Rabbia e ansia

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Rabbia e ansia

di: Johann Rossi Mason – Ecplanet.net

Rabbia ed ansia sono comportamenti che ci aiutano a reagire alle sollecitazioni dell’ambiente che ci
sfida o ci fa paura. Ma in certi casi queste due emozioni possono diventare eccessive, improduttive
e renderci incapaci di relazioni sociali equilibrate. Evan Deneris, professore di Neuroscienze alla
Case Western Reserve University ha pubblicato da poco uno studio sulla rivista Neuron annunciando la
scoperta di un particolare gene, chiamato PET-1 che quando viene rimosso sperimentalmente nei topi
aumenta fa aumentare ansia e aggressività.

Recentemente uno studio degli stessi autori aveva dimostrato l’attività di questo gene sui neuroni
che producono serotonina. Questa è un neurotrasmettitore che lavora come messaggero chimico tra le
cellule nervose e la sua azione influenza comportamenti come ansia, aggressività, percezione,
apprendimento, memoria e i ritmi sonno-veglia. Le persone che non producono o non utilizzano
abbastanza serotonina possono soffrire di disturbi dell’umore come ansia e depressione.

I neurotrasmettitori sono molto importanti anche nella vita fetale degli esseri umani: neuroni
serotoninergici cominciano a formarsi già dalla metà del primo trimestre di gestazione. Per capire
cosa accadesse esattamente nel cervello Deneris ha scelto di fare ricerca sui topi, animali che
hanno molti aspetti in comune con gli esseri umani, specialmente sotto l’aspetto genetico. I
ricercatori hanno allevato hanno privato un gruppo di topi del gene PET-1 e riscontrato che la
maggior parte dei neuroni che producevano serotonina non si formava e i pochi rimasti erano anormali
e quindi inefficienti.

La prima conclusione quindi è stata che in assenza del gene l’intero sistema non si sviluppa e porta
a bassi livelli di serotonina nel cervello. Dei due gruppi di topi poi è stato osservato il
comportamento: quando un animale estraneo veniva fatto entrare nella gabbia dei topi normali, questi
osservavano l’intruso, attendevano un po’ e poi sceglievano se aggredirlo o meno. I topi del gruppo
privato del gene invece attaccava comunque entro 10 secondi dall’ingresso dell’estraneo e l’attacco
era quasi sempre inevitabile e significativo nella sua intensità.

In un altro test poi si valutava la quantità di tempo trascorsa dai topi in aree aperte e non
protette oppure in luoghi chiusi e appartati della gabbia. Questi animali in natura tendono a stare
nelle aree più protette per evitare le aggressioni ma hanno anche una naturale tendenza ad
esplorare. Deneris ha osservato che i topi ‘modificati’ tendevano a stare nelle aree più protette
suggerendo ai ricercatori che essi fossero più ‘ansiosi’. Poiché anche gli esseri umani condividono
con i topi un gene simile al PET-1 si deduce che i comportamenti potrebbero essere sovrapponibili.

Come sempre ulteriori ricerche andranno effettuate per verificare la validità delle tesi ma
soprattutto per valutarne l’applicabilità nel ben più complesso modello umano. La speranza dei
ricercatori è comunque quella di acquisire maggiori informazioni sul funzionamento del cervello allo
scopo di sviluppare trattamenti farmacologici adatti a curare l’ansia e l’aggressività patologiche.

Istituzione scientifica citata nell’articolo:
Case Western Reserve University

Johann Rossi Mason
E-mail: jobres@ecplanet.com
Sito personale: Comuni-CARE

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