05 ottobre 2013
Una ricerca su un gruppo di studenti universitari ha scoperto che tanto più si usa Facebook tanto
più si prova un sentimento di infelicità. Questo risultato sottolinea l’importanza dei rapporti
sociali della vita reale per il nostro benessere, tuttavia non può essere generalizzato, data l’età
specifica dei soggetti del campione e altri limiti dell’impostazione dell’esperimento. Saranno
necessari ulteriori studi per tracciare un bilancio più preciso dell’impatto delle interazioni
sociali virtuali sul nostro benessere psicologico
di Travis Riddle
Gli esseri umani amano stare con altri esseri umani. Siamo animali straordinariamente sociali, così
sociali che è stato dimostrato che la semplice interazione con altre persone attiva aree del
cervello analoghe a quelle coinvolte nell’elaborazione di stimoli da ricompense di base come il
cibo, suggerendo che questa interazione sociale ci faccia sentire bene.
Tuttavia, non ci vuole molto per notare che negli ultimi anni il modo in cui le persone
interagiscono è cambiato radicalmente. Gran parte dei nostri contatti non avviene faccia a faccia,
ma guardando rappresentazioni telematiche digitali degli altri: Facebook è l’esempio più evidente.
Questo solleva una domanda fondamentale: quali sono le differenze tra interazione on line e
interazione in carne e ossa?
Una differenza potrebbe riguardare il tipo di gratificazione che si prova. L’interazione via
Facebook ci fa sentire bene allo stesso modo dell’interazione con le persone nella vita reale? Una
ricerca recente suggerisce che la risposta è: probabilmente no. In effetti, i dati di questo
studio mostrano che quanto più interagiamo su Facebook, tanto più tendiamo a sentirci peggio.
I ricercatori hanno selezionato i partecipanti allo studio in un campus universitario. Come prima
cosa, i soggetti hanno completato una serie di questionari, di cui uno misurava il livello di
soddisfazione della loro vita. Successivamente, ai partecipanti sono stati inviati messaggi di testo
cinque volte al giorno per due settimane. A ogni messaggio, erano invitati a rispondere ad alcune
domande, tra cui quanto bene si sentivano in quel momento, per quanto tempo avevano usato Facebook e
l’entità dell’interazione diretta con altre persone, il tutto rispetto all’invio di testo
precedente. Al termine delle due settimane di sperimentazione, i soggetti hanno risposto a una
seconda serie di questionari grazie a cui i ricercatori hanno misurato di nuovo il livello di
soddisfazione generale delle loro vite.
Allora, come ci fa sentire l’interazione on line? I ricercatori hanno tentato di rispondere
esaminando i dati in due modi diversi. Innanzitutto, gli scienziati hanno analizzato come cambiava
momento per momento lo stato d’animo di ciascun partecipante tra un messaggio e l’altro. I dati
hanno dimostrato che quanto più spesso i soggetti affermavano di aver usato Facebook, tanto più il
loro stato d’animo virava al negativo. In altre parole, nelle due settimane analizzate l’aumento
dell’uso di Facebook era associato a un calo dell’umore. È interessante notare che questo
collegamento scompariva quando i partecipanti avevano avuto pochissimi contatti sociali diretti,
mentre era molto più forte quando avevano avuto molti contatti sociali.
Nella seconda serie di analisi, gli scienziati hanno cercato di capire se l’uso medio di Facebook di
ciascun soggetto era collegato con la soddisfazione esistenziale alla fine dello studio. Come
risultato, alla fine dello studio è emerso che i partecipanti che avevano usato maggiormente
Facebook avevano mostrato anche un calo più marcato nella soddisfazione per la propria vita.
Tuttavia, prima staccare la spina al proprio social network, bisognerebbe anche notare i limiti di
questa ricerca. Innanzitutto è uno studio correlazionale. Anche se gli autori hanno dimostrato che
un maggiore uso di Facebook è predittivo di un peggioramento dell’umore e del senso di benessere (e,
in un’analisi separata, hanno dimostrato che l’umore non è predittivo dell’uso di Facebook),
potrebbe esserci qualche altra variabile a indirizzare queste associazioni. Senza un esperimento in
cui si controlla e modifica direttamente la frequenza dell’uso di Facebook non è possibile essere
sicuri che vi sia una relazione causale.
Inoltre, va notato che l’età media dei partecipanti allo studio era poco più di 19 anni. Dato che
quasi sicuramente l’uso dei social network differisce parecchio tra diversi gruppi di età, sarebbe
interessante vedere se questi risultati sono validi anche per persone più grandi. Allo stesso modo,
si dovrebbe essere attenti a generalizzare i risultati di questo studio ad altre piattaforme on line
di social media. Forse questi risultati sono specifici per Facebook, e se i ricercatori avessero
studiato l’uso di Twitter, Tumblr, Foursquare o qualche altra piattaforma, avrebbero potuto trovare
una relazione diversa.
Un terzo avvertimento riguarda il modo in cui i ricercatori hanno misurato le loro variabili. Dal
momento che i partecipanti comunicavano allo stesso tempo il loro stato d’animo e l’uso di Facebook,
è possibile che il riflettere su come si sentivano abbia alterato il loro ricordo delll’uso di
Facebook. Per esempio, se un partecipante in quel momento si sentiva male, questo potrebbe averlo
indotto a sovrastimato il tempo speso su Facebook nelle ultime ore.
Nonostante questi limiti, lo studio affronta una questione impellente sul modo in cui è strutturata
la nostra vita sociale, e fornisce alcune suggestive prove che l’interazione sociale on line possa
essere associata a un benessere ridotto. Inoltre via via che la percentuale di persone collegate al
Web aumenta, cresce anche l’importanza di questa ragnatela virtuale come elemento centrale del
nostro mondo sociale.
Quindi, anche se ci si può sentire obbligati ad augurare al collega di ufficio o al vicino di casa
un compleanno molto felice su Facebook, forse sarebbe bene provare un approccio diverso. Dimenticate
il messaggio su Facebook e invitatelo a bere un caffè. Fermatelo e invitatelo a cena. Vedete se vi
raggiunge per una passeggiata. E’ ancora da stabilire se Facebook sia davvero un problema in sé, ma
l’interazione nella vita reale è sicuramente qualcosa da cui la nostra specie trae straordinari
benefici sociali, e noi dovremmo fare ogni tentativo per massimizzare il nostro profitto da questa
forma di socializzazione.
(La versione originale di questo articolo è stato pubblicato su scientificamerican.com l’1 ottobre.
Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)
www.scientificamerican.com/article.cfm?id=scientists-show-facebook-is-downer
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