di Furio Sclano
L’autore libera da ogni copyryght i suoi lavori, con
la sola clausola che essi rimangano ouri ed originali.
Questo breve testo ha uno scopo diretto: introdurvi in maniera
semplice ai principi di base del Kriya Yoga e fornirvi ispirazione per
la pratica.
Per ovvie ragioni di dimensione è da considerarsi come un “assaggio”
delle pratiche e della filosofia della nostra tradizione. Nell’ultima
pagina troverete una breve bibliografia consigliata, alla quale vi
rimando per approfondire la vostra conoscenza della materia. Una sola
precisazione prima di iniziare: Il Kriya Yoga è un sentiero di
pratica. La teoria è interessante, ma è di poca utilità se non è
integrata dalla pratica. Ciò che suggerisco in queste pagine funziona
realmente, è testato dall’esperienza di molti ed è ispirato agli
insegnamenti dei maestri del Kriya Yoga. Ciò che suggerisco in queste
pagine funziona se si pratica. Lo presento con lo stile sobrio e
razionale che mi è stato trasmesso negli anni dal mio guru-insegnante
Roy Eugene Davis con la speranza di essere efficace nella
presentazione e di darvi qualcosa di utile, utilizzabile
immediatamente.
Mi presento brevemente: mi chiamo Furio Sclano, sono nato a Savona nel
1969 e seguo questo percorso spirituale dal 1995. Nel 2005 Roy Eugene
Davis, discepolo diretto di Paramahansa Yogananda, mi ordinò ministro
del Center for Spiritual Awareness (l’organizzazione spirituale
americana da lui creata negli anni settanta). Vidi per la prima volta
Roy Eugene Davis nel 1996 in un video. Fui colpito dal suo portamento
dignitoso e dal suo look estremamente semplice e moderno. Dopo averlo
contattato, iniziai a ricevere le sue lezioni mensili e, dopo pochi
anni, diventai suo discepolo. Il Sig. Davis mi ha insegnato negli anni
a non speculare su chi siamo stati in passato e su che cosa saremo
eventualmente in futuro. Ciò che conta è che cosa facciamo (e siamo)
qui e adesso. Detto questo, ritengo comunque a livello razionale che
il rapporto Guru-discepolo che si è instaurato tra noi negli anni
abbia radici molto antiche. Paramahansa Yogananda una volta disse che
mentre nuoti, puoi incoraggiare gli altri a imparare a nuotare. Questo
è quello che mi sento di essere: un nuotatore che incoraggia gli altri
a imparare, condividendo con loro ciò che ha appreso e applicato negli
anni. La mia attività di ministro è svolta sia a livello individuale,
sia all’interno dell’associazione “Centro Kriya Yoga Stella” con
Claudio Massettini, Barbara Zanella e Swami Nirvanananda, anch’essi
ministri del Center for Spiritual Awareness ordinati dal Sig. Davis.
Occasionalmente presento seminari anche in Europa e negli Stati Uniti.
Rispetto alla versione “light” (scaricabile in formato Kindle su
Amazon) questo testo è più esteso e contiene una quantità
sensibilmente maggiore di informazioni. Benché l’abbiate scaricato
gratuitamente, ricordate che deve esserci un equilibrio nel dare e nel
ricevere. Nell’ultima pagina ho scritto in basso a destra: “Prezzo:
aiuta il primo bisognoso che incontri”. Vi incoraggio a farlo
realmente.
Durante un’iniziazione al Kriya Yoga (Albisola 2012)
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Kriya Yoga
Per seguire il sentiero spirituale del Kriya Yoga è necessario
conoscere alcuni concetti generali; li spiegherò in questo primo
capitolo in una forma accessibile a tutti:
Molti sentieri spirituali hanno una matrice “dualista”; ossia vedono
l’uomo come un’entità fine a se stessa, separata da Dio. Le scritture
cristiane ci insegnano che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di
Dio, ma in molti casi Dio è stato concettualizzato a immagine e
somiglianza dell’uomo. Lo Yoga ha una matrice “monista” (dal greco
Monos che significa “uno”). Nella filosofia Yoga si ritiene che
l’uomo, come ogni altra creatura esistente, nel punto più profondo e
sottile del suo essere (definito metafisicamente “il cuore”) sia uno
con una Coscienza onnipresente e onnisciente che, convenzionalmente, è
definita “Dio”. Il termine “Dio” è un’espressione convenzionale. In
Italiano proviene dal latino “Deus”, mentre – per esempio – nella
lingua inglese, la parola “God” deriva da un termine germanico antico
che significava originariamente qualcosa come “Il bene supremo” o
“l’invocato”.
La Coscienza è il substrato (principio sottostante) di ogni cosa che
esiste: grossolana o sottile, animata o inanimata. Per spiegare il
concetto del monismo utilizzo sempre questa storiella:
Immaginate di avere una bottiglia vuota e di trovarvi davanti al mare.
Nella vostra immaginazione aprite la bottiglia, riempitela d’acqua,
tappatela e immergetela nel mare. Ovviamente l’acqua all’interno della
bottiglia non si mescolerà con l’acqua del mare (nonostante sia
composta della stessa sostanza) a causa dell’involucro che la
contiene. Quell’involucro rappresenta l’ego, ossia il senso di
esistenza separata che caratterizza la consapevolezza dell’uomo comune
(“Io sono mente e corpo” – “Cogito ergo sum — penso, dunque sono”). Lo
scopo principale delle pratiche del Kriya Yoga è semplicemente di
“svitare il tappo della bottiglia” (purificare l’ego), affinché si
possa essere consapevoli contemporaneamente dell’individualità (la
bottiglia) e della vera essenza dell’essere (l’acqua). L’acqua del
mare rappresenta la Coscienza onnipresente; l’acqua all’interno della
bottiglia simboleggia invece la coscienza individualizzata. Hanno la
stessa natura, ma non possono essere una cosa sola perché sono divise
da una bottiglia chiusa (il senso di esistenza separata). Le pratiche
del sentiero del Kriya Yoga ci servono a reclamare la consapevolezza
della nostra vera natura, ossia a “ristabilire la consapevolezza
individualizzata nella sua completezza pura e originale”. Utilizzando
il semplice esempio appena citato: fare in modo che l’acqua della
bottiglia sia una cosa sola con quella del mare. Quando non c’è il
tappo, la bottiglia (senso di individualità) continua ad esistere, ma
il suo contenuto è “uno” con la Coscienza onnipresente che,
convenzionalmente, chiamiamo “Dio”.
Kriya significa “azione” e Yoga “unire o legare insieme”. Significa
anche “Samadhi”, ossia l’unione cosciente con l’Assoluto; la fusione
completa della coscienza individualizzata nella Coscienza assoluta (il
risultato finale della pratica).
Una buona descrizione del termine Kriya Yoga potrebbe quindi essere:
“Unione attraverso l’azione”. Il Kriya Yoga è una disciplina che,
progressivamente, trasforma radicalmente chi la pratica.
Chi siamo e perché siamo qui
Tra le filosofie indiane, il Samkhya è quella che studia con maggior
attenzione le caratteristiche e i processi della manifestazione
cosmica. In un suo scritto poco conosciuto, Paramahansa Yogananda
affermò che lo studio e la comprensione del Samkhya sono molto
importanti per un praticante spirituale. La spiegazione che troverete
descritta qui di seguito è volontariamente semplificata. Non può
soddisfare pienamente il lettore, perché solo l’intuizione diretta può
farlo. E’ comunque utile; vi rimando agli scritti del mio
guru-insegnante Roy Eugene Davis e a quelli di Paramahansa Yogananda
per avere informazioni più esaurienti.
Il piano più puro di esistenza è la Coscienza Assoluta senza
attributi. Trattasi di un piano assoluto non modificato, senza inizio
e fine, che non è coinvolto direttamente nella manifestazione degli
universi. La Coscienza ha anche un secondo aspetto espressivo, capace
di manifestarsi. L’aspetto della Coscienza capace di manifestarsi
(Dio) è definito anche “Grande Anima” (dall’inglese “Godhead”, termine
che non ha una traduzione specifica in italiano). Si afferma che i
Guna (i tre attributi costituenti sottili insiti a tutti i livelli
nella natura: Sattva/elevazione — Rajas/movimento e Tamas/inerzia)
risiedano all’interno dell’aspetto espressivo della Coscienza. Quando
sono in stato di equilibrio, non c’è manifestazione cosmica. Nella
filosofia Indiana si descrive questo periodo della “non
manifestazione” come la “Notte di Brahma” (Il periodo della
manifestazione è invece definito come “Giorno di Brahma”). Secondo la
filosofia Samkhya, manifestazione e non manifestazione si alternano
ciclicamente in periodi che durano miliardi dei nostri anni solari. La
manifestazione cosmica viene espressa e, dopo lunghissimo tempo, la
Coscienza la ritira. Dopo un periodo altrettanto lungo di dormienza,
la manifestazione cosmica viene espressa nuovamente.
Nel periodo di dormienza, quindi, i Guna sono in uno stato di
equilibrio all’interno del piano espressivo della Coscienza.
Ciclicamente il Tamas Guna va in una condizione di squilibrio e
dall’aspetto espressivo della Coscienza parte automaticamente un
impulso di espressione. L’aspetto espressivo della Coscienza è
intelligente, consapevole di se stesso e dirige coscientemente i suoi
processi. Mossa dall’impulso irresistibile di esprimersi, la Coscienza
inizia un processo vibratorio (Om), causato dal potere della Coscienza
stessa. Om, la vibrazione cosmica, ha quattro aspetti:
1) la vibrazione stessa
2) particelle cosmiche sottili (che non sono ancora materia, ma che
possono diventarlo)
3) spazio
4) tempo
L’interazione di questi quattro aspetti, influenzata costantemente dai
Guna, produce un primo piano sottile della manifestazione cosmica
definito “Piano della natura primordiale” (primordiale: creata per
prima). Questo piano è il substrato di ogni cosa che esiste, inclusi
noi tutti. Non è separato da Dio, perché è emanato da Dio stesso.
La luce della Coscienza, riflettendosi sul piano della Natura
Primordiale, crea individualizzazioni (unità) di se stessa che, in
questo processo, sviluppano un senso di esistenza separata, una
consapevolezza di ciò che percepiscono, un intelletto e una mente
primordiale.
La natura primordiale ha due caratteristiche principali:
1) produce le forme
2) cela la verità.
ella filosofia indiana è definita “Maya”.
Diventando sempre più coinvolte con Maya, le unità individualizzate di
Coscienza (anime) tendono a dimenticare progressivamente la loro
relazione con l’origine (la Coscienza) e ad acquisire un senso di
esistenza separata. Man mano che la manifestazione cosmica va avanti,
le anime acquisiscono corpi sottili e più grossolani, fino a
incarnarsi nella dimensione fisica.
Essenzialmente ognuno di noi è “Coscienza in manifestazione”. La
pratica del Kriya Yoga ci aiuta a riguadagnare a livello esperienziale
questa consapevolezza.
Che cosa si intende per “livello esperienziale”? Paramahansa Yogananda
faceva questo esempio: Immaginiamo di non aver mai mangiato un’arancia
in vita nostra. Immaginiamo anche di conoscere teoricamente tutto su
un’arancia. Sapremmo veramente a quel punto che cos’è un’arancia? Il
fatto, affermava Yogananda, è che nessuno di noi saprebbe realmente
che cos’è un’arancia se non l’avesse assaggiata almeno una volta.
Possiamo pensare di sapere tutto su Dio, ma la verità è che possiamo
avere un insieme di credenze in grado di confortarci e nulla più.
L’unico modo per sapere chi è Dio e chi siamo noi è di avere
un’esperienza diretta. Per averla è necessario iniziare un percorso
all’indietro che ci riporti alla piena consapevolezza della nostra
origine.
Mahavatar Babaji
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Il percorso spirituale
Quattro piccoli sacchi da portare nel viaggio
Partiamo da un presupposto fondamentale: per realizzare il Sé
(conoscere a livello esperienziale la propria natura spirituale) non
bisogna muoversi fisicamente in nessuna direzione. Da un certo punto
di vista sarebbe corretto affermare che i termini “viaggio” o
“percorso” non sono del tutto appropriati. La realizzazione spirituale
è un risveglio, più di un raggiungimento. L’essere umano ha
dimenticato la sua natura eoni fa e deve semplicemente ricordarla. Non
deve raggiungere qualcosa, ma risvegliarsi alla realtà di ciò che già
è ed è sempre stato. Ogni essere è un’unità individualizzata della
Coscienza Suprema. Questo suo status non è mai cambiato durante i
millenni. Paramahansa Yogananda affermò che se si copre un diamante
con del fango, apparentemente si vede qualcosa di brutto e sgraziato,
ma l’essenza del diamante è sempre la stessa; solo l’apparenza cambia.
Come un diamante può rivelare il suo splendore semplicemente quando
viene liberato dal fango, così l’anima può reclamare la sua
onnipresenza quando si purifica l’ego (senso errato di esistenza
separata) che la limita.
In molti sentieri spirituali si dà enfasi al credere. Nel Kriya Yoga
si dà enfasi al conoscere a livello esperienziale. Si cerca, infatti,
di diventare conoscitori, senza accontentarsi di essere dei semplici
credenti. Il fatto di abbandonare un sistema di credenze “confortanti”
per una ricerca spirituale vera e impegnata è essenzialmente una
questione di evoluzione personale: può essere il momento, come può non
esserlo ancora.
Ognuno di noi, infatti, vive la vita in base alle sue credenze. Molte
di esse sono state acquisite in tenera età. Le credenze si dividono
essenzialmente in tre classi:
1) Credenze superficiali
2) Credenze radicate
3) Credenze profonde
Le credenze superficiali si possono modificare abbastanza facilmente
quando qualcuno o un evento particolare nella nostra vita ci
dimostrano che quelle che già abbiamo devono essere cambiate. Le
credenze radicate, invece, richiedono un impegno notevole per essere
sostituite con altre e serve anche la disponibilità da parte nostra a
sfidarle. Tendenzialmente, affinché le credenze radicate cambino, il
canale che ci comunica la nuova informazione deve essere ritenuto da
noi molto credibile, oppure l’eventuale accadimento in grado di
generare il cambiamento di credenza deve avere sulla nostra vita un
impatto molto, molto forte. Le credenze profonde, infine, sono quasi
impossibili da cambiare. Se sfidate, la nostra mente cercherà di
distorcere le nuove informazioni, di rigettarle completamente o di
cancellarle. Quando si riceve una nuova informazione che stride con
una credenza profonda, si genera quella che nel gergo psicologico è
definita come “dissonanza cognitiva”, ossia un disagio profondo
causato dall’incapacità di accettare una nuova verità in contrasto con
una già esistente che conduce al rigetto, alla cancellazione o alla
distorsione della nuova informazione.
Per spiegare semplicemente …
1) Rigetto: … “non è vero”
2) Cancellazione: … “l’informazione si dimentica come se non
fosse mai stata ricevuta”
3) Distorsione: …. “è vero, ma ….” (dopo il “ma” si trova
sempre una qualche giustificazione che allinea la nuova informazione
alla credenza già esistente)
Quando arriva il momento giusto, il canale appropriato per la crescita
si manifesta sempre con tempismo perfetto. Non ci possono essere
forzature. Un detto popolare cita: “Quando il discepolo è pronto, il
maestro arriva”. Un mistico arabo, invece, una volta disse: “Ognuno ha
il suo periodo di maturazione spirituale al punto giusto. Non puoi
rimproverare ad un bocciolo di rosa di non essere ancora sbocciato”.
Nel nostro sentiero non facciamo mai proselitismo. Credo fermamente
che arrivi su questo sentiero chi ci deve arrivare, quando ci deve
arrivare e se ci deve arrivare.
Immaginiamo di fare un viaggio e di dover portare con noi quattro
piccoli sacchi. All’interno di ognuno di essi c’è qualcosa che ci
servirà durante il percorso. Il viaggio può durare qualche anno,
qualche decennio o, probabilmente, anche tutta la vita. I quattro
piccoli sacchi sono abbastanza facili da trasportare: non contengono
cose da possedere, ma da fare e/o semplicemente accettare. Per
terminare il viaggio con successo è necessario portarsi sempre dietro
questi piccoli sacchi. Non possiamo abbandonarne per strada nessuno;
se lo facciamo, raggiungere la fine del percorso diventa notevolmente
più difficile.
Apriamo insieme questi piccoli sacchi e diamo velocemente un’occhiata
al loro contenuto:
− Nel primo sacco troviamo le pratiche necessarie da fare
quotidianamente per realizzare il Sé (giusta pratica).
− Nel secondo sacco troviamo il giusto atteggiamento mentale da
mantenere per raggiungere lo stesso scopo.
− Nel terzo sacco troviamo il giusto modo di vivere, necessario
per supportare gli sforzi spirituali.
− Nel quarto sacco troviamo la Grazia di Dio: le forze sottili
dell’evoluzione che fanno per le persone ciò che le stesse non sono in
grado di fare da sole.
La meditazione è la base del Kriya Yoga, ma affinché la pratica abbia
successo, deve essere completa, ossia deve includere il contenuto di
tutti i piccoli sacchi appena menzionati. Il Kriya Yoga non è solo una
tecnica di meditazione, ma un modo di vivere. Se non fosse stato così,
Paramahansa Yogananda non avrebbe sprecato tempo a scrivere così tanti
libri con lo scopo di incoraggiare i praticanti a seguire uno stile di
vita in grado di supportare la crescita spirituale. La pratica
completa e corretta del Kriya Yoga implica la ricerca dell’eccellenza
in tutti gli aspetti della vita.
Lahiri Mahasaya
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1 – Giusta pratica
Il secondo aforisma degli Yoga Sutra di Patanjali cita:
Yoga — Chitta — Vritti — Nirodha
Si realizza lo scopo della pratica (Samadhi, Yoga) quando si
indeboliscono e rendono dormienti ( Nirodha) movimenti e cambiamenti
(Vritti) nella coscienza individualizzata (Chitta).
Paramahansa Yogananda suggerì che forse non ci fu mai “un” Patanjali e
che probabilmente l’opera conosciuta come “Yoga Sutra” è un insieme di
istruzioni sullo Yoga scritte in periodi diversi da persone diverse
che rinunciarono a prendersi il merito dell’opera. La datazione esatta
degli Yoga Sutra è fonte ancora oggi di dibattito tra gli storici. In
una serie di conferenze che furono pubblicate negli anni quaranta su
una rivista americana, Yogananda affermò che lo studio di alcuni
aforismi degli Yoga Sutra è di notevole importanza per un praticante
sul sentiero spirituale. A differenza di molti che ancora oggi si
sforzano di commentare gli Yoga Sutra dall’inizio alla fine, Yogananda
commentò pochi aforismi e disse che anche il suo guru Sri Yukteswar si
comportava nello stesso modo.
Per realizzare il Sé (la natura spirituale di ogni essere) è
necessario quietare la mente. Quando quest’ultima cessa di essere in
continuo movimento, la realizzazione (conoscenza esperienziale) della
vera natura dell’uomo può emergere. Per quietare la mente è necessario
praticare regolarmente la meditazione.
Meditare significa andare oltre la mente pensante per raggiungere uno
stato di consapevolezza rilassata. Significa creare un vuoto attivo
nella mente e contemplarlo con un senso di attesa. Qualcuno si
chiederà: E poi? E poi …. nulla. La pratica è tutta lì. Si medita
per pacificare e rendere dormienti le modificazioni mentali (Vritti),
non per aggiungerne delle altre. Sembra semplice, vero? Se si è
costanti nella pratica, può esserlo. Per raggiungere la concentrazione
meditativa è possibile utilizzare delle tecniche, ma queste non sono
il fine della pratica. Le tecniche meditative hanno lo scopo di farvi
raggiungere lo stato di meditazione e nient’altro. Sono “utensili” che
si usano per raggiungere uno scopo; una volta raggiunto, gli utensili
si possono mettere da parte. E’ semplice, ma pochi lo capiscono. Tante
persone si innamorano così tanto delle tecniche da dimenticarsi che lo
scopo della pratica meditativa è di meditare; non di praticare
tecniche …
Si utilizzano le tecniche per raggiungere uno stato meditativo,
dopodiché si rimane nel silenzio e si contempla in modo vigile, con un
senso di aspettativa. Questa è, in sintesi, la pratica della
meditazione.
Vi dettaglio qui di seguito una routine che chiunque può provare a praticare:
− Scegliete una posizione comoda. Stare seduti su una sedia è la
cosa più semplice da fare. Eliminate dal vostro ambiente le fonti di
rumore e disturbo. Potete sedere a gambe incrociate (esempio:
posizione del loto o del mezzo loto) solo se sapete farlo bene. E’
sufficiente avere anche solo una tensione minima durante la pratica
per far sì che tutta la concentrazione fluisca su quella specifica
tensione, rendendo inefficace la sessione.
− Iniziate pregando mentalmente; rivolgetevi a Dio con il cuore,
comunque siate in grado di concepirlo. Ripetere qualcosa come un
pappagallo non è di molto valore, se non sentite al livello del cuore
ciò che state affermando. Pregate in Dio e non a Dio: non è separato
da voi. Non è una differenza di poco conto: se pregate “a” Dio, state
mantenendo nella vostra mente un senso di separazione; se vi sforzate
di pregare “in” Dio, state cercando di fare l’opposto.
− Inalate profondamente, tendendo il corpo. Trattenete il respiro
(in apnea) per qualche secondo ed esalate con una doppia espirazione
(una più corta e una più lunga, consecutivamente), rilasciando la
tensione. Le tre fasi dovrebbero avere all’incirca la stessa durata.
Non cercate di superare le vostre possibilità. Non dovete sforzarvi.
Ripetete questa procedura tre o quattro volte. Lo scopo di questa
pratica specifica è di ottenere uno stato il più possibile profondo di
rilassamento.
− Concentratevi nel punto in mezzo alle sopracciglia (l’occhio
spirituale). Potreste vedere una luce interiore. Respirate
normalmente, lasciando che il respiro segua il suo ritmo. Non cercate
di forzarlo. Non aggrottate le sopracciglia e non tenete la fronte in
uno stato di tensione.
− Continuate a osservare il vostro respiro e ripetete mentalmente
il mantra hong con l’inalazione e so con l’esalazione. Hong so è un
antico mantra sanscrito. Andate avanti così per almeno 10-15 minuti.
Se vi accorgete di perdere l’attenzione aprite gli occhi, guardate per
una decina di secondi davanti a voi, dopodiché richiudeteli e iniziate
nuovamente con la pratica di questa tecnica.
− Dopo qualche minuto di pratica, se riuscite, cercate di
immergere la vostra consapevolezza nel mantra e di “essere il mantra”,
piuttosto di recitarlo. Tanto più la vostra pratica sarà profonda,
tanto più riuscirete a farlo. Paramahansa Yogananda definiva Hong so
come il “piccolo Kriya”. Riusciva a praticare questa tecnica anche per
sette-otto ore di fila. Non pensate che sia una tecnica “da poco”.
L’osservazione del respiro in alcuni sentieri spirituali è la pratica
più elevata disponibile. Possono volerci anni per padroneggiarla.
− Dopo un po’ smettete di praticare la tecnica. Lasciatevi
assorbire dalla contemplazione della luce interiore e dal silenzio.
Rimanete in quello stato attivo di pace per almeno 5-10 minuti o più.
E’ in quel momento che le influenze supercoscienti possono essere più
attive e illuminarvi mente e coscienza.
− Quando vi sentite propensi, chiudete la sessione e ritornate
alle vostre attività normali. Consiglio sempre di recitare mentalmente
una preghiera di chiusura. Anche in questo caso, pregate con il cuore
e non ripetete meccanicamente qualcosa che per voi non ha un senso
reale.
Il segreto della meditazione è l’immobilità. A un santo indiano molto
conosciuto fu chiesto un giorno quale fosse la via migliore per la
realizzazione spirituale. Rispose semplicemente: “Tutto ciò che devi
fare è rimanere immobile”.
Quando riuscirete a rimanere in uno stato di pace senza pensieri per
un periodo più o meno lungo, potrete dire di essere riusciti a
praticare la meditazione. Fino a quel momento non state meditando; ci
state “provando”. La pratica della concentrazione perfetta senza
pensieri è il primo livello di supercoscienza.
Consiglio di praticare la meditazione regolarmente due volte al giorno
(la mattina appena alzati e la sera prima di cena potrebbero essere le
migliori occasioni della giornata). Se per qualche ragione questo non
si potesse fare, è possibile farlo anche una volta sola. Una pratica
focalizzata di almeno 25-30 minuti è migliore rispetto a una più
lunga, ma mentalmente passiva. Si inizia così, dopodiché consiglio di
aumentare progressivamente la lunghezza e l’intensità della pratica.
E’ necessario praticare a stomaco vuoto.
risultati trascurabili e non trasformanti. Una buona caratteristica da
nutrire e sviluppare è la costanza. I risultati, nella stragrande
maggioranza dei casi, si ottengono con il tempo.
Kriya Pranayama
Il pranayama del Kriya Yoga consiste in una tecnica specifica di
meditazione che ha come scopo quello di far circolare la forza vitale
nella spina dorsale. Questo processo lavora sia da un punto di vista
fisico, sia da un punto di vista sottile. Il pranayama del Kriya Yoga
consente a chi lo pratica di raffinare progressivamente il sistema
nervoso, permettendo allo stesso di supportare la sperimentazione di
stati supercoscienti.
La tradizione vuole che il Kriya Pranayama si apprenda da un canale
autorizzato durante una cerimonia specifica denominata iniziazione. La
nostra associazione offre l’iniziazione a chi si impegna in un breve
percorso, durante il quale la persona valuta autonomamente se riesce
ad essere regolare nella pratica e se è convinta che quello del Kriya
Yoga è il sentiero giusto per lei. Nel nostro sentiero si dà molta
importanza alla cerimonia iniziatica. L’iniziazione va considerata da
chi la prende come un qualcosa che lo accompagnerà per tutta la vita.
Maggiori informazioni in merito sono ottenibili dal sito web:
www.kriyayoga.it nelle pagine in italiano.
Studio
La “realizzazione del Sé” non può essere compresa pienamente da chi
non ha ancora avuto una simile esperienza, ma uno studio accorato e
continuato delle realtà superiori, eseguito leggendo testi scritti da
persone illuminate appartenenti al sentiero, può essere
particolarmente utile e funzionale nel mantenere alta la motivazione
attraverso l’ispirazione. Bisogna ispirarsi continuamente; la vita di
tutti giorni raramente è ispirante. E’ utile selezionare con cura le
proprie letture: tutti possono scrivere qualcosa; non tutti hanno
qualcosa di utile da scrivere.
Sri Yukteswar
2 – Giusto atteggiamento mentale
Il testo più conosciuto al mondo sul Kriya Yoga è “Autobiografia di
uno yogi” di Paramahansa Yogananda (Astrolabio editore). E’ un testo
bellissimo che ha cambiato la vita di molti e, normalmente, ha un
notevole impatto emotivo su chi lo legge. Ciò che talvolta succede è
che, passato l’effetto dell’impatto emotivo, alcune persone non
capitalizzano le benedizioni che si possono ottenere dalla lettura di
un testo simile. Non praticano gli insegnamenti del sentiero e
rimangono bloccate nei loro stili di vita, spesso inadeguati per la
crescita spirituale. Altre, invece, iniziano con convinzione e vanno
avanti per un po’, fermandosi poco dopo.
Paramahansa Yogananda definiva chi non percepisce la Realtà di Dio (la
stragrande maggioranza della popolazione mondiale) come un
“dormiente”. Esistono tre tipi di “dormienti”, affermò Yogananda. Il
primo tipo di dormiente è quello che, quando cerchi di svegliarlo
(quando lo incoraggi a risvegliarsi alla sua vera natura spirituale),
continua a dormire o si riaddormenta non appena lo saluti. Il secondo
tipo di dormiente è quello che prova timidamente a svegliarsi, tenta
di rimanere sveglio per un po’ (prova a praticare gli insegnamenti del
Kriya Yoga per un po’ di tempo) e, dopo poco, ritorna a dormire
(smette di praticare). Il miglior tipo di dormiente è quello che, non
appena lo svegli, inizia a camminare spedito e continua a farlo senza
mai voltarsi indietro (pratica assiduamente per tutta la vita). Questa
storia è ovviamente una metafora riferita alla dedizione delle persone
sul sentiero spirituale.
Il giusto atteggiamento mentale è una parte tanto importante della
pratica completa del Kriya Yoga quanto lo è la meditazione, poiché è
ciò che mantiene le persone sul sentiero spirituale nel tempo.
L’emozione dell’inizio è di breve durata. Il giusto atteggiamento
mentale, alimentato da una motivazione importante, è l’energia che
permette al praticante di continuare a camminare.
Fai in modo che la tua devozione a Dio sia come un ceppo che brucia a
lungo e non come un fuoco di paglia che fa una grande fiammata e si
spegne immediatamente dopo. (Paramahansa Yogananda)
A grandi linee queste sono le basi del giusto atteggiamento mentale:
Focalizzazione e Motivazione
Una persona è focalizzata e motivata quando dirige i suoi sforzi in
modo univoco verso un obiettivo concreto ben definito, mantenendo
inalterata nel tempo la propria dedizione, senza distrazioni.
Ho ricevuto spesso dal mio guru-insegnante Roy Eugene Davis il
consiglio di essere così e l’ho sempre seguito al meglio delle mie
possibilità. Questo atteggiamento si è rivelato di fondamentale
importanza e utilità negli anni. Si rimane focalizzati iniziando un
sentiero spirituale e percorrendolo per tutta la vita, senza saltare
indiscriminatamente da un insegnamento a un altro. Ho conosciuto
alcune persone che lo fanno abitualmente e la cosa curiosa è che
ritengono in buona fede di essere dei “cercatori spirituali”. Il fatto
concreto da ricordare, però, è che la crescita spirituale è frutto
dell’esperienza e non dell’indigestione indiscriminata di concetti
superficiali. Qualcuno una volta mi disse: “Per entrare in una stanza
non puoi passare contemporaneamente da più porte”.
In un magazine di qualche anno fa, il Sig. Davis divise ipoteticamente
le persone sul sentiero spirituale in quattro classi a seconda della
dedizione manifestata:
1) Shoppers (compratori curiosi)
2) Customers (clienti)
3) Members (membri)
4) Initiates (iniziati)
Lo “Shopper” è colui che fa di tutto di più. Frequenta mille seminari,
va a vedere chiunque, legge tanti libri scritti da persone diverse,
ecc. Se è una fase della vita, non è un problema (a volte alcune
persone necessitano di sperimentare varie possibilità, prima di
trovare la propria strada), ma se diventa un comportamento cronico e
senza fine, non conduce a nulla. Il “cliente” legge libri, si
interessa a cose un po’ più concrete, ma non è focalizzato. Abbandona
il sentiero, ritorna, lo riabbandona e così via. Anche questo modo di
essere non conduce a risultati importanti. Il “membro” è abbastanza
focalizzato, ma non riesce a essere costante nelle sue pratiche; si fa
prendere troppo dagli alti e bassi della vita che lo rendono dubbioso
e incostante. L’iniziato, infine, è colui che è motivato; che sa dove
deve arrivare ed è disposto a fare ciò che è necessario per arrivarci.
E’ l’unico che raggiunge risultati concreti nel medio e lungo termine.
La motivazione risoluta conduce allo svilupparsi della devozione:
l’amore per Dio. La devozione non è qualcosa che scaturisce
dall’emotività, ma dal cuore (l’essenza più profonda dell’essere).
Quando siamo motivati, diventiamo con il tempo dei veri devoti a Dio e
al sentiero.
Costanza
La persona costante è quella che crea l’abitudine della meditazione
quotidiana e la mantiene nel tempo. La costanza è un requisito
essenziale per la crescita spirituale. Il sig. Davis afferma spesso:
“Bisogna essere calmi ma persistenti”. La mancanza di costanza è
spesso sinonimo di mancanza di motivazione. E’ per questo che è
importante riconoscere l’importanza del sentiero spirituale e avere
un’idea almeno di massima di dove questo ci può condurre. E’ difficile
essere motivati se non sappiamo dove vogliamo andare …
Tenere i piedi per terra
Il sentiero spirituale è relativamente semplice. La crescita, nella
maggior parte dei casi, si manifesta giorno dopo giorno in modo
progressivo. Chiesi una volta a un monaco se fosse spiritualmente
utile cercare esperienze clamorose durante la meditazione. Mi fu
risposto: “La spiritualità non è un circo”. Razionalità aumentata,
senso di appartenere a una Realtà più estesa, assenza di paura,
capacità di allinearsi alle azioni della Grazia di Dio e intuizioni
più sviluppate sono tutte prove evidenti della crescita spirituale.
Con il tempo possono manifestarsi anche esperienze particolari di tipo
meditativo. Non bisogna soffermarsi troppo su di esse. Il mio
guru-insegnante mi disse più di una volta: Se vengono, accettale. Non
soffermare troppo la tua attenzione su di esse e continua a praticare
serenamente.
Discernimento
Esistono tanti sentieri spirituali al mondo quante sono le persone che
ci vivono. La stragrande maggioranza delle persone ha teorie personali
su Dio. A Paramahansa Yogananda è attribuita questa frase:
Esiste un piccolo fiume di certezze rispetto all’oceano sterminato
delle opinioni umane
Il discernimento è quel fattore indispensabile sul sentiero spirituale
che permette al praticante di intuire che cosa è vero e che cosa non
lo è; che cosa vale la pena seguire e a che cosa non vale la pena
interessarsi. Si nutre e coltiva sforzandosi di rimanere razionali,
meditando con regolarità e imparando a scegliere con oculatezza che
cosa leggere o studiare. Ogni persona subisce influenze continue
durante la vita e le letture che fa sono una di queste. Il “mercato
spirituale” offre tante cose più o meno serie.
La capacità di discernere può salvare le persone da tante perdite di
tempo. Sul sentiero spirituale una “perdita di tempo” purtroppo a
volte si misura in decenni.
Paramahansa Yogananda
3 — Giusto vivere
Vivere nel modo corretto è un notevole supporto per la pratica
spirituale. Uno stile di vita troppo stressante e disordinato può
rallentare moltissimo il processo evolutivo. Conosco tante persone che
hanno una vita molto difficile e impegnativa e sono talmente avvezzi a
essa da considerarla “normale”. Entro limiti abbastanza ampi è sempre
possibile cambiare.
A titolo di esempio, questi sono alcuni elementi essenziali del giusto vivere:
Alimentazione sana, il più possibile vicino al vegetarianesimo
Si dice che il corpo è il nostro tempio ed è un’affermazione vera.
Un’alimentazione sana e moderata garantisce comunemente buona salute.
Ciò che spesso non è risaputo è che ogni cosa che mangiamo influenza
il nostro stato di coscienza e, quindi, la pratica della meditazione.
Paramahansa Yogananda, Sri Yukteswar, Lahiri Mahasaya e Roy Eugene
Davis consigliano tutti un’alimentazione vegetariana o il più
possibile vicino al vegetarianesimo. Ovviamente questo consiglio non è
casuale. Per comprendere – almeno a grandi linee — l’effetto che i
vari cibi possono avere sullo stato mentale di una persona, consiglio
la lettura di qualche testo semplificato sull’ayurveda.
Poche scienze danno importanza all’alimentazione come lo fa l’ayurveda.
Esercizio moderato e costante
Tempo fa sentii qualcuno fare questa affermazione: “Se non fai
esercizio, prima o dopo dovrai affrontare la malattia”. L’esercizio
mantiene il corpo vitale e in salute. Vitalità e salute sono
necessarie se si desidera che il prana (forza vitale) fluisca
liberamente nel corpo. Esercitarsi in maniera eccessivamente vigorosa
non è sempre necessario (anche per questo argomento una conoscenza di
base dell’ayurveda può essere utile). Hatha Yoga, Tai chi, qualche
esercizio con i pesi o anche semplicemente camminare trenta minuti
tutti i giorni sono pratiche utili per mantenere il corpo sano e in
forma.
Basta vincere la pigrizia e iniziare a muoversi … è semplice.
Sonno sufficiente
Il sonno e il riposo sono importanti. La loro mancanza manda in
squilibrio il sistema nervoso. Molte volte succede che chi cerca di
meditare durante la sera si addormenti e questo accade perché le
persone in questione non dormono a sufficienza. Il corpo percepisce il
momento di rilassamento, ha bisogno di sonno e, automaticamente, entra
in questo stato non appena raggiunge il rilassamento. Per esperienza
personale non suggerisco alle persone di meditare troppo tardi la
sera. Il sonno consta essenzialmente di due fasi che si alternano
durante la notte: una fase di sonno profondo durante la quale il
fisico si riposa realmente e una fase di sonno cosiddetto “REM” (Rapid
Eye Movement — movimento rapido degli occhi) durante la quale il
riposo effettivo è molto minore e vi è un’intensa attività cerebrale.
La necessità di “ore di sonno” può variare da individuo a individuo;
di solito la maggior parte delle persone ha bisogno di almeno sei o
sette ore di sonno.
Socializzazione moderata e ricreazione
Gli esseri umani sono creature sociali che hanno bisogno di compagnia
e confronto. Paramahansa Yogananda disse: “La solitudine è il prezzo
della grandezza”, intendendo che un certo livello di riservatezza è
necessario per essere stabilmente sintonizzati con la presenza di Dio.
E’ utile rimanere in equilibrio per quanto riguarda socializzazione e
tempo da passare in solitudine. Entrambi sono importanti. Se si
socializza troppo, la meditazione sarà più difficile, perché ci sarà
un grande spreco di energia durante la giornata e l’attenzione tenderà
a disperdersi. Un comportamento in stile eremitico, d’altro canto,
sarà difficile da mantenere per lungo tempo. Godere saltuariamente
della compagnia di amici positivi è utile; farlo tutti i giorni
probabilmente non lo è. Abbracciate la via di mezzo e prestate
attenzione alla qualità della vostra pratica meditativa. Modificate
l’equilibrio tra isolamento e frequentazioni sociali fino a quando non
avrete trovato lo stile comportamentale che fa per voi.
Semplificate la vostra esistenza e imparate a distinguere tra ciò che
è importante e ciò che non lo è. Il consiglio dei maestri è di
focalizzare le energie sull’essenziale.
Eccellenza e prosperità
Tutto ciò che facciamo, incide sul nostro stato di coscienza. I
pensieri che tratteniamo abitualmente e ai quali permettiamo di
“alloggiare” a lungo nella nostra mente sono ciò che determina il modo
che abbiamo di vedere il mondo. Per effetto della legge di attrazione,
le circostanze che sperimentiamo nella vita di tutti i giorni sono una
proiezione del nostro stato interiore. Sperimentiamo limitazione?
Siamo trasandati? Abbiamo problemi personali di vario genere? Tutto
questo incide sulla nostra evoluzione, rallentandoci. Possiamo
raccontarcela pensando di “stare bruciando il karma”, ma purtroppo non
è così. Il nostro oggi è determinato dal nostro ieri, ma il nostro
domani sarà determinato dal nostro oggi. La vita è 10% che cosa ci
succede e 90% come reagiamo.
Nei loro insegnamenti, Paramahansa Yogananda e Roy Eugene Davis
incoraggiano le persone a essere eccellenti e prospere, ossia a
equilibrare al meglio tutti gli aspetti della vita: fisico, mentale,
emotivo e spirituale. Vale la pena impegnarsi molto per riuscire a
farlo.
Gestione saggia delle risorse materiali
Alcuni praticanti spirituali considerano il denaro come qualcosa di
“non spirituale”. Non concordo con questo modo di pensare; è
l’attaccamento al denaro a essere un ostacolo nella vita spirituale;
il denaro in se stesso è solo un mezzo conveniente per poter scambiare
beni e servizi. Poiché il nostro sistema economico funziona tramite lo
scambio di denaro, è utile imparare a gestirlo. Avere ciò di cui
abbiamo bisogno, quando ne abbiamo bisogno è utile anche per la nostra
vita spirituale. Non esiste nessuna benedizione nell’essere in uno
stato di povertà e limitazione, anzi, chi non ha di che vivere
serenamente può sperimentare difficoltà a impegnare produttivamente
tempo nella sua crescita personale e spirituale, poiché la maggior
parte delle sue energie sono dirette verso la mera sopravvivenza.
Questi sono alcuni consigli semplici che ci arrivano da Paramahansa
Yogananda, Roy Eugene Davis e da altre persone esperte riguardo la
gestione delle risorse materiali:
· Evitare debiti a lungo termine, specialmente per ciò che non
è essenziale.
· Mettere da parte (e investire in modo sicuro) ogni mese
almeno il 10% dei propri guadagni per esigenze future.
· Non affidare denaro a persone che non hanno una competenza
specifica nel settore oggetto dell’investimento desiderato.
· Diffidare di operatori borsistici molto aggressivi.
· Evitare sistemi di arricchimento veloce: non ne esistono di
affidabili e non ne sono mai esistiti.
· Evitare piani di investimento molto rischiosi, specialmente
se si hanno guadagni mensili di entità limitata.
· Pagare per tempo fatture e bollette (l’ordine nei propri
affari personali riflette ordine mentale. Quest’ultimo porta calma e
concentrazione nella meditazione).
· Pagare il giusto prezzo per i beni e i servizi che si
acquistano (siamo in un sistema di libera concorrenza, per trovare il
miglior prezzo basta rimanere calmi e fare dei raffronti tra chi offre
lo stesso bene o lo stesso servizio).
· Non sviluppare la “coscienza del miserabile”. Alcuni brevi commenti:
Il debito a lungo termine può essere utile per una casa o per qualche
altro bene di uso durevole, ma è sconsigliato indebitarsi per vestiti,
telefoni cellulari, ecc. E’ utile acquistare solo ciò che ci si può
permettere. Viviamo in un sistema economico nel quale la possibilità
di avere un reddito futuro (pensione) è sempre più aleatoria. Avere
“qualcosa da parte” è e diventerà sempre più indispensabile. Un
sondaggio recente effettuato negli Stati Uniti ha rivelato che poco
più del 10% delle persone intervistate aveva un piano di risparmio
affidabile per la vecchiaia.
I mercati borsistici sono imprevedibili. E’ consigliato accedervi solo
se si ha competenza in materia o se ci si può avvalere della
collaborazione di persone conosciute e affidabili che hanno realmente
tale competenza. E’ utile ricordare che gli operatori di borsa
guadagnano una commissione per ogni transazione che i loro clienti
fanno. Gli operatori borsistici saranno sempre in prima fila a farvi
notare che vi hanno fatto guadagnare del denaro, ma non parteciperanno
mai alle vostre eventuali perdite. Non esistono sistemi di
arricchimento veloce. E’ opportuno evitare investimenti molto
rischiosi, specialmente se avete impiegato molto tempo a guadagnare i
soldi che avete intenzione di investire. L’ordine nella vita conduce
ad avere ordine nella mente.
L’ordine nella mente, a sua volta, porta a meditare in modo efficace.
Il Sig. Davis insiste molto sul fatto che pagare per tempo fatture e
bollette è un sintomo di ordine personale. Dice spesso anche che
bisogna pagare il giusto per ciò che si acquista. E’ da considerare
“miserabile” chi cerca in ogni modo di non farlo. Il sistema economico
in cui viviamo è basato sullo scambio di beni e servizi dietro
corrispettivo di un costo quantificabile in denaro. Esistono delle
regole per sperimentare prosperità ed essere disponibili a pagare il
giusto prezzo per ciò che si riceve è una di queste.
“Vita semplice e pensiero elevato”
una persona è complessa, stressante, centrata sull’inessenziale e così
via, più il processo di pacificazione delle vritti diventa difficile.
Semplicità, mancanza di preoccupazioni e interazioni inutili,
concentrazione sulle cose essenziali e senso di scopo sono tutti
fattori che conducono chi medita al successo nella pratica.
Roy Eugene Davis
4 – Grazia
Esistono nell’universo delle forze sottili intelligenti che aiutano le
persone a elevarsi oltre il senso ordinario del sé (il senso di
esistenza separata). Si possono chiamare forze dell’evoluzione o, più
semplicemente, Grazia di Dio. Il mio guru-insegnante, Roy Eugene
Davis, descrive la Grazia in questo modo:
“Lo spirito di Dio che si muove attraverso l’uomo per rigenerarlo e
trasformarlo”
Un proverbio anglosassone cita che quando l’uomo alza un braccio verso
Dio, quest’ultimo abbassa tutte e due le braccia e lo tira su.
Ogni anima è un’unità individualizzata della Coscienza suprema e lo
scopo principale della vita di un essere umano consiste nel conoscere
a livello esperienziale la sua vera natura di unità di quella stessa
coscienza. Le forze sottili dell’universo, definite convenzionalmente
“Grazia”, aiutano il praticante nel suo percorso esercitando una forma
di attrazione e arrivando — questa è la mia esperienza — ad aggiustare
nel momento giusto alcune tendenze sbagliate che si possono sviluppare
nella vita, oppure a dirigere la stessa in modo più produttivo. In
qualche caso la Grazia si è espressa nella mia esistenza anche
semplicemente rendendomi consapevole di dover fare alcune correzioni
di rotta (ovviamente il passo successivo è stato quello di farle
veramente …).
E’ utile ricordare, come principio generale, che nessuno può fare per
noi ciò che dobbiamo fare per noi stessi.
Siamo sul sentiero spirituale, abbiamo dei dubbi su qualcosa e
incontriamo “casualmente” qualcuno che ci dà le giuste spiegazioni,
oppure le leggiamo in qualche libro che non avevamo programmato di
leggere? Quella è la Grazia all’opera … Non stiamo bene e
incontriamo qualcuno che ci guida verso un professionista serio e
capace? Quella è la Grazia … Dobbiamo organizzare qualcosa, non
sappiamo come fare e tutto si mette “miracolosamente” a posto con
tempismo perfetto? Quella è la Grazia … Questi sono solo alcuni
esempi.
Potrei citare tante occasioni nelle quali ogni cosa nella mia vita si
è messa a posto con un tempismo perfetto senza nessun intervento
forzato da parte mia. La Grazia lavora in noi, attraverso di noi.
Tutto avviene sempre secondo le leggi della natura. La Grazia ci aiuta
ad avere successo negli sforzi spirituali. Ci aiuta nel processo di
trasformazione interiore. Non è donata ad alcuni e negata ad altri in
modo arbitrario. E’ una forza impersonale e passa automaticamente per
le porte “aperte”. L’unica cosa da fare per essere ricettivi ad essa
consiste nel crederci, accettarla, rimanere razionali e vigili.
Vorrei potervi spiegare di più ma questo concetto può essere
realizzato a livello esperienziale solo attraverso l’intuizione.
Quando, attraverso la pratica spirituale, raggiungiamo un livello di
coscienza sufficientemente elevato, iniziamo a “vedere” l’opera della
Grazia, ad allinearci ad essa e ad abbandonare la nostra volontà
egocentrica iniziando a “vivere per Grazia”.
Una storiella attribuita ad Albino Luciani, pontefice cattolico per
poche settimane, ci spiega a grandi linee che cos’è la Grazia di
Dio…
“Immagina un bambino con suo padre davanti ad un albero di ciliegie.
Le ciliegie sono troppo in alto e il bambino non riesce ad arrivarci,
pertanto il padre lo prende in braccio e lo aiuta ad arrivare alle
ciliegie. Il bambino siamo noi, il padre è Dio, le ciliegie sono il
Paradiso e l’aiuto del padre è la Grazia di Dio”.
Il rapporto Guru – discepolo
Un giorno Paramahansa Yogananda era attorniato da una moltitudine di
persone. Captò probabilmente alcuni dei loro pensieri e si rese conto
che le persone lo adoravano in modo un po’ troppo “personale”. “Dio è
il guru”, disse, aggiungendo poi: “Io sono solo il suo servo”.
Un maestro spirituale punta a Dio; qualche volta i discepoli tendono a
puntare verso “chi punta”. E’ un errore intellettuale. Il rapporto
guru-discepolo è personale e si basa su una conoscenza e una
frequentazione reali. La maggior parte delle persone che seguono
questo sentiero considera Paramahansa Yogananda come guru; questo può
essere vero solo fino ad un certo punto, perché nessuno di loro lo ha
mai conosciuto di persona. La figura del guru è rappresentata da chi
aiuta il discepolo a risvegliare dentro di sé la consapevolezza della
sua natura divina. Questo è possibile farlo impartendo la giusta
istruzione, rispondendo alle domande, correggendo il discepolo quando
serve e aiutandolo a livello sottile. Da questo è possibile
comprendere che un guru è un insegnante, ma che non tutti gli
insegnanti possono essere dei guru.
Alcune persone sono karmicamente pronte per avere un rapporto di
discepolato in forma personale, la maggior parte non lo sono ancora.
L’energia di Paramahansa Yogananda e dei maestri del Kriya Yoga permea
questo sentiero in modo concreto. Chiunque pratichi con sincerità e
con la giusta motivazione può beneficiare delle benedizioni sottili
che provengono dalla sintonia con l’energia dei maestri. Non può
essere guidato telepaticamente da loro.
Una guida reale si può trovare solamente in un insegnante qualificato
che ci può assistere durante il percorso.
Sviluppare la sintonia con i maestri
Leggete libri scritti dai maestri e visualizzate l’autore nell’occhio
spirituale, quando li leggete. Visualizzate i maestri prima e dopo la
meditazione. Mettete le loro foto nella vostra casa; fate un piccolo
altare con le loro immagini e meditate quotidianamente davanti ad
esso. Facendo queste cose, sintonizzerete la vostra energia con la
loro e potrete beneficiare di questa sintonia. Paramahansa Yogananda
affermò: “Sarò vicino a chi mi penserà vicino”. Con questo intendeva
dire che la sua forza spirituale avrebbe aiutato tutti quelli che,
negli anni, si fossero sentiti in sintonia con lui, non che lui
sarebbe rimasto seduto nel cielo per l’eternità, sopra la testa dei
praticanti del Kriya Yoga per ventiquattro ore al giorno, a guardare
ciò che questi avrebbero o non avrebbero fatto.
La maturità e l’evoluzione spirituali si manifestano soprattutto
grazie ad un atteggiamento improntato alla razionalità. La fantasia
conduce alla fantasia; la concretezza conduce alla realizzazione del
Sé.
Guru della tradizione del Kriya Yoga
Questi guru (insegnanti) sono riconosciuti come rappresentanti unici
di questa tradizione, attraverso la quale si dà un’enfasi speciale a
un mondo che si sta risvegliando a livello spirituale.
Mahavatar Babaji
Il nome attraverso il quale si conosce questo maestro dello Yoga è un
titolo di rispetto assegnatogli dai suoi discepoli (maha — grande —
avatar — incarnazione divina — Babaji padre rispettato). Si sa poco
o nulla della sua storia personale. Si afferma che Babaji viva
nell’Himalaya e che lavori con discepoli spiritualmente molto
avanzati, aiutando anche le forze del cambiamento evolutivo che si
stanno manifestando a causa della transizione dall’ultima età oscura
al pieno emergere dell’attuale era di sviluppo.
Lahiri Mahasaya
Iniziato da Babaji nel 1861, fu autorizzato a insegnare a persone di
ogni livello. Il suo nome era Shyamacharan Lahiri. Mahasaya (chi ha la
coscienza grande o espansa) è un titolo utilizzato dai suoi discepoli.
Era sposato, ebbe figli e lavorò per supportare la sua famiglia.
Meditava durante la notte e insegnava ai sinceri cercatori della
verità in modo privato. Fu un modello ideale per i devoti di Dio nel
mondo, dimostrando che è possibile far coesistere doveri personali e
pratica spirituale, con lo scopo di avere una vita ordinata e di
successo. Evitando di pubblicizzarsi, Lahiri Mahasaya consigliava ai
devoti di essere attenti alla loro pratica privata della meditazione e
di vivere vite esemplari.
Swami Sri Yukteswar
Priya Nath Karar. Si sposò e fu padre di una figlia. Fu, in seguito,
ordinato nell’ordine degli Swami rinuncianti (giri — montagna) e
addestrò discepoli nei suoi Ashram a Puri e vicino a Calcutta. Maestro
dello Yoga, Sri Yukteswar fu un capace astrologo vedico e aveva
conoscenze nel campo dell’ayurveda. Nel 1894, su richiesta di Babaji,
scrisse un piccolo libro dal titolo “La scienza sacra” (Kaivalya
Darshanam) e lo pubblicò. Scrisse anche un commento sui primi nove
capitoli della Bhagavad Gita, dopo aver condotto gruppi di discussione
sulla stessa e aver chiesto consiglio a Lahiri Mahasaya. Yukteswar
significa “unito con Ishwara”, l’aspetto di Dio che manifesta, regola
e governa. Sri Yukteswar addestrò Paramahansa Yogananda per portare il
messaggio del Kriya Yoga in occidente e lo consigliò su come
presentare gli insegnamenti.
Paramahansa Yogananda
Mukunda Lal Gosh. Uno di otto figli. I suoi genitori erano discepoli
di Lahiri Mahasaya. Dopo essersi diplomato al college, fu ordinato
nell’ordine degli Swami da Sri Yukteswar e, più tardi, riconosciuto
dal suo guru come un “Paramahansa” (chi possiede visione universale e
rascendente). Paramahansaji viaggiò per conferenze e insegnamenti
nelle principali città americane negli anni venti e trenta del secolo
scorso, fondando la Self-Realization Fellowship. E’ conosciuto da
milioni di persone per il suo libro “Autobiografia di uno yogi” e per
altri scritti.
Roy Eugene Davis
Ordinato ministro da Paramahansa Yogananda nel 1951. Lo conobbe due
anni prima, all’età di diciotto anni. Davis lasciò la Self-Realization
Fellowship nel 1953 e, dopo aver trascorso un paio d’anni come
infermiere nel corpo medico dell’esercito, iniziò un’attività di
insegnamento indipendente che lo portò a visitare tutti gli Stati
Uniti, alcuni paesi europei, Giappone e Brasile. All’inizio degli anni
settanta diede vita ad un’organizzazione spirituale a Lakemont, in
Georgia, radicata negli insegnamenti del Kriya Yoga. Ancora oggi
(2013) Davis viaggia per il mondo per seminari e iniziazioni.
Iniziare il percorso
La nostra associazione organizza una volta al mese incontri domenicali
di insegnamento e meditazione della durata di un pomeriggio a Stella
San Martino (Sv), seminari di 3 o 4 giorni due volte l’anno (di solito
al Santuario della Pace di Albisola Superiore — Sv) e incontri di un
giorno a cadenza trimestrale in varie parti del nord Italia. Per
essere aggiornati sulle nostre iniziative vi consigliamo di iscrivervi
alla nostra mailing list (trovate il form per l’iscrizione sulla
pagina: www.angelfire.com/yt/KRIYAYOGA/circolo.html) e/o di
contattarmi privatamente (Furio Sclano — E-mail:
fsyukteswarii@yahoo.com — Tel. 3498335768 / ore serali).
Su richiesta presento privatamente seminari a gruppi in tutta l’Italia
settentrionale. Se avete interesse, potete contattarmi ai recapiti
sopraindicati.
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Bibliografia consigliata
Autobiografia di uno Yogi — di Paramahansa Yogananda (Ed. Astrolabio)
Paramahansa Yogananda così come l’ho conosciuto — di Roy Eugene Davis
(Ed. Marco Valerio S.r.l. – www.marcovalerio.it)
Srimad Bhagavad Gita — La via Eterna — di Roy Eugene Davis (Ed. Marco
Valerio S.r.l.) Insegnamenti sul percorso spirituale del Kriya Yoga —
di Roy Eugene Davis (Ed. Marco Valerio S.r.l.)
La base spirituale della vera prosperità — di Roy Eugene Davis (Ed.
Marco Valerio S.r.l.) Guida all’ayurveda — di Roy Eugene Davis (Ed.
Marco Valerio S.r.l.)
Immortalità cosciente, la via dell’iniziato — di Roy Eugene Davis (Ed.
Marco Valerio S.r.l.)
Libertà e consapevolezza, la conoscenza dell’assoluto — di Roy Eugene
Davis (Ed. Marco Valerio S.r.l.)
La scienza della realizzazione del Sé — di Roy Eugene Davis (Ed. Marco
Valerio S.r.l.) Strada maestra per la meditazione e la crescita
spirituale — di Roy Eugene Davis (Ed. Marco Valerio S.r.l.)
L’immaginazione creativa — di Roy Eugene Davis – edizioni dell’acquario.
Soddisfare il desiderio innato di conoscere Dio — di Roy Eugene Davis
(Ed. Marco Valerio S.r.l.) — di prossima pubblicazione
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