Condividere la musica in un concerto regala forti emozioni. Dipende dal funzionamento dall’amigdala
sinistra, l’area del cervello deputata a elaborarle.
16 marzo 2024 – Simone Valtieri
La musica emoziona, questo è un dato di fatto. Il brano giusto è capace di toccare le corde più
profonde della nostra anima, sia che lo si ascolti in macchina o nella propria stanza, sia che lo si
condivida con migliaia di persone a un concerto. Eppure, nel secondo caso, avviene più facilmente e
la scienza è in grado di spiegarci il perché. Dipende, in sintesi, dal funzionamento dall’amigdala
sinistra, l’area del cervello deputata a elaborare le emozioni.
IL TEST MUSICALE. Ad approfondire la questione è stato il team guidato da Sascha Frühholz
dell’Università di Zurigo, in Svizzera, che ha sottoposto 27 persone non esperte di musica a un
esperimento. Gli studiosi hanno elaborato dodici brani della durata di 30 secondi ciascuno. Metà di
questi, composti con accordi minori (meno armoniosi e più lenti) avevano l’obiettivo di trasmettere
stati d’animo negativi, mentre gli altri sei sono stati scritti per esaltare le emozioni positive. I
brevi componimenti sono stati fatti ascoltare ai partecipanti in ordine sparso tramite un
altoparlante, venendo intervallati da mezzo minuto di silenzio. In questo modo, gli ascoltatori
sdraiati all’interno di uno scanner MRI non sapevano se stessero udendo una registrazione o se il
pezzo fosse eseguito in tempo reale.
Il punto è che la musica dal vivo può adattarsi all’ascoltatore, mentre quella registrata è sempre
la stessa. Per questo motivo, è stato detto al pianista incaricato di eseguire i brani adattando il
volume e la velocità del pezzo in base all’attività cerebrale dell’ascoltatore, rilevata in tempo
reale dallo scanner. In pratica, se un partecipante mostrava poca attività in risposta a un brano
positivo, il pianista poteva scegliere di variare la sua performance al fine di renderla più
coinvolgente. Con questo esperimento, i ricercatori hanno scoperto che la musica “live”, più fluida
e dinamica, portava a un aumento dell’attività cerebrale nell’amigdala ben maggiore rispetto a
quello provocato dalle registrazioni.
DINAMICITÀ E STATICITÀ. Sebbene lo studio abbia fornito risposte conclusive, non ha considerato uno
degli aspetti più importanti della musica dal vivo. «Se vai a un concerto, non sei da solo – spiega
Frühholz – e dunque l’esperienza emotiva diventa anche un’esperienza sociale». In pratica, la
condivisione contribuisce ad aumentare la nostra risposta emotiva in un modo percepibile ma non
misurabile con gli esperimenti.
caneuro.github.io/blog/2023/study-live-music/
da focus.it
Lascia un commento