Riconoscimento o gratitudine, le due ricompense dell’altruista

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Riconoscimento o gratitudine, le due ricompense dell’altruista

05 marzo 2014

Quando aiutiamo un estraneo da cui non possono arrivarci vantaggi diretti, nel cervello si attivano
aree cerebrali diverse a seconda di ciò che aspettiamo dal nostro gesto. Se speriamo che la nostra
generosità sia riconosciuta socialmente, si attiva una regione che sovrintende ai processi cognitivi
di ordine superiore. Se invece siamo convinti che saremo ripagati da una terza persona, in una sorta
di catena di Sant’Antonio della cooperazione, si attiva una regione cerebrale che implementa i
processi emotivi. (red)

lescienze.it

Quando aiutiamo gli altri, lo facciamo perché la nostra generosità sia riconosciuta socialmente o
per ricavarne una ricompensa emotiva, per esempio una manifestazione di gratitudine: lo dimostra un
nuovo studio pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences” a firma di
Takamitsu Watanabe e colleghi dell’Università di Tokio.

Grazie a una tecnica di imaging cerebrale, gli autori hanno scoperto che quando mettiamo in atto due
diverse forme di comportamento cooperativo, denominate rispettivamente “altruismo basato sulla
reputazione” e “altruismo pay-it-forward”, si attivano due differenti aree cerebrali. La prima è il
precuneo dorsale che sovrintende ai processi cognitivi, che ci consentono tra l’altro di valutare il
nostro “sé sociale”, cioè il nostro ruolo all’interno della società e i rapporti con i nostri
simili, e quindi anche di valutare i vantaggi del nostro comportamento altruistico, come per esempio
acquisire una reputazione di persone generose all’interno del nostro gruppo di appartenenza. La
seconda regione è l’insula anteriore, che si attiva invece quando siamo coinvolti da una situazione
in termini affettivi.

Lo studio dei ricercatori giapponesi fornisce un notevole contributo alla soluzione di un problema
fondamentale per psicologi ed evoluzionisti, già messo in luce da Charles Darwin: qual è l’origine
dell’altruismo? Dare un significato evoluzionistico all’altruismo nelle società umane moderne è
difficile, perché può essere a favore di estranei, senza vantaggi diretti: i soggetti che attuano
questi comportamenti altruistici sono fiduciosi che questa generosità “tornerà indietro” con qualche
forma di ricompensa, secondo un’idea di “reciprocità indiretta”.

Gli studiosi in materia hanno definito due tipologie di reciprocità indiretta: la reciprocità basata
sulla reputazione, e la reciprocità pay-it-forward. La prima si basa sull’idea che, in un dato
gruppo sociale, le persone generose godono di un’alta considerazione da parte degli altri, e
occupano solitamente una posizione gerarchica più elevata. La spinta verso la cooperazione sarebbe
dunque subordinata al desiderio di acquisire uno status sociale più elevato mostrandosi generosi, e
si configura quindi come una sorta di “altruismo competitivo”.

Nel caso della reciprocità pay-it-forward, invece, indipendentemente dalla reputazione, un individuo
aiuta gli altri dopo essere stato aiutato da qualcun altro, o perché ritiene che in caso di
necessità potrà usufruire dell’aiuto altrui, in una sorta di ideale catena di Sant’Antonio della
cooperazione.

In quest’ultima ricerca, gli autori hanno studiato l’attivazione delle diverse aree cerebrali di
alcuni volontari impegnati in una serie di simulazioni di comportamenti riconducibili all’altruismo
basato sulla reputazione o all’altruismo pay-it-forward.

Dall’analisi dei dati è emerso che la cooperazione basata sulla reputazione attivava il precuneo
dorsale, una regione del cervello che implementa numerose facoltà cognitive di ordine superiore, tra
cui la valutazione del nostro sé sociale,
direttamente connessa alle aree della ricompensa. In questo senso, l’altruismo basato sulla
reputazione si basa sulla fiducia che saremo ripagati per il nostro altruismo. L’altruismo del tipo
pay-it-forward attivava invece l’insula anteriore, una regione coinvolta nei meccanismi di empatia
affettiva, cioè di coinvolgimento e di partecipazione agli stati emotivi degli altri. In questo
caso, la ricompensa per la persona generosa è di tipo emotivo, e può essere costituita semplicemente
dalla gratitudine della persona aiutata.

www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1318570111

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