PHILADELPHIA EXPERIMENT: FANTASIA O REALTÀ – parte 1

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PHILADELPHIA EXPERIMENT: FANTASIA O REALTÀ

di Mauro Paoletti
per Edicolaweb

parte 1

La possibilità di compiere viaggi a ritroso nel tempo, o in altre dimensioni, ha sempre affascinato
l’uomo, ed è il tema ricorrente della letteratura fantascientifica e di molti lavori
cinematografici, fra i quali: “Ritorno dalla 4a dimensione”, “Ritorno al futuro”, “Timecop”, “Star
Trek Primo contatto”, “L’esercito delle 12 scimmie” e “Philadelphia Experiment”. Quest’ultimo,
contrariamente agli altri, totale frutto delle fantasie dei registi, trova qualche “attinenza” con
una realtà. Sotto quest’etichetta, infatti, era codificato un esperimento riguardante i campi
elettromagnetici, condotto dalla Marina Americana nell’ottobre del 1943, per mezzo del quale si
tentava di mettere in pratica la teoria di Einstein dei campi unificati.

Tale teoria enuncia che, nel creare un campo elettrico in un rocchetto, si spinge un campo
magnetico, in quello elettrico. Dato che ogni campo occupa un piano di spazio, e i piani devono
essere tre, verrebbe ad esistere anche un piano gravitazionale. Questo terzo campo potrebbe essere
generato collegando fra loro dei generatori elettromagnetici, capaci di produrre un impulso
magnetico utilizzando il principio di risonanza.

L’esperimento fu eseguito a bordo del cacciatorpediniere “Eldridge D173”, completo d’equipaggio.

Furono usati generatori magnetici De Gausser insieme a generatori pulsanti e non. Nel momento in cui
l’esperimento fu avviato, si generò una luce, una nebbia di luminescenza tendente al verde, uguale,
stando alle numerose testimonianze, a quella descritta in molti strani e inspiegabili fenomeni
avvenuti nella zona delle Bermude. Tale “nebbia” avvolse la nave che scomparve alla vista degli
osservatori situati a bordo delle vicine navi S.S.Andrew Furuseth e S.S. Malay.
Si originò un campo di forma sferica schiacciato ai poli, di circa 100 metri d’ampiezza, all’interno
del quale rimase, come unica cosa visibile, l’impronta di uno scafo immerso nell’acqua.
Secondo le testimonianze, chi si trovava dentro la sfera poteva vedere tutto, come non vi fossero
state mutazioni, pur muovendosi, in pratica, nel nulla.
Con tale esperimento fu raggiunta la totale invisibilità e, sembra cosa non preventivata, lo
spostamento di materia da un luogo ad un altro.

L’Eldridge fu vista apparire e sparire a Norfolk, in Virginia.

In conseguenza di questo, l’equipaggio subì un effetto devastante che proseguì anche quando
l’esperimento ebbe fine. Gli uomini sparivano e riapparivano improvvisamente, in ogni luogo: a casa,
per strada, al bar, sotto gli occhi esterrefatti dei presenti. Per facilitare il loro “ritorno” si
doveva praticare una tecnica detta “sovrapposizione delle mani”, ossia toccare prontamente lo
sventurato per far cessare l’insolito fenomeno.
Molti ebbero problemi psichici, altri furono internati in ospedale, uno sparì davanti ai familiari e
non riapparve più.

Chi parlò dell’accaduto fu un certo Carl Allen, e lo fece inviando lettere (sulle cui buste il nome
del mittente rispondeva a Carlos Miguel Allende) al Dr. Morris Jessup, astronomo e ricercatore,
autore del libro “The Case For The Ufo”.
Allen fece riferimento ad esperimenti effettuati dalla Marina al Philadelphia Navy Yard. Jessup; a
sua volta era in corrispondenza con Manson Valentine, oceanografo, archeologo e zoologo, al quale
riferì sulla vicenda.

Per dovere di cronaca dobbiamo aggiungere che Valentine fu contattato dallo scrittore Charles
Berlitz e la storia riportata una prima volta nel 1974 nel libro “Bermuda triangolo maledetto”; una
seconda nel 1977 in “Senza traccia” e infine nel 1980 in “Philadelphia Experiment: Project
Invisibility”, scritto insieme a William Moore.
Da Berlitz sappiamo che Jessup venne convocato a Washington dove gli fu mostrata copia del suo libro
che riportava ai margini delle annotazioni scritte a mano; in una calligrafia riconobbe quella di
Allende (singolare come Allende diventi Allen; da cui Alien). Sembra anche che tale Allen abbia
successivamente confessato che tutta la storia fosse esclusivamente una sua invenzione.

Carlos Meredith Allen è il vero nome di Carlos Miguel Allen, nato a Springdale, Pensilvania il 31
maggio 1925. Per coloro che hanno indagato a lungo su tale personaggio risulta difficile stabilire
il grado di credibilità di quanto egli ha raccontato. Sembra comunque accertato che la prima nave su
cui s’imbarcò fosse la S.S. Andrei Furuseth. La prima lettera inviata a Jessup è andata perduta, ma
secondo William Moore in tale missiva Allen parlava di antigravità, nella seconda accennò alla
storia dell’esperimento Filadelfia asserendo che al tempo si trovava a bordo della Furuseth.

Alla morte di Jessup iniziò una corrispondenza con Jacques Vallee citando un episodio occorso alla
S.S.Maylay che nel giugno del 1947 rimase gravemente danneggiata in seguito all’esplosione di un
UFO. Allen si trovava a bordo di quella nave.
Allen inoltre ha dichiarato che Morris non si è suicidato nel 1959 perché lui lo incontrò due anni
dopo. Nel 1986 rilasciò un’intervista titolata “Confessione sul letto di morte”, ma in effetti morì
il 5 marzo 1994, a 68 anni, in Colorado.

Nella sua vita non ha mai menzionato il nome della nave oggetto dell’esperimento. Sembra che nel
1970 abbia rivelato a Moore che la nave era il DE173. In una lettera spedita a Robert Goerman nel
1979 specificò che vi erano due “De-173”. In seguito, ai propri genitori, confidò che il “De-173”
faceva parte del convoglio del 1943, ma fu il “De-168” che venne reso invisibile e lo ribadì anche
nel 1986.
Il De-168 era la S.S. Amick. Partita nel settembre del 1943 per un addestramento nelle Bermuda, non
poteva far parte del convoglio dell’ottobre con l’Eldridge e il Furuseth. Va sottolineato, però, che
Allen ha spesso confuso le date quindi può darsi che il viaggio sia stato effettuato nel novembre
del 1943.

Berlitz nel suo libro specifica che il De173 fu armato nell’agosto del 1943 e inviato in missione di
scorta alle Bermuda a Chesapeake Bay dove rimase fino agli inizi del 1944. Fu disarmato nel 1946.
All’epoca nella stessa zona erano presenti anche la S.S.Furuseth e la S.S. Malay menzionata da
Allende nell’episodio dell’UFO. In quanto all’Eldridge fu commissionato il 27 agosto 1943 e rimase a
New York e a Long Island fino al 16 settembre, quando salpò per le Bermude. Dal 18 ottobre fu di
nuovo a New York fino al 1 novembre quando scortò il cacciatorpediniere UGS 23 fino a Casablanca. Lo
staff della Furuseth testimoniò l’arrivo dell’Eldridge a Norfolk.
Da notare che, secondo vari testimoni, l’Amick è stato visto spesso ormeggiato al molo di Montauk
durante le esercitazioni di addestramento.

Alle Bermuda si svolsero esperimenti per verificare dispositivi difensivi per proteggere le navi
dalle torpedini acustiche. Potevano essere questi gli esperimenti cui fu sottoposto l’Amick e che
determinarono l’origine dell’esperimento Filadelfia.
Dal colonnello Philips Corso apprendiamo che fu il dragamine IX97 la nave oggetto dell’esperimento e
dello spostamento temporale dal porto di Filadelfia a quello di Newport, dove era stato attraccato
due settimane prima. L’esperimento utilizzò e confermò il principio dello spazio diviso oltre la
soglia del quale è possibile la levitazione, il teletrasporto e il viaggio nel tempo.
Verso la fine della seconda guerra mondiale i tedeschi idearono una mina da fondale che non
esplodeva quando il detector veniva attivato dai dragamine, ma risaliva fino alla superficie in
tempo per colpire la nave.

L’esperimento programmato dai ricercatori della Bell si prefiggeva di poter spostare il dragamine
prima dell’arrivo della mina. L’IX97 aveva tutte le attrezzature idonee già predisposte a bordo.
Furono poste delle correnti trifasiche attraverso cavi elettrici a bassa frequenza compresa fra
7,5Hz e 21Hz. Il campo rotante generato doveva spezzare il campo di forze energetiche e creare uno
spazio interno, separato dallo spazio universale. Un sistema che rende la nave invisibile ai sensori
delle mine ma visibile a radar, strumenti acustici e all’occhio umano. Una volta che gli spazi
furono separati, quello interno contenente la nave tornò cronologicamente indietro di due settimane.
L’intenzione era solo di spostare la nave allontanandola di circa un miglio dalla mina, ma l’energia
utilizzata fu superiore al necessario e gli effetti furono disastrosi. I corpi dei marinai si
smaterializzarono in molti spazi isolati arrivando a fondersi con le infrastrutture della nave.

L’attrezzatura di smagnetizzazione fu installata nella carena delle navi della Marina, perché
l’acciaio usato per costruirle era magnetico e poteva attivare le mine quando la nave si trovava in
acque che potevano contenerle.
Il libro di Jessup con le annotazioni (di cui abbiamo già accennato) fu spedito all’Ammiraglio N.
Furth, Capo ufficio della Ricerca Navale, il quale convocò anche l’ufficiale Gorge W.Hoover e il
Capitano Sidney Sherby; insieme studiarono le annotazioni prima di convocare Morris Jessup e
ascoltare il suo parere.
Coloro che furono gli autori delle note, a detta degli esperti, dimostrarono di appartenere ad una
civiltà antica; di conoscere gli sviluppi scientifici avvenuti già nel passato sulla Terra, di
essere al corrente delle visite di navi spaziali, esperti della propulsione degli UFO e, infine, al
corrente di una guerra interplanetaria che aveva devastato il nostro pianeta.

Vi erano riferimenti a campi di forze, ad astronavi che osservavano la Terra e agli esperimenti
della Marina, compreso l’esperimento Filadelfia. Molti i riferimenti anche alla dematerializzazione.
La cosa più strana è che del libro furono fatte delle copie dalla Varo Corporation di Dallas, dietro
richiesta della marina, per distribuirle ai vertici militari. Riguardo a tali copie un altro
mistero. Una di queste giunse allo scrittore Gray Barker, il quale la riprodusse rendendola
disponibile a coloro che ne facevano richiesta indirizzandola a: The Case for the Ufo – Annotated
Edition – Gray Barker – Clarksburg West Virginia.
Il 20 aprile 1959 Manson Valentine invitò a cena Jessup, per conoscere le conclusioni cui era
giunto; ma questi non arrivò mai da lui. Alle 18,30 dello stesso giorno venne ritrovato morto nella
sua auto, a Matheson’s Hammock, nel parcheggio della Dade County-Miami. Si sarebbe suicidato
respirando il gas di scarico attraverso un tubo collegato con lo scappamento della vettura, dentro
la quale non fu trovato nessun documento o manoscritto di qualsiasi genere.
Il dottor Jessup era convinto che la Marina avesse scoperto, per puro caso, un sistema in grado di
modificare lo schema molecolare delle persone e delle cose con il conseguente passaggio in un’altra
dimensione; un primitivo teletrasporto.
Storie ai confini dell’incredibile? Sembra di sì, non sono molti coloro che hanno creduto a questa
vicenda.

L’Eldridge D173 fu armato il 27 agosto 1943 e inviato in pattugliamento a Chesapeake Bay, Bermuda
(luogo dell’esperimento) fino all’inizio del 1944, quando fu inviato oltre Atlantico. Fu disarmato
nel giugno 1946 e trasferito in Grecia. Un investigatore della marina, rimasto nell’anonimato,
confidò a Berlitz, nel 1974, di aver scoperto, mentre cercava rapporti dell’ONR, che il programma
era ancora in piedi e gli esperimenti continuavano.

Dopo quasi sessant’anni di silenzio, merita rileggere alcuni particolari della storia comparandoli
con avvenimenti del presente.
Parlando degli effetti cui furono sottoposti gli uomini si dice che “sbiancavano”, ovvero divenivano
trasparenti fino all’invisibilità. Si usava il termine “preso nella spinta”, “bloccato nel verde”,
quando il soggetto non era più in grado di riapparire senza l’aiuto degli altri che si prodigavano a
toccarlo prima che finisse “congelato”.
Un uomo congelato non era più visibile, era “bloccato nella melassa”, “preso nel flusso”. Occorreva
segnare la posizione occupata e il compagno, avvicinandosi al punto, cercava la parte del suo corpo
non coperta dall’uniforme, come il viso e le mani, cercando di riportarlo indietro. Sembra che la
Marina abbia speso cinque milioni di dollari per equipaggiamenti elettronici adatti al recupero e
avesse un luogo di fonda riservato e speciale.
Adesso c’è chi dichiara che il fatto è veramente avvenuto, ma aveva uno scopo ben diverso da quello
apparente.

Le forze toccate, o trattate inavvertitamente, si rivelarono più grandi di quanto immaginato e la
situazione sfuggì al controllo finendo in tragedia. Qualsiasi rimedio cercato non portò a esiti
positivi e i morti esigevano il silenzio sull’intera questione. Non fu intrapreso nessun altro
esperimento del genere. Senza saperlo era stato trovato il modo di smaterializzare la materia.
Vi sono alcuni film nei quali, il regista, cerca di raccontare come si muovono le cose. Ultimamente
si è visto con “Contact”, tratto dal bestseller di Sagan. Tradurlo in immagini non era facile.
Colpisce il modo con il quale è stato rappresentato il passaggio nel tempo e nello spazio nei film
come “Stargate” e “Time Coop”. Entrambi i registi, Emmerich nel primo e Peter Hyams nel secondo,
visualizzano il punto di passaggio tra le dimensioni in una zona circolare, ove l’aria assume
l’apparenza di una membrana vibrante, elastica, quasi appiccicosa, che rende bene l’effetto
“melassa” o “flusso” dell’aria ionizzata.

Manson Valentine, dichiarò nel 1974, in merito alla propulsione degli Ufo, che potevano utilizzare
reattori di energia a fusione atomica, non a fissione, creando un campo magnetico che permetterebbe
alte velocità. Per questo si vedrebbero Ufo prelevare acqua dai laghi.
Secondo Valentine, nella nostra atmosfera poteva essere utilizzato un velivolo discoidale dotato,
tutt’intorno, di generatori a raggi catodici in grado di ionizzare l’aria davanti al veicolo,
formando un vuoto entro il quale si muoverebbe l’apparecchio.
Jessup pensava di utilizzare l’energia dei campi magnetici per trasportare materia trasformata, da
una dimensione all’altra. La sua teoria spiegherebbe l’incidente di Mantell che si disintegrò col
suo aereo entrando nel campo ionizzato.
Abbiamo notizia dalla rivista New Scientist che ricercatori russi e americani hanno sperimentato un
modello di disco volante al Rensselaer Polytechnic Institute di Troy, vicino a New York, sotto una
équipe guidata dagli scienziati Leik Myrabo e Yuri Raizer. L’avvenimento è riportato anche dal
quotidiano “La Nazione” del 16-2-1996: “Il veicolo sarebbe in grado di raggiungere elevatissime
velocità con un consumo minimo grazie ad un raggio laser, o a microonde, che, puntato nella
direzione desiderata, crea una sorta di cono mobile che lo risucchia. Il raggio surriscalda lo
spazio davanti al disco, fondendo le molecole d’aria che si trasformano in un plasma che fluisce
verso il disco e crea un’area a forma di cono in cui l’attrito è minimo”.

Valentine ebbe a dichiarare in una intervista che i motori ionici erano noti fino dal 1918 ma il
loro funzionamento veniva tenuto segreto. I fisici conoscevano bene quali fenomeni potevano derivare
dalla generazioni dei campi magnetici ad alta intensità e ne erano spaventati. Valentine dichiarò
che gli scienziati erano concordi nel considerare che la struttura atomica è essenzialmente
elettrica, in una complicata interrelazione di energie. La generazione volontaria di condizioni
magnetiche influenza un mutamento di fase nella materia distorcendo l’elemento tempo, che non è
indipendente ma fa parte della particolare dimensione materia-energia-tempo, come quella in cui
viviamo. In un universo così flessibile il passaggio da una fase all’altra equivale al passaggio da
un piano di esistenza ad un altro; ossia vi sono mondi nei mondi.
Si sospetta da tempo che il magnetismo si un agente attivo in questi mutamenti potenziali e
drastici. L’uso di tale risonanza magnetica equivale al trasferimento della materia in un altro
livello o dimensione.

Per Jessup ogni campo elettrico generato in una bobina rappresenta un piano, ma poiché esistono tre
piani di spazio ci deve essere un altro piano, forse gravitazionale. Collegando i generatori
elettromagnetici in modo da produrre un impulso magnetico è possibile creare questo campo con il
principio di risonanza. Ne consegue che un campo gravitazionale puro può esistere senza un campo
elettromagnetico, ma un campo elettromagnetico non può esistere senza campo gravitazionale che lo
accompagna.
Nel 1943 si sperimentò il primo teletrasporto e venne aperto un varco interdimensionale utilizzato
anche dagli UFO?
Le testimonianze riportate da Berlitz nel suo libro parlano di visite in altri mondi e di contatti
con forme aliene.
La notizia, diffusa dai TG RAI del 13 agosto 1996, illustra il dispositivo di cui verrà dotata la
polizia statunitense, capace di bloccare le auto guidate da malviventi in fuga. Il congegno
interromperebbe il flusso di energia nei circuiti elettrici. Attualmente è in via di perfezionamento
poiché, sembra che l’apparecchio blocchi la corrente in tutta la zona d’azione, divenendo un
pericolo per la presenza occasionale di persone dotate di pace-maker. Tecnologie degne dall’Area 51.

È accertato che il formarsi di forti tempeste magnetiche collimano con le apparizioni di Ufo, in
particolare nella zona delle Bermude, dove il fenomeno si manifesta con più frequenza. Inoltre, come
effetto collaterale del fenomeno Ufo, si verifica una distorsione temporale con perdita effettiva di
tempo e una mancanza di energia nella zona interessata. Si sono avuti black-out temporanei nelle
città, nelle trasmissioni radio, nell’energia dei motori delle auto.
Manipolando l’energia dei campi magnetici si può trasmettere “qualcosa” (la materia) da una
dimensione all’altra?
In relazione al formarsi di queste “porte”, che porrebbero in comunicazione mondi paralleli,
giungono dal passato notizie inquietanti, al limite del credibile, raccolte da strani collezionisti
stile Charles Fort.
Nel 1950, nella Quinta Strada un’auto investì, uccidendolo, un uomo che aveva improvvisamente
attraversato la strada. Un individuo di circa 30 anni, senza documenti, con indosso un lungo
soprabito nero, scarpe con fibbia, un ampio cappello, vestito con eleganza ma un po’ fuori tempo.
Nelle sue tasche alcune ricevute riguardanti somme elargite per la manutenzione di carrozza e
cavalli e una lettera indirizzata a Rudolf Fenz col timbro “1876”. Le ricerche portarono alla
scoperta di un certo Rudolf Fenz Jr. nell’elenco telefonico del 1939, impiegato di banca, ma oramai
deceduto. La moglie, all’epoca vivente, raccontò che il padre di suo marito scomparve nella
primavera del 1876, durante una passeggiata. Esiste nella lista dell’ufficio scomparsi, relativa al
1876, il nome di Rudolf Fenz, descritto come un uomo di 29 anni, vestito con soprabito nero, scarpe
con fibbia e cappello.

Le cronache annoverano altre misteriose sparizioni, in particolare nel 1800.
Nel 1873 James Burnes, calzolaio di Warwickshire, nel corso di una gara campestre, effettuata per
scommessa, scomparve nel nulla davanti agli astanti, nell’attimo in cui pareva stesse cadendo, dopo
aver messo un piede in fallo a causa del terreno accidentato.
Un altro caso si ebbe nel 1880 a David Lang nel Tennessee. Un uomo sparì davanti alla famiglia,
mentre dava il benvenuto al giudice del paese giunto in visita di cortesia.
A dir poco singolare l’articolo apparso, il 15-11-1966, sul quotidiano “La Nazione” riguardo alle
ipotesi di alcuni studiosi, circa le “visite di escursionisti temporali rimasti prigionieri in un
punto del nostro passato”. Nell’articolo sono citate pre-invezioni inspiegabili, come il cervello
elettronico di Gerbert D’Aurillac (Papa Silvestro II, 999-1039. Si dichiara che il naufragio del
Titanic è stato descritto, nel 1898, in un romanzo di Morgan Robertson. La nave del romanzo si
chiamava Titan e aveva la stessa stazza, misura, numero di passeggeri. Subì lo stesso urto, nelle
stesse circostanze in una notte di aprile. M.P. Schiel, nel 1896, pubblicò il racconto delle gesta
di una banda di criminali di guerra che percorreva l’Europa, uccidendo, saccheggiando, sterminando
famiglie intere e bruciando cadaveri. Il racconto era intitolato “Le S.S.”. L’autore dell’articolo
si chiede se “naufraghi del futuro ci mettono in guardia contro i pericoli di un domani da essi già
vissuto”.

Sul nostro pianeta esistono dodici zone, conosciute come triangoli della morte, fra i quali il ben
noto “”Triangolo delle Bermuda”, dove avvengono frequenti apparizioni Ufo e, ad esse connesse,
variazioni del campo elettromagnetico, distorsioni temporali, con conseguente sparizione di ciò che
si trova nelle vicinanze. Numerose le testimonianze di fatti tutt’oggi inspiegabili. “porte di
accesso”, o “varchi spazio-temporali” al nostro mondo?
Bob Lazar afferma si tratti di distorsioni spazio temporali capaci di collegare due mondi.
Lazar parlando del funzionamento del sistema di propulsione degli UFO, del quale sarebbe a
conoscenza, lo descrive composto di due parti: Un amplificatore di gravità e un reattore che
fornisce energia. Il reattore funziona ad annichilazione completa, reazione nucleare migliore
rispetto a fusione e fissione, alimentato da antimateria. Utilizza un elemento super pesante, nel
caso il 115 (questa la sua posizione sulla tavola periodica), non ancora sintetizzato sulla Terra.
Quest’elemento bombardato in un acceleratore di dimensioni estremamente ridotte subisce una fissione
spontanea producendo particelle di antimateria, le quali, grazie ad un dispositivo termoelettrico
efficace al 100%, interagiscono con la materia gassosa e sono trasformate in elettricità.

Secondo la prima legge della termodinamica l’efficienza al 100% per qualunque dispositivo elettrico
è sostanzialmente impossibile, per la dispersione di calore che si verifica; ma in questo sistema
non avviene niente di simile. L’energia alimenta gli amplificatori e, come prodotto collaterale del
bombardamento dell’elemento 115, si genera un’onda, detta “gravitazionale A”. Tale onda viaggia in
modo analogo alle microonde e, per mezzo della corrente elettrica generata dal reattore, è
amplificata e focalizzata. Il segnale così amplificato è reso leggermente sfasato rendendo possibile
attirare o respingere qualsiasi corpo gravitazionale.
Per viaggiare la “nave” ruota su un lato (una configurazione nota come “O micron”) e focalizza gli
amplificatori ad un’enorme distanza. Amplificatori e reattore vengono portati alla massima potenza,
tirano il tessuto dello spazio e distorcono lo spazio-tempo attirandolo verso la nave che acquisisce
la possibilità di coprire enormi distanze in un tempo praticamente nullo. Quando viene distorto un
campo gravitazionale si distorcono anche il tempo e lo spazio, per cui la astronave si sposta non in
modo lineare.

A questo punto il discorso diventa più ampio. Riguardo l’elemento 115, in base ad un sistema di
calcolo detto, dal nome dei suoi ideatori, Hartree-Fock-Slater, sono state evidenziate le ampie
proprietà e dai calcoli quantistici e relativistici effettuati è stato appurato che l’elettrone più
vicino al nucleo avrebbe una velocità estremamente elevata, vicina a quella della luce, producendo
contrazioni spazio-temporali.
Questo spiegherebbe i fenomeni descritti negli eventi ufologici e l’uso di questi “corridoi” da
parte degli UFO.
Glenn T. Seaborg, del Berkeley National Laboratory, della California, ha pubblicato un articolo
elencando le proprietà di elementi non ancora sintetizzati, fino all’elemento 168. Le proprietà di
questi elementi superano di gran lunga quelle dell’elemento 115, tanto da poterlo ritenere già
superato.

I Sumeri furono i primi a dividere i cieli in tre fasce, assegnando ad esse tutte le costellazioni e
le stelle, conosciute oggi con gli stessi nomi. Esiste una tavoletta sulla quale vi è tracciata la
rotta indicante la “via di Enlil”; vi sono segnalate sette stazioni spaziali e le istruzioni
operative; il punto di partenza è indicato oltre il Sistema Solare.
Il popolo dei “razzi fiammeggianti”, i Nefilim, usavano questi “corridoi” già ottomila anni fa?
In merito all’esperimento Filadelfia vi sono domande che non avranno risposta, ma se fosse stato
proprio questo “esperimento” a facilitare un contatto “alieno”, aprendo quel “varco” che ha permesso
loro di giungere fino a noi? È solo un’ipotesi folle, ma se fosse davvero iniziato tutto da lì?
Il 6 agosto 1943 un UFO è comparso sopra l’Eldridge e vi è rimasto per sei giorni. Il giorno
dell’esperimento non era il solo “oggetto non identificato” segnalato in zona e uno di loro è stato
risucchiato nell’iperspazio insieme all’Eldridge. Attraverso le testimonianze sembra sia stato
proiettato nel futuro, nel 1983, finendo al sotterraneo di Montauk. Cosa che stando alle interviste
avrebbe in seguito permesso la ricucitura dello strappo spazio temporale, cioè la chiusura del
vortice.

In effetti quali porte ha aperto, anche se casualmente, l’esperimento Philadelfia?
Quali risultati sono stati raggiunti in seguito?
Sono emerse altre storie dalle quali si apprende che gli esperimenti sono continuati. Anche se tutto
sembra un racconto fantastico; un’ottima, seppur scioccante, storia di fantascienza, tanto
affascinante quanto assurda, da poter essere considerata mera farneticazione. Rimane però sempre una
vicenda formata da una serie di racconti provenienti da diverse fonti che, per dovere di cronaca,
vanno elencati.
Prendiamo Morris K. Jessup e il suo libro “The Case of the UFO”.

Morris Jessup era un astronomo dell’Università del Michigan, dove aveva studiato e insegnato fino al
1926, quando prese parte alla spedizione organizzata dalla stessa università per andare ad osservare
l’eclisse solare nel Messico. Morris si avvicinò così alle rovine Maya e Azteche, iniziò a pensare
che gli extraterrestri avessero visitato la Terra e dato un aiuto nella costruzione dei megalitici
monumenti. Nel 1950 tornò negli Stati Uniti e si mise a vendere auto per avere il tempo per scrivere
un libro, che poi venne pubblicato cinque anni dopo. In tale opera si sottolinea che gli oggetti
volanti sconosciuti sono apparsi nei nostri cieli migliaia di anni fa. I ricordi di tali
avvistamenti risalgono fino a 15.000 anni fa e le testimonianze riguardanti il volo a ben 70.000
anni prima. Nel testo si trovano elencati vari episodi, da quelli dal sapore Fortiano, alle
speculazioni circa gli antichi astronauti; si elencano sistemi di propulsioni antigravità e si parla
delle sparizioni avvenute nel triangolo delle Bermude collegate agli UFO.

Jessup, in qualità di astronomo, evidenzia che le più importanti testimonianze provengono proprio da
colleghi, che da molti anni segnalano l’avvistamento di luci nello spazio vicino a Mercurio, a
Marte, a Venere e alla Luna.
Le osservazioni astronomiche classificano gli oggetti in tre categorie: luci, ombre e corpi. Le luci
e le ombre in realtà fanno parte dello stesso gruppo, poiché una è la controparte dell’altra; mentre
i corpi si dividono a sua volta in due gruppi, uno comprendente corpi solidi, l’altro unità simili a
nubi o nebulose. Le luci sembrano essere particolarmente rappresentative di intelligenza,
specialmente quando hanno un movimento indipendente, o brillano in posti in cui non vi può essere
attività organica naturale, dato che le luci devono essere generate e manovrate. Le numerose
osservazioni delle luci, sopra o vicino alla Luna ed in altre parti dello spazio, sono estremamente
difficili da spiegare se non consideriamo un’attività intelligente nello spazio.

Un’intelligenza che sfrutta forze a noi sconosciute utilizzandole come sistema di locomozione in
grado di colmare le distanze spaziali e giungere fino a noi.
In base alle prove, la storia antica coinvolge epoche remote risalendo a oltre 300.000 anni, quindi
possiamo postulare che un certo genere di scienza ha prodotto il volo spaziale, una scienza che
forse è stata importata dallo spazio.
Tali tesi vengono ripudiate dalla scienza e da alcune religioni, tuttavia è evidente che lo sviluppo
del volo risulta estremamente antico, altrimenti non può esistere risposta a tutti gli enigmi
osservati e registrati.
La storia umana è piena di vicende di una particolare categoria di fenomeni, come la scomparsa
misteriosa di persone separatamente o in gruppo, pubblicamente o nell’oscurità del privato.
Indagando circa la scomparsa degli aerei, appare che i velivoli urtino contro qualcosa che li
schiaccia o li cattura, qualcosa d’invisibile che colpisce con tale velocità che i piloti non hanno
il tempo di lanciare un SOS via radio. Esistono anche casi di uccelli caduti morti o spaventati e di
persone colpite da forze invisibili, come i soldati francesi in marcia nel diciottesimo secolo
colpiti da un agente invisibile.

continua…

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