di Thich Nhat Hanh
Thich Nhat Hanh
IL BUDDHA VIVENTE
IL CRISTO VIVENTE
NERI POZZA EDIZIONE
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*PERCHE’ SIA POSSIBILE UN FUTURO*
*Mettere di nuovo radici*
Nella societa’ esiste un profondo malessere. Possiamo inviare posta
elettronica e fax ovunque nel mondo, possediamo segnalatori di chiamata e
telefonini cellulari, eppure in famiglia e tra vicini non ci parliamo l’un
l’altro. Esiste una sorta di vuoto dentro di noi, e noi cerchiamo di
colmarlo mangiando, leggendo, conversando, fumando, bevendo, guardando la
TV, andando al cinema e perfino col superlavoro. Ogni giorno assorbiamo
tanta violenza e insicurezza che siamo come bombe a orologeria pronte a
esplodere. Dobbiamo scoprire una cura per la nostra malattia.
Numerosi giovani sono sradicati. Non appartengono piu’ alle tradizioni dei
loro genitori e nonni, e non hanno trovato null’altro con cui sostituirle.
Coloro che hanno ruoli di guide spirituali devono dedicarsi a questo tema
reale e presente, ma per lo piu’ non sanno proprio che cosa fare. Non sono
riusciti a trasmettere i valori piu’ profondi delle loro tradizioni, forse
perche’ essi stessi non le hanno pienamente comprese o sperimentate.
Quando un sacerdote non incarna i valori viventi di una tradizione
religiosa, non puo’ trasmetterli alla generazione successiva.
Puo’ solo indossarne i panni e sfiorarne le forme superficiali. Quando i
valori viventi sono assenti, riti e dogmi sono inerti, rigidi e persino
oppressivi. Se si aggiunge una mancanza di comprensione dei bisogni reali
della gente e una generale mancanza di tolleranza, c’e’ poco da
meravigliarsi che i giovani si sentano alienati all’interno di queste
istituzioni.
Il buddhismo, al pari del cristianesimo e di altre tradizioni religiose,
deve rinnovarsi al fine di rispondere ai bisogni di uomini e donne della
nostra epoca. Numerosi giovani in tutto il mondo hanno abbandonato la
propria chiesa perche’ le autorita’ ecclesiastiche non hanno colto i
cambiamenti della societa’.
Costoro non riescono a parlare ai giovani il genere di linguaggio a loro
comprensibile. Non riescono a trasmettere ai giovani i gioielli che hanno
ricevuto dai loro antichi maestri. Ecco perche’ un cosi’ gran numero di
giovani sono allo sbando; senza aver nulla in cui credere. Si sentono a
disagio con la chiesa, la societa’, la cultura e la famiglia. Non vedono
nulla di utile, bello o vero.
Abbiamo bisogno di radici per riuscire a stare diritti e crescere forti.
Quando i giovani vengono a Plum Village, li incoraggio sempre a una pratica
tale che li aiuti a tornare alla loro tradizione e a rimettere radici. Se
riusciranno a reintegrarsi, saranno un importante strumento di
trasformazione e rinnovamento della loro tradizione. Dopo un ritiro
interconfessionale a Santa Barbara, un giovane mi disse:
“Thay, mi sento piu’ ebreo che mai. Diro’ al mio rabbino che un monaco
buddhista mi ha ispirato a far ritorno a lui”.
Persone appartenenti ad altre tradizioni religiose hanno detto la stessa
cosa.
*I gioielli della nostra tradizione religiosa*
In Asia Orientale ogni casa possiede un altare familiare. Ogni volta che
accade un evento importante nella famiglia, quale la nascita di un figlio,
bruciamo l’incenso come offerta e annunciamo la novella ai nostri antenati.
Se nostro figlio sta per andare all’universita’, facciamo un’offerta e
annunciamo che all’indomani nostro figlio partira’ per andare
all’universita’. Quando torniamo a casa dopo un lungo viaggio, la prima cosa
che facciamo e’ bruciare l’incenso e annunciare ai nostri antenati che siamo
a casa.
Quando pratichiamo in questo modo, ci sentiamo sempre profondamente
radicati nella famiglia. Io incoraggio i miei studenti di origini
occidentali a far lo stesso. Quando rispettiamo i nostri antenati,
consanguinei o spirituali, sentiamo di avere radici. Se possiamo trovare i
modi per nutrire e sviluppare la nostra eredita’ spirituale, eviteremo il
genere di alienazione che sta distruggendo la societa’, e riacquisteremo
l’integrita’. Dobbiamo incoraggiare gli altri, soprattutto i giovani, a
ritornare alle proprie tradizioni e a riscoprire i gioielli che vi sono
custoditi. Se apprenderemo a entrare in un contatto profondo con i gioielli
della nostra tradizione religiosa, saremo in grado di comprendere e
apprezzare i valori delle altre tradizioni, e cio’ rechera’ giovamento a
tutti.
*Coltivare la compassione*
I precetti del buddhismo e i comandamenti nell’ebraismo e nel cristianesimo
sono importanti gioielli che dobbiamo studiare e mettere in pratica. Essi
forniscono le linee di condotta che possono aiutare a trasformare la nostra
sofferenza. Penetrando a fondo in questi precetti e comandamenti, possiamo
apprendere l’arte di vivere nella bellezza.
I Cinque Nobili Precetti del buddhismo – rispettare la vita, essere
generosi, comportarsi in modo sessualmente responsabile, parlare e ascoltare
a fondo e ingerire soltanto sostanze sane – possono recare un grande
contributo alla felicita’ della famiglia e della societa’. Di recente ho
riformulato tali precetti avendo di mira i problemi del nostro tempo:
1. Consapevole della sofferenza causata dalla distruzione della vita, faccio
voto di coltivare la compassione e di apprendere i modi per proteggere la
vita di persone, animali, piante e minerali. Sono determinato a non
uccidere, a non lasciare che altri uccidano e a non perdonare alcuna
uccisione nel mondo, nei miei pensieri e nel mio modo di vivere.
Il Primo Precetto e’ sorto dalla consapevolezza che le vite vengono
distrutte dappertutto. Osserviamo il dolore causato
dalla distruzione della vita e facciamo voto di coltivare la compassione e
di usarla quale fonte d’energia per la protezione di persone, animali,
piante e minerali.
Nessun gesto omicida puo’ essere giustificato. E non uccidere non e’
sufficiente. Dobbiamo anche apprendere i modi per impedire agli altri di
uccidere. Non possiamo perdonare alcuna azione omicida, persino nella nostra
mente. Secondo il Buddha, la mente e’ la base di tutte le azioni. Quando
credete, per esempio, che la vostra sia l’unica via per l’umanita’, milioni
di persone potrebbero venire uccise a causa di quest’idea. Dobbiamo ogni
giorno avere una visione profonda per mettere bene in pratica questo
precetto. Ogni volta che compriamo o consumiamo qualcosa, forse perdoniamo
qualche forma di assassinio.
Per praticare la non violenza, innanzi tutto dobbiamo apprendere a occuparci
pacificamente di noi stessi. In noi c’e’ una certa quantita’ di violenza e
una certa quantita’ di non violenza.
Secondo le condizioni del nostro essere, la nostra risposta alle cose sara’
piu’ o meno non violenta.
Con consapevolezza – la pratica della pace – possiamo iniziare ad agire per
trasformare i conflitti dentro noi stessi.
La respirazione cosciente ci aiuta a far questo. Ma nessuno riesce a
praticare questo precetto alla perfezione.
Non dovremmo, per esempio, andare troppo fieri di essere vegetariani.
Dobbiamo renderci conto che l’acqua in cui bolliamo le nostre verdure
contiene numerosi minuscoli microrganismi, per non parlare delle verdure
stesse. Ma anche se non possiamo essere completamente non violenti,
scegliendo d’essere vegetariani andiamo nella direzione della non violenza.
Se vogliamo dirigerci verso nord, possiamo usare a mo’ di guida la stella
polare, ma e’ impossibile arrivare alla stella polare. Il nostro sforzo
consiste solamente nel procedere in quella direzione. Se creiamo
un’autentica armonia dentro di noi, sapremo come dedicarci alla famiglia,
agli amici e alla societa’.
La vita e’ cosi’ preziosa, sebbene nelle nostre vite quotidiane siamo di
solito travolti dalla smemoratezza, dalla collera e dalle preoccupazioni.
La pratica del Primo Precetto e’ una celebrazione del rispetto nei confronti
della vita. Quando apprezziamo e onoriamo la bellezza della vita, compiremo
ogni sforzo per dimorare profondamente nel momento presente e per difendere
tutta la vita.
*Coltivare la benevolenza*
2. Consapevole della sofferenza causata dallo sfruttamento, dall’ingiustizia
sociale, dal furto e dall’oppressione, faccio voto di coltivare la
benevolenza e di apprendere i modi per agire in favore del benessere di
persone, piante, animali e minerali. Faccio voto di praticare la
generosita’, condividendo il mio tempo, la mia energia e le mie risorse
materiali con coloro che sono in reale stato di bisogno. Sono determinato a
non rubare e a non possedere alcunche’ di appartenente agli altri.
Rispettero’ la proprieta’ altrui, ma impediro’ agli altri di trarre profitto
dall’umana sofferenza o dalla sofferenza di altre specie sulla Terra.
I Cinque Precetti “inter-sono”.
Quando si attua la pratica profonda di un precetto, li si pratica tutti e
cinque. Il Primo Precetto riguarda il togliere la vita, che e’ una forma di
furto.
Quando meditiamo sul Secondo Precetto, osserviamo che il furto nelle forme
dello sfruttamento, dell’ingiustizia sociale e dell’oppressione e’
un’uccisione.
Anziche’ il furto, noi pratichiamo la generosita’.
Nel buddhismo affermiamo che esistono tre tipi di dono:
1) il dono delle risorse materiali, 2) il dono dell’aiuto alle persone
affinche’ contino su se stesse, 3) il dono dell’assenza della paura.
Ma ci vuol tempo a praticare la generosita’. A volte una pillola o un po’ di
riso potrebbero salvare la vita a un bambino, ma non pensiamo di avere tempo
per aiutare gli altri. L’uso migliore del nostro tempo e’ quello impiegato
agendo con generosita’ e offrendo la nostra presenza agli altri.
Uomini e donne del nostro tempo tendono a lavorare troppo, anche quando non
hanno granche’ bisogno di denaro. Sembra che ci rifugiamo nel lavoro per
evitare di affrontare il dolore reale e il turbamento interiore. Esprimiamo
il nostro amore e la nostra preoccupazione verso gli altri lavorando sodo,
ma se non abbiamo tempo per le persone che amiamo, se non possiamo metterci
a loro disposizione, come possiamo dire che le amiamo?
Il vero amore ha bisogno di consapevolezza. Dobbiamo riservarci il tempo per
riconoscere la presenza della persona che amiamo.
“Caro, so che sei qui e io sono felice”.
Questo non si puo’ fare se non riusciamo a liberarci dalle preoccupazioni e
dalla smemoratezza. Al fine di riconoscere la presenza del nostro amato,
dobbiamo offrire la nostra presenza autentica. Senza la pratica dell’abitare
l’hic et nunc, questo sembra impossibile. Il tempo speso consapevolmente con
la persona che amiamo e’ la piu’ compiuta espressione del vero amore e della
reale generosita’.
Un ragazzo dodicenne, interpellato dal padre su cio’ che desiderava per il
suo compleanno, ha detto:
“Papa’, voglio te!”.
Suo padre raramente era in casa. Era piuttosto ricco, ma lavorava sempre per
provvedere alla famiglia. Per lui suo figlio fu una campana di
consapevolezza. Il ragazzino aveva compreso che il piu’ gran dono che si
possa offrire a chi si ama e’ la nostra reale presenza.
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