Quando la fantasia altera la percezione
01 luglio 2013
Immaginare uno stimolo sensoriale, per esempio uditivo, può bastare perché si integri con gli
stimoli reali di tipo differente, per esempio visivo, tanto da alterarne profondamente la
percezione. La scoperta potrà aiutare a chiarire i meccanismi all’opera in disturbi psichiatrici
come la schizofrenia, in cui il paziente non riesce a distinguere tra pensiero e realtà (red)
lescienze.it
Ciò che immaginiamo che pensiamo di udire o vedere “nella nostra testa” – può alterare la nostra
percezione della realtà. A dimostrarlo è uno studio condotto da due ricercatori del Karolinska
Institut, Christopher Berger e H. Henrik Ehrsson, che ne descrivono i risultati in un articolo pubblicato sulla rivista Current Biology.
“Spesso pensiamo a ciò che immaginiamo e a ciò che percepiamo come a cose chiaramente
differenziabili”, dice Berger. “Tuttavia, la nostra immaginazione di un suono o di una forma cambia
il modo in cui percepiamo il mondo intorno a noi esattamente come se avessimo udito o visto realmente qualcosa.
In questo studio i ricercatori hanno dimostrato l’esistenza di questo effetto nelle interazioni
multisensoriali, quel fenomeno pressoché onnipresente nelle nostre percezioni per il quale le
informazioni provenienti dai diversi sensi vengono integrate per darci un quadro più preciso di ciò che ci sta di fronte.
La ricerca è stata condotta modificando leggermente alcuni classici esperimenti per lo studio
dell’influenza di una modalità percettiva su un’altra, influenza che, com’è noto, può dare origine a
vere e proprie illusioni, come quando abbiamo l’impressione che a parlare sia il pupazzo che muove la bocca e non il ventriloquo che tiene la bocca chiusa.
Così, mentre in un classico esperimento sull’interazione fra modalità sensoriali diverse vengono
mostrate su uno schermo due sfere colorate che si muovono in direzioni opposte, per far udire ai
soggetti un suono appena prima, durante o subito dopo l’incontro delle sfere, in un loro esperimento
ma Berger e Ehrsson hanno chiesto ai soggetti di immaginare solamente il suono. Successivamente veniva domandato loro di descrivere che cosa avevano visto sullo schermo.
E’ risultato che secondo il 60 per cento circa di quanti avevano immaginato il suono nell’istante
dell’incontro, le due sfere si erano scontrate per poi rimbalzare nella direzione opposta, una
percentuale quasi identica a quella che si ottiene somministrando realmente lo stimolo sonoro.
Lo scontro era visto anche da quasi il quaranta per cento, di quanti avevano dovuto immaginare il
suono appena prima dell’incontro. Secondo la grande maggioranza delle persone che avevano immaginato
il suono dopo l’incontro o alle quali era stato solo chiesto di osservare il monitor diceva invece
che le sfere erano passate una dietro all’altra. Anche in tutti questi casi le percentuali
corrispondevano perfettamente a quelle riscontrabili negli esperimenti in cui lo stimolo è reale e non immaginario.
Risultati analoghi si sono avuti anche negli esperimenti in cui i soggetti dovevano descrivere uno
stimolo uditivo reale, avendo immaginato una raffigurazione visiva prima, durante o dopo lo stimolo sonoro.
Questi risultati, osservano Berger e colleghi, possono aiutare a chiarire i meccanismi cerebrali
all’opera in alcuni disturbi psichiatrici, come la schizofrenia, in cui il paziente non riesce a
distinguere tra stimoli provenienti dal proprio interno e dall’esterno, ossia tra pensiero e realtà.
Un altro ambito di applicazione potrebbe essere la ricerca sulle interfacce fra computer e cervello destinate al controllo di dispositivi da parte di persone paralizzate.
http://www.cell.com/current-biology/abstract/S0960-9822%2813%2900703-3
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