Quando l’Arte diventa Yoga
di Marco Ferrini
L’ispirazione autentica ha carattere universale ed è la sorgente di ogni elevata espressione della
creatività umana costruttiva ed evolutiva, sia essa nel campo dell’arte e della religione, della
scienza e della filosofia.
Offro la seguente riflessione ad amiche ed amici, a tutti coloro che da anni seguono i nostri
lavori, con i quali ho sovente avuto scambi sul controverso e complesso tema dell’espressione
artistica e dell’opera d’arte; e lo faccio, come di consueto, con riferimento alla tradizione dello
Yoga, che ha come sommo scopo della vita umana la Liberazione e l’Amore (moksha e premabhakti).
Sono consapevole della delicatezza dell’argomento, in quanto ciò che esprimo potrebbe essere letto
come una sfida a gusti e pareri sull’arte da tempo omologati. In realtà da parte mia non c’è nessun
desiderio di sfida, bensì di offrire un contributo che possa arricchire lo scambio e la riflessione
su tali tematiche.
La radice sanscrita yuj significa ‘collegare’, ‘congiungere’. Per Yoga s’intende quindi la capacità
di collegarsi, e, precisamente, collegare la nostra coscienza individuale a quella universale.
La tradizione indovedica descrive tre principali vie (marga) dello yoga: Karma, Jnana e Bhakti. Le
fonti, i testi universalmente riconosciuti come i più autorevoli in materia sono la Bhagavad-Gita e
gli Yoga-Sutra, quest’ultimo conosciuto anche come Yogadarshana.
Nello Yogadarshana lo scopo è collegare l’anima individuale all’Anima suprema, il purusha al
param-purusha, al fine di ottenere la libertà dello spirito (purusha) dai vincoli della Natura
(prakriti) onde uscire dal ciclo altrimenti eterno delle morti e rinascite (samsara). Lo stato di
libertà così conseguito in questa tradizione è definito kaivalya.
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