di Thich Nhat Hanh
Meditare sull’amore di una madre, meditare sulla propria madre nelle parole
semplici ma toccanti di Thay diviene un mezzo, uno specchio con cui
confrontare la nostra capacità di amore e di dono gratuito.
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da Canti e Recitazioni di Plum Village, Nobili Editore, Matera 2000,pp.,302,
L. 35.000,
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Il pensiero della mamma non può essere separato da quello dell’amore.
L’amore è dolce, tenero e delizioso. Senza amore un bambino non fiorisce, un
adulto non matura. Senza amore si perdono le forze e ci si immalinconisce.
Il giorno in cui morì mia madre scrissi queste parole sul mio diario:
“Mi è capitata la più grande disgrazia della vita!”. Persino una persona
anziana non si sente pronta quando perde la propria madre. Si ha
l’impressione di non essere ancora maturi e ci si ritrova improvvisamente
soli, ci si sente abbandonati e infelici come un bambino orfano.
Tutti i canti e i versi che rendono lode alla maternità sono belli, di una
bellezza immediata. Anche poeti e scrittori di canzoni di non grande talento
riversano tutti se stessi in queste opere, e coloro che le eseguono o le
recitano ne sembrano profondamente coinvolti e commossi, anche se hanno
perduto la propria madre tanto presto da non sapere cosa sia l’amore per la
mamma. Da sempre in tutto il mondo si è scritto per celebrare le virtù della
maternità.
Quando ero molto piccolo mi capitò di sentire una semplice poesia sulla
perdita della madre che è tuttora molto importante per me. Se vostra madre è
ancora viva, ogni volta che la leggerete potrete sentire tutto il vostro
amore per lei e insieme la paura per quell’evento lontano eppure
inevitabile.
Quell’anno, benché fossi ancora molto giovane,
mia madre mi lasciò, e compresi che ero un orfano.
Tutti piangevano attorno a me.Io soffrivo in silenzio.
Lasciando cadere le lacrime sentii il dolore affievolirsi.
Il crepuscolo avvolse la tomba della mamma.
La campana della pagoda suonò con dolcezza.
Avevo compreso che perdere la madre
è come perdere l’intero universo.
Per molti anni nuotiamo in un mondo di tenero amore e, senza neanche
rendercene conto, siamo molto felici. Ce ne accorgiamo solo quando è troppo
tardi.
In campagna non si capisce il linguaggio complicato di coloro che vivono in
città. Quando dicono che la mamma è un tesoro da amare dicono una cosa già
troppo complicata. La gente di campagna, in Vietnam, paragona la madre alle
più prelibate varietà di banana o al miele, al riso dolce o allo zucchero di
canna. Esprimono il loro amore in modo semplice e diretto: per me una mamma
è come una banana ba huong della migliore qualità, il miglior riso dolce nep
mot, il più squisito zucchero di canna mia lau!
Dopo una febbre alta ci sono dei momenti in cui si ha la bocca amara. Non si
sentono i sapori, e nulla sa di buono. Soltanto quando arriva la mamma ci si
sente subito ristabiliti e circondati dalla dolcezza del suo amore: ci
rimbocca le coperte, poi mette la mano sulla fronte che scotta (ma è
veramente una mano oppure è seta celestiale?) e sussurra con gentilezza:
“Povero tesoro!”. Il suo amore è profumato come una banana, come il riso
dolce, come lo zucchero di canna.
Il mestiere di padre è una fatica enorme, vasta quanto una montagna. La
dedizione della mamma è straripante, come acqua di sorgente. L’amore materno
è il primo che assaporiamo, l’origine di tutti i sentimenti d’amore. La
mamma è la nostra prima maestra di amore, che nella vita è la materia più
importante.
Senza mia madre non avrei mai imparato come si ama. Grazie a lei
sono capace di amare coloro che mi circondano. Grazie a lei sono capace di
amare tutti gli esseri viventi. Da lei ho acquisito le mie prime nozioni
sulla comprensione e sulla compassione. La mamma è il fondamento di tutte le
forme di amore e molte tradizioni religiose lo riconoscono, e venerano una
figura materna, come la Vergine Maria o la dea Kuan Yin. Appena un neonato
apre la bocca per piangere, già sua madre accorre alla culla. La mamma è uno
spirito gentile e dolce che fa scomparire l’infelicità e le preoccupazioni.
Quando la parola mamma viene pronunciata, subito sentiamo i nostri cuori
traboccare di amore. Con l’amore si abbrevia la distanza fra intenzione e
azione.
In Occidente la Festa della Mamma si celebra a maggio. Io provengo dalla
campagna vietnamita e non avevo mai sentito parlare di questa tradizione. Un
giorno, mentre visitavo la Ginza, a Tokyo, insieme al monaco Thien An,
incontrammo fuori da una libreria un gruppo di studenti giapponesi suoi
amici. Uno di loro, con discrezione, fece una domanda al monaco, poi tirò
fuori dalla sua borsa un garofano bianco e lo appuntò sulla mia veste. Ne
fui sorpreso, e anche un po’ imbarazzato: non sapevo come interpretare quel
gesto e non osavo chiedere. Provai così a comportarmi con naturalezza,
pensando che fosse un’usanza del luogo.
Quando ebbero finito di parlare (io non capisco il giapponese), Thien An ed
io entrammo nella libreria e lui mi spiegò che quel giorno era la festa
della mamma. In Giappone, se la propria madre è ancora viva ci si appunta un
fiore rosso su una tasca o sul bavero. Se non lo
è più, il fiore è bianco. Guardai allora il fiore bianco sulla mia tunica e
mi sentii improvvisamente tanto infelice. Ero un orfano come tanti, uno
qualunque fra i poveri orfani, che non possono più portare con orgoglio un
fiore rosso all’occhiello. Quelli che portano i fiori bianchi soffrono, e
non possono fare a meno di tornare col ricordo alla propria mamma. Non
riescono a dimenticare che non c’è più. Quelli che portano i fiori rossi,
invece, sono felici al pensiero che la propria madre è ancora con loro.
Possono ancora provare a renderla felice prima di perderla, prima che sia
troppo tardi. Trovo bella questa usanza. Propongo di adottarla anche in
Vietnam e in Occidente.
La madre è una fonte infinita di amore, un tesoro inesauribile. Purtroppo,
qualche volta, lo dimentichiamo. Una madre è il dono più bello che la vita
ci può riservare. Voi che avete ancora la mamma al vostro fianco, vi prego,
non aspettate la sua morte per dire a voi stessi: “Mio Dio, ho vissuto
accanto a mia madre per tutti questi anni senza neanche prestarle
attenzione, solo brevi occhiate e due parole per chiederle soldi o qualche
altra cosa”.
Vi accoccolate vicino alla mamma per riscaldarvi, le tenete il
broncio, vi arrabbiate con lei. Fate di tutto per complicarle la vita, la
fate preoccupare, a scapito della sua salute. A causa vostra va a dormire
tardi e si sveglia presto. Molte madri muoiono giovani a causa dei loro
figli. Per tutta la vita ci aspettiamo da lei che prepari da mangiare, che
lavi e pulisca tutto quello che sporchiamo, mentre noi ci preoccupiamo solo
dei nostri risultati e della nostra carriera. Le nostre madri non hanno più
il tempo per guardarci con attenzione e noi siamo troppo occupati per
prendercene cura. Soltanto quando non c’è più ci rendiamo conto che abbiamo
avuto una madre, ma non ce n’eravamo mai accorti.
Stasera, tornando da scuola o dal lavoro, o, se vivete lontano, la prossima
volta che farete visita a vostra madre, potreste entrare nella sua stanza e,
con un sorriso calmo e silenzioso, sedervi accanto a lei. Non dite nulla,
fate in modo che faccia una pausa nel suo lavoro. Poi guardatela a lungo,
con profonda attenzione, per vederla e rendervi conto che è lì, viva, al
vostro fianco. Prendetele la mano e, per ottenere la sua attenzione,
ponetele questa semplice domanda: “Mamma, sai una cosa?”. Lei sarà un po’
stupita e probabilmente sorriderà nel chiedervi “Che cosa c’è, mio caro?”.
Continuate a guardarla negli occhi, sorridendo serenamente, e ditele: “Lo
sai che ti voglio bene?”. Non aspettatevi una risposta. Anche se avete
trenta o quaranta anni o più, ditelo come se foste ancora il suo bambino.
Sarete felici tutti e due, consapevoli di vivere nell’amore eterno. Domani,
quando lei vi lascerà, non avrete rimpianti.
In Vietnam, durante la festa di Ullambana, ascoltiamo storie e leggende sul
bodhisattva Maudgalyayana e sull’amore filiale, il lavoro del padre, la
dedizione della madre e i compiti dei figli. Ognuno prega per la longevità
dei propri genitori oppure, se questi sono morti, per la loro rinascita
nella celestiale Terra Pura. Per noi un figlio senza amore filiale è senza
valore. Ma la dedizione filiale nasce dall’amore stesso: senza amore, la
dedizione filiale è solo una formalità. Quando c’è l’amore c’è tutto e non
serve parlare di obblighi. Amare vostra madre è già sufficiente. Non è un
dovere, è qualcosa di assolutamente naturale, come bere quando si ha sete.
Ogni figlio deve avere una madre ed è del tutto naturale che la ami. La
madre ama suo figlio e il figlio ama sua madre. Il figlio ha bisogno di sua
madre e la madre ha bisogno di suo figlio. Se la madre non ha bisogno di suo
figlio e il figlio non ha bisogno di sua madre, la madre non è una madre e
il figlio non è un figlio. Si tratta di un uso improprio delle parole
“madre” e “figlio”.
Quando ero piccolo uno dei miei insegnanti mi chiese: “Che cosa devi fare se
ami tua madre?”. Io risposi: “Devo obbedirle, aiutarla, prendermi cura di
lei quando invecchierà, pregare per lei e tenere ordinato l’altare degli
antenati quando sarà scomparsa per sempre dietro la montagna”. Ora so che il
“che cosa” in quella domanda era superfluo. Se ami tua madre non devi fare
nient’altro: la ami e questo è sufficiente. Amare tua madre non è una
questione di integrità o di virtù.
Vi prego, non pensate che abbia scritto tutto questo per darvi lezione di
morale. Amare la madre giova moltissimo. Una madre è come una sorgente di
acqua pura, come il più pregiato zucchero di canna o miele, come riso dolce
della migliore qualità. Se non sapete come trarne beneficio è un peccato per
voi. Io voglio solo richiamare la vostra attenzione. Voglio aiutarvi a
evitare che un giorno vi troviate a lamentarvi perché la vostra vita non vi
dà nulla.
Se non riesce a soddisfarvi un dono come la presenza di vostra
madre, probabilmente non sarete mai soddisfatti, anche se siete il
presidente di un’importante società o il re dell’universo. So che il
Creatore non si sente felice, perché il Creatore nasce spontaneamente e non
ha la fortuna di avere una madre.
Vorrei raccontare una storia. Vi prego, non giudicatemi un irresponsabile.
Mia sorella avrebbe potuto non sposarsi ed io non diventare un monaco. Fatto
sta che tutti e due lasciammo nostra madre: lei per condurre una nuova vita
accanto all’uomo che amava, io per seguire un ideale di vita che adoravo. La
sera prima del matrimonio di mia sorella, mia madre si preoccupava di
centomila cose e non sembrava neanche triste. Ma mentre ce ne stavamo seduti
a tavola per un piccolo rinfresco, aspettando che la famiglia dello sposo
passasse a prendere mia sorella, mi accorsi che mamma non aveva toccato
cibo.
Disse: “Per diciotto anni ha mangiato con noi e oggi sarà il suo
ultimo pasto qui, prima di andare in un’altra casa”. Mia sorella piangeva,
con la testa china sul piatto: “Mamma, non mi sposo più”. Invece si sposò.
Quanto a me, ho lasciato la mamma per diventare un monaco. A coloro che sono
fermamente decisi a lasciare le proprie famiglie e a diventare monaci si
dice, per congratularsi, che stanno seguendo il cammino della comprensione,
ma io non sono fiero di questo. Amo mia madre, ma ho anche un ideale, e per
servirlo ho dovuto lasciarla. Dunque, peggio per me.
Spesso nella vita è necessario fare delle scelte difficili. Come dice il
proverbio, non si possono pescare due pesci contemporaneamente. La cosa
difficile è che se accettiamo di crescere dobbiamo accettare di soffrire. Io
non sono pentito di avere lasciato mia madre per diventare un monaco, ma mi
dispiace di essere stato costretto a questa scelta. Non ho avuto la
possibilità di trarre pienamente profitto da questo prezioso tesoro. Ogni
notte prego per mia madre, ma non ho più la possibilità di assaporare la
squisita banana ba huong, il riso dolce nep mot della migliore qualità, né
il delizioso zucchero di canna mia lau. Non pensate che vi stia invitando a
non seguire le vostre inclinazioni e a restare a casa vicino a vostra madre.
Come ho già detto, non sono qui per dare consigli o lezioni di morale.
Voglio solo ricordarvi che una madre è come un buon riso, come il miele,
come lo zucchero. È tenerezza, è amore, e dunque, cari fratelli e sorelle,
non dimenticatela. Dimenticare genera una perdita immensa. Così spero per
voi che non siate costretti, per ignoranza o mancanza di attenzione, a
sopportare una tale perdita.
Io con gioia vi ho appuntato all’occhiello un fiore rosso, una rosa, così
che siate felici. E questo è tutto.
Se mai dovessi dare un consiglio sarebbe questo: stasera, tornando da scuola
o dal lavoro, o la prossima volta che farete visita a vostra madre, entrate
nella sua stanza, con calma, in silenzio, sorridendo, e sedetevi accanto a
lei. Non dite nulla, fate in modo che lasci da parte il suo lavoro.
Guardatela a lungo, guardatela bene, così che possiate vederla con chiarezza
e rendervi conto che è lì, viva, al vostro fianco. Poi prendetele la mano e
domandatele con semplicità: “Mamma, sai una cosa?”. Lei sarà un po’ stupita
e vi chiederà, sorridendo: “Che cosa, mio caro?”. Continuando a guardarla
negli occhi, ditele con un sorriso sereno: “Lo sai che ti voglio bene?”. Non
aspettatevi una risposta. Anche se avete trenta o quaranta anni o più,
diteglielo e basta, perché siete suo figlio.
Sarete felici tutti e due, consapevoli di vivere nell’amore eterno. E
domani, quando lei vi lascerà, non avrete nessun rimpianto.
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