Quanto conosciamo della nostra storia?

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Quanto conosciamo della nostra storia?

di MARCO FERRINI

Che cosa ci è accaduto nel corso del tempo e quanto della nostra storia conosciamo?

Generalmente ne conosciamo una piccolissima parte, paragonabile allo spessore di un’ala di mosca.
Eppure abbiamo lasciato una scia nello spazio e nel tempo lunga millenni. Quella scia costituisce e
segna la nostra storia.

Conoscersi vuol dire anche conoscere la propria storia. Nel nostro peregrinare nel ciclo delle
esistenze, possiamo esser stati fate, mostri, criminali, santi, donne, uomini, possiamo esser morti
giovani o vecchi, aver sofferto o gioito. La nostra storia è inscritta nel nostro inconscio. Emerge
attraverso vritti, samskara e vasaia.

Le vritti sono le onde psichiche che cambiano i nostri quadri mentali. Provengono sia dalle
impressioni che riceviamo dall’ambiente che dalle memorie che sono annidate nell’inconscio, i
samskara appunto, i quali a loro volta producono le tendenze (vasana) della personalità.

Quanti traumi abbiamo avuto nel nostro travagliato percorso esistenziale e quanti di questi sono
stati elaborati e risolti?

Nasciamo non come pagine bianche ma come pagine scritte. Portiamo dentro di noi la conseguenza delle
nostre sofferenze non elaborate, di paure, rancori, fobie, e anche dei traguardi evolutivi che
abbiamo raggiunto.

Finché non prendiamo atto di questi elementi psichici sommersi, non riusciremo a mettervi mano per
ripararne i guasti. Non possiamo trasformare ciò che nemmeno conosciamo, dunque – per cambiare la
nostra storia, o meglio per cambiare gli effetti che la nostra storia ha sul nostro presente e sulla
nostra personalità odierna– prima dobbiamo conoscerla. Il mezzo per riuscirvi, senza
controindicazioni di sorta e con i risultati più auspicabili, è la pratica della meditazione, se
eseguita avendo come modello di riferimento i maestri della tradizione dello Yoga che ha elaborato e
codificato al più alto livello questa sofistica scienza per la trasformazione dei contenuti psichici
inconsci. Attraverso la meditazione possiamo prendere consapevolezza dei nostri desideri e istanze
più recondite e soprattutto riusciamo a trasformarli in senso evolutivo, fino a raggiungere le vette
della consapevolezza.

Ma quanto è davvero utile e indispensabile la meditazione? E perché mai dovrebbe essere una pratica
quotidiana?

Per capirlo è sufficiente riflettere sul fatto che istanze inconfessabili sono registrate nel nostro
inconscio e spesso ci muovono come fossimo marionette. I fili che ci tengono sono i condizionamenti
accumulati.

La tradizione dello Yoga, che ha millenni di esperienza, ci mostra e ci insegna come può essere
conosciuta e bonificata questa parte più profonda e nascosta della personalità, che può sabotare
quando meno ce lo aspettiamo ogni nostro desiderio di felicità e di auto-realizzazione.

Perché mai talvolta ci si comporta in maniera detestabile persino a se stessi?

C’è modo di capirlo e ancor più di prevenirlo attraverso la meditazione che è una scienza ed un’arte
al contempo. Non implica una spiritualità astratta negatrice dei valori terreni, né tantomeno un
assorbimento alienante nella materia che ci lascerebbe insoddisfatti, illusi, delusi e frustrati,
perché siamo esseri spirituali all’interno di un corpo psicofisico: aneliamo a liberarci da morte,
vecchiaia, malattia, sofferenza.

Ma in che cosa praticamente consiste la meditazione? E a cosa infine ci conduce?

Ahimè il concetto di meditazione viene oggi assai spesso banalizzato, e di conseguenza vengono
banalizzati e trascurati anche i principi spirituali che ne stanno a fondamento e lo scopo che essa
si prefigge. Meditare significa tornare ad essere in possesso costruttivamente delle proprie energie
e risorse. Invece che rimanere vittima dell’apparenza o dell’aspetto superficiale dei fenomeni,
capire che cosa c’è dietro ad essi. Meditazione significa bonificare la psiche da ogni carica
esplosiva, recuperarla, purificarla e utilizzarla per riparare i guasti. Il motto delfico “conosci
te stesso” è il fondamento e lo scopo della meditazione. Meditare apre la via ad un’esistenza
straordinariamente gioiosa, costruttiva, evolutiva. La pratica della meditazione non si insegna né
si acquisisce con le sole parole. Occorre imparare da chi già la pratica con serietà e coerenza, non
da autodidatta ma facendo riferimento ai Maestri e alle fonti scritturali della grande tradizione
dello Yoga, come ad esempio i testi universalmente riconosciuti della Bhagavad-gita, Yogasutra di
Patanjali, Upanishad e Bhagavata Purana.

Marco Ferrini

da www.marcoferrini.net/

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