Quanto Siamo Liberi?

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Quanto Siamo Liberi?

La contribuzione Vedica ad uno dei
temi centrali della filosofia Occidentale.

di Navin Jani

Un giorno Sam Surya si reca all’orfanatrofio della sua città per fare una generosa donazione. In
un’altra parte della città, Andy Andhakara rapina una banca. Che cosa ha portato queste due persone
a due scelte così drasticamente diverse? È dipeso dalla loro volontà o dall’intervento di qualche
altro fattore? In altre parole, le loro azioni erano già determinate oppure Sam e Andy agiscono per
libero arbitrio?
Queste domande riguardano uno dei temi più dibattuti della filosofia occidentale. Gli esseri umani
sono destinati a seguire un percorso determinato? Siamo come bambini su una macchinina in un parco
di divertimenti che permette loro di curvare a destra o a sinistra, ma che inesorabilmente li porta
lungo un percorso predeterminato? Oppure siamo liberi di desiderare e di fare quello che ci piace;
la nostra vita è come una lavagna pulita su cui possiamo scrivere tutto e di tutto?

In questo articolo tratteremo brevemente come la filosofia occidentale abbia impostato il problema
del rapporto tra determinismo e libero arbitrio e poi suggeriremo come la letteratura vedica possa
offrire un’ulteriore visione di questo tema così sfuggente, ma tuttavia così importante.
Prima di iniziare chiariamo il significato della parola arbitrio. Da un punto di vista filosofico,
si tratta di un concetto articolato che ha subito variazioni di significato durante gli anni.
Tuttavia, per tutti gli scopi pratici può essere ritenuto sinonimo di “azione”. Pertanto il
dibattito sul rapporto tra determinismo e libero arbitrio essenzialmente è una richiesta di
identificare la causa dei comportamenti umani. Tenere in mente questo vi aiuterà a non perdervi in
quella che altrimenti potrebbe diventare una giungla intricata di astratti linguaggi filosofici
incomprensibili.

DETERMINISMO RIGIDO

In questo dibattito un punto di vista è quello di affermare che Sam Surya era destinato a fare una
donazione e Andy Andhakara a rubare e nessuno in realtà aveva voce in capitolo su queste scelte.
Questa teoria è conosciuta come determinismo rigido. Ciò comporta che tutte le azioni umane sono il
risultato diretto di una sequenza di cause e di effetti tali da renderle predeterminate e tali da
potersi svolgere in un solo ed unico modo. Quindi, in realtà noi non abbiamo alcun ruolo nel
determinare le nostre azioni. Anzi esse sono causate da qualcosa al di sopra di noi. I filosofi
occidentali in generale si sono dimostrati restii ad accettare questo punto di vista e con buone
ragioni: un determinismo rigido contrasta sia con l’esperienza comune, sia con le regole di
civiltà.*

Lungi dal sentirsi obbligati a compiere le azioni che facciamo, istintivamente sentiamo che nella
nostra vita possiamo fare delle scelte. Perciò, il pensiero di non poter in alcun modo controllare
quello che facciamo ci ripugna. Inoltre le leggi che governano una società hanno significato solo se
i cittadini possono decidere se seguirle o no. Per esempio, potremmo forse essere del parere di
punire Andy Andhakara per mandare un messaggio alla comunità sul fatto che non si deve rubare in
modo che altri non seguano il suo esempio. Se però i cittadini non hanno il potere di decidere se
rubare o no, allora qual è l’utilità di mandare un messaggio di questo tipo? Quindi un determinismo
rigido può essere respinto perché contrario all’intuizione e certamente in contrasto con la pratica.

LIBERO ARBITRIO ASSOLUTO

Dopo aver respinto questa posizione estrema, esaminiamo l’altra posizione estrema. Come il
determinismo rigido ci dice che Sam ed Andy dovevano ciascuno agire in quel particolare modo, il
punto di vista opposto ci dice che essi avrebbero potuto agire in qualsiasi altro modo. Questa è la
teoria conosciuta come libero arbitrio assoluto. Essa sostiene che le azioni umane in teoria sono
completamente libere e possono svolgersi in un numero infinito di modi. Il nostro comportamento non
è il prodotto precostituito di un qualsiasi grande schema universale, ma è fluido e flessibile. Esso
è essenzialmente senza causa, perché questo limiterebbe il suo svolgimento.

A differenza della teoria del determinismo rigido che ha avuto pochi aderenti tra i filosofi
occidentali, la teoria del libero arbitrio assoluto è stata fatta propria da molti, compreso il
filosofo francese René Descartes all’inizio del diciassettesimo secolo e il filosofo tedesco
Immanuel Kant alla fine del diciottesimo secolo. In realtà, essa dà un gradito sollievo dalla
soffocante rigidità del determinismo ed è in accordo con i criteri occidentali di libertà e
d’indipendenza. Come altri filosofi (compresi quelli nominati nel prossimo paragrafo) hanno però
messo in evidenza, questa teoria non è accettabile. Essi affermano che un fenomeno o ha una causa (o
più cause) oppure è completamente casuale; non esiste una terza via. Perciò affermare che le azioni
umane non hanno causa è come dire che sono casuali. L’osservazione del mondo intorno a noi però
mostra chiaramente che questo non è vero. Noi non vediamo madri che abbracciano la loro biancheria
sporca gettando invece i loro bambini nella lavatrice. Invece, al posto di questo caos senza
spiegazione (logica conseguenza di questa teoria) possiamo constatare ordine e significato nei
comportamenti umani. Quindi, il libero arbitrio assoluto deve anch’esso essere respinto come privo
di logica e non realistico.

DETERMINISMO NON RIGIDO

Perciò mentre il determinismo rigido non ci lascia spazio per respirare, risulta che il libero
arbitrio assoluto apre una porta anche troppo grande. Nessuna delle due teorie ci consente di
influire consapevolmente sulle nostre azioni. Che pensare di qualcosa d’intermedio, qualcosa tra
questi due estremi? Questo punto di vista permetterebbe a Sam e ad Andy di essere la causa delle
proprie azioni in un modo che riconcilia determinismo e libero arbitrio. Il comportamento umano
potrebbe allora essere compreso non come capriccioso e neppure automaticamente irrispettoso delle
volontà individuali.

Un numero infinito di persone ha appoggiato in qualche modo questo compromesso – compresi i filosofi
inglesi Thomas Hobbes, John Locke e John Stuart Mill – su cui confluisce più o meno il consenso dei
filosofi contemporanei occidentali. Tra essi il filosofo scozzese del diciottesimo secolo David Hume
ne ha dato quella che senza dubbio è la principale presentazione. La sua teoria è definita
determinismo non rigido perché si basa su un determinismo rigido, ma lo modifica in modo da
acconsentire il manifestarsi di una libertà personale e di una responsabilità morale. Egli inizia
con l’affermazione che ogni azione umana ha una causa che ne determina lo svolgimento. Se questa
causa è qualcosa d’esterno all’individuo, egli classifica l’azione risultante come involontaria.

Se la causa è un desiderio interiore dell’individuo, l’azione risultante è qualificata come
volontaria. Mentre nel determinismo rigido tutte le azioni sono causate da forze esterne e sono
quindi quelle che Hume chiama involontarie, il suo determinismo non rigido prevede cause sia esterne
sia interne. In realtà egli pone l’accento sulle ultime spiegando che gli esseri umani agiscono
sempre in base ai loro fortissimi desideri interni senza essere forzatamente determinati da fattori
esterni.

Hume conclude ritenendo tali azioni volontarie “libere” e pertanto assoggettabili ad un giudizio
morale. In questo modo, secondo la teoria di Hume, la donazione di Sam è considerata come
causalmente determinata dal suo desiderio di donare e tuttavia è anche ritenuta libera perché è
fatta volontariamente. Il furto compiuto da Andy è causato dal suo desiderio di denaro, ma egli ne è
moralmente colpevole perché non era obbligato ad agire contro il suo desiderio. Sebbene con il
determinismo non rigido di Hume si abbia finalmente una teoria che collega gli individui con i loro
comportamenti, appare discutibile se questo accada in un modo che dia loro una vera libertà. Questa
ammissione che evita l’oppressivo impersonalismo del determinismo rigido e il caos dell’assoluto
libero arbitrio, dà veramente agli uomini il potere di una scelta consapevole? La critica ha
risposto di no.

I critici hanno fatto notare che sebbene con la teoria di Hume gli individui agiscano secondo la
loro volontà non lo fanno però liberamente. Questo accade perché i desideri interni che causano le
loro azioni non sono sotto il loro controllo cosciente. Per esempio, Sam agisce volontariamente in
accordo al suo desiderio di fare la carità (e in questo modo si sente come se agisse liberamente),
ma da dove viene questo desiderio? Ha scelto lui il tipo di personalità che ha tendenza a donare?
No. Potremmo percorrere il suo sviluppo attraverso le sue esperienze, la sua educazione e il suo
ambiente familiare oppure rassegnarci ad un semplice: “È nato così.”

In entrambi i casi dobbiamo riconoscere che i veri fattori che hanno portato Sam a voler aiutare
l’orfanatrofio non sono chiaramente soggetti al suo controllo cosciente. Anzi, il suo desiderio è il
risultato deterministico del suo background che lo spinge ad agire in questo modo. Egli non è libero
di agire diversamente. Perciò non è giusto chiamare libere le rispettive azioni di Sam e di Andy e
conseguentemente lodarle o censurarle. In effetti il determinismo non rigido in definitiva ci porta
allo stesso punto morto del determinismo rigido anche se con un po’ più di varietà lungo il
percorso. Sebbene sia il determinismo rigido sia l’assoluto libero arbitrio possano essere
facilmente respinti (sia in questo articolo che negli annali della filosofia occidentale), è facile
concordare che un determinismo non rigido appare più promettente. Tuttavia esso non ci ha permesso
di raggiungere quello che cerchiamo per una spiegazione convincente della causa delle azioni umane.
Certamente la risposta si trova in una forma di sintesi tra determinismo e libero arbitrio, ma la
filosofia occidentale non ci può fare avanzare ulteriormente in questa direzione. Ora quindi
prenderemo in considerazione la filosofia dell’antica India. All’interno delle scritture vediche
troviamo una prospettiva che concilia veramente determinismo e libero arbitrio in un modo che
soddisfa i nostri intelletti ed è gradevole ai nostri cuori.

IL LIBERO ARBITRIO DELL’ANIMA

Cominciamo rivisitando il lato deterministico del tema. Krishna nella Bhagavad-gita spiega che tutti
gli esseri viventi hanno una forma eterna spirituale di cui i corpi fisici che vediamo sono solo
coperture temporanee. La causa prima di questo imprigionamento è conosciuta in sanscrito come
ahankara. Sebbene questa parola sia normalmente tradotta come falso ego, letteralmente significa:
“Sono io che agisco”. Poiché siamo fatti di spirito e non di materia, non abbiamo nessuna capacità
di manipolare indipendentemente la materia e pensare che lo possiamo fare è l’inganno che
c’imprigiona in modo definitivo. Lungi dall’essere controllori, l’abitare in un corpo fisico ci
porta sotto il controllo della natura perché il corpo che è materiale agisce in base alle leggi di
natura. Il vero principio attivo che provoca i movimenti del mondo materiale è l’energia di Dio
nella forma dei tre principi o influenze materiali: il mantenimento (virtù), la creazione (passione)
e la distruzione (ignoranza). Krishna somma tutte queste dinamiche facendo osservare: “L’anima
spirituale ingannata dall’influenza del falso ego pensa di essere lei a compiere le attività che in
realtà sono svolte dai tre modi della natura materiale.” Quindi, la nostra libertà non si trova nel
regno tangibile della materia fisica.

Per alcune persone le implicazioni derivanti da questa evidenza (vedasi l’inserto a fine articolo
come altro esempio) fanno ritenere che il libero arbitrio sia semplicemente illusorio e che la reale
comprensione comporti di accettare che noi siamo pedine impotenti di un mondo retto dal
determinismo. Dal punto di vista storico, i filosofi occidentali hanno sempre finito per ammassare
il punto di vista vedico insieme alle altre filosofie orientali togliendo di mezzo il tutto sotto la
condiscendente etichetta di fatalismo asiatico. Questo però è solo metà dell’equazione vedica.
Altrettanto convincente (e senza dubbio anche più importante) è l’evidenza vedica della libertà e
del potere di una scelta consapevole.

Per esempio, la letteratura vedica contiene una pletora di regole, principi e rituali. Molti
eminenti filosofi Vaishnava hanno usato la stessa logica che noi abbiamo citato prima per
sconfiggere il determinismo rigido dichiarando che tali prescrizioni delle scritture (e le
ricompense e le punizioni ad esse associate) possano avere significato solo se l’essere vivente ha
in qualche modo una reale indipendenza. In verità, “Dio, la Persona Suprema, ha formulato e
applicato in modo così esperto le leggi della natura materiale che regolano la punizione e la
ricompensa relative al comportamento umano che l’essere vivente è scoraggiato di fronte al peccato e
incoraggiato verso la virtù, senza per questo dover soffrire di alcuna interferenza significativa
con il suo libero arbitrio di anima eterna.” (Srimad-Bhagavatam 10.24.14 spiegazione dei discepoli
di Prabhupada)

A questo punto comunque è importante notare che poiché la mente nella comprensione vedica è
considerata materiale, essa è soggetta allo stesso rigido controllo che prima era stato prima
attribuito al corpo. Perciò, come il libero arbitrio dell’essere vivente non può essere esteso alle
azioni del corpo fisico e dei sensi, così pure non può essere esteso alle azioni della mente o
dell’intelligenza. Quindi il libero arbitrio di cui Prabhupada parla deve essere limitato al dominio
proprio dell’anima spirituale e devono essere le azioni di quest’anima che meritano le varie
punizioni e le ricompense di cui parla. Ma come agisce l’anima? Prabhupada spiega che questo avviene
attraverso il desiderio. Inoltre, egli fa un ulteriore passo in avanti rivelando che il desiderio di
“arrenderci a Dio o no è l’espressione essenziale del nostro libero arbitrio”.

E qui finalmente c’è la risposta che cerchiamo e la risoluzione vedica del problema del contrasto
tra determinismo e libero arbitrio. Come esseri umani, la nostra libertà comporta soltanto o di
avvicinarsi a Dio o di allontanarci da Lui. La natura materiale “sotto la direzione di Dio” si
prende cura del resto. In base ai nostri desideri passati, alla nascita ci viene dato un corpo
adatto per mezzo del quale le influenze della natura materiale ci aiutano a compiere azioni
corrispondenti a questi desideri. Nei limiti di questo corpo, che vanno dalla nostra disposizione
mentale ai risultati karmici che ci spettano mentre siamo in esso, abbiamo l’opportunità di
formulare nuovi desideri. Questi desideri possono avere molte forme, ma sono sempre riconducibili ad
una delle due grandi categorie: desiderio di avvicinarsi a Dio o desiderio di allontanarsi da Lui. I
nostri nuovi desideri creano allora quelle reazioni karmiche che determinano il nostro nuovo corpo.

NESSUN DETERMINISMO SENZA USCITA

Questa comprensione vedica del libero arbitrio ci salva dalla strada senza uscita in cui ci portava
il determinismo non rigido. Possiamo percorrere all’indietro i molteplici desideri che determinano
l’azione di una persona a partire dalla condizione realizzata nella vita attuale fino alla sua
natura al momento della nascita, fino ai desideri delle sue vite precedenti e, a sottolineatura di
tutto questo, fino al suo progressivo desiderio di arrendersi a Dio o di ribellarsi a Lui. A questo
livello finale di primaria importanza regna la libertà, mentre il determinismo domina i successivi
anelli della catena. Si può quindi definire il modello vedico come una sorta di libero arbitrio
binario.

Per esempio, Sam Surya, nella sua nascita precedente deve aver avuto desideri divini (per esempio,
desideri disinteressati di rinunciare al piacere per scopi più elevati) come risultato egli
probabilmente è nato dotato di una generosità spontanea ed ha ricevuto una buona educazione dai suoi
genitori e dai suoi primi insegnanti, entrambi i quali gli hanno consentito di avvicinarsi a Dio.
Andy Andhakara invece deve aver avuto desideri contro Dio (per esempio, desideri egoistici
accentrati sul proprio benessere a scapito di altri), che lo hanno portato a nascere in una
situazione degradata idonea ad esprimersi ed agire secondo questo tipo di desideri. La chiave per
capire come tutto questo funziona sta nella comprensione che il karma agisce a livello sottile, ma
anche grossolano. Le buone azioni non solo creano circostanze favorevoli, ma producono anche il
desiderio di fare ulteriori buone azioni. E viceversa.

A differenza dal foglio bianco del libero arbitrio o del percorso rigido del determinismo, questa
miscela dei due potrebbe essere paragonata ad un film interattivo che vi permette di fare scelte in
momenti cruciali e poi funziona automaticamente fino alla prossima decisione. Se compiamo scelte
favorevoli a ristabilire la nostra relazione con Dio, come Sam Surya, la prossima volta avremo un
numero maggiore di possibilità di questo tipo. Se invece facciamo scelte che ostacolano la nostra
relazione con Dio, come Andy Andhakara, le scelte verso il divino diminuiranno in opportunità e
quantità. In entrambi i casi, quello che accade tra i punti di decisione è il risultato predisposto
da innumerevoli scelte del passato.

Quando finalmente arriviamo al punto in cui incondizionatamente e ininterrottamente desideriamo
soltanto di essere più vicini a Dio, allora rompiamo la catena dei successivi corpi fisici e
possiamo tornare nella dimora di Dio. Là, avendo ripreso i nostri corpi originali spirituali saremo
completamente indipendenti dalle leggi di natura che ci controllano così rigidamente in questo
mondo. Allora arriviamo al definitivo paradosso del libero arbitrio. Quando saremo in grado di
offrire in ogni momento il nostro libero arbitrio ai piedi di Dio per il Suo piacere anziché per il
nostro, allora e soltanto allora avremo il massimo di libertà.

Prescienza e Letteratura Vedica

Un aspetto della letteratura vedica — la conoscenza del futuro — può, a prima vista, apparire in
contrasto con il libero arbitrio, ma non è così. In effetti, la spiegazione di questo fenomeno dato
da Sant’Agostino relativa all’onniscienza di Dio è simile alla conoscenza vedica. Altri hanno
argomentato che se Dio sapesse già quello che faremo, questo ci impedirebbe di avere un libero
arbitrio: non potremmo agire se non nel modo che Dio aveva previsto. In risposta, Agostino spiegava
che la visione del futuro da parte di Dio non fa accadere niente. Essa è analoga alla visione umana
del passato. Noi abbiamo la capacità di ricordare gli eventi del passato, ma questo non significa
che ne siamo la causa. Allo stesso modo Dio ha la capacità di pre-cordare gli eventi futuri, senza
che questo significhi che la sua azione limiti la libertà umana. Egli è semplicemente al di là del
tempo, mentre noi non lo siamo, e può perciò osservare con uguale facilità passato, presente e
futuro.
La letteratura vedica riconosce a Dio una capacità di questo tipo, ma va oltre ammettendo che gli
esseri umani possono condividere questa capacità. Un metodo consiste nel praticare lo yoga opportuno
per acquistare questa siddhi (perfezione mistica) del tri-kala-jna, letteralmente “conoscitore dei
tre tipi di tempo” (cioè passato, presente e futuro). È interessante notare che questa capacità è
considerata una delle meno importanti e delle più facili da ottenere tra i diversi poteri mistici
vedici.
Un altro metodo di prescienza è fornito dall’astrologia. Osservando la posizione delle stelle e dei
pianeti al momento preciso della nascita di una persona, un astrologo esperto può fare molte
previsioni riguardo alla personalità e alla vita di questa persona. In effetti, si dice che il
grande saggio Brighu Muni temendo che durante la miserabile era attuale di Kali non ci potessero
essere astrologi qualificati, avesse formulato gli oroscopi di nascita per ogni persona sulla Terra
per i prossimi 427.000 anni.

*La dottrina della predestinazione delle anime, esposta da Sant’Agostino nel V secolo e presa come
punto di riferimento dai leader della Riforma protestante del XVI secolo, ne costituisce una delle
maggiori eccezioni.

Navin Jani segue un corso di laurea alla Universitiy of California, a Irvine, dove studia Vastu
Vidya e gli aspetti spirituali del disegno. Vive ad Irvine con i suoi genitori e sua moglie,
Krishna-priya Devi Dasi.

(Tratto da Ritorno a Krishna – www.bbtitalia.com )

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