Perchè parlare di Dio, e non con Dio?

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– PERCHE’ PARLARE < DI DIO >, E NON < CON DIO >? –

(di Guido Da Todi)

Indubbiamente, esistono dei concetti che rappresentano una sorta di modello
archetipo universale.

Sono molto rari, e possiedono una forza dirompente nei loro contenuti più
essenziali, capaci di proiettare l’individuo che li ospita nel suo mondo
soggettivo, al di la’ della propria sfera d’essere abituale.

Si tratta di frasi simboliche, di un uso del linguaggio che riesce a
trascendere se’ stesso, grazie a quanto ne causo’ l’espressione formale.

In India, il potere del suono e dei suoi contenuti sintetici, e’ gestito in
quell’antica arte, detta dei mantras.

Tutto cio’ che contiene, tuttavia, una leva che trasformi letteralmente la
persona, e la proietti in una lunghezza d’onda evolutiva di gran lunga piu’
intensa di ogni suo passato, appartiene ai modelli archetipi di cui
parliamo.

La grandezza si lega, allora, alla semplicita’.

Ad esempio, uno di questi concetti e’ contenuto nelle seguente affermazione:

“Perche’ parlare sempre Dio? Iniziamo, invece, a parlare Dio”

Vi rendete conto di cosa vogliano dire queste parole?

Intanto, rappresentano un diretto collaudo delle nostre motivazioni guida
esistenziali.

A che ci riferiamo, nella nostra tensione evolutiva quotidiana? Possiamo
chiamare l’apice della nostra ricerca:< Dio >? Oppure, cosa?

Preferiamo adoperare un metro di analisi che adoperi delle esegesi di natura
diversa?

Seguiamo una ricerca di identificazione con l’universale, il cui esito sia
del tutto privo di una definizione formale qualunque – visto che intendiamo
trascendere ogni tipo di restrizione che ci allontani dall’idea di assoluto?

Crediamo che, alla fine del viaggio, si incontrerà un nulla-pieno
intraducibile? Oppure, che la divinità, diluita in ogni cosa, e di cui ogni
cosa e’ un aspetto, avra’, invece, una piena capacita’ di riscontro con la
nostra essenza?

Ecco, qui, il lettore e’ del tutto libero di seguire il proprio talento
individuale.

E, da questo punto, chi scrive esprime, allora, la sperimentazione diretta
che gli e’ pertinente.

Ma, eccoci, quindi, cadere in un altro di quei concetti archetipi, di cui si
parla.

La percezione di Dio, intesa come una indicibile brezza reale, che provoca
un brivido di costante rigenerazione soffusa in tutti i suoi aspetti
manifesti, inizia a martellare la coscienza di colui che ha superato
qualunque resistenza a proibirsene il contatto, e a dialogare con ogni sorta
di filtro che egli vede frapporsi fra se’ e l’Anima delle cose

Viene garantito da qualunque alto insegnamento metafisico che giunge un
punto, lungo il sentiero evolutivo, durante il quale si frattura, si sfalda
l’ultima pellicola che l’ego pone tra se’ ed il resto delle cose.

Ricordate la magnifica descrizione hindu’, ove si paragona l’essere umano ad
un pesce, che naviga nell’oceano? E si dice che, proprio come quello non si
accorge di stare pienamente immerso nell’acqua – da cui la sua intera vita
dipende – cosi’ l’individuo non si rende conto che Dio lo avvolge in ogni
piu’ intima e celata fibra, dall’origine dei tempi?

Ebbene, quando la di cui parliamo si mostra lacerata in piu’
punti, ecco scivolare all’interno di essa – in un amalgama nel quale, come l
‘assoluto non mostra alcun limite, cosi’ anche l’essenza individuale diviene
del tutto inafferrabile nella sua interezza – ecco scivolare in essa,
dicevamo, un che si impadronisce dell’unita’, trasportandola,
sempre piu’ velocemente, in quella dimensione nota a tutte le anime
liberate.

Dio ha avvolto le Sue sacre spire flessuose attorno all’uomo che ha voluto
fissare fermamente lo sguardo stellare del Cobra Cosmico.

Come trasmettere questa esperienza?

Intanto, l’uomo si trova scomposto in parti soggettive sconnesse, senza piu’
alcun valore coerente ed unitario; e questi frammenti affondano – con
immensa delizia – nel corpo mistico dell’Uno.

La sensazione e’ talmente reale, acuta e costante da provocare il cosiddetto
< samadhi lucido > quotidiano.

Quando incontrerete una simile persona, vi accorgerete che nei suoi occhi
arde l’amore immenso per tutti; ma, noterete, pure che, in qualche maniera,
una qualita’ comune la lega al mondo: un’illimitata, intensa, gioia silente.
Una gioia che non e’, di sicuro, paragonabile a qualunque altra beatitudine
che impera nei tre piani di esistenza.

Una delle sue caratteristiche e’ un intimo desiderio di non < costruire
forme, di qualunque tipo >; ne’, tantomeno, di opporle una all’altra.

Forme concettuali, forme che vadano a nutrire processi mentali, forme che,
addirittura, vogliano definire e contenere l’Anima Universale – che sussurra
costantemente, attimo dopo attimo, il suo ipnotico verbo rigenerante.

Quando l’uomo e la donna ancora seguono il sentiero dell’articolazione e del
vibrante suono ossuto, espresso dal serpente a sonagli del pensiero
analogico e concreto, essi s’imprigionano nelle sbarre ritorte del definito
e del compiuto.

Quest’uomo e questa donna continueranno a confrontarsi con il resto del
mondo e con i propri simili, porgendo loro le proprie braccia avvolte dalle
catene della dialettica pura e tagliente; catene, sovente, luccicanti e
dorate. Ma, catene.

L’unico ponte su cui avverra’ il raffronto tra gli esseri intellettuali –
pur ricchi delle grandi abilita’ polemiche e di tintinnanti metafisiche
competenti – sara’ proprio questa fredda massa di catene.

L’uomo continuera’ ad aver paura dell’uomo; a vedere le lotte tribali di un
suo lontano passato, trasformate in sottili ed ostili sofismi di
contrapposizione evolutiva.

E l’uomo di Dio?

L’uomo di Dio continua nel suo incredibile viaggio. Egli ha stabilito,
infine, un dialogo stupefacente; verso cui si e’ spasmodicamente teso per
vite, richiedendolo, con disperazione, nel proprio intimo.

Ed il miracolo, ora, e’ avvenuto!

E, strano a dirsi, quando egli inizio’ a trascurare ogni suono mentale,
fatto di acuti e di contrappunti, di contrasti e di alleanze con il suo
simile e con le idee, e con ogni tipo di struttura logica e definitiva, ecco
che venne la percezione immensa ed oceanica della Presenza immanente.

Egli si era abbandonato al Ritmo Originale delle cose.

Guardate un po’, quest’uomo, mentre, in pieno 2000, guida la sua auto, nel
traffico delle nostre citta’. Una leggera, distesa espressione di serenita’
gli ammorbidisce il volto.

Nel suo cuore batte una Presenza che sfugge a molti. Egli si trova immerso
nell’oceano dell’Uno vivente. Le sue radici attecchiscono alla Presenza
Universale, con cui sta provando l’intimita’ cosmica che ogni uomo di Dio ha
visto nascere, per tradizione, ed infinitamente crescere in lui.

Ecco, quest’uomo resistera’ ad ogni esame rarefatto dei valenti analisti
dello Spirito. Li rendera’ perplessi, poiche’ essi non proveranno, in sua
presenza, la stanchezza di quel solito gioco < del passaggio di catene >, a
cui sono abituati.

L’uomo di Dio ha la forza di trasmettere Dio agli altri. Egli agisce con il
silenzio. E, anche quando parla, e’ il silenzio che scorre nel suo dialogo –
spesso, sostenuto per il compromesso della vita giornaliera.

” Lo yoghi la cui mente e’ assorta in Me conosce senza dubbio la felicita’
suprema. Grazie alla sua identita’ con Brahman, egli e’ liberato; la sua
mente e’ serena, le sue passioni placate, ed egli e’ libero dal peccato
(Bhagavad Gita – verso 27 -capitolo 6)”.

“Il vero yoghi vede Me in tutti gli esseri e tutti gli esseri in Me. In
verita’, l’anima realizzata Mi vede ovunque (Bhagavad Gita – vero 29 –
capitolo 6°)”.

“L’essere che Mi vede ovunque e vede tutto in Me non e’ mai separato da Me,
come Io non sono mai separato da lui (Bhagavad Gita – verso 30 – capitolo
6°)”.

Perche’, allora, continuiamo a parlare < di Dio >, e non < con Dio >.

Se le nostre motivazioni sono oneste e forti, Dio sta pur la’, presente, nei
riferimenti che facciamo a Lui, durante i nostri mille argomenti di gruppo.
Non siete d’accordo? Ed, allora, non e’ semplicemente piu’ logico saltare a
pie’ pari ogni steccato dialettico, e correre ad immergerci nella Sua
costante ed immediata presenza?

Ricordate il pesce e l’acqua che lo circonda?

Vi troverete anche voi in quell’acuta esperienza d’amore sacro, nella quale,
forse, l’unica nota dissonante sara’ il vostro desiderio di vederla
replicata in tutti gli esseri; ma, nel contempo, di non possedere il potere
di descriverla nel minimo modo soddisfacente.

Il sobbollire ardente che la roccia fusa ed incandescente vive, in un
ruggito senza posa, nel fondo del vulcano e’ la piu’ pallida e fugace
descrizione di quell’Amore senza pari che l’Uno porta ad ogni sua
emanazione.

E, questa, e’ la verita’, al di fuori di ogni metafora e simbolismo.

“Perche’ parlare di Dio, e non con Dio?”

tratto da lista Sadhana > it.groups.yahoo.com/group/lista_sadhana

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