Questo orologio epigenetico stima il rischio di mortalità

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Questo orologio epigenetico stima il rischio di mortalità

Sviluppato un nuovo orologio epigenetico che, tramite un semplice tampone buccale, sarebbe in grado
di predire la mortalità: ma è davvero così?

19 ottobre 2024 – Chiara Guzzonato

Davvero basterà un tampone orale per capire quando moriremo?

Nell’ultimo decennio gli scienziati hanno sviluppato diversi tipi di orologi epigenetici, strumenti
in grado di misurare l’età biologica analizzando le modificazioni epigenetiche, quelle che avvengono
nei geni senza alterare la sequenza del DNA.

Fino adesso, però, per effettuare le analisi è stato necessario raccogliere dei campioni di sangue:
ora dei ricercatori statunitensi hanno sviluppato un nuovo orologio epigenetico chiamato CheekAge,
in grado di raccogliere i dati necessari dalle cellule presenti sulla parte interna della guancia,
campionabili con un semplice tampone buccale. I risultati dello studio sono pubblicati su Frontiers
in Aging.

PREVISIONI DI MORTE. Per testare la precisione dello strumento, i ricercatori hanno utilizzato i
dati relativi a oltre 1.500 persone nate nel 1921 e nel 1936 e già decedute, che ogni tre anni si
erano sottoposte all’analisi del profilo epigenomico (o metiloma) di circa 450.000 siti di
metilazione del DNA (un particolare tipo di modificazione del DNA).

L’ultima analisi registrata è stata utilizzata per calcolare il rischio di mortalità, confrontando
la precisione della previsione con l’effettiva data del decesso.

«Il nostro orologio epigenetico prevede la mortalità analizzando il metiloma delle cellule
sanguigne, e questo suggerisce che esistono dei segnali di mortalità comuni a diversi tessuti»,
afferma Maxim Shokhirev, coordinatore dello studio. «Un tampone buccale semplice e non invasivo può
dunque essere una valida alternativa per studiare e tenere traccia della biologia
dell’invecchiamento».

QUESTIONE DI GENI. Analizzando in modo dettagliato i siti di metilazione maggiormente associati alla
mortalità dei volontari, i ricercatori hanno visto che alcuni geni influivano sulla durata della
vita o sul rischio di soffrire di malattie legate alla vecchiaia: è il caso, ad esempio, del gene
PDZRN4, un probabile oncosoppressore, e di ALPK2, un gene implicato nella salute cardiaca e
oncologica in modelli animali, ma anche di altri geni già in precedenza associati allo sviluppo di
tumori, osteoporosi, infiammazione e sindrome metabolica.

COMMENTI DALL’ESTERNO. Secondo Adele Murrell dell’Università di Bath (Regno Unito) i cambiamenti
epigenetici sono teoricamente reversibili, per cui se è possibile predire in modo retrospettivo la
morte di qualcuno in base alle modificazioni epigenetiche accumulate, non è possibile prevedere il
decesso di una persona ancora in vita. In questo caso si potrebbe solo avvisarla che, continuando
così, rischia una morte prematura, ma il tutto è reversibile.

Dusko Ilic del King’s College London sottolinea la sua preoccupazione per l’utilizzo della frase,
nel titolo dello studio, «predittivo della mortalità» riferito a CheekAge, sostenendo che può essere
fuorviante poiché implica la capacità di prevedere la morte, cosa in questo caso scientificamente ed
eticamente inappropriata.

«Quello che questi orologi epigenetici fanno», conclude Ilic, «è valutare il rischio di morte e non
effettuare previsioni concrete».

www.frontiersin.org/journals/aging/articles/10.3389/fragi.2024.1460360/full

www.frontiersin.org/

www.kcl.ac.uk/people/dusko-ilic

www.sciencemediacentre.org/expert-reaction-to-study-on-a-new-epigenetic-clock-claiming-to-pr
edict-mortality/

da focus.it

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