Respirare: il mantra più profondo

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Respirare: il mantra più profondo

di Osho

Tratto da: “Il Libro Arancione” – di Osho
Edizioni Mediterranee

“Respirare: il mantra più profondo”

Il respiro entra in te: lascia che il tuo essere sia uno specchio del respiro che entra. II respiro esce: lascia che il tuo essere sia uno specchio del respiro che esce e sen­tirai discendere su di te un silenzio straordinario. Seguire il respiro che entra ed esce, entra ed esce, è il mantra pili profondo che sia mai stato inventato.

Tu respiri qui e ora. Non puoi respirare nel domani e non puoi respirare nel passato. Devi respirare in que­sto momento, anche se nel frattempo sei in grado di pen­sare al domani e riesci a pensare al passato. Cosi, il cor­po rimane nel presente e la mente continua a saltare tra il passato e il, futuro: esiste una dissociazione tra il corpo e la mente. Il corpo risiede neI presente e la mente non è mai nel presente: non si incontrano mai. Non si incro­ciano mai! Ed è a causa di questa dissociazione che sor­gono ansia, tensione e angoscia. Sei teso: questa tensione è ansia. La mente deve essere portata al presente, per­ché non esiste un altro tempo.

Innanzitutto devi danzare, perché nella danza le tue corazze scompaiono. Innanzitutto devi urlare di gioia e cantare, cosi la tua vita ac­quista energia. Innanzitutto ti devi abbando­nare alla catarsi, così tutto ciò che hai repres­so viene buttato fuori, il corpo viene purifi­cato da veleni e tossine e anche la tua psiche viene purificata da traumi repressi e da ferito. Una volta che questo sia accaduto e hai riacquistato la capacità di ridere e sei in grado di amare, allora è il momento del Vipassana.

– Bhagwan parla del Vipassana –

Siedi in silenzio e comincia a osservare il tuo respi­ro. Il punto di osservazione piú semplice è all’entrata del naso. Quando il respiro entra, avvertine il contatto all’ini­zio del condotto nasale: osservalo da quel punto. Il con­tatto sarà pii facile da osservare, il respiro sarebbe trop­po sottile: all’inizio limitati a osservarne il contatto. Il respiro entra e tu lo senti entrare: osservalo. E poi ac­compagnalo, seguilo. Scoprirai che a un certo punto si ar­resta. Si ferma da qualche parte vicino all’ombelico; per un attimo, per un po, si arresta. Quindi, risale verso l’esterno: seguilo, di nuovo percepisci il contatto del re­spiro che fuoriesce dal naso. Seguilo, accompagnalo verso l’esterno: di nuovo arriverai a un punto in cui per un attimo brevissimo il respiro si arresta. E il ciclo riprende un’altra volta.

Inspirazione, pausa, espirazione, pausa, inspirazione, pau­sa. Dentro di te quella pausa è il fenomeno più misterio­so. Quando il respiro è entrato in te e si è fermato, non c’è nessun movimento: quello è l’attimo in cui si può in­contrare Dio. Oppure quando il respiro esce e poi si ar­resta, e non esiste alcun movimento.

Ricorda, non lo devi arrestare tu: si ferma da solo. Se lo interrompi volontariamente, quell’istante ti sfuggirà, perché colui che agisce interferirà e scomparirà il testimo­ne. Tu non devi interferire. Non devi alterare il ritmo della respirazione, non devi né inalare né esalare. Non è come il Pranayama dello yoga, dove tu intervieni per con­trollate iI respiro. Non è la stessa cosa. Non alteri affatto il respiro, lasci spazio al suo fluire naturale, alla sua na­turalezza. Lo segui quando esce e lo segui quando entra.

E presto ti accorgerai dell’esistenza di due pause. In queste due pause si trova la porta. E in quelle due pau­se perverrai alla comprensione, vedrai che il respiro in se stesso non è vita, forse è nutrimento per la vita, come altri cibi, ma non è fa vita. Perché quando il respiro si arresta, tu sei presente, assolutamente presente: sei per­fettamente consapevole, assolutamente cosciente. E anche se il respiro si è arrestato, se il respiro non c’è più, tu ci sei ancora.

Praticando questa osservazione del respiro — che il Buddha chiama Vipassana, oppure Anapanasati yoga — se continui a osservare, a osservare, a osservare, ti accorge­rai che pian piano la pausa aumenta e si allarga sempre di più. Alla fine accade che la pausa dura per diversi mi­nuti. Una inspirazione e la pausa._ e per alcuni minuti il respiro non esce. Tutto si è fermato. TI mondo si è fermato, il tempo si à fermato, il pensiero si è fermato. Perché non è possibile pensare quando il respiro si arresta. E quando il respiro si arresta per diversi minuti, è asso­lutamente impossibile pensare, perché il processo del pen­siero ha costantemente bisogno di ossigeno e il tuo pro­cesso cognitivo è profondamente connesso con la respi­razione.

Quando sei in collera il respiro ha un ritmo; quando sei eccitato sessualmente ha un altro ritmo; e quando sei in silenzio il ritmo del respiro cambia di nuovo. Quando sei felice hai un ritmo di
respirazione e quando sei triste ne hai uno diverso. Il respiro cambia secondo gli umori della mente. Ed è vero anche il contrario: quando il re­spiro cambia, cambiano anche gli umori della mente. E quando il respiro si arresta, anche la mente si ferma.

Con l’arrestarsi della mente, il mondo intero si ferma: perché la mente è il mondo. E in questa pausa riuscirai a percepire per la prima volta il respiro all’interno del respiro; la vita all’interno della vita. Questa è un’esperien­za liberatoria. È un’esperienza che ti rende pii sensibile nei confronti di Dio; poiché Dio non è una persona ma l’esperienza della vita stessa.

La meditazione è semplice gioia per il proprio esistere. La
meditazione è semplice gioia di essere nel proprio essere.

– Vipassana – La porta della consapevolezza.

Trova un luogo comodo dove sederti per 45-60 mi­nuti. E bene sedere alla stessa ora e nello stesso posto ogni giorno, ma non
necessariamente in un posto silenzio­so. Esperimenta finché non trovi la situazione in cui ti sen­ti a tuo agio. Puoi fare una o due sedute ai giorno, ma non fare mai una seduta se non è trascorsa almeno un’ora da quando hai mangiato, e aspetta almeno un’ora dopo la seduta, prima di andare a dormire.

È importante sedersi con la testa e la schiena erette. Gli occhi devono restare chiusi e il corpo dev’essere il più fermo possibile. Puoi usare un seggiolino da meditazione o una sedia con lo schienale rigido, oppure dei cuscini si­stemati come meglio credi.

Non esiste una tecnica di respirazione particolare: va benissimo il respiro naturale. Il Vipassana si basa sulla consapevolezza del respiro, per cui si devono osservare sem­plicemente l’inspirazione e respirazione in qualsiasi punto del corpo in cui si riesce ad avvertirne maggiormente la sensazione: all’altezza del naso o dello stomaco o del ples­so solare.

Il Vipassana non è concentrazione e non si tratta di osservare il respiro per un’ora intera. Quando affiorano pensieri, emozioni o sensazioni, oppure quando sorge in te la consapevolezza di un suono, di un odore o della brezza all’esterno, lascia semplicemente che la tua atten­zione li segua. Qualsiasi cosa affiori può essere osservata come una nuvola che scorre nel cielo: non ti ci devi at­taccare, né la devi respingere. Ogni volta che puoi sceglie­re cosa osservare, torna alla consapevolezza del respiro,

Ricorda, non devi aspettarti nulla di speciale. Non esi­ste successo né fallimento, né vi sarà progresso. Non c’è nulla da capire o da analizzare, ma possono insorgere in­tuizioni di qualunque tipo. Le domande e i problemi pos­sono essere visti come misteri con cui divertirsi.

Nell ashram, durante i campi di meditazione mensili, si tengono sessioni giornaliere di Vipassana.

Bbagwan ha accennato all’insorgere di flussi d’energia in quanti praticano Vipassana per le prime volte.

E’possibile che praticando il Vipassana ci si senta mol­to sensuali, si è molto silenziosi e non vi è disper­sione di energia. In genere si disperde molta energia e si è sempre esausti. Quando siedi
semplicemente, senza far nulla, diventi un calmo laghetto di energia, e quel laghet­to si allarga sempre piú e diventa sempre piú profondo. Giunge quasi al punto di straripare-, e in quel momento ti senti traboccare di sensualità. Avverti una sensibilità nuova, una sensualità, perfino una vampata di sessualità, come se tutti i sensi fossero ritornati freschi, giovani, vi­vidi, come se ti fossi ripulito dalla polvere lavandoti sotto una doccia. Accade.

Per questo coloro che per tradizione secolare praticano Vipassana, e in particolare i monaci buddhisti, non man­giano molto. Non ne hanno bisogno. Mangiano una volta sola, e si accontentano di un pasto frugale, molto parco; voi la considerereste al massimo una prima colazione… e una sola volta al giorno. Non dormono molto, ma sono pieni di energia. E non sono affatto dei pelandroni, lavo­rano sodo. Non se ne stanno con le mani in mano: ta­gliano legna, lavorano in giardino, nei campi, nella fatto­ria; lavorano tutto il giorno. Ma a quelle persone é suc­cesso qualcosa e ora l’energia non viene più dissipata.

E la posizione in cui siedono aiuta moltissimo a conservare l’energia. La posizione del loto usata dai buddhi­sti per sedere permette a tutte le estremità del corpo di incontrarsi: piede con piede, mano con mano. Questi sono i punti da dove l’energia fluisce ed esce verso
l’ester­no, perché l’energia per fuoruscire ha bisogno di
un’estre­mità appuntita. Per questo l’organo sessuale dell’uomo è appuntito, perché deve disperdere molta energia. E’ quasi una valvola di sicurezza. Quando all’interno l’energia è trop­pa e non riesci a utilizzarla altrimenti, la disperdi nel sesso.

La donna nell’atto sessuale non disperde alcuna ener­gia, perciò una donna può fare l’amore con più persone in una notte mentre per un uomo è impossibile. Una don­na può perfino conservare energia, se sa come fare; può addirittura acquistare energia.

Nessuna energia viene liberata all’esterno dalla testa. La natura le ha dato una forma rotonda affinché il cervello non disperda mai energia; la preserva, perché il cervello è la struttura organizzativa centrale, è la struttura più im­portante deI corpo intero. Deve essere protetto, e viene protetto da un cranio a forma rotondeggiante.

L’energia non può fuoruscire da un elemento roton­deggiante. Per questo tutti i pianeti — la terra e il sole e la luna e le stelle — sono rotondi. Altrimenti l’ener­gia andrebbe dispersa e i pianeti morirebbero.

Quando siedi, assumi una posizione rotondeggiante; fai che le mani si tocchino. Così, se una mano libera ener­gia, questa passa subito nell’altra. I piedi si toccano… e la tua posizione diventa quasi un cerchio. L’energia scor­re dentro di te, non fluisce all’esterno. Conservandola, col tempo si diventa un pozzo. Un po’ alla volta nella pan­cia avvertirai una sensazione di pienezza. Puoi avere la pancia vuota, forse non hai mangiato, tuttavia avverti un senso di pienezza. E infine avverti un’esplosione di sensua­lità. Ma è buon segno, un ottimo segno: perciò goditelo!

Diventa un astronauta dello spazio interiore

Spesso, in meditazione profonda, ti capiterà all’improv­viso di sentire che la forza di gravità sia scomparsa e ora nulla ti frena più, da questo momento puoi decidete se volare o no. Ora dipende solo da te, se lo vuoi puoi vo­lare alto nel cielo: tutto il cielo ti appartiene. Ma quando riapri gli occhi, all’improvviso ricompare il corpo, la terra è lì, la forza di gravità è tornata. Mentre meditavi ad oc­chi chiusi ti sei scordato del corpo, sei passato in una di­mensione diversa: la dimensione della grazia.

Gioiscine, lasciale spazio, perché se inizi a pensare che è follia, scomparirà e questa interruzione disturberà la tua meditazione. Gioiscine come fosse un sogno in cui stai volando. Chiudi gli occhi. Mentre mediti va’ dove più ti piace, sali sempre più in alto verso il cielo, e presto po­trai provare molte altre cose. E non aver timore. E’ un’av­ventura meravigliosa, più grande ancora dell’andare sulla luna: diventare un astronauta dello spazio interiore è l’av­ventura più straordinaria che ci sia.

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