Quando il cervello decide di non sentire per non soffrire

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Quando il cervello decide di non sentire per non soffrire

Di:Roberta Torrisi

La sofferenza non è una scelta personale, nessuno sceglie il dolore o l’isolamento emotivo di sua
propria volontà. Non esiste nessuna anestesia per non soffrire, i periodi bui devono essere
affrontati con integrità, coraggio ed entusiasmo.

La vita non è sempre facile. Questa frase la diciamo molto spesso, e solo chi ha avuto la fortuna di
non essere “investito” dalle avversità non è in grado di capire la veridicità di queste parole.

Vivere è affrontare sfide, realizzare uno, due, sei o più progetti, è permettere che la felicità
abbracci le nostre vita e accettare che, ogni tanto, la sofferenza chiamerà alla nostra porta per
metterci alla prova.

Non tutti assumiamo questi colpi che ci infligge la vita. C’è chi affronta meglio le delusioni e chi
le interiorizza permettendo che minino la propria autostima.

Nessuna tristezza viene vissuta in modo uguale, così come nessuna depressione ha la stessa origine,
né viene affrontata allo stesso modo dalle diverse persone.

Tuttavia, esiste un sintomo molto comune che, in qualche modo, tutti abbiamo provato qualche volta:
l’anedonia.

Si tratta dell’incapacità di sentire piacere e godere delle cose. Il nostro cervello, per dirlo
così, “decide di sconnettersi”. Non sentire per non soffrire; isolare, anestetizzarsi.

Forse l’avete provato quando per alcuni giorni venite afferrati dall’apatia e dallo scoraggiamento.
Cosa succede quando questa condizione diventa cronica? Cosa succede quando smettiamo di “sentire la
vita” in modo cronico?

Oggi vogliamo trattare questo tema per offrirvi strategie e aiutarvi ad indagare su questo aspetto
così importante.

L’anedonia: quando perdiamo il piacere di vivere
Così come abbiamo detto all’inizio, non esiste nessuna anestesia per il mal di vivere. Quando
l’anedonia si presenta nel nostro cervello come un meccanismo di difesa, non ci fornisce nessun
aiuto. Tutt’altro.

Iniziamo chiarendo alcuni aspetti:

L’anedonia non è una malattia, né un disturbo: è un sintomo di qualche processo emotivo oppure di
qualche malattia.
Nonostante nella maggior parte dei casi sia intimamente collegata alla depressione, può manifestarsi
anche in casi di schizzofrenia o demenze come l’Alzheimer.
Tutti, chi più chi meno, hanno provato anedonia qualche volta: mancanza di interesse nei confronti
dei rapporti sociali, del cibo, della comunicazione.
Il vero problema si presenta quando l’anedonia innalza un muro intorno a noi e ci toglia qualsiasi
barlume d’umanità: non proviamo nulla di fronte a manifestazioni d’affetto, non abbiamo bisogno di
nessuno accanto a noi e nessuno stimolo ci produce piacere, né il cibo, né la musica…niente.
Se scegliamo di smettere di sentire per non soffrire, non ci proteggeremo da nulla. Staremo solo
chiudendo le porte alla vita, saremo anime che si sfilacciano poco a poco…

L’anedonia a livello cerebrale

Questa bassa ricettività dinanzi agli stimoli esterni si riflette in un cervello depresso.

È importante avere a mente quali processi si scatenano dentro di noi quando proviamo anedonia:

Quando questo stato diventa cronico e i processi depressivi si prolungano nel tempo, le nostre
strutture cerebrali soffrono cambiamenti, i quali influiscono i nostri giudizi, i nostri pensieri e
le nostre emozioni.
Il lobo frontale, collegato alla presa di decisioni, si riduce.
I gangli della base, coinvolti nel movimento, vengono danneggiati al punto che perfino alzarci dal
letto rappresenta un grande sforzo.
L’ippocampo, relazionato alle emozioni e alla memoria, perde volume. È solito avere problemi di
memoria, soffrire di impotenza, ossessionarsi con pensieri negativi.
Spesso la depressione è nota come la malattia della tristezza. Tuttavia, in realtà va oltre, è il
carcere di un cervello emotivo che non trova risposte ai vuoti della vita, alla delusione, alla
perdita di entusiasmo.
Strategie per affrontare l’anedonia e la depressione
La depressione non si “cura”, si affronta giorno dopo giorno. Richiede molteplici approcci, in base
alla realtà di ogni individuo.

I medicinali, le terapie, il sostegno familiare e, prima di tutto, le risorse personali sono
elementi chiave.

Da parte nostra vi invitiamo a riflettere sui seguenti aspetti:

Non sentire per non soffrire non è un meccanismo adeguato con cui vivere. Vi permetterà di
“sopravvivere”, ma rimanendo vuoti dentro. Non diventate eterni prigionieri della sofferenza.

Se c’è qualcosa di positivo da trarre dall’anedonia, è che ha messo da parte la capacità di sentire.
Adesso che siete “anestetizzati” al dolore, è il momento di chiedervi di cosa avete bisogno.

Avete bisogno che la tranquillità e la felicità tornino nella vostra vita? Ricominciate ad
entusiasmarvi.
Avete bisogno di smettere di essere prigionieri del passato? Fate un cambio in avanti.
Avete bisogno di smettere di soffrire? Abbiate il coraggio di vivere di nuovo, aprite le porte del
vostro cuore, permettetevi di essere felici un’altra volta.
Pensate a tutti questi aspetti per qualche minuto e ricordate sempre che vivere è SENTIRE in tutta
la sua intensità, nel bene e nel male.

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