Quale durata per la pratica della meditazione

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Quale durata per la pratica

domande al dr. J.K.Zinn

Domanda: Dottor Kabat-Zinn, per quanto tempo devo meditare?

Risposta: Come faccio a saperlo?

L’interrogativo sulla durata della meditazione continua a essere posto. Da
quando abbiamo iniziato il nostro lavoro usando la meditazione per i
pazienti della clinica abbiamo avuto l’impressione che sarebbe stato
importante per loro sottoporsi subito a periodi di pratica relativamente
prolungati. Essendo fortemente convinti del principio che se si chiede
molto si ottiene molto e viceversa, ci siamo orientati su quarantacinque
minuti quale pratica basilare quotidiana da svolgersi a casa. Tre quarti
d’ora ci sembravano sufficienti per instaurare un regime di tranquillità e
di osservazione della successione dei vari momenti e forse per sperimentare
almeno qualche istante di rilassamento sempre più profondo e un senso di
benessere. Ritenevamo anche che quell’intervallo di tempo potesse offrire
ampie occasioni per affrontare gli stati mentali che solitamente speriamo
di evitare perché governano la nostra vita e riducono sensibilmente (quando
non sopraffanno completamente) la nostra capacità di mantenere calma e
consapevolezza. Naturalmente gli accusati sono come al solito noia,
impazienza, frustrazione, paura, ansietà (a cui si aggiunge la
preoccupazione per le cose che si potrebbero fare se non si perdesse tempo
con la meditazione), fantasie, ricordi, risentimento, dolore, fatica e
sofferenza.

I risultati hanno confermato la nostra intuizione. La maggior parte dei
nostri pazienti si è sottoposta volontariamente alle non sempre facili
modifiche nella vita quotidiana, praticando per quarantacinque minuti di
seguito per un periodo di almeno otto settimane. E molti non si discostano
più da quel nuovo cammino, che non solo diventa facile, ma anche
necessario, un’ancora di salvezza.

Ma vi sono controindicazioni a questo modo di vedere le cose. Ciò che può
essere arduo ma fattibile per una persona in un dato periodo della sua vita
potrebbe risultarle impossibile in un altro momento. Nel migliore dei casi
concetti come « lungo » e « breve » sono relativi. La madre di bambini
piccoli difficilmente potrà disporre di quarantacinque minuti filati per
alcunché. Questo significa che non può meditare?

Se la vostra vita è in crisi perpetua o siete immersi in una situazione
sociale o economica caotica, potreste avere difficoltà a raccogliere
l’energia psichica necessaria per meditare a lungo, anche disponendo di
tempo. Sembra che qualcosa si frapponga sempre, in particolare se ritenete
di dover disporre di quarantacinque minuti anche come punto di partenza.
Praticare in spazi ristretti e occupati da altri familiari potrebbe far
sorgere elementi di disturbo e d’impedimento alla pratica quotidiana.

Non ci si può attendere che studenti in medicina possano riservarsi periodi
di tempo prolungati per non-agire, e questo vale per molti altri che
esercitano professioni stressanti o vivono situazioni impegnative. E anche
per chi è mosso da semplice curiosità per la meditazione ma non ha alcun
motivo impellente per sottoporsi a un’attività ritenuta scomoda o che
richieda troppo tempo.

Per chi cerca equilibrio nell’esistenza, una certa flessibilità di
approccio è non solo utile, ma anche essenziale. E fondamentale sapere che
nella pratica meditativa il tempo non ha molta importanza; cinque minuti di
pratica formale possono essere tanto intesi e profondi quanto
quarantacinque minuti, o addirittura di più. La sincerità dell’impegno
conta molto più del tempo impiegato, dato che in realtà si tratta di
dissociarsi dai minuti e dalle ore per entrare nei momenti autenticamente
privi di dimensione e pertanto infiniti. Di conseguenza ciò che importa è
sentirsi motivati a praticare, anche per poco. La consapevolezza deve
essere coltivata e blandita, protetta dai venti di una vita convulsa o di
una mente inquieta e tormentata, allo stesso modo in cui una fiammella
dev’essere riparata da forti correnti d’aria.

Se poteste trovare cinque minuti, anche uno solo all’inizio, sarebbe
davvero meraviglioso; significherebbe che avete già compreso ilvalore di
fermarvi, di passare anche momentaneamente dall’agire all’essere.

Quando insegniamo meditazione agli studenti di medicina per al leviare la
tensione e talvolta il trauma dell’istruzione medica nella sua forma
attuale, ad atleti che intendono allenare la mente oltre al corpo per
ottimizzare la prestazione, a persone sottoposte a un programma di
riabilitazione polmonare che devono imparare molte cose oltre che a
meditare, oppure a impiegati che partecipano a un corso antistress durante
l’intervallo del pranzo, non insistiamo su quaranta cinque minuti di
pratica al giorno. (Lo facciamo solo con i nostri pazienti o con persone
pronte a intraprendere un tale drastico mutamento di vita per loro ragioni
personali.) Vi sollecitiamo invece a praticare per quindici minuti al
giorno di seguito o due volte al giorno se vi riescono.

Se vi riflettete un attimo, pochi fra noi indipendentemente da ciò che
facciamo o dalla nostra situazione personale troverebbero difficoltà a
individuare due spazi di quindici minuti su ventiquattro ore di cui
disporre liberamente. Se non quindici, allora dicci o cinque.

In una corda lunga quindici centimetri vi è un numero infinito di punti e
altrettanti ve ne sono in tre centimetri. Bene, quanti momenti vi sono in
quindici minuti, cinque, dicci o quarantacinque? Il risultato equivale a
dire che abbiamo tempo in abbondanza se siamo disposti a prendere atto
coscientemente di un certo numero di momenti.

Al centro della consapevolezza vi e l’intenzione di praticare e poi
scegliere un momento qualsiasi assimilandolo pienamente con la vostra
posizione interiore ed esteriore. Lunghi o brevi periodi di pratica sono
egualmente utili, ma quelli lunghi potrebbero non sfociare mai in un esito
utile se la vostra frustrazione e altri ostacoli sul vostro cammino fossero
eccessivi. Molto meglio avventurarsi in lunghi periodi di pratica
gradualmente e di vostra iniziativa, anziché rischiare di non raggiungere
la consapevolezza o la quiete perché gli ostacoli sono giudicati
insuperabili. Un viaggio di mille miglia inizia di fatto con un solo passo.
Quando decidiamo di fare quel passo ossia sedere anche per brevissimo tempo
possiamo astrarci dal tempo in qualsiasi momento. Da qui provengono tutti i
benefici, solo da qui.

Quando mi cercherai veramente, mi vedrai all’istante; mi troverai nel più
piccolo ambito del tempo.

Kabir

prova: meditate seduti per periodi di tempo prefissati e osservate quali
effetti ha sulla vostra pratica. La concentrazione diminuisce se sedete più
a lungo?

E una vostra ossessione preoccuparvi di quanto a lungo «dovete» essere
presente? A un certo punto vi sentiti impazienti? La mente diventa reattiva
o ossessiva? Compare una sorta di inquietudine? Ansietà? Noia?
Preoccupazione per il passare del tempo? Sonnolenza? Ottusità? Se siete
neofiti della meditazione vi sorprendete a pensare: « Ma è una sciocchezza
», oppure « E giusto come lo faccio? » o « E tutto qui ciò che dovrei
provare?» Queste sensazioni hanno inizio immediato o si presentano in
seguito? Potete considerarle stati mentali? O prenderne atto senza
giudicarle né giudicare voi stessi anche per brevi periodi? Se le
accogliete liberamente e analizzate le loro qualità lasciandole scorrere
liberamente, potreste imparare molto su ciò che di forte e incrollabile
esiste in voi. E ciò che è forte potrà divenirlo ancor più se coltiverete
stabilità e calma interiori.

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