinarci nella desolata mancanza di una risonanza soggettiva, immediata e completa, con il loro immenso e vero spirito.
Ecco per quale ragione i nostri cari sono del tutto con noi, in questo momento. La nobile natura dell’io divino fa sì che ogni vibrazione magnetica degli oggetti che essi toccarono, della terra
che calpestarono si possa trasformare nel prolungamento spirituale – il solo vero e permanente – del loro io più intenso e trascendente.
Si tratta unicamente di voler mutare la della nostra apertura d’animo e della nostra sintonia soggettiva, e di portarla nel più vasto respiro infinito dell’essere, piuttosto che incatenarla in una atrofizzata visione umana della forma, con la quale continuiamo a credere essa si presenti.
Aggiungiamo, inoltre, che uno dei postulati d’ogni assioma metafisico è che esista un naturale contatto, da parte di tutti noi, con il in cui palpita il rapporto unitario di ogni essenza universale.
Tutte le cose, tutti gli esseri, tutta la vita apparentemente frammentaria confluiscono in una medesima risonanza, che è il centro comune della realtà universale.
È, di conseguenza, la conoscenza della di ogni espressione, che costituisce i pioli della scala sperimentale, tesa a realizzare l’unità del tutto.
I nostri cari non sono, quindi, lontani da noi: mai!
I geroglifici incisi nel tempo e nello spazio, e che noi teniamo lì, a segnalarci quei scenari che chiamiamo morte, distanza, separazione, passato – in un simbolismo artefatto che deriva solo dai numerosi veli di maya, avvolti sull’individuo reincarnato – ebbene, questi geroglifici hanno in se ’il potere di tramutarsi da ostacoli, a ponti di unione.
Se dispiegheremo alla nostra visione interiore le vere ali che appartengono ad ogni spirito individuale, e comprenderemo come il nostro è formato da iridescenti energie, che formano quell’arcobaleno di rapporti con il tutto – e la cui descrizione abbiamo appena sfiorato – tempo e spazio ribalteranno i loro attuali aspetti coercitivi; e si mostreranno, invece, per quello che sono: il filo di Arianna perenne, che ognuno intesse, per collegare l’assoluto al relativo.
Facciamo, cari amici, dunque, un attimo di pausa.
Le realtà di cui stiamo parlando sono soltanto delle ipotesi gratificanti, ma dalla consistenza troppo delicata, per rappresentare un concreto aiuto alla nostra sete di unione con ogni essere?
Anche la fisica einsteniana è riuscita a ribaltare ed a frastornare l’intera geometria euclidea, a causa dell’impatto che essa ebbe con un tipo di acquisita da secoli.
Eppure, senza i calcoli accurati delle sue teorie, nessun satellite sarebbe in grado di entrare in orbita, attorno ai pianeti del nostro sistema; e la medesima analisi degli spettri galattici, attraverso i telescopi, risulterebbe deformata, se lo scienziato non tenesse ben presenti le leggi della relatività.
Fino a quando anche noi non permetteremo allo Spirito una visione più allargata e includente, ci verrà negato quel mondo che, tuttora, è abitato da coloro che ci precedettero nell’analisi delle energie metafisiche.
Andate ad Assisi. Sul monte della Verna, ove il sacro fraticello lacerò il suo aspetto relativo, sino a vedere esplodere fuori di lui la Sacra Presenza del Divino; che era – poi – tutto ciò che lo circondava.
Soltanto un breve diaframma vi separerà, allora, dal respiro profumato del Santo e dalla sua medesima, effettiva presenza: dall’unione piena con lui.
Se riconoscerete che non esiste soluzione di continuità fra la delle sue energie ed il Santo; se le considererete come un sublime flusso sanguigno cicatrizzante, che circola in un organismo onnipervadente – che è lo stesso fraticello – vi accorgerete, allora, che non v’è alcuna differenza tra l’aura mistica del luogo sacro e la grande anima a cui esso si riferisce.
Ma, il fenomeno non si circoscrive soltanto nella vita di esseri privilegiati. Riguarda tutti noi; dalla creatura più semplice, alla più nobile.
L’io di coloro che amiamo pulsa, immediato e segreto, negli ambienti in cui visse. Saldiamo, finalmente, la nostra anima con la loro!
(Guido Da Todi)
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