PERCHÈ I NOSTRI CARI DEFUNTI STANNO SEMPRE CON NOI?
di Guido Da Todi
tratto da lista Sadhana
L’argomento che forma oggetto di questo articolo ha i suoi primi riscontri,
di sicuro, nel nostro intuito superiore, e nelle sue facoltà percettive.
Solo, però, facendoci trasportare dall’azzurra ala delle intime risorse dell
‘animo, potremo riuscire ad appropriarci della stupenda verità che stiamo
per affrontare: l’effettiva, riscontrabile inesistenza di qualunque
separazione fra ogni apparente frammento dell’essere.
Quanto dolore superato, quali angosce evitate, che potenziale di gioia
riusciremmo a far nascere in noi se realizzassimo che la persona amata non
ci è stata strappata per sempre dalla morte, ma è unita a noi da un legame
che è possibile rintracciare ed utilizzare! Quale forziere d’immensa
ricchezza spirituale a nostra disposizione, e quale sazietà d’amore, nel
riscontro obiettivo che tempi e spazi non ci separano dal diletto Guru!
Non intendiamo, nell’articolo, far leva su quelle facoltà innate e
potenziali – ma, di sublime e difficile astrattezza – che già costituiscono
parte delle divine capacità umane.
L’anima cosmica dell’Uomo Liberato possiede uno sguardo interno indicibile,
che gli permette di forare qualunque apparente ostacolo alla sua unione
totale con l’universale. In Lui non appare carenza alcuna di un pieno
rapporto con ciò che, invece, sembra – agli altri – essere separato dalla
Sua Immanenza.
Tuttavia, si perviene a questa visione totale, tramite la padronanza
definitiva di molte leggi metafisiche, assimilate e conquistate lungo il
complesso itinerario di un lungo ciclo evolutivo di reincarnazioni.
Noi parleremo solo di una delle suddette leggi; che, sufficientemente
compresa, offre un potente aiuto alla comprensione della chiave che ci
faccia trascendere l’attuale illusione di separatività tra le cose.
Quando ero giovane , e mi si parlava delle Tavolette dell’Akasha – in cui è
racchiuso passato, presente e futuro – immaginavo che, da qualche parte, vi
fosse una specie di squisito contenitore, con una misteriosa raccolta di
elementi, formati da cera vergine metafisica, che donassero una piena
visione delle cause e dei risultati d’ogni azione universale.
Evidentemente, non era proprio così.
Il rapporto che l’Akasha ha con l’individuo è strettamente allacciato al
fitto innesto che la natura energetica del cosmo – con le sue azioni e
reazioni – ha, rispetto a quelle dell’uomo.
Per quanto possa apparire strana l’ipotesi, la grande immaginazione degli
spiritualisti di ogni tempo si è mostrata molto carente quando si trattava
di approfondire la struttura e l’essenza formale di quell’io, apparentemente
separato d’ogni essere.
Dovremmo cessare di emettere degli istintivi impulsi inibitori all’
accettazione dell’io – considerandolo, soltanto, la fonte di ogni
illusione; e dovremmo, pure, disinnescare da esso ogni attenzione maggiore
di quanta ne abbia una semplice analisi di un qualunque aspetto
fenomenologico della natura. Chissà che, con questa distaccata
contemplazione della sua vera natura, non si acquisti – poi – il tanto
desiderato lampo di luce , che ci illumini sulla sua vera essenza
radicale.
Poiché siamo uomini e donne, tutti noi tendiamo a marcare il nostro
habitat fisico e metafisico con delle qualità che postergano i rudimenti
mentali ed i parametri delle nostre intime specificità.
Fu sempre, grazie a questa meticolosa e complessa elaborazione, che ognuno
ha costruito, impreziosito e rafforzato, nei millenni reincarnativi, delle
strutture specifiche, di particolare sonorità mentale, che chiamiamo
personalità ed ego; in poche parole, quel feticcio – o, forma pensiero ,
come viene detta – che ci guarda sempre interrogativamente, quando
elaboriamo il concetto soggettivo di :”io”.
Parliamo un po’ – almeno sinteticamente – di questo “io”; cercando – però –
di collocarlo in uno schema che gli sia più confacente.
Abbiamo già visto che un primo errore di valutazione risiede nel rendere
intrisa di sapore umano quella radiazione energetica che pulsa al centro
di ogni individuo.
Come esiste un nobile intreccio di energie, che costituisce l’impersonale
arazzo della natura tutta, così il sé si limita a rappresentarne una nota,
simile a tutte le altre forze spontanee della vita.
La pioggia, il vento, il suono, l’atomo, le correnti marine – tutto,
insomma – compone, alla fine, una sinfonia globale, che si arroventa nel
coro finale dell’armonia cosmica.
E l’io umano è, in fin dei conti, una semplice energia – con le sue
caratteristiche, le sue risultanti, la sua natura; solo una radiazione – pur
se nobile a raffinata – che contribuisce alla tonalità generale del
complesso di cui fa parte.
Di conseguenza, dobbiamo contemplare la nostra primordiale essenza come una
radiazione; un flusso pregiato di particelle, che vada visto soltanto in
funzione dei rapporti soggiacenti, e del tutto elastici, che esso mantiene
con la complessità di nodi che serrano la rete universale.
Siamo portati a credere che le forze della natura costituiscano un
gigantesco apparato, il quale viva e si esprima al di fuori di ogni nostra
diretta funzione manifesta.
Ma rischiamo, invece, di rimanere piacevolmente stupiti – riconoscendo la
validità del concetto – quando ci viene ricordato che anche noi facciamo
parte vitale, in modo coinvolgente, dell’intera massa delle forze originali.
Proprio da ciò deriva la sensazione – non ancora precisa e netta, eppur sì
potente – che l’uomo ha verso una magia universale, di cui è ingranaggio
inscindibile.
Ci compiacciamo di creare dei parametri ossificati, riflesso distorto di
sublimi realtà, e di rimanere senza fiato nei loro rigidi schemi.
Ad esempio, consideriamo il rapporto che ha un Guru con i suoi discepoli,
identificandolo – al solito! – ad uso e consumo della visibilità che ne ha
un uomo. Ossia, pensiamo – di larga massima – che l’Avatar, la Guida, il
Maestro indicibile sia venuto solo per insegnare all’uomo cosa, in effetti,
siano l’amore e la libertà dal dolore reincarnativo.
Eppure, non esiste la minima differenza tra il mistero originale del fragore
di un tuono, che elettrizza l’atmosfera; tra la condensazione della pioggia,
che rinfranca la terra riarsa; tra la fotosintesi clorofilliana, ed i suoi
risultati planetari, con il possente reattivo che la presenza di uno Spirito
Liberato scatena nella natura intera, mentre – ad esempio – passeggia,
vicino al Suo Ashram, colloquiando con i propri discepoli.
Il Guru è una forza della natura, che fa parte di quel brusio costante, di
quell’attributo creativo onnipervadente, che include ad ogni cosa.
Alcuni di Essi, tra le altre componenti della loro azione divina, si
occupano, anche , dell’evoluzione di pochi, o numerosi discepoli (chelas).
Insomma, quanto vogliamo evidenziare è che risulta paradossalmente
invisibile la vera funzione che ha ognuno di noi – chi più e chi meno;
ossia, quella di rappresentare la forza naturale che compone la delicata
trama dello spirito vitale.
L’atmosfera in cui ci siamo calati, quindi, giustifica l’asserzione fatta
all’inizio dell’articolo; ossia, che è solo nel nostro intuito superiore e
nelle nostre facoltà percettive che possiamo penetrare nella veracità e nel
realismo del reale mondo, celato dalla natura dell'”io”.
Oltre ad un coinvolgimento sottile delle nostre radici energetiche, in un
pulsante e – sovente – subconscio mare di rapporti, di segnali, di innesti
con ogni altra onda risonante che compone il tutto, emerge lentamente –
come Venere dal mare – anche la peculiare caratteristica di ogni individuo:
quella di essere pura energia consolidata, in espansione.
L’India insegna che l’apice dell’illusione è sottostare alla certezza che
esista uno scoglio tagliente, su cui batta dolorosamente e costantemente il
reincarnato; la materia solida e l’apparente tangibilità delle cose.
È tanto potente questa illusione, che occorreranno centinaia e centinaia di
vite affinché l’uomo trascenda il sogno, e cominci a gestire la natura una
dell’essere: Mulaprakriti. Ossia, la sola materia archetipica .L’Energia
Una.
Ad un certo punto dell’evoluzione, l’individuo supera, infine, il muro del
suono della sua illusione. E si rende, anche, conto che – contemplandosi
come energia in atto – s’arricchisce di attributi inimmaginabili, di qualità
trascendenti e di potenzialità divine.
È ovvio che non perverrà, subito, a tanta realizzazione. Il percorso sarà
lungo; ma, crescerà in misura trigonometrica, man mano che si sarà avviato
il processo del risveglio.
L’uomo è, dunque, energia; e produce energia. Ed il rapporto tra quanto egli
è, e quel che nasce da lui, continuerà, anch’esso, a rivelarsi come il suo
io medesimo..
Spieghiamo meglio l’affermazione sibillina, con un esempio pratico.
Voi, ora che state leggendo, continuate, dunque, ad ipotizzate di essere un
aggregato di forme – intense e meno intense, solide e sfumate – che
costituiscono l’integralità di quanto supponete sia il vostro io.
Un corpo, con una precisa e complessa fisionomia; dei sentimenti; delle
facoltà raziocinanti.
Vi esorto, tuttavia ad eliminare l’icona che vi rappresenta mentalmente, ed
a penetrare in quel mondo di energia radiante e complessa, da cui siamo
appena usciti.
Se vi osservate mentre toccate una sedia, le vostre facoltà superiori vi
permetteranno, allora, di seguire quell’invisibile processo che soggiace ad
ogni vostro atto. Non solo ogni vostra azione impregna di una precisa
impronta energetica qualunque ambiente vi accolga – nel dettaglio e nella
globalità – ma, pure, espande l’onda emanata dal vostro io, sì che l’
impronta radiante che lascerete sulla sedia, assieme alla vostra pulsazione
energetica fondamentale ed al rapporto tra le due costituiranno, in ultimo,
un unico aspetto totale ed organico, che emana del vostro stesso io.
Come lo spettro luminoso della luce va dall’infrarosso (invisibile) all’
ultravioletto (invisibile), mentre – nel centro – mostra al nervo ottico i
colori che quotidianamente esistono attorno a noi, così l’agglutinato del
nostro organismo fisico è solo l’arricciatura di una vastissima gamma
risonante, che il nostro io dispiega, nel manifestarsi.
Quali sono i confini – o, meglio, gli aspetti – della nostra
individualità, dunque? Non certo quelli della nostra apparenza fisica; e,
neppure, le sparute emittenze energetiche, da noi sinora comprese nello
studio della generosa rivelazione esoterica.
Il nostro io è totalmente manifesto, quindi, nella traccia che abbiamo
lasciato, ovunque un nostro pensiero si sia posato, in passato, mentre s’
esprimeva nei mondi fisici, o dell’immaginazione; il nostro io è pienamente
manifesto ove si sia svolta una qualunque sua attività, nei tre piani, ed
abbia soltanto sfiorato gli ambienti da noi frequentati.
Sono questi i nostri veri ed eterni arti , i nostri occhi, ed una delle
apparenze più significative del nostro della nostra viva forma .
Se il Santo ha un luogo di culto geografico, ove visse e si espresse
storicamente, ebbene ogni impronta magnetica da lui lasciata a pulsare sugli
oggetti toccati, o sugli alberi sfiorati dalla propria aura, o mentre
passeggiava nelle strade della sua cittadella, anche tutto ciò sarà il suo
io recondito ed originale.
Non esiste una localizzazione accentrata che possa, di conseguenza,
chiamarsi il nucleo privilegiato del sè. Ma, ogni estensione magnetica di
esso continua ad esprimere – a visione metafisica – l’onda piena che lo
rappresenta.
È solo la nostra consuetudine, che ci obbliga a voler visualizzare
unicamente quell’immagine stereotipata di coloro che amiamo, ed a confinarci
nella desolata mancanza di una risonanza soggettiva, immediata e completa,
con il loro immenso e vero spirito.
Ecco per quale ragione i nostri cari defunti sono del tutto con noi, in
questo momento. La nobile natura dell’io divino fa sì che ogni vibrazione
magnetica degli oggetti che essi toccarono, della terra che calpestarono si
possa trasformare nel prolungamento spirituale – il solo vero e permanente –
del loro io più intenso e trascendente.
Si tratta unicamente di voler mutare la lunghezza d’onda della nostra
apertura d’animo e della nostra sintonia soggettiva, e di portarla nel più
vasto respiro infinito dell’essere, piuttosto che incatenarla in una
atrofizzata visione umana della forma, con la quale continuiamo a credere
essa si presenti.
Aggiungiamo, inoltre, che uno dei postulati d’ogni assioma metafisico è che
esista un naturale contatto, da parte di tutti noi, con il punto sublime
in cui palpita il rapporto unitario di ogni essenza universale.
Tutte le cose, tutti gli esseri, tutta la vita apparentemente frammentaria
confluiscono in una medesima risonanza, che è il centro comune della realtà
universale.
È, di conseguenza, la conoscenza della traccia magnetica metafisica di
ogni espressione, che costituisce i pioli della scala sperimentale, tesa a
realizzare l’unità del tutto.
I nostri cari non sono, quindi, lontani da noi: mai!
I geroglifici incisi nel tempo e nello spazio, e che noi teniamo lì, a
segnalarci quei scenari che chiamiamo morte, distanza, separazione,
passato – in un simbolismo artefatto che deriva solo dai numerosi veli di
maya, avvolti sull’individuo reincarnato – ebbene, questi geroglifici hanno
in se ‘il potere di tramutarsi da ostacoli, a ponti di unione.
Se dispiegheremo alla nostra visione interiore le vere ali che appartengono
ad ogni spirito individuale, e comprenderemo come il nostro organismo
immortale è formato da iridescenti energie, che formano quell’arcobaleno di
rapporti con il tutto – e la cui descrizione abbiamo appena sfiorato – tempo
e spazio ribalteranno i loro attuali aspetti coercitivi; e si mostreranno,
invece, per quello che sono: il filo di Arianna perenne, che ognuno intesse,
per collegare l’assoluto al relativo.
Facciamo, cari amici, dunque, un attimo di pausa.
Le realtà di cui stiamo parlando sono soltanto delle ipotesi gratificanti,
ma dalla consistenza troppo delicata, per rappresentare un concreto aiuto
alla nostra sete di unione con ogni essere?
Anche la fisica einsteniana è riuscita a ribaltare ed a frastornare l’intera
geometria euclidea, a causa dell’impatto che essa ebbe con un tipo di
razionalità acquisita da secoli.
Eppure, senza i calcoli accurati delle sue teorie, nessun satellite sarebbe
in grado di entrare in orbita, attorno ai pianeti del nostro sistema; e la
medesima analisi degli spettri galattici, attraverso i telescopi,
risulterebbe deformata, se lo scienziato non tenesse ben presenti le leggi
della relatività.
Fino a quando anche noi non permetteremo allo Spirito una visione più
allargata e includente, ci verrà negato quel mondo che, tuttora, è abitato
da coloro che ci precedettero nell’analisi delle energie metafisiche.
Andate ad Assisi. Sul monte della Verna, ove il sacro fraticello lacerò il
suo aspetto relativo, sino a vedere esplodere fuori di lui la Sacra Presenza
del Divino; che era – poi – tutto ciò che lo circondava.
Soltanto un breve diaframma vi separerà, allora, dal respiro profumato del
Santo e dalla sua medesima, effettiva presenza: dall’unione piena con lui.
Se riconoscerete che non esiste soluzione di continuità fra la traccia
delle sue energie ed il Santo; se le considererete come un sublime flusso
sanguigno cicatrizzante, che circola in un organismo onnipervadente – che è
lo stesso fraticello – vi accorgerete, allora, che non v’è alcuna
differenza tra l’aura mistica del luogo sacro e la grande anima a cui esso
si riferisce.
Ma, il fenomeno non si circoscrive soltanto nella vita di esseri
privilegiati. Riguarda tutti noi; dalla creatura più semplice, alla più
nobile.
L’io di coloro che amiamo pulsa, immediato e segreto, negli ambienti in cui
visse.
Saldiamo, finalmente, la nostra anima con la loro!
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