REIKI – UNA VIA VERSO L’INTEGRITA’ PERDUTA
di Roberto Casini
Per oltre due secoli, la chiave di lettura dell’Uomo e del suo Mistero è stata forgiata dalla
visione illuministica dell’Universo.
Ciò ha comportato un appiattimento del modello scientifico su schemi meccanicistici, i quali, pur
avendo il merito di portare un notevole sviluppo verso le attuali ed incredibili conoscenze (si
pensi il salto che lo studio dell’essere umano ha fatto dalla singola cellula fino ai nuovi
orizzonti dell’ingegneria genetica), hanno reso “asettico” ogni approccio verso tutto ciò che appare
indimostrabile, asserendo la realtà di tutto quello che invece ha una tangibilità concreta.
E’ così che la “macchina Uomo” ha perso ogni suo enigmatico apparire, diventando un meraviglioso
ingranaggio, nel quale non c’è posto per l’inesplicabilità del suo funzionamento. Come conseguenza
ciò ha significato la spersonalizzazione, la deresponsabilizzazione dell’Uomo verso se stesso: c’è
un farmaco per (quasi) tutto e viene delegato il medico a sapere cosa ci serve, quando e perché:
affidiamo a lui la nostra persona mentre, paradossalmente, ne perdiamo il contatto.
Fortunatamente, da qualche tempo a questa parte, il concetto di salute sta assumendo una diversa
connotazione, ritornando alla salus originaria, al ben – essere, che distingue l’Uomo “senza
malattie” dall’Uomo che vive uno stato di globale armonia. Tant’è vero che molte persone,
apparentemente sane, versano in uno stato di disagio, di latente sofferenza, inspiegabile in quanto
non frutto di malattie convenzionali.
Così si sente parlare di medicine naturali, alternative, “dolci”, che tentano di prevenire, anziché
curare, sulla base di quello che è l’Uomo, delle sue reazioni, di ciò che prova, olisticamente
considerando il rapporto mente – malattia – corpo, anche nella valutazione del contesto nel quale
questo viene vissuto.
Niente di molto lontano da quello che avviene già da molti secoli in altre culture, prima fra tutte
quella orientale. Questa, infatti, viene oggi riscoperta, a dire il vero, in po’ ingenuamente, dato
che comunque ogni risposta, pur avendola davanti agli occhi, l’abbiamo accantonata, nel seguire
l’affascinante miraggio della “catalogazione” di ogni verità.
Comunque si sta tornando a valutare l’Universo, in ogni sua componente, come manifestazione di
energia (ciò sta trovando riscontro anche nella Fisica Quantistica attraverso teorie che stanno
riaprendo gli occhi a molti increduli), e così l’Uomo, microcosmo nel cosmo. Perciò la malattia
viene considerata come un “disturbo” di tale flusso energetico, nel senso di un eccesso o di una
carenza, sulle quali è possibile agire apportando, semplicemente, un’armonizzazione.
Così, a “muovere il mondo” è Prana per gli indiani, Ch’i per i cinesi, Luce Astrale per i cabalisti,
Iliaster per gli alchimisti, Magnetismo per Mesmer, Orgonica per i Reich, Ki per i giapponesi..
E qui si giunge a Rei-ki, ovvero “consapevolezza d’azione nel trasmettere energia vivificatrice”, la
quale è, per sua natura equilibrata ed equilibrante. Cosa che ogni buon reikista sperimenta
quotidianamente sulla propria pelle e su quella degli altri, perché ogni volta che ci si appresta a
“praticare” si stabilisce un contatto, diventando così canali, tra la fonte primigenia d’ogni
energia (emittente) e colui che riceve (ricevente).
Certo, per amor del vero, debbo precisare che non tutti i praticanti canalizzano in egual misura:
noi siamo vivi, così abbiamo delle dinamiche diverse, da individuo ad individuo , abbiamo i nostri
dubbi, le nostre certezze, ansie, fobie, pulsioni e quant’altro.
Ecco allora che, compito primario di chi vuol diventare un buon canale tra la fonte (Rei) e il
ricevente (Ki), è quello di trascendere ogni distrazione dedicandosi, senza attaccamento, alla
pratica. Ma raggiungere questo livello di consapevolezza, lo stato del testimone come lo chiamava
Platone, non è semplice. In altri termini, solo se si è in uno stato di “osservazione ricettiva”, al
di là degli automatismi della mente giudicante, si è canali Rei-ki al 100%.
In caso contrario, è ovvio, l’energia, incontrando dei blocchi, verrà frenata o comunque alterata.
Potrà acquisire qualità non sue ma nostre, che importa?! noi “esseri imperfetti” stiamo cercando di
conquistare la perfezione o comunque di accettare i nostri limiti. Noi, piccoli uomini, da sempre
timorosi e bisognosi dell’aiuto di altri per combattere il male, oggi, attraverso Rei-ki, possiamo
alzare la testa e combattere, senza paura, diventando artefici del nostro destino.
Rei-ki non ci chiede di aderire a sistemi religiosi o dogmatici, al contrario, risvegliando la
nostra naturale intuizione, ci pone in grado di affrontare meglio qualsiasi insidiosa manipolazione.
Una delle cose che emerge chiaramente per chi lo pratica è che Rei-ki non è la panacea universale ed
in molti casi non può sostituire la medicina convenzionale, né è l’unico mezzo atto a spingerci
fortemente verso il risveglio interiore, è, però, un potente strumento per ri-contattare il Sé
profondo, oltre la maschera di superficie costituita dalla personalità.
Rei-ki è come un buon maestro che, prendendoci per mano, ci invita a diventare entronauti, in grado
di viaggiare oltre i confini di quel piccolo mondo che chiamiamo me e che appartiene alla mente
polare, verso il noi, che appartiene al cuore. E’ come tornare a casa dopo un lungo viaggio, lontano
dal rumore e dal clamore che intorpidisce i nostri sensi avvelenando l’anima. E’ una sfida per
l’uomo del 3° millennio, una chance…
Riguardo le sue origini sono state dette molte cose, così, una ricerca fino alla sue radici, pur se
difficoltosa, può forse aiutarci a capire cosa sia Rei-ki.
Per quanto tutto ormai venga accolto a seconda delle “mode”, Rei-ki è una disciplina, arrivata a noi
per vie traverse e, come vedremo più avanti, in maniera abbastanza “fumosa”. Intanto, una cosa
interessante che emerge relativamente alle sue origini, riguarda la presenza di alcuni simboli, per
l’esattezza il terzo del secondo livello ed il quarto del livello Master, all’interno dei testi
canonici taoisti, cioè Il Libro del Tao e della Virtù, di Lao Tzu, Il Vero Libro della Virtù del
Cavo e del Vuoto, di Lieh Tzu, Il Vero Libro di Nau-Hua, di Chuang Tzu.
Questo darebbe qualche indizio in più riguardo al periodo della sua “nascita”.
Inoltre, in Giappone, esistono molte tecniche di canalizzazione energetica volte alla guarigione, le
quali vengono indicate con lo stesso termine: Rei (tale termine racchiude molti significati, tra i
quali, oltre a quelli richiamanti energia, L’Essere Supremo, piena consapevolezza etc..).
Infine, forse non tutti sanno che esiste una tecnica con caratteristiche molto simili a Rei-ki,
chiamata Sei-ki, della quale si trovano tracce recenti in diversi paesi. Le profonde analogie tra le
due fanno quasi sorgere il dubbio che si tratti addirittura della stessa disciplina.
Si differenziano, solo per come è strutturato l’insegnamento. Il Sei-ki è profondamente collegato
alla meditazione zen e prevede una preparazione molto accurata da parte degli insegnanti, volta ad
infondere negli allievi, innanzitutto, le conoscenze indispensabili ad utilizzarla correttamente,
mentre solo più tardi è permesso accedere, sulla base di una valutazione di merito, al cosiddetto
potenziamento energetico, (e non iniziazione ad opera di un Grande Rei-ki Master).
Il Rei-ki, come viene oggi proposto dalla maggioranza delle scuole, invece, rischia, a volte, di
porsi come uno dei tanti prodotti commerciali senza significato, fruibili dai più, esclusivamente in
quanto business. Intendiamoci: chi scrive non auspica un suo ritorno nelle mani di pochi, dati anche
i benefici che gli si possono attribuire, ma solo reclamare la dignità, come è giusto che sia, per
tutto ciò che è frutto di saggezza antica, a prescindere da quale epoca o parte del mondo giunga a
noi.
Emblematico a questo proposito un fatto del quale ho piena documentazione e che posso riprodurre in
qualsiasi momento: del mitico scopritore del Rei-ki, Mikao Usui, non si trovano tracce alla Doshisha
University di Tokyo, dove, si racconta, avesse rivestito le funzioni di Rettore.
Lo stesso W. Rand, direttore della più grande scuola Rei-ki del mondo, il “Center for Rei-ki
training” di Southfield (USA), confessa in un’intervista di non aver mai trovato traccia di Usui, né
presso la Doshisha University, né presso l’Università di Chicago, dove si dice abbia trascorso molti
anni.
In effetti Usui è esistito veramente, ma non nella forma conosciuta: egli non era insegnante di
teologia. Mikaomi Usui, questo è il suo vero nome, era un semplice uomo d’affari, che, dopo un
collasso finanziario e una conseguente crisi esistenziale, si ritirò in un monastero sul monte
Kurama per indagare sulle “cose della vita”.
Qui entrò in contatto con dei santi monaci che, vedendo la sua dedizione per la ricerca della
verità, vollero rivelargli l’essenza d’una antichissima disciplina: Rei-ki. Tutto ciò è ampiamente
spiegato nel mio libro “REI-KI E IL VERO” edito da I.D.M.
Tutto questo è stato detto non per gettare dei veli su quello che è e rimane un meraviglioso cammino
dentro di noi e verso il Divino, ma, anzi, se mi è concesso e senza presunzione, per agevolarne la
riscoperta, anche attraverso i risultati delle mie ricerche e conclusioni, augurandomi che
contribuiscano a conservare Rei-ki nella sua cristallina purezza, affinché non perda, con il tempo e
con l’abuso della superficialità, le sue stupende ed infinite potenzialità. Indicare la luna col
dito è rischioso: chi osserva vede solo il dito appunto.
Rei-ki è un’esperienza e, come tale, non può essere connotata. Va, invece, vissuta in prima persona.
Buon viaggio.
Rie-ki Sensei Roberto Casini
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