Ricerche sulla Felicità

pubblicato in: AltroBlog 0

Ricerche sulla Felicità

Il mistero della felicità ha sempre interessato tutte le culture in ogni epoca storica, ma solo
recentemente psicologi, sociologi e neuroscienziati si stanno dedicando a questi argomenti.
Nell’articolo analizzeremo quelle che sono le basi della “psicologia positiva” o “scienza del
benessere psico-fisico” e conosceremo il funzionamento del sistema neurologico legato alla
gratificazione.

La psicologia e le neuroscienze, si sono sempre occupate d’indagare su temi quali traumi, lo stress,
l’ansia, le fobie e la depressione, senza mai approfondire materie relative alla felicità o
l’allegria.
Uno dei primi studiosi che affrontò l’argomento fu Helene Deutsch (1884-1982), una psicoanalista
allieva di Freud, che concepiva la felicità come armonia dell’intera persona. Una cooperazione
“sinfonica” dei vari componenti dell’Io, che conduce a una percezione di unità interiore che non può
essere intaccata da alcun influsso esterno o interno.
La Deutsch riteneva anche che la tensione alla felicità abbia sempre origine in un’insoddisfazione
di fondo. Una felicità completa porterebbe all’arresto dell’agire umano: perché infatti si dovrebbe
ancora faticare per cambiare la situazione?

Una persona contenta si mostra particolarmente ricettiva e disponibile alle percezioni e agli
stimoli dell’ambiente. I confini fra il Sé e il mondo esterno, diventano molto sottili e si
presentano all’animo sensazioni di vicinanza, intimità o addirittura unità con l’ambiente.
Steven Reiss, uno psicologo della Ohio State University, sostiene che non è importante raggiungere
le esperienze di felicità più intense, ma piuttosto, per raggiungere uno stato di benessere duraturo
deve trovarsi a proprio agio con se stesso e non lasciarsi sopraffare da stati d’animo spiacevoli.
Al contrario, le persone continuamente alla ricerca di sempre nuovi e più intensi momenti di
felicità paiono essere piuttosto infelici.
D’altro canto, sembra che questi tratti di personalità emotiva non si possano modificare a piacere
neanche volendolo, dato che sono caratteristici della personalità a un livello troppo profondo.

Sulla base dell’evoluzione biologica, possiamo affermare che le emozioni sono in genere prodotte da
accadimenti del mondo esterno e hanno lo scopo di aiutare l’organismo ad affrontare determinate
situazioni e a reagire di conseguenza. Poiché gli esseri umani reagiscono più intensamente e
velocemente alle variazioni negative che a quelle positive, viene di solito prestata più attenzione
a sensazioni soggettive negative quali ansia, paura o ira.

Le emozioni positive sono fondamentali per la nostra stabilità psicologica, e di conseguenza
prevengono possibili danni alla salute.
Il senso di benessere che si prova, per esempio, dopo un rapporto sessuale o buon pasto, ha lo scopo
biologico di non farci trascurare questi comportamenti essenziali per la sopravvivenza di noi stessi
e della nostra specie.
Anche i rapporti sociali traggono giovamento da stati d’animo positivi. Gli altri percepiscono che
siamo allegri e soddisfatti e inconsciamente ci trovano più attraenti per questo. Ciò può
contribuire a migliorare sia i contatti già esistenti sia le nuove amicizie all’interno di un
gruppo.

Stati d’animo positivi e allegria hanno una grande influenza anche sulla salute. Il buonumore
aumenta il numero di particolari cellule del sistema immunitario, i cosiddetti linfociti natural
killer. I sentimenti positivi riescono a migliorare la nostra salute e ad accelerare i processi di
guarigione dalle malattie.
Questo fu intuito anche dal medico Patch Adams (reso famoso dal film interpretato da Robin
Williams), il quale ideò la “terapia del sorriso” o “clownterapia”.

Gli psicologi David G. Myers, dello Hope College nel Michigan e il già citato Steven Reiss sono del
parere che la felicità è stabile e non si affievolisce nel tempo solo se basata sui valori
interiori.
Questo è il tipo di felicità che può derivare da rapporti umani intimi e stabili o una sicurezza
interiore, come quella di una fede religiosa o di una ferma visione del mondo.

Lo psicologo ungaro-statunitense Mihaly Csikszentmihalyi (citato più volte nei nostri articoli), del
Dipartimento di psicologia dell’Università di Chicago, sostiene che un senso di felicità stabile e
profondo può prodursi quando ci si concentra e ci si impegna nel conseguimento di un obiettivo
importante, riuscendo finalmente a realizzarlo. Csikszentmihalyi chiama questa condizione “flusso”
(in inglese flow), ovvero “esperienza ottimale”. Quando ci troviamo in questo stato d’animo, siamo
completamente assorbiti nella nostra occupazione, dimenticando il mondo che ci circonda e perfino
noi stessi. Questo è soprattutto il caso delle esperienze creative, come scrivere un romanzo o
elaborare un teorema, oppure può essere il caso di chi è impegnato a fondo in un gioco, in una
competizione o in prestazioni che comunque richiedono sforzo e concentrazione.

Le attività che inducono nel nostro animo ”l’esperienza ottimale” sono spesso intraprese per il puro
gusto di compierle. Pertanto il concetto di “flow” è analogo al concetto di “felicità di valori” di
Steven Reiss e David G. Myers.
Anche Csikszentmihalyi rifiuta l’opinione comune secondo la quale la felicità dipenderebbe da
circostanze fortuite e non sarebbe sostanzialmente soggetta alla volontà dell’individuo. Al
contrario, egli afferma che sarebbe proprio un’attività consapevolmente intrapresa con uno scopo
preciso da raggiungere a indurre nell’uomo la condizione di “flusso”. Presupposto essenziale
dell’esperienza di flow è comunque un certo coraggio nel porsi sfide. Fra queste, Csikszentmihalyi
comprende anche la decisione di abbandonare la confortevole sicurezza della routine quotidiana.

Per chi è infelice?

Chi si trova a vivere un periodo difficile dovrebbe tenere a mente i risultati delle ricerche degli
“psicologi della felicità” e mettere in pratica i loro consigli: evitare gli stress e attuare
cambiamenti interessanti della routine quotidiana sono i migliori presupposti per essere più felici.
Se neanche questo funziona, c’è ancora un ultimo accorgimento: assumere di propria iniziativa
un’espressione distesa e serena del volto. Dato che la mimica ha un effetto di retroazione sui
centri dell’emotività nel cervello, un’espressione gioiosa del volto spesso migliora
corrispondentemente il tono dell’umore.

Il risultato più importante delle indagini attuali della “psicologia positiva” è che i sentimenti di
felicità non sono per loro natura duraturi; però contrariamente a quanto la gente ritiene, è in
nostro potere fare qualcosa affinché tali sentimenti si ripresentino sempre di nuovo.

Sistema neurologico di gratificazione

L’esistenza di questo particolare circuito nervoso fu scoperta nel 1954 dai neurologi statunitensi
James Olds e Peter Milner. Essi inserirono minuscoli elettrodi nel cervello di ratti, per stimolarlo
elettricamente. Gli animali gradivano le stimolazioni tanto che impararono a premere una leva per
auto-somministrarsele. Lo stimolo elettrico, evidentemente, attivava un “centro nervoso del
piacere”, o “della gratificazione”.
Un centro analogo esiste anche nell’uomo, e in esso si distinguono tre componenti principali:
– il nucleus accumbens, un settore del sistema limbico responsabile delle emozioni,
– l’area tegumentale ventrale, nel mesencefalo,
– la corteccia cerebrale prefrontale, posta subito dietro la fronte.

In questo sistema il nucleus accumbens ha un ruolo chiave, tanto che può essere considerato lo snodo
centrale del sistema nervoso di gratificazione. In esso sono presenti neuroni che utilizzano il
neurotrasmettitore dopammina, che costituisce una sorta di interruttore centrale chimico del
desiderio, nonché un elemento fondamentale per l’instaurarsi della dipendenza da droghe.
Il sistema nervoso dopamminergico impiega anche altri due tipi sussidiari di neurotrasmettitori: gli
oppioidi e i cannabinoidi endogeni. Tanto gli oppiacei naturali quanto gli oppioidi endogeni si
legano a recettori specifici nel nucleus accumbens.
Nella corteccia cerebrale prefrontale gli oppioidi trasmettono sensazioni di piacere molto intense.

Studi condotti su persone che praticano il Bungee-Jumping hanno dimostrato che le sensazioni di
piacere provate durante e immediatamente dopo il salto corrispondono a un incremento di 200 volte
del normale livello di beta-endorfine. Anche droghe come la cocaina influiscono sugli oppioidi
endogeni. Le sostanze d’abuso, oltre a un’aumentata liberazione di dopammiro inducono anche una più
massiccia presenza di endorfine nel sistema nervoso della gratificazione. Il sistema dei
cannabinoidi endogeni e stato scoperto non molti anni fa. Cannabinoidi naturali costituiscono le
sostanze attive dell’hashish e della marijuana. Questi composti si legano a specifici recettori
nervosi e inducono così un incremento nella liberazione di dopammina nel sistema di gratificazione.
Come nel caso dei recettori per gli oppioidi, anche alcune altre sostanze endogene si legano ai
recettori per i cannabinoidi. Si tratta delle cosiddette anandammidi, acidi grassi insaturi che
vengono liberati dalle membrane cellulari dei neuroni.

Giovanni Marsicano e Beat Lutz, del Max-Planck Institut fur Psychiatrie di Monaco, hanno da poco
scoperto che queste sostanze hanno un ruolo importante nella cancellazione di vissuti traumatici. È
tuttavia ancora oscuro come questi diversi sistemi di neurotrasmettitori interagiscano nel sistema
nervoso centrale e come producano le sensazioni di appagamento. Da poco si è dimostrato che anche
l’ascolto di brani musicali particolarmente graditi attiva questi “interruttori” del sistema
nervoso.
Quando si assumono droghe, la felicità che se ne ricava è di breve durata: appena è terminato
l’effetto della droga, l’umore precipita. I consumatori si sentono allora come prostrati e
profondamente depressi, una sensazione che rende urgente una nuova assunzione di droga.
Nel caso di tossicodipendenze di lunga data, gli “interruttori” del sistema neuronale di
gratificazione perdono progressivamente di efficienza, tanto che anche alte dosi della sostanza
d’abuso non riescono più a dare quelle sensazioni di euforia che si cercavano. A quel punto
l’assunzione di droga, anziché per aumentare le sensazioni piacevoli, serve solo a evitare i sintomi
fisici di astinenza.

… tutto sommato è molto meglio attivare gli “interruttori” del sistema neuronale di gratificazione
ascoltando della buona musica!

Dove approfondire:

Delle Fave A. (2006), Dimensions of well-being – FrancoAngeli, Milano.
Watzla Wick P. (1997), Istruzioni per rendersi infelici – Feltrinelli, Milano.
Boiron Christian (2001), Le ragioni della felicità – Contenuti e definizioni del piacere e della
felicità: nuove ipotesi – Franco Angeli, Milano.
G.F. Goldwurm, M. Baruffi, F. Colombo (2004), Qualità della vita e benessere psicologico – Aspetti
comportamentali e cognitivi del vivere felice – McGraw-Hill.
Seligman, M. (1992), Helplessness: On depression, development, and death – New York: W.H. Freeman.
M. Csikszentmihalyi (1992), Flow: The Psychology of Happiness – Rider.

© Copyleft

da altopotenziale.it

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *