PRINCIPI, CONSAPEVOLEZZA E CRESCITA PERSONALE – 5
da “Enciclopedia olistica”
di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli
Dire di no ai genitori è vitale – Chiedere continue sottomissioni ai figli ne distorce l’identità e
li trasforma in adulti masochisti
di Luciano Marchino
Dobbiamo a Wilheim Reich la prima, magistrale descrizione del tipo caratteriale masochista. La
comprensione delle dinamiche psicologiche che ne stanno alla base, permise a Reich di invalidare il
postulato freudiano di “istinto di morte”, dimostrando come anche le azioni con apparente risultato
autolesionista, fossero in realtà indirizzate, per quanto in modo distorto, alla ricerca del
piacere. La prima descrizione di questo tipo caratteriale risale quindi al 1932, anno della sua
pubblicazione sulla Rivista Internazionale di Psicanalisi, edita da Freud.
Origine del carattere masochista
Il carattere masochista si viene a creare in quel momento particolare dello sviluppo infantile in
cui il bambino, ormai pronto a rivendicare un’identità personale, cerca di guadagnare maggiori spazi
di autonomia rispetto ai genitori. A questo punto del suo sviluppo il bambino è pronto a
fronteggiare i genitori con un “no”, per delineare sempre meglio i termini della sua autonomia. Ne
consegue, spesso, uno scontro titanico in cui il genitore ha, gioco forza, ha la meglio. Nella
famiglia di origine del “bambino invaso”, l’amore e l’accettazione dei genitori sono spesso
combinati con una marcata tendenza alla pressione e all’intrusività. La madre ha un forte bisogno di
mantenere il proprio potere nella relazione, il padre è in genere passivo e sottomesso. Il bambino è
forte a sufficienza per sostenere il proprio desiderio, ma non fino in fondo.
La colpa contro l’autonomia
Il bambino non viene generalmente sottomesso con rudezza, ma viene regolarmente colpevolizzato
quando cerca di affermare la propria indipendenza, o quando esprime negatività: ” Come puoi far
questo alla mamma!” E’ tipica altresì l’importanza attribuita dalla madre al nutrimento e
all’evacuazione e proprio a questo livello l’insistenza delle “cure” materne varca il limite dei
confini personali del bambino, di nuovo con amore: ” Fai il bravo bambino! Fai contenta la mamma!
Mangia la pappa…E fai popò regolarmente! Fa vedere alla mamma!” Il bambino viene posto nelle
condizioni di far contenta la mamma oppure di essere sé stesso. La struttura masochista rappresenta
la soluzione di compromesso tra le due tendenze: non la resa totale ma un compromesso
cristallizzato. Se durante le fasi di stabilizzazione del compromesso masochista il bambino ha
avuto, come spesso accade, eccessi di collera, questi sono stati nettamente repressi sin quando egli
stesso non sia stato in grado di reprimerli da sé.
Struttura caratteriale masochista
1 – La testa è risucchiata nel tronco;
2 .Il collo è corto e massiccio;
3 – La pelle ha una sfumatura brunastra dovuta al flusso energetico stagnante;
4 – Molti peli;
5 – La pelvi è spinta in avanti e le natiche sono piatte e risucchiate;
6 – Gli organi periferici sono scarsamente caricati e l’azione espressiva è limitata a causa del
forte trattenimento energetico;
7 – La linea spezzata indica una riduzione del flusso energetico dal centro alla periferia.
L’aspetto fisico
La struttura fisica che ne consegue sarà quindi caratterizzata da una forte tendenza al
trattenimento in tutti i muscoli interessati alle azioni espressive, soprattutto negli arti. Il
corpo si presenterà di solito basso, muscoloso, tarchiato. Il collo sarà grosso e muscoloso,
incassato nelle spalle. Caratteristica è anche la postura delle natiche, che sono come risucchiate
all’interno della forte tensione intorno all’ano, suggerendo una similitudine con l’atteggiamento di
un cane che tenga la coda tra le gambe. “Alcune donne presentano una combinazione di rigidità nella
parte superiore del corpo e di masochismo nella metà inferiore. Quest’ultimo carattere si rivela
nella pesantezza delle natiche e delle cosce, nell’elevazione del pavimento pelvico e nel colore
scuro della pelle, causato dai ristagni della carica”.
Manifestazioni psicologiche
Addestrato nell’infanzia ad essere il ” bravo bambino che non dice mai di no alla mamma”, l’adulto
masochista si presenterà spesso come una persona socievole, disponibile, sempre pronta al sorriso e
alla collaborazione. L’altra faccia della medaglia è però rappresentata dal risentimento e dal
rancore, spesso connessi alla sua incapacità di essere autoassertivo e di sostenere il proprio
desiderio. Questa realtà potrà venire alla luce in due modi apparentemente opposti ma destinati ad
evocare nell’altro un’analoga reazione di stizza, fastidio o rabbia. I1 primo è rappresentato da un
insieme di tiri, scherzi, battute ironiche ‘innocenti’. In tal modo il carattere masochista riuscirà
spesso a provocare nell’interlocutore una forte reazione di intolleranza che gli consentirà di usare
a sua volta la propria rabbia. L’altro modo in cui un adulto masochista cerca sfogo alla pressione
interna, è quello di emettere un continuo lamento per le cause più disparate inerenti alla propria
salute, al tempo, alle relazioni sociali. Tipicamente masochista è una persona che nella più bella
giornata di sole dirà: “E’ proprio una bella giornata, peccato che… ” a queste ultime parole può
seguire una qualità illimitata di osservazioni lamentevoli che finiranno prima o poi per suscitare
l’irritazione di chi gli sta accanto. A causa del ridotto sviluppo dell’io, dovuto alle frustrazioni
infantili, sembra quasi che la persona masochista cerchi di continuo una nuova opportunità magari
promuovendo una risposta negativa nell’altro, per poter riprendere dal punto d’interruzione il suo
processo di autoaffermazione. Ciò non può avvenire al di fuori di un contesto terapeutico, proprio
perché le forti tensioni ormai cristallizzate, gli impongono di contenere la carica energetica. E’
come se questo ‘uomo forte’ fosse letteralmente impantanato in quella che Lowen chiama ‘palude
masochista’ in qualsiasi direzione voglia muoversi è fortemente trattenuto. A livello consapevole il
masochista si identifica con il suo desiderio di compiacere, ma a livello inconscio è strettamente
impegnato ad imbrigliare l’espressione della propria negatività. Perché egli possa fra fronte
normalmente alle esigenze della vita è necessario che i suoi sentimenti negati trovino un canale di
espressione ed elaborazione.
Il sé transpersonale – Psicologia e Meditazione Yoga-Vedanta
Laura Boggio Gilot
Se si considera l’iter della psicologia da quando è nata come scienza, si può notare un crescendo o
un approfondimento dello stato psicologico umano che va dal subconscio al conscio e infine al
superconscio. Abbiamo così una psicologia del profondo o psicoanalisi, una psicologia umanistica –
in quanto prende in considerazione la persona quale elemento conscio di sé e delle sue relazioni -,
una psicologia transpersonale che tocca vertici della coscienza che non appartengono più alla
dimensione dell’individuo tridimensionale. Quest’ultima fase può considerarsi quale effetto delle
scoperte scientifiche della fisica quantistica e della legge della relatività.
Nata in America alla fine degli anni sessanta, la psicologia transpersonale ha in Abraham Maslow il
suo geniale iniziatore e in Roberto Assaggioli il suo primo codificatore e per la sua rivoluzionaria
visione e stata definita la quarta forza della psicologia, dopo la psicoanalisi, il comportamentismo
e la psicologia umanistica.
E’ questa la psicologia delle “vette” che nella ricerca della verità ultima scopre ciò che nella
psiche umana riguarda il futuro invece che il passato, le potenzialità invece che le frustrazioni,
l’esperienza sprituale invece che quella istintuale. Da tutto ciò deriva una visione dell’uomo quale
unità bio-psico-spirituale in tensione intorno a un centro di volontà.i che ne armonizza e ne
sintetizza i diversi piani. La scoperta più grande è che questo centro, che appariva la meta della
visione umanistica in psicologia, è invece solo il riflesso di un più.alto e trascendente centro che
e il seme dell’intera individualità. L”io” non e la più alta espressione della natura umana: l'”io”
personale è come il raggio del sole che nasce da un più allo e Trascendente “Se personale” che, come
dice Assagioli, “appare esistere in una sfera di realtà diversa dal pulsare della corrente dei
fenomeni psichici e di quella della vita organica, ed è ad essa trascendente e non può da questa
venire influenzata, mentre il suo influsso può modificare profondamente le condizioni psicofisiche
in cui l’io esiste”.
L’obiettivo della psicologia Transpersonale è la scoperta e la realizzazione di questo “Sé” che
rappresenta l’Unità sottostante ogni apparente molteplicità. Essa pertanto non si limila allo studio
della dimensione umana, ma si allarga anche a quella del cosmo in cui la persona vive, alleandosi
nella sua ricerca ai risultati della scienza e della filosofia.
Nell’aspirazione alla comprensione della totalità della vita, sia a livello macrocosmico che
microcosmico, questa corrente della psicologia non studia solo ciò che è oggettivamente
verificabile, ma prende in considerazione anche le realtà superiori esperibili solo soggettivamente,
realtà che, sfuggendo ad ogni codificazione scientifica, sono stale sino ad ora considerate
esclusivamente nell’area della mistica e della metafisica. Avvicinandosi all’esperienza spirituale
da un punto di vista “scientifico”, l’approccio transpersonale favorisce l’accesso della psicologia
alla sapienza contemplativa, e con questo accosta scienza e misticismo in un confronto che intende
sintetizzare tradizioni diverse ai fini di una conoscenza integrale dell’essere umano.
In questo contesto si rivela di straordinario significato la dottrina Vedanta che ha trattato in
modo approfondito la natura del Sé, i tre stati dell’Essere (grossolano, sottile e causale), la
costituzione dell’ente nella sua totalità e ha inoltre offerto un potente mezzo operativo: la
meditazione Yoga-Vedanta.
“Questo libro – afferma Laura Boggio Gilot nella Prefazione – come il precedente lavoro Forma e
sviluppo della coscienza, è nato dalle mie personali esperienze di ricercatrice nel campo della
psicoterapia e della tradizione meditativa.
Psicoterapia e meditazione, seppur con modalità e finalità diverse, rappresentano discipline
impegnate sul fronte della “mente”: l’una per guarirne le scissioni psicopatologiche, l’altra per
trascenderne le identificazioni che limitano la “percezione” della Realtà. Sia che si vogliano
chiamare fattori di malattia o qualità dell’ignoranza, i contenuti mentali che sono affrontati nella
psicoterapia e nella meditazione sono gli stessi, e la mente rappresenta l’area ove scienza e
sapienza si incontrano, l’una con motivazioni di guarigione, l’altra con motivazioni di conoscenza e
di spiritualità, entrambe per affrontare e cercare di risolvere la sofferenza dell’essere umano”.
Nella seconda parte del libro, “La meditazione Yoga-Vedanta e lo sviluppo transpersonale”, l’Autrice
prende in esame il processo dello sviluppo personale e transpersonale, la visione spirituale del
mondo, i vari sentieri meditativi e infine il processo della discriminazione tra Sé e non-Sé che è
di fondamentale importanza per il sentiero Vedanta.
La sintesi della psiche
di Giorgio Fresia
Sigmud Freud, accusato di fare troppa analisi e poca sintesi, al quinto congresso di Psicanalisi a
Budapest nel 1918 disse: “quando nell’analisi di un caso noi eliminiamo le resistenze vediamo
l’attività psichica coordinarsi e la grande unità che noi chiamiamo io, riunire tutte le pulsioni
istintuali fino allora scartate e staccate. E’ in questo modo che si realizza automaticamente,
inevitabilmente la Psicosintesi senza che noi dobbiamo intervenire; scomponendo i sintomi nei loro
elementi, togliendo le resistenze, noi creiamo le condizioni necessarie alla realizzazione di questa
sintesi”.
Contemporaneamente altri autori cominciarono ad occuparsi del processo della sintesi nella psiche
dell’uomo. Paul Bjerre nel 1920 ha pubblicato un libro sulla terapia psicosintetica seguito e
preceduto da autori come Jamet (1908), Meutra (f923), Jonge (1937) Maider, Caruso, Stocker,
Firetsch.rner, Lepp Crawford, Hauser e altri.
L’autore che ha studiato maggiormente il processo della sintesi è stato Roberto Assagioli, scomparso
nel 1974. Egli comprese che la Psicosintesi si realizza automaticamente e inevitabilmente non solo
nell’uomo psicoanalizzato ma anche nell’uomo sano e che si può, con l’uso di tecniche ed esercizi,
farlo diventare cosciente e volontario.
Questa scoperta ha permesso nuove applicazioni non solo nella psicoterapia ma soprattutto nella
autoformazione, nella educazione, nei rapporti interpersonali e sociali.
Nasce un modello della psiche umana basato sul processo della sintesi. Bisogna premettere che
qualunque schema non può rappresentare veramente la psiche ma è solo un aiuto per capire meglio e
che non può essere definitivo perché siamo solo all’inizio della conoscenza dell’uomo.
Osservando il modello possiamo notare che le linee sono discontinue e tratteggiate: questo significa
che non esistono strutture rigide ma c’è sempre un interscambio, tra i vari livelli, una osmosi.
L’inconscio non è un sostantivo ma un aggettivo; è una condizione momentanea di una parte della
psiche: se io penso al numero di targa della mia automobile non lo ricordo subito perché è
inconscio. Ma se insisto mi viene in mente, diventa conscio. Poi lo dimentico e così torna ad essere
inconscio. La coscienza è il campo che noi possiamo osservare con la nostra attenzione. L’io è pura
autocoscienza, è colui che rivolge l’attenzione alla coscienza.
Il numero uno e l’inconscio inferiore: è il livello nel quale sono gli istinti fondamentali simili a
quelli del mondo animale, l’intelligenza biologica, i complessi emozionali ed affettivi, le forme
parapsicologiche più semplici. Freud e i suoi collaboratori hanno studiato questo livello
dell’inconscio.
Il numero due è il livello del subconscio, della memoria, della rielaborazione delle idee e dei
sentimenti, simile alla coscienza.
Il tre è il superconscio è la dimensione transpersonale o spirituale dalla quale vengono le
ispirazioni, illuminazioni, intuizioni, estasi, gioia, altruismo, generosità, coraggio, è la
dimensione delle potenzialità umane come la libertà, l’amore altruistico, la fratellanza, il
rinnovamento ecc.
Il quattro è il campo della coscienza, dove con l’attenzione possiamo cogliere i pensieri,
sentimenti, desideri, impulsi, immagini, sensazioni, analizzarli, giudicarli e trasformarli.
Il cinque è l’io o autocoscienza. Normalmente non abbiamo l’esperienza della autocoscienza perché
siamo identificati nei vari contenuti della coscienza. Il processo della sintesi è l’esperienza
dellio inteso come paura autocoscienza senza identificazioni. Lio e il centro, stabile,
immutabile. I contenuti della coscienza sono in continua trasformazione.
Il numero sei è il Sé transpersonale, il “quid” divino che è in noi a cui sono stati dati tanti nomi
nelle varie culture. Tra lio e il Sé vi è una relazione simile a quella che c’è tra un raggio di
sole e il raggio riflesso. E’ la vera realtà dell’uomo, è la sintesi transpersonale della psiche
umana.
Il numero sette è l’inconscio collettivo
arcaico studiato da Jung e i suoi collaboratori.
Il processo della sintesi si realizza a vari livelli: dalla conoscenza di se stessi alla
disidentificazione e alla esperienza della autoconoscenza, dalla esplorazione della dimensione
transpersonale alla sintesi del Sé transpersonale.
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