Principi, trattamenti e simboli del Reiki
< REIKI >
REIKI termine di origine giapponese nato dall’unione di Rei intesa come
energia cosmica universale e Ki che della stessa energia costituisce la
manifestazione individuale presente in ogni essere vivente.
Come per gli orientali l’uomo è il tramite tra Cielo e Terra, così chi
pratica Reiki diventa un ponte tra l’energia universale e il soggetto con il
quale si stabilisce un contatto attraverso il tocco delle mani.
Il Reiki è una forma antichissima di conoscenza che risale al V° secolo
a.C., e dopo un lungo periodo di oblio è ritornato alla luce intorno al XIX°
secolo grazie al monaco dott. Mikao Usui.
Rientra nei metodi di medicina alternativa dolce e permette di trovare una
buona armonia tra mente e corpo raggiungendo una forma di benessere. Non
solo, ma andando a lavorare in profondità aumenta la propria sicurezza e
fiducia in sé riducendo lo stress e situazioni di ansia.
E’ interessante notare che anche la medicina ufficiale ammette oramai
l’origine psicosomatica di alcune malattie. Per il Reiki tutto parte
dall’interiore, e il problema viene risolto attraverso un riequilibrio del
Ki con il Rei.
Questo metodo di guarigione naturale, se praticata in maniera corretta e
continuativa da risultati sorprendenti.
Precisiamo che il Reiki non è una religione e soprattutto non ha
controindicazioni, e anche in assenza di problemi fisici ha ugualmente
effetti positivi perché disintossica l’organismo, riattiva la circolazione,
rigenera i tessuti e induce uno stato di rilassamento generale (quest’ultimo
fondamentale per una positiva ripresa).
Principi del Reiki:
– Per oggi non preoccuparti
– Per oggi non arrabbiarti
– Onora i tuoi genitori i maestri e anziani
– Sii onesto nei tuoi guadagni
– Sii grato verso ogni essere vivente
LA STORIA DI REIKI
Il Mito di Usui
Mikao Usui era un Monaco Cristiano e come ogni domenica, si apprestava a
officiare la regolare cerimonia nella cappella del collegio maschile di cui
era anche il rettore. Uno degli studenti si alzò in piedi, chiese il
permesso di parlare e quando gli fu accordato disse:
“Parlo in nome degli studenti che hanno concluso gli studi e lasceranno la
scuola per andare nel mondo. Noi siamo giovani e abbiamo tutta la vita
davanti a noi, ma abbiamo anche molti dubbi e timori e vorremmo delle
rassicurazioni. Per anni abbiamo studiato in questo collegio e conosciamo la
Bibbia, sappiamo che Gesù Cristo operava miracoli perché le persone
credessero in lui. Ma noi non abbiamo mai assistito ad alcun miracolo e ci
chiediamo che cosa significa credere in Dio. In tutti questi anni, Dottor
Usui, Lei è stato il nostro insegnante e la nostra guida, conosciamo la Sua
fede profonda nelle Sacre Scritture, ma noi non abbiamo la Sua fede. Per
favore, la preghiamo di darci una dimostrazione che ciò che è scritto
corrisponde a verità.”
Usui disse che era vero, che era un buon Cristiano e che aveva una assoluta
fiducia che ciò che si diceva del Cristo fosse pura verità e che esistevano
testimonianze storiche e opere teologiche che dimostravano le capacità
taumaturgiche del Cristo e l’esistenza dei miracoli.
Ma lo studente continuò: “Noi la onoriamo e la rispettiamo come nostro
Maestro, ma tra poco noi saremo fuori di qui e ce la dovremo cavare da soli.
Noi le chiediamo di farci vedere come si fa a restituire la vista a un cieco
o a guarire un lebbroso o a resuscitare un morto.”
Usui rispose che questo non poteva farlo, perché nessuno glielo aveva
insegnato.
E lo studente riprese a parlare con un velo di amarezza nella voce: “Noi la
ringraziamo per tutto quello che ci ha insegnato, ma ora sappiamo che la Sua
fede è una fede cieca e noi non vogliamo credere ciecamente a qualcosa,
vogliamo fatti e dimostrazioni tangibili, vogliamo essere certi che quello
che facciamo o diciamo esiste davvero. Lei ha ricevuto in dono questa fede
assoluta e ha vissuto a lungo per rafforzarla, ma questo riguarda la Sua
vita. Noi stiamo iniziando la nostra e abbiamo bisogno almeno di una
dimostrazione per continuare a credere in Lei e nei Suoi insegnamenti e
avere un giorno la Sua stessa fede.”
Usui disse che non poteva mostrare alcuna guarigione in quel momento, e non
volle proseguire oltre quella discussione. Ma le parole dello studente lo
avevano profondamente colpito e dopo un lungo silenzio aggiunse: “Bene,
dunque. Io non posso dimostrarvi nulla, in questo momento, ma un giorno ve
lo proverò. E per fare questo fin da ora rassegno le mie dimissioni da ogni
incarico e parto alla ricerca del segreto della guarigione. E quando lo
troverò, ritornerò e vi farò vedere una dimostrazione.”
E così Mikao Usui, non più giovanissimo, partì alla ricerca di come poter
guarire gli ammalati e ridare la vista ai ciechi. Per sette anni approfondì
i suoi studi sul Cristianesimo e sulla Bibbia ma non trovò alcuna
spiegazione né alcuna formula sulla guarigione. Studiò altre Religioni e
Filosofie e quando giunse al Buddismo scoprì che anche il Buddha conosceva
l’arte di guarire i ciechi e i lebbrosi. Si recò dunque nei monasteri
chiedendo ai monaci se fosse vero che nei Sutra si parlava del potere di
guarire le malattie, ma la risposta era quasi sempre la stessa:
“Si, certo, è scritto che il Buddha guariva i lebbrosi appoggiando le mani
sul loro corpo, ma noi monaci buddisti riteniamo che tutto dipende dalla
mente e non possiamo dedicare molto tempo al corpo. Certo è importante
mangiare e bere moderatamente e occuparsi di essere in salute e rispettosi
della vita, ma quello che ci preme innanzi tutto è la salute dello Spirito.
Per questo noi trascorriamo lunghe ore immobili nella meditazione o
recitando preghiere, per trascendere il corpo e sviluppare le facoltà della
mente.”
E ogni volta Usui faceva un inchino, ringraziava e andava nel monastero
successivo. Trascorsero mesi e mesi di infruttuose ricerche, tutti
sembravano troppo occupati con la mente per interessarsi del corpo, e Usui
era molto depresso; ma non mollava e ogni volta diceva a se stesso che
evidentemente doveva esserci un altro posto in cui cercare. E finalmente
incontrò un Tempio Zen, fu accolto con benevolenza, gli fu accordato il
permesso di leggere i Sutra e di partecipare alle sedute di meditazione con
i monaci. Passarono altri tre anni ed era sempre più chiaro per Usui che le
ricerche sarebbero durate ancora molto tempo. Egli comprese che molte
trascrizioni erano originariamente scritte in Cinese e per leggerle imparò
il Cinese, poi pensò che Buddha era nato in India e che sicuramente molte
delle scritture non erano state ancora tradotte. E fu proprio in quei Sutra
scritti nell’antica lingua Sanscrita che Usui alla fine trovò la formula.
Niente di complicato, semplice e chiara. Come due più due fa quattro e tre
più tre fa sei. Ma la formula era stata scritta 2.500 anni prima. Doveva
essere interpretata correttamente. Avrebbe funzionato o lo avrebbe ucciso?
Usui parlò con il monaco che dirigeva il monastero Zen: “Andrò sul monte
Koriyama e mi sottoporrò alla prova per 21 giorni. Digiunerò e mediterò.
Arrivato a questo punto non posso tirarmi indietro. Se il ventiduesimo
giorno non sarò ritornato, mandate a cercare il mio corpo perché vorrà dire
che sono morto.” E partì.
Scelse un luogo vicino a un corso d’acqua, si sedette sotto un grande cedro
e iniziò la meditazione. Collocò davanti a sé ventun sassolini, e ogni
giorno che passava ne toglieva uno. Egli sapeva che doveva aspettare che
accadesse qualcosa, ma non sapeva cosa.
E nel frattempo leggeva le scritture, recitava i Sutra, meditava e beveva
solo acqua. Stava per sopraggiungere l’alba del ventunesimo giorno, la notte
era ancora scura, senza luna, senza stelle. Quella era l’ultima meditazione.
Quando aprì gli occhi vide in lontananza una piccola luce tremolante, come
la fiamma di una candela. La luce si avvicinava verso di lui, puntando
diritta alla fronte. Ne ebbe paura, pensò che era ancora in tempo per
evitarla o per chiudere gli occhi, ma sapeva che quella era la prova che
stava aspettando e rimase a fissarla. In un attimo la luce lo colpì in mezzo
alla fronte e l’impatto fu così forte che Usui cadde all’indietro. Quando
cominciò a guardarsi intorno, ancora stordito dal colpo, vide milioni e
milioni di sfere di luce agitarsi, muoversi, danzare davanti a lui. Avevano
tutti i colori dell’arcobaleno, tutti e sette. Una grande luce apparve
davanti a lui e come su uno schermo egli vide passare in lettere dorate ciò
che aveva appreso quando leggeva il testo Sanscrito. Le parole pulsavano
davanti ai suoi occhi come dicendo: “Ricordati, Ricordati. E’ Così.
Ricordati”. E Usui non sentiva più dolore, né paura, né fame né stanchezza e
sentì che aveva ricevuto una benedizione, quel giorno.
“Ora posso aprire gli occhi e gettare l’ultimo sasso” disse. Si alzò e
riprendendo il cammino di ritorno si accorse che le sue gambe erano forti e
i piedi stabili, come se avesse pranzato. “Questo è il primo miracolo!”
pensò, “Mi sento sazio e riposato”.
Scendendo dalla montagna, inciampò in una roccia e si ferì un dito del
piede, l’unghia era staccata, la ferita sanguinava e doleva molto.
Istintivamente afferrò il dito con la mano e poco dopo sentì un profondo
calore che entrava nella ferita. Il dolore scomparve e il sangue cessò di
uscire. “Questo è il secondo miracolo”, pensò.
E continuò il cammino.
Dopo un po’ incontrò una locanda e si fermò per riposare e per mangiare
qualcosa. La figlia del padrone aveva un terribile mal di denti e da
settimane piangeva dal dolore. Usui mise le mani sulle sue guance e in breve
il male svanì. La ragazza incredula e felice saltava qua e là ringraziando e
dicendo a tutta la famiglia che quello non era un monaco normale, ma che
aveva qualcosa di magico nelle sue mani. Il padrone della locanda per
sdebitarsi offrì un’abbondante colazione al suo inatteso ospite, non
nascondendo il timore che dopo tanti giorni di digiuno potesse arrecargli
danno. Dopo essersi saziato Usui pensò che erano accaduti altri due
miracoli: la ragazza non aveva più il mal di denti e lui non aveva fatto
indigestione.
Verso sera fu di ritorno al monastero e come prima cosa voleva vedere il
monaco per raccontargli ogni cosa, ma il monaco soffriva di artrite ed era
in preda ad un violento attacco di mal di schiena. Usui andò a trovarlo
nella sua piccola stanza e mentre raccontava teneva appoggiate le sue mani
sulla schiena del povero malato. E disse del digiuno, della lunga attesa,
della luce e di come era andata la giornata. Terminato il racconto Usui fece
per congedarsi, ma il monaco dopo un attimo di stupore disse: “Il dolore non
c’è più, potrò dormire finalmente! Mi sento meravigliosamente e pieno di
energia! Così è questo che tu chiami Reiki! Domani parleremo ancora”.
E così decisero che il modo migliore per usare il segreto della guarigione
era portarlo dove più ce ne era bisogno, ovvero nei sobborghi di Kyoto, nel
quartiere dei mendicanti. E infatti Usui vi si stabilì per diversi anni,
perfezionando la tecnica della guarigione: scoprì che i giovani guarivano
più in fretta, bastavano pochi giorni di trattamento, mentre i più vecchi
necessitavano di settimane, a volte mesi di applicazioni di Reiki. Egli
lavorava instancabilmente e poco a poco tutti o quasi avevano potuto guarire
le loro malattie, recarsi in città, trovare un lavoro e diventare cittadini
rispettabili.
Ma un brutto giorno, mentre Usui girava per il sobborgo per vedere quanto
lavoro restava ancora da fare, incontrò una faccia conosciuta, e poi
un’altra e un’altra ancora. Le persone che aveva curato e che avevano
cambiato vita stavano ritornando indietro, volevano fare di nuovo i
mendicanti. Usui ebbe un violento accesso di collera, vide il lavoro di anni
vanificarsi in un attimo e gridava queste parole: “Cosa ho fatto? Cosa ho
fatto? Io non ho salvato una sola anima! Dunque avevano ragione che la mente
è più importante del corpo. Ho dunque fallito, completamente fallito? Se
avessi pensato prima di tutto a guarire il loro spirito e poi il corpo forse
non sarebbe andata così”.
Ed era davvero deluso e amareggiato e se la prendeva con se stesso. E quando
chiese ai mendicanti perché fossero tornati, uno rispose: “Chiedere
l’elemosina è un mestiere molto più facile di tutti quelli che ho trovato là
fuori. E’ più facile trovare qualcosa da mangiare e un posto dove dormire
che lavorare tutto il giorno. Fare il mendicante è un buon lavoro, mi
riempio la pancia e non devo stressarmi più di tanto.” Le ultime parole di
Usui furono: “Ingrati, siete avidi e ingrati, volete tutto per voi e non
siete disposti a dare nulla in cambio: ecco perché siete di nuovo in mezzo
al fango. I mendicanti restano mendicanti, siete solo capaci di chiedere, ma
non conoscete gratitudine né generosità. Basta Reiki, basta mendicanti!”
Ma gli anni di lavoro nel quartiere non erano stati vani: ora egli sapeva
che non bastava guarire il corpo, ma occorreva anche insegnare agli uomini a
essere grati per la vita, a essere onesti e generosi, a ringraziare Dio per
i doni di ogni giorno. E così nacquero i Princìpi di Reiki: solamente per
oggi, non arrabbiarti. Solamente per oggi, non preoccuparti. Terremo conto
di tutte le benedizioni e onoreremo i nostri genitori, i nostri insegnanti e
i nostri vicini. Onoreremo il cibo, non lo sprecheremo, perché anche il cibo
è un dono di Dio. Vivremo onestamente, ci guadagneremo da vivere in modo
dignitoso e infine saremo pieni di amore e di compassione verso tutto ciò
che ha vita.
Usui trascorse il resto della sua vita viaggiando a piedi per tutto il
Giappone. Egli andava nei mercati affollati di gente e vagava su e giù con
una lampada accesa in mano in pieno giorno. E quando qualcuno gli faceva
notare rispettosamente, poiché era un monaco conosciuto e stimato, che se
cercava qualcosa non c’era bisogno di quella luce, perché era giorno e si
vedeva benissimo, egli rispondeva: “Quello che sto cercando io non si vede
alla luce del sole. Il mondo è pieno di gente triste chiusa e arrabbiata. Io
cerco qualcuno che abbia voglia di far luce nel suo cuore e guarire da ogni
sofferenza, e rendere puri e forti la mente, il carattere e il corpo. Se
vuoi ascoltare questa lezione, seguimi.”
La Vita di Usui
Mikao Usui Sensei nacque il 15 Agosto 1865 a Yago, un villaggio nel
distretto Yamagata, nella prefettura Gifu, sua moglie si chiamava Sadako e
aveva due figli. Usui diresse inizialmente una impresa familiare ma poichè
non ebbe molta fortuna si dedicò ad una intensa attività spirituale.
Visitò molti conventi buddhisti e studiò testi antichi imparando il
sanscrito, il cinese e il tibetano. Si diresse in Cina, in India, in Nepal e
nel Tibet dove rimase per sette anni presso un Lama.
Un giorno decise di salire sul Sacro Monte Sukurama e di meditare fintanto
che non fosse riuscito a svelare il Segreto della Guarigione. Dopo molti
giorni di digiuno fu istruito su come ricevere e trasmettere l’energia di
Reiki.
In seguito divenne monaco viandante Unsui dell’ordine Mikkyo. Durante questo
periodo iniziò a Reiki oltre 2000 persone. Nel 1921 aprì una Scuola Reiki a
Harajuki, Aoyama, Tokyo. Nel 1923 in occasione del disastroso terremoto di
Tokyo Usui Sensei si prodigò per dare aiuto con Reiki. Qualche anno dopo
aprì un’altra clinica, più grande, fuori città, a Nakano.
Usui Sensei fondò l’Usui Shiki Ryoho, ovvero il Sistema Usui di Guarigione
Naturale, di cui fu presidente fino alla morte, avvenuta il 9 Marzo 1926. Da
allora ci sono stati sei presidenti: il Signor Ushida, il Signor Taketomi,
il Signor Watanabe, il Signor Wanami, la Signora Kimiko Koyama e l’attuale
presidente Signor Kondo.
Nel Tempio Saihoji che si trova nel Distretto Suginami di Tokyo esiste un
monumento commemorativo di Usui Sensei, costituito da un monolito di due
metri per quattro e collocato vicino alla tomba contenente le ceneri di
Usui, della moglie e del figlio. Contiene iscrizioni firmate dal Signor
Ushida che parlano della vita di Usui e di come i principi di Reiki
provengano dagli scritti dell’Imperatore Meiji. Il memoriale fu costruito
pochi mesi dopo la morte di Usui e mantenuto fino ad oggi dalla Usui Shiki
Reiki Ryoho Giapponese.
Note
Secondo antichi documenti nel 770 d.C. un monaco di nome Gantei scalò il
monte Kurama e ricevette l’illuminazione. Egli vi fondò un monastero
Buddista che attraverso i secoli fu ampliato e che attualmente contiene
numerosi templi e pagode. In uno di questi esiste un santuario con la
rappresentazione del Sonten, il Dio Supremo, e della sua triplice emanazione
di Amore, Luce e Potere. Da immagini e fotografie risulta chiaro che il
simbolo dell’Amore è molto simile al 2° simbolo di Reiki, il simbolo della
Luce è in Sanscrito e il simbolo del Potere è una antica versione del
simbolo OM. Negli scritti conservati nel Tempio del Monte Kurama il
significato di Sonten è espresso usando il quarto simbolo di Reiki, che è
scritto e pronunciato in Giapponese Kanji e viene normalmente cantato dai
monaci durante la preghiera nel Tempio Hondon.
Reiki ai giorni nostri
Per quanto riguarda Reiki in occidente, occorre risalire all’incontro di
Usui con Chujiro Hayashi, ufficiale di Marina in congedo, che avvenne in uno
dei mercati in cui Usui vagava con la torcia in mano. Hayashi fu affascinato
dalla verità e dalla convinzione di Usui e decise di seguirlo. Fu
probabilmente lui a creare un metodo più organizzato per il trattamento di
Reiki e le posizioni delle mani, i tre livelli di iniziazione, le cerimonie
di attivazione e l’opportunità di pagare un prezzo in cambio di Reiki.
Hayashi morì il 10 Maggio 1940, proprio quando l’entrata del Giappone nella
II Guerra Mondiale appariva ormai inevitabile.
Hawayo Takata conobbe Hayashi alle Hawaii nel Novembre del 1936. Fu proprio
lei a portare Reiki nel mondo Occidentale quando si trasferì in California.
Era nata il 24 Dicembre 1900 e morì nel 1980, lasciando 22 Maestri di Reiki,
molti dei quali americani: George Araki, Dorothy Baba, Ursula Baylow, Rick
Bockner, Patricia Bowling, Barbara Brown, Fran Brown, Phyllis Furumoto, Beth
Gray, John Gray, Iris Ishikuro, Harry Kuboi, Ethel Lombardi, Barbara
McCullough, Mary McFayden, Paul Mitchell, Bethel Phaigh, Shinobu Saito,
Virginia Samdahl, Wanja Twan, Barbara Weber Ray, Kay Yamashita
Da questi Maestri ebbe origine il Reiki Occidentale, in meno di 20 anni
Reiki si è diffuso in tutto il mondo ed è attualmente praticato da decine di
milioni di persone. Migliaia di Maestri operano in ogni paese spargendo
nuovi semi. Ci auguriamo che un giorno tutti possano conoscere i benefici di
Reiki. Quel giorno non esisteranno più le guerre.
I Princìpi Etici di Reiki
Come abbiamo potuto constatare leggendo la Storia di Reiki, non sempre è
sufficiente l’amore e la buona volontà di chi offre Reiki per ottenere
risultati graditi. La vicenda di Usui nel campo dei mendicanti (o durante il
terremoto di Tokyo) è una lezione contemplata anche nel Vangelo, quando si
dice che è inutile dare le perle ai porci perché si sprecano le perle e si
irritano i porci. Non basta nemmeno ricevere Reiki se non si è veramente
disposti a guarire, se non si vuole vedere o sentire qualcosa che ci
riguarda a fondo ma che tutto sommato è più comodo tenere nascosto. I
princìpi di Reiki ci aiutano a comprendere sempre più a fondo il concetto di
guarigione, che non può prescindere da norme di comportamento che portino
luce e armonia nei vari aspetti della nostra vita.
L’INIZIAZIONE
L’Iniziazione è una cerimonia sacra e segreta trasmessa oralmente di Maestro
in Maestro. E’ la condizione necessaria e sufficiente per l’apertura dei
canali energetici e mette in condizioni lo studente di canalizzare l’energia
di Reiki e di applicarla attraverso le mani.
L’iniziazione al primo livello si divide in quattro cerimonie, per il
secondo livello l’iniziazione è una e così anche per il terzo livello. La
durata della cerimonia è di pochi minuti e solo un Maestro di Reiki può
farla. E’ bene spendere qualche parola sul concetto di “iniziazione”. Questa
parola può evocare in una persona che non abbia dimestichezza con i percorsi
di crescita spirituale qualcosa di esoterico e misterioso se non addirittura
di doloroso o pericoloso. Si pensa a coloriti rituali di lontane tribù o a
complesse e magiche pratiche di sette segrete e così via. Nulla di tutto
ciò. In ogni percorso di crescita e di apprendimento si incontrano vari
passaggi, tappe successive che via via propongono allo studente nuove
informazioni e presuppongono nuove abilità. Nella vita di tutti i giorni
assistiamo con frequenza o viviamo situazioni di “passaggio”. Il primo
giorno di scuola, la prima fidanzata, la prima vacanza da soli, il primo
giorno di lavoro in un nuovo ufficio, la prima comunione, il battesimo, la
cresima, la pubertà, il matrimonio, la nascita di un figlio, un esame
all’università etc. Tutte queste sono “iniziazioni”, sono passaggi che ci
conducono da un livello di esperienza ad uno successivo, in quel continuo
processo di avvenimenti che chiamiamo Vita.
L’iniziazione corrisponde in definitiva a un nuovo livello di coscienza che
si instaura nell’individuo e la cerimonia serve a dare un contenuto sociale,
un riconoscimento formale che fissi e determini la responsabilità che
consegue alla scelta. Quando mi sposo, assumo l’impegno di rispettare
determinati principi come la fedeltà e la convivenza; quando vengo ordinato
sacerdote il rituale a cui mi sottopongo formalizza la mia volontà di
servire Dio e nello stesso tempo mi investe di poteri e doveri che variano a
seconda della religione a cui appartengo.
Quando prendo la Laurea, non sono più quello di prima, ho concluso un ciclo,
sono abilitato a svolgere una nuova e diversa attività, in particolare non
sono più uno studente di medicina, sono un medico. E gli esempi potrebbero
continuare all’infinito. Vediamo quindi che nel concetto di passaggio da uno
stato all’altro si manifesta un altro aspetto fondamentale: la fine,
l’esaurimento, la morte simbolica di una vecchia identità e la nascita di
una nuova coscienza. Se indaghiamo a fondo, il timore legato al concetto di
iniziazione è legato alla consapevolezza di non poter più essere quello di
prima e alla paura di dover affrontare qualcosa di nuovo e sconosciuto.
IL TRATTAMENTO
Introduzione
Reiki è una tecnica di Guarigione naturale che utilizza come fondamentale
strumento le mani. Esistono vari tipi di trattamento, vediamoli uno per uno.
Trattamenti di I livello
Autotrattamento
Serve per dare Reiki a se stessi, lavora principalmente sui Chakras. Si
appoggiano le mani sulla testa, sulla fronte, sulla gola, sul cuore, sullo
stomaco, sul ventre e sui genitali. Serve come pratica personale quotidiana,
la sera prima di addormentarsi o la mattina appena svegli, quando si ha un
po’ di tempo da dedicare a se stessi. Consigliato nei casi di malattie gravi
o per supportare momenti di passaggio dolorosi o delicati. Una forma assai
efficace di autotrattamento è la posizione sul cuore prolungata a piacere.
Trattamento veloce
Si fa con un partner, le posizioni riguardano i Chakras e sono le stesse
dell’autotrattamento. Si fa dall’alto in basso perché in questo modo la
nostra energia si radica a terra e ci dà forza e presenza. E’ indicato in
casi di shock o di attacchi di panico e può durare anche pochi minuti. Si fa
in piedi o seduti.
Trattamento di base
E’ il trattamento più completo, detto anche “La Fondazione” perché
attraverso le posizioni delle mani va a dare energia alle ghiandole, agli
organi interni e a quelli di senso, alle articolazioni, ai gangli linfatici
e a tutti i punti più importanti del corpo umano. Le posizioni sono 22 e
dura circa due ore. Particolarmente consigliato il ciclo dei quattro
trattamenti, che serve a ristabilire velocemente l’organismo da qualsiasi
grave malattia e a produrre un profondo processo di purificazione.
Trattamento dei cinque organi
Non è un trattamento esplicitamente contemplato dalla tradizione, serve a
dare energia ai cinque principali organi della Medicina Tradizionale Cinese
e avviare un processo di guarigione soprattutto sul piano emozionale. Dura
circa mezz’ora.
Equilibratura dei Chakras
Altro trattamento non contemplato dalla tradizione, è simile al trattamento
veloce ma si riceve da sdraiati e attraverso una particolare procedura serve
a sintonizzare i Chakras sull’energia del cuore.
Trattamento a piante e animali
E’ possibile dare ReiKi a qualsiasi organismo vivente che necessita di
energia per migliorare le condizioni di salute. Notevoli risultati si
riscontrano con piante e animali, non vi sono particolari modalità.
Trattamento a medicinali
Se dobbiamo assumere farmaci, qualche minuto di ReiKi elimina gli effetti
collaterali. Occorre però sapere che ReiKi può eliminare gli effetti stessi,
qualora la persona non necessiti realmente della medicina.
Trattamenti di II livello
Trattamento mentale
Serve a portare ReiKi profondamente all’interno del sistema
Mentale/Emozionale, e dare energia direttamente all’essenza dell’individuo.
La chiave di accesso è rappresentata dal II simbolo e dura una ventina di
minuti
Trattamento a distanza
Utilizzando il III simbolo possiamo effettuare un trattamento a persone che
non sono presenti fisicamente o a situazioni della nostra vita che
necessitano di energia. E’ sempre bene informare la persona a cui si manda
il trattamento a distanza o assicurarsi che sia consenziente. Poiché il
trattamento induce uno stato di profondo rilassamento è bene effettuarlo
quando la persona è nelle migliori condizioni per riceverlo.
Purificazione degli ambienti
E’ possibile trattare i luoghi in cui soggiorniamo attraverso un particolare
procedimento che vede coinvolti il I e III simbolo. Serve ad eliminare
energie naturali o umane dannose per l’equilibrio delle persone che ci
vivono o lavorano. Nodi di Hartmann e campi elettromagnetici sono causa di
vari disturbi. Con la purificazione vengono eliminate influenze negative per
un periodo di due-tre settimane.
I simboli del Reiki
I simboli del Secondo Livello.
Come abbiamo visto, il Secondo Livello si serve di tre simboli che vengono
utilizzati nei vari trattamenti. Si tratta di alcuni dei simboli ritrovati
da Usui nella sua ricerca sui testi protobuddhisti, e successivamente
visualizzati nella sua esperienza sulla montagna sacra. Ne vedremo ora
insieme le caratteristiche essenziali; ometteremo dalla nostra trattazione
tanto l’aspetto esteriore di tali simboli quanto il loro nome, del quale ci
limiteremo a fornire la traduzione in italiano. L’essenza di tali simboli è
infatti sacra, e secondo gli insegnamenti del Reiki essi non devono mai
essere rappresentati graficamente o pronunciati a vanvera; ciò non risponde
ai dettami di un sistema di fede religiosa, ma tra le altre cose è un
principio generale dell’esoterismo e dell’Ermetismo: i simboli più legati
agli archetipi della realtà possiedono una carica energetica estremamente
forte, ed utilizzarli nel modo sbagliato, oltre che essere inutile, rischia
di mettere in moto energie che non si è magari in grado di indirizzare in
maniera appropriata. Per questo motivo, il loro insegnamento è riservato ad
un rapporto diretto con i Maestri di Reiki, nell’ambito dei seminari
relativi.
Il primo simbolo.
La traduzione in italiano del nome del primo simbolo del Reiki significa
“comando all’energia vitale universale” (il significato pratico di questo
simbolo è: “energia, vieni qui”). Serve per richiamare l’energia e
concentrarla dove vogliamo. È il sigillo di qualsiasi tecnica mentale del
Reiki. Utilizzato in congiunzione con i trattamenti del Primo Livello,
conferisce loro una potenza ed un’efficacia molto maggiore. Per fare ciò,
tracciate il simbolo sul corpo del paziente, oppure su ogni posizione del
trattamento, ripetendo mentalmente per tre volte il nome del simbolo stesso.
Attenzione: data la sacralità di questi simboli, essi devono essere
tracciati fisicamente solo se si è ben sicuri che nessuno vi guardi, tranne
coloro che a loro volta possiedono il Secondo Livello. Il soggetto del
trattamento deve avere anche per questo motivo gli occhi chiusi. In
alternativa, in questo come in ogni altro casi di utilizzo dei simboli, sarà
sufficiente visualizzarli mentalmente.
Al di là del suo impiego nelle tecniche di Secondo Livello,il primo simbolo
può essere utilizzato in molti modi. Vediamo alcuni esempi.
Se vogliamo inviare energia ad una persona, anche magari ad un passante che
ci sembra debole od esaurito, possiamo visualizzare una serie di simboli che
lo raggiungono partendo dai nostri occhi. In molti casi, vedremo un effetto
immediato: la persona trattata raddrizzerà la schiena, assumerà un
atteggiamento somatico diverso, più positivo e ricco di energie.
Tracciando il simbolo ai quattro angoli di una stanza, la si ripulisce dalle
energie negative (e spesso dagli effetti dell’inquinamento elettromagnetico
provocato dagli elettrodomestici).
Tracciando intorno a voi una “gabbia di simboli” (davanti, dietro, ai lati,
sopra e sotto), potete mettervi al riparo da influenze od energie negative
rivolte contro di voi.
Tracciato sull’acqua, riduce l’effetto nocivo di eventuali agenti chimici
presenti in essa.
Tracciandolo su una lettera od un biglietto, porterà un po’ della nostra
energia positiva al destinatario della missiva. Tracciato su un tessuto
(specialmente se costituito da fibre naturali) e ponendo poi tale tessuto su
una parte dolorante od una ferita, ne facilita la guarigione
II secondo simbolo.
La traduzione in italiano del nome del secondo simbolo del Reiki significa
“lo ho la chiave”.
Questo simbolo permette di stabilire un collegamento diretto con il
subconscio della persona sulla quale viene tracciato (o con il proprio nel
caso dell’autotrattamento), e costituisce quindi I’essenza del trattamento
mentale.
A differenza di tutto quanto detto, in questo caso si stabilisce una
connessione concreta tra chi utilizza il simbolo ed il soggetto del
trattamento, per cui è essenziale non utilizzarlo se non ci si trova in una
condizione mentale positiva e costruttiva. Se avete problemi emotivi di
qualsiasi tipo e sentite di non riuscire ad astrarvene completamente, è
meglio che rimandiate il trattamento ad un momento più propizio. Altrimenti,
invece dell’armonia apportata dal Reiki il soggetto potrebbe ricevere una
parte del vostro lavorio mentale.
Il fine di questo simbolo è quello di rilassare la mente cosciente, in modo
da consentire ai ricordi inconsci di riaffiorare per facilitare il processo
di guarigione.
Il terzo simbolo.
La traduzione in italiano del nome del terzo simbolo del Reiki significa “Il
Buddha che è in me entra in contatto con il Buddha che è in te”.
È il simbolo fondamentale per i trattamenti a distanza, e serve a stabilire
il contatto con il soggetto da trattare.
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