Quando lo stress si trasforma in depressione

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Quando lo stress si trasforma in depressione

20 settembre 2012

A livello cerebrale il principale ormone dello stress agisce su una regione che fa da interfaccia
fra i circuiti dei sistemi limbico, cognitivo e motorio – il nucleo accumbens – potenziando l’azione
della dopamina e stimolando la spinta motivazionale. Se però l’ormone supera un livello di guardia,
il nucleo accumbens smette di rispondere, come se fosse “saltato un fusibile”, e difficoltà e sfide
diventano ostacoli insormontabili (red)

Una spiegazione dei meccanismi che mettono in relazione uno stato di grave stress con lo sviluppo o
l’aggravamento di una depressione maggiore arriva da uno studio condotto da ricercatori
dell’University of Washington, a Seattle, che – come si legge su “Nature” – indicano nel nucleo
accumbens la struttura cerebrale in cui si scatena il dramma.

Il legame fra stress e depressione è clinicamente ben noto, tuttavia molto meno conosciuti sono i
dettagli dei meccanismi neurobiologici che mediano l’abnorme risposta depressiva ai fattori
stressanti.

I fattori di stress sono all’origine di un’ampia gamma di comportamenti adattativi, che vanno dalla
semplice risposta “combatti o fuggi” fino all’innesco di un segnale di “urgenza interna” che
solitamente facilita il perseguimento degli obiettivi a lungo termine. La risposta allo stress, che
si sviluppa lungo l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, inizia con il rilascio di un neuropeptide, il
fattore di rilascio della corticotropina (CRF). Questo, oltre a innescare una risposta generale
dell’organismo, influisce direttamente anche sui meccanismi di neurotrasmissione cerebrale
attraverso due sottotipi di recettori, noti come CRF1 e CRFR2, che sono ampiamente distribuito in
tutto il cervello. I ricercatori hanno ipotizzato che a fungere da snodo nello sviluppo di una
depressione da stress potesse essere il nucleo accumbens, una regione che funge da interfaccia fra i
circuiti dei sistemi limbico, cognitivo e motorio.

Lavorando sul modello murino, i ricercatori hanno prima rilevato – con tecniche immunoistochimiche e
di microscopia elettronica a trasmissione – che il CRF e i suoi recettori sono ampiamente espressi
dalle cellule di alcune parti del nucleo accumbens e in particolare da assoni che si interconnettono
a fibre nervose dopamminergiche.

Esperimenti successivi hanno mostrato che nel nucleo accumbens normalmente il CFR potenzia il
rilascio di dopammina, facilitando la tendenza a sviluppare spinte motivazionali e legami sociali.

Nel caso di un grave e/o prolungato stress, invece, questa capacità del fattore di rilascio della
corticotropina appare completamente abolita, senza segni di recupero neppure molto tempo dopo (90
giorni) l’interruzione degli stimoli che erano stati fonte di disagio: per fare un paragone con un
impianto elettrico, un po’ come se fosse saltato un fusibile. Questa perdita della capacità di
risposta al CRF, sottolineano i ricercatori, non è risultata legata a un cambiamento nella
funzionalità del sistema dopaminergico in sé, indicando il ruolo specifico del CRF.

In una simile situazione, il mancato contributo del CRF provoca un drastico cambiamento della
risposta affettiva agli stressori, i quali anziché stimolare l’azione, vengono percepiti come
ostacoli insormontabili, avviando un processo che può portare a forme depressive anche gravi.

www.nature.com/nature/journal/vaop/ncurrent/full/nature11436.html

lescienze.it

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