da “Enciclopedia olistica”
di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli
CONTRIBUTI
Artifex
di James Hillman
…L’inconscio ci circonda, siamo immersi nella psiche.
Come insistevano gli alchimisti, l’oro delle potenzialità si trova nel brutto spreco di ciò che
abbiamo a portata di mano.
Lavorare questa materia prima dell’inconscio reale è sempre stato compito dell’artista che non
esprimeva soltanto la sua personale sofferenza, ma rifletteva il tormento dell’anima mundi, la
sofferenza nelle radici.
Per artista io intendo artifex, l’artefice, sia esso artista, alchimista o analista. Colui che
raccoglie i legni trasportati dalla corrente, i suoni cacofonici, i pezzi di bricolage, e
restituisce questa inconscietà alle sue radici.
L’artifex lavora con l’anima nell’anima mundi.
…II lavoro della terapia deve essere concepito come un tentativo artistico, il ritorno della
medicina alla sua arte, così come la politica, l’urbanistica, i servizi sociali, il commercio,
l’educazione, ciascuno un lavoro con radici di sofferenza.
Ciascuno un tentativo di fare anima dell’inconscietà.
Ciascuno un tentativo di individuare il collettivamente dato. Ogni atto nel corso della giornata, in
leggero conflitto con la routine quotidiana, destabilizzando l’usuale, liberando l’immagine
prigioniera… Ogni mossa sempre radicale, sovversiva, in particolare che sovverte le comode nozioni
della solita psicoterapia, psicoterapia come al solito, e sempre, una rabbia contro la cieca armonia
di una vita anestetizzata.
Al suo posto invece una vita tra il rischioso, lo scomodo, il patologico; fra le lotte e lo
scontento, in pace solo in un mare cattivo.
La psicologia dei Buddha e i sette livelli di realizzazione
Di Osho Rajneesh
In passato non esisteva alcuna scienza psicologica della patologia umana: non esisteva il primo
livello della psicologia.
Nessuno se ne curava perché la malattia poteva essere scacciata senza entrare nei suoi meccanismi
psicologici. Non cera bisogno di fare nulla. In Oriente esistevano alcune tecniche e tuttora
esistono che semplicemente ponevano nel nulla il disturbo. I matti venivano mandati nei monasteri,
presso maestri spirituali, presso religiosi. In Oriente non cerano gli psicanalisti, cerano i
maestri. Lo scopo non era curare la mente, lo scopo era trascendere la mente. Ma una cosa è aiutare
un matto ad uscire dalla follia e altra cosa è creare una scienza psicologica della follia. Per fare
questo occorre un approccio scientifico. In Occidente Freud, Jung, Adler e altri hanno creato il
primo livello di scienza psicologica: la psicologia della patologia. Magari non sono stati daiuto
alle persone che erano nei guai, ma hanno creato un solido terreno scientifico sul quale la seconda
psicologia – la psicologia delluomo sano – può crescere.
Questo secondo livello, sviluppato da Maslow, Fromm, Janov e altri, sta attraversando ora i tormenti
della nascita. E unapproccio affermativo, che non pensa in termini di malattia ma in termini di
salute, sostanzialmente non preoccupato della patologia ma della crescita di un essere umano
integro.
Questo secondo livello della psicologia ha preparato la strada dello sviluppo del terzo livello
della scienza psicologica: la psicologia dei Buddha.
Sono esistiti i Buddha, milioni di individui hanno raggiunto la condizione di Buddha, ma una scienza
psicologica dei Buddha non è stata finora possibile. Nessuno ha mai tentato di fare ricerca sulla
mente ridestata, di creare una disciplina scientifica. La condizione di Buddha è esistita come un
fenomeno individuale che nessuno ha tentato di studiare scientificamente.
Gurdjieff è stato il primo a tentare di sviluppare il terzo livello della psicologia ma ha fallito.
Era un mistico, egli stesso era un Buddha, ma ha dovuto fare riferimento ad uno dei suoi discepoli
P.D. Ouspensky, per convalidare scientificamente e costituire una disciplina da quello che era la
sua conoscenza
Ci sono almeno sette tipi di persone al mondo, così devono esserci almeno sette Buddha. Devono
essere studiati molto profondamente, uno per ciascun tipo. Tutti e sette i tipi dovranno essere
compresi. Finchè tutti e sette i tipi non verranno studiati veramente a fondo, passo per passo,
strato per strato, il terzo livello della scienza psicologica, la psicologia dellilluminazione non
potrà essere formulata.
Nuovi e vecchi sciamani
Di Italo Bertolasi
Lo sciamano è un uomo coraggioso che sfida l’ignoto e i misteri della nostra esistenza. Un mistico
che riesce a curarsi da dolorose malattie iniziatiche e laceranti crisi esistenziali che lo
trascinano al limite della follia. Un artista che inventa psicodrammi e danze estatiche per
rinsaldare il gruppo e perpetuare così i miti del clan. È uno psicologo contadino che ristabilisce
l’ equilibrio armonioso tra il “dentro” e il “fuori”, tra il corpo e l’anima, tra l’uomo e gli dei.
È un medico e un erborista che conosce le “piante maestre” officinali e psichedeliche. Un econauta
che “naviga” nella natura selvaggia spiando gli animali eletti a spiriti guida. L’aquila insegna
agli sciamani della Siberia il “volo magico” in paradiso. I “tusu guru” Ainu hanno come “maestro” di
danza l’orso e il salmone. Gli sciamani amazzonici imitano alla perfezione il canto degli uccelli e
per diventare forti e invincibili come gli animali della giungla si adornano di piume colorate e di
orchidee. Per “gurdare dentro e guardare fuori verso un mare di stelle” gli indios Yanomani bevono
il tè allucinogeno di Ayahuasca ricavato dalle liane della Banisteripsis Caapi e gli sciamani
amerindi usano il “peyote”, un cactus psichedelico. I sadu indiani India fumano il polline della
Cannabis Sativa e i visionari della Siberia ingeriscono l’Amanita muscaria, un fungo allucinogeno
ricco di muscarina e miscimolo, tossici e psicoattivi.
Lo sciamano indossa un abito rituale che è anche una corazza antidemoni, una mappa di simboli
cosmici e di itinerari metapsichici. Alcuni si credono maghi del clima e re delle piogge che
assicurano caccia e raccolti.
In un revaival dell’arcaico e della spiritualità poeti come Rimbaud e Henry Miller, antropologi
famosi come Claude Lèvi Strauss, esploratori della coscienza e della bioenergetica come Jung,
Groddeck e Reich e artisti come Picasso, Grotowski e Julian Beck li hanno “spiati”, studiati e
ammirati. Perchè come scrive Claudine Brelet: “per noi occidentali la ricerca sciamanica è un
viaggio non dissimile alla fuga dei bimbi e degli adolescenti, ma anche degli adulti che, avidi di
scoprire il mondo, lasciano la gabbia delle città per aprirsi ai venti. Per lasciarsi trascinare
dalla sinfonia della natura che li strega e li affascina”. Aggiunge l’etnobotanico e studioso
dell’umanità Terence Mc Kenna: “un rinnovato sciamanesimo è l’ultima buona speranza per riattivare i
canali di comunicazione diretti con l’Altro, con la “mente” della Natura. Un rinascimento del nostro
rapporto arcaico con le piante maestre (e con gli sciamani) potrebbe creare i nuovi modelli di vita
del XXI° secolo, così come il computer (e la velocità delle comunicazioni) è il modello dominante di
questo tardo XX° secolo”.
Ma oggi dove sono finiti gli sciamani? Con la distruzione delle foreste, della wilderness e il
genocidio delle popolazioni aborigene anche lo sciamano, uomo “arcaico” e supersensibile, sta
scomparendo. Lo sciamano esprime la spiritualità, l’arte, la scienza delle culture più povere della
terra, sconfitte dai colonialismi e dai nazionalismi. Nel mondo d’oggi senza bibbie e gran
monasteri, senza sponsor miliardari e senza pubblicità sui mass media, lo sciamano non riesce a
raccontarsi e perciò a esistere. E le nuove generazioni del “terzo mondo” che inseguono le “vecchie”
idee del consumismo e delle mode americane non ne vogliono più sapere di diventare sciamani.
Ma quando tutto sembra perduto il mondo è di nuovo a una svolta. La caduta di ideali politici e dei
miti di un eterno benessere ha creato un profondo disagio e una curiosità verso nuovi modelli di
vita che contemplino la spiritualità e piani evoluti di coscienza. Ecco allora, con la New Age,
ritornare di moda i nostri sciamani. Un interesse alimentato dai testi sacri di Castaneda, dal “Tao
della Fisica” di Fritjof Capra, dai vangeli della beat generation: “Pellegrinaggio in Oriente” e
“Siddharta” di Hermann Hesse, dal trattato di etnobotanica mistica “Il nutrimento degli dei” di
Terence Mc. Kenna e oggi dai sei milioni di copie della “Decima Illuminazione” di James Redfield.
Da pochi anni è nato in America l’UTA – Urgent Tribal Assistance – un progetto internazionale a
tutela della cultura sciamanica in aree a rischio. Si vogliono abbattere le barriere culturali e
finanziarie e la “congiura di silenzio” che circonda lo sciamanesimo. La fondazione paga dei
vitalizi a degli sciamani eletti ” patriarchi dell’umanità ” che sono studiati e difesi come
patrimoni culturali del mondo. Tra i beneficiari di questo premio c’è un’anziana “mamas” della tribù
colombiana dei Kogi, una sciamana della Siberia e il “lapa” Wangchuk, un esorcista tibetano che vive
nel campo profughi di Tashi Palkiel in Nepal.
Anche in Europa e in Italia girano ormai con i loro tamburi i primi sciamani “bianchi”. John Perkins
ex manager di successo e fondatore dell’ “Earth Dream Alliance” che difende le foreste
dell’Amazzonia si è fatto educare dagli indios Quechua delle Ande e dai Shuara dell’Amazzonia. Ha
scritto due libri: “Psiconavigation” dove insegna a viaggiare al di là del tempo e all’interno
dell’anima e “The stress free habit” dove elenca pratiche antistress e altri consigli salutisti dei
suoi amici sciamani. Nei suoi workshops ci guida a stati di rilassamento profondo e alla ricerca dei
nostri spiriti guida e animali totem.
Frank Natale dopo un noviziato da guru famosi – Muktananda e Krishnamurti – fonda in America la
“Phoenix House” dove si assistono giovani sbandati e drogati. Nella foresta amazzonica riceve
un’iniziazione sciamanica e dopo una folgorazione decide di insegnare nel mondo la “trance dance”,
danza sciamanica. Con gli occhi ricoperti da una bandana e accompagnati da tamburi ci si abbandona a
un movimento autogeno e curativo che nasce dal cuore e che esprime la nostra voglia di vivere e la
nostra “danza sacra”. Ci dice Frank Natale: “Nella trance dance siamo liberi di danzare e gioire
alla vita con libertà, senza chiedere il permesso a nessuno. Allora non esistono più peccati, non
esiste morale. Il grande errore è quello di non volersi bene, di danneggiarsi qualche volta così
profondamente da privarsi dell’autostima e dell’amore per sè stessi”.
Suonare il tamburo sciamanico e danzare e viaggiare ai “confini del mondo” ci fa ritrovare la forza
dell’Assoluto che è in noi. E si comprende che tutto quel nostro cercare è già di per sè un trovare.
Il nuovo sciamano del terzo millennio è un nuovo Siddharta sempre in cammino: ” non per cercare
un’altra e migliore dottrina, poichè lo so, che non ve n’è alcuna, ma per abbandonare dottrine e
maestri e raggiungere da solo la mia meta o il morire”. Un uomo che si risveglia come un re al
centro del mondo e si guarda attorno per la prima volta come un neonato: ” Il cielo pareva fluire
lentamente come i fiumi. Immobile stava il bosco e la montagna e in mezzo v’era lui Siddharta. Bello
era il mondo, variopinto, raro e misterioso era il mondo ! “.
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