Ricordi del discepolo di Yogananda – Swami Kriyananda
di SWAMI KRIYANANDA
IL SENTIERO
Autobiografia di uno yogi occidentale, discepolo di Paramahansa Yogananda
Traduzione di MAURO MERCI
EDIZIONI MEDITERRANEE – ROMA
Un visitatore chiese una volta a Paramahansa Yogananda: “chiamate i vostri templi ‘chiese di tutte le religioni’. Perche’ allora date si’ grande importanza al cristianesimo?”. “Perche’ fu desiderio di Babaji che io lo facessi”, fu la risposta. “Egli mi affido’ il compito di interpretare la Bibbia cristiana e la Bhagavad Gita, o Bibbia indu’, dimostrando che il loro insegnamento e’ fondamentalmente uno solo. Fu questa la missione per la quale venni inviato in occidente”.
Molti occidentali, in quest’era di materialismo, dubitano della verita’ della dottrina di Cristo; anzi, molti dubitano perfino che egli sia esistito.
Paramahansa Yogananda, con l’esempio e con la parola, riporto’ molti agnostici alla fede nella religione cristiana. La sua missione infatti non era di convertire gli occidentali all’induismo, ma piuttosto di dare nuova vitalita’ al cristianesimo. Il suo insegnamento, affermava, era “il cristianesimo originario di Cristo”.
Un giorno, a Boston, gli fu recapitata una lettera in cui si criticava la sua opera di “diffusione” per propagare gli insegnamenti di Gesu’ in occidente. “Non sapete che egli non visse mai e che si tratta di un mito inventato per ingannare la gente?”, insinuava lo scrivente. La lettera era anonima.
Yogananda chiese l’aiuto Divino per poter conoscere l’autore dello scritto. Circa una settimana piu’ tardi visitando la biblioteca pubblica di Boston, vide seduto su una panca nel vano della finestra uno sconosciuto. Avvicinatosi gli chiese: “Perche’ mi hai scritto quella lettera?” L’uomo colto di sorpresa rispose: “Di… che… lettera state parlando?” “La lettera in cui affermavi che Gesu’ Cristo fu soltanto un mito”. “Ma… come fate a sapere che fui io a scriverla?”. “Ho le mie strade” replico’ il Maestro, “e voglio che tu sappia che lo stesso potere che mi ha permesso di trovarti mi consente di sapere con assoluta certezza che Gesu’ Cristo visse e che fu tale e quale la Bibbia ce lo presenta. Egli fu un vero Cristo”.
In un’altra occasione, sempre a Boston, ricevette una ulteriore conferma della realta’ di Gesu’ Cristo. Mentre meditava vide Krishna e Gesu’ che camminavano insieme su un mare di luce dorata.. Per convincere se stesso – come lui disse – o probabilmente per convincere gli scettici, compresi i credenti di spirito settario che si sarebbero rifiutati di immaginare Krishna e Gesu’ a condividere la medesima nuvola, chiese che gli fosse accordata la possibilita’ di una verifica oggettiva della sua visione.
Una voce divina rispose: “Un profumo di loto rimarra’ nella tua stanza”.
“Per tutto quel giorno”, ci narro’ Yogananda, “un’intensa fragranza di loto, ignota in occidente, perduro’ nella mia stanza.
“Cos’e’ questo meraviglioso profumo?” mi chiedevano coloro, e furono molti, che vennero a visitarmi quel giorno.
Seppi allora di aver ricevuto una prova positiva della verita’ di quanto avevo visto”.
A St. Louis il Maestro visito’ un monastero cattolico, del quale gli era apparso in meditazione l’abate come un grande santo. Gli altri monaci furono inorriditi nel vedere fra di loro quel “pagano” dalla veste arancione, ma appena l’abate arrivo’, si affretto’ verso Paramahansaji e lo abbraccio’ con affetto. “Uomo di Dio”, esclamo’, “sono felice che tu sia venuto!”.
I santi sono gli unici veri custodi delle religioni. Soltanto essi infatti traggono la loro conoscenza dalla diretta esperienza della verita’, anziche’ dai ragionamenti superficiali o dalle letture. I santi autentici, di ogni religione, si inchinano alla divinita’ che si manifesta nei veri santi di altre religioni.
Quando Paramahansa Yogananda si reco’ a far visita a Teresa Neumann, la cattolica bavarese che portava sulla sua carne le stimmate, ella gli invio’ un messaggio:
“Anche se il vescovo mi ha proibito di ricevere delle visite senza il suo permesso, accogliero’ con gioia l’uomo di Dio venuto dall’India”.
Anziche’ cercare di cambiarla, Yogananda diede nuovo vigore alla fede di molti cristiani nelle loro Sacre Scritture.
Un giorno un monaco cattolico, ispirato da un colloquio con lui, imploro’ nelle sue preghiere che gli fosse accordata una visione di Gesu’. Il giorno successivo corse da Yogananda con le lacrime agli occhi. “La notte scorsa”, esclamo’ con voce rotta per l’emozione, “per la prima volta nella mia vita, ho visto Cristo!”.
Oliver Wendell Holmes afferma: “Dubitare anche dei propri principi fondamentali contraddistingue da sempre l’uomo civile”. Per contrasto, sostenere la propria fede dogmaticamente vale quanto affermare: “Questa e’ la verita’ che mi basta, e non voglio indagare oltre”.
Il dogmatismo segna la morte di ogni vera conoscenza. Sovente, nella storia, lo si vide ergersi per ostacolare il cammino del progresso e opporsi perfino al buon senso comune.
Esaminiamo alcuni esempi.
Nel 1928 vennero introdotte in Scozia le patate e subito il clero le dichiaro’ cibo immondo, indegno del consumo da parte dei credenti; forse che nella Bibbia si faceva menzione delle patate? Quando furono inventati gli ombrelli, il clero insorse nuovamente in molti paesi denunciandoli come opera del demonio; non afferma forse la Bibbia che “il Padre che e’ nei cieli fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”? (Matteo, 5:45).
Il bigottismo non e’ un’esclusiva dell’occidente. Yogananda dichiaro’ spesso che “l’ignoranza e’ divisa equamente fra oriente e occidente”. In una guida per i pellegrini ai templi del meridione dell’India scoprii una gemma di irrazionalita’. Vi si poteva leggere: “Chiunque osera’ sputare nel tempio rinascera’ per tre incarnazioni successive come uccello tithiri”. (“Cos’e’ un uccello tithiri?”, chiesi a un amico indiano. “Oh, una creatura spregevole”, mi rispose senza scendere in particolari).
“Ed ho altre pecore che non sono di questo ovile”, disse Gesu’. (Giovanni, 10:16). Non potrebbe trattarsi dei fedeli delle altre grandi religioni? Nel decimo capitolo degli Atti degli Apostoli leggiamo: “Dio non ha preferenze di persone, ma gli e’ accetto colui che lo teme e osserva la giustizia, di qualunque nazione egli sia” (Atti, 10:34, 35).
I rigidi osservanti della tradizione religiosa cristiana, che insistono sul fatto che ogni autorita’ si appoggia sulla Bibbia, litigano poi a non finire sul reale significato della Sacra Scrittura. Lutero e Zwingli, gli iniziatori della Riforma Protestante, basarono tutta la loro dottrina sull’autorita’ scritturale in opposizione a quella della Chiesa; eppure erano in disaccordo sui fondamentali precetti biblici.
Il loro incontro a Marburg nel 1529, deciso per risolvere queste divergenze, si trasformo’ in un disaccordo dottrinale e si rivelo’ un insuccesso.. Non deve quindi sorprendere se la Bibbia assume dei significati diversi per ogni lettore. Non e’ dunque ovvio che nella Sacra Scrittura non vi e’ riposta autorita’ alcuna al di fuori della capacita’ di comprensione di chi legge?
Gesu’ disse: “Per questo io parlo ad essi in parabole, perche’ vedendo non vedano e udendo non intendano, nè comprendano. (Matteo, 13:13). Persino dopo avere spiegato la sua parabola, egli disse: “chi ha orecchi da intendere, intenda” (Matteo).
Che cosa determina tale capacita’ di comprensione? Una reale e intima esperienza delle verita’ divine e’ di gran lunga piu’ importante del proprio grado di intelligenza. Come si potrebbero altrimenti riconoscere?
Un indiano d’America nel diciannovesimo secolo, che nulla sapeva di macchine moderne, era convinto che la locomotiva a vapore fosse fatta funzionare da un cavallo ingegnosamente occultato dove in apparenza c’era la caldaia. Molti ecclesiastici, analogamente, mancando di qualsiasi esperienza diretta dell’amore di Dio, sono convinti che Egli sia dispotico e vendicativo. Jean Danielou, cardinale francese, scrisse che la salvezza eterna non e’ garantita dall’esperienza religiosa, ma dalla fede nella parola di Dio. Una fede autentica, tuttavia, senza un certo tipo di esperienza e di un certo tipo di grazia interiore, non e’ possibile. La ragione da sola non puo’ bandire il dubbio.
Solamente il soffio dell’amore divino nell’anima e’ in grado di risvegliare la vera fede nella Sua Parola, (e cio’ e’ l’opposto del fanatismo). Piu’ profonda la consapevolezza – vale a dire l’esperienza – di quell’amore, piu’ profonda la fede.
Usando le parole di Sant’Anselmo, si potrebbe affermare che “chi non sperimenta non sa: poiche’ come sperimentare un fenomeno supera il puro e semplice sentirne parlare, cosi’ la conoscenza dello sperimentatore va ben oltre quella di chi parla unicamente per sentito dire”. La tendenza costante di teologi e ministri del culto digiuni di qualsiasi esperienza spirituale e’ stata sempre quella di interpretare letteralmente quanto invece andava inteso metaforicamente, e “di definire la suprema Realta’, nei termini della loro limitata, umana esperienza della vita. Nella cristianita’ si prova un grande bisogno di un approccio piu’ mistico. A Calcutta incontrai un missionario cristiano che aveva appena visitato la Terra Santa.
Pochi mesi prima anch’io ero stato in Galilea e ancora mi sentivo colmo di beatitudine per l’esperienza che avevo avuto della presenza di Cristo cola’. Immaginando che il missionario ed io avessimo provato la stessa felicita’ esclamai: “Non fu meraviglioso? La presenza di Gesu’ era cosi’ reale che quasi mi aspettavo di vederlo scendere dalle colline”.
L’uomo mi fisso’ intensamente, come se fossi matto, poi brontolo’: “Si, e’ un bel paese con una magnifica storia”.
La comunione con Cristo, ovviamente, non aveva nulla a che fare con cio’ che egli vedeva come la sua missione in India. I cattolici romani, nel corso della loro lunga tradizione, hanno sperimentato i problemi che possono sorgere dall’interpretazione individuale delle Sacre Scritture. La soluzione di questi problemi e’ stata per essi il ripetere che la Chiesa e’ la sola autorita’ in tale materia.
Fu Cristo stesso, affermano, a conferirgliela dicendo: “Tu sei Pietro e su questa pietra edifichero’ la mia chiesa”. (Matteo, 16:18).
La loro argomentazione, pero’, per quanto saggiamente motivata, e’ fatalmente destinata a cadere. Come possiamo sapere, infatti, se Cristo intendeva conferire tale autorita’ ad essi? Per crederlo abbiamo solamente la loro parola. Sostengono con insistenza che, possedendo tale autorita’, essi non possono non aver interpretato correttamente il significato delle parole di Gesu’. Questo non e’ un ragionamento, e’ un circolo vizioso!
La spiegazione data da Paramahansa Yogananda allo stesso passo dei Vangeli e’ completamente differente. Gesu’ disse, stava facendo riferimento alla “chiesa” interiore della coscienza divina. Vide che avrebbe “costruito” questa “chiesa” in Pietro, poiche’ il suo discepolo l’aveva riconosciuto come il Messia vivente e dimostrato cosi’ che la sua vita spirituale era fondata sulla roccia della percezione divina.
Le parole di Gesu’ – qui, come ovunque – avevano un significato individuale, non istituzionale. Tuttavia, in un certo senso, la chiesa cattolica romana e’ nel giusto: l’Autorita’ e’ necessaria in materia spirituale affinche’ non si fraintendano ancor piu’ le Scritture e si rinforzi in tal modo l’ignoranza della gente. Deve pero’ essere un’autorita’ qualificata e non quella di un cieco che conduce un altro cieco.
L’unica autorita’ valida in materia spirituale e’ l’esperienza diretta. Per sperimentare dobbiamo rivolgerci ai santi e non attingere dai commenti di studiosi e teologi eruditi. Lo ripeto: i santi sono gli unici veri custodi delle religioni. “Le parole dei santi”, scrisse San Gregorio del Sinai, “non sono mai in disaccordo le une con le altre, allorche’ le si esamini con attenzione. Affermano tutte, ugualmente, la verita’, mutando saggiamente giudizio su questi argomenti quando cio’ si riveli necessario”. Occorre infatti che le medesime verita’ fondamentali siano variamente presentate, adattandosi alle mutevoli esigenze dei tempi. San Simeone, il Nuovo Teologo, scrisse: “Chi non desidera aggregarsi all’ultimo dei santi (in ordine di tempo), in pieno amore e umilta’, a causa della diffidenza, non potra’ mai unirsi ai santi che lo precedono e non verra’ mai ammesso al loro seguito, anche se egli e’ convinto di possedere tutta la fede e l’amore possibili per Dio e per tutti i Sui santi”. Tutti coloro che conoscono intimamente Dio, infatti, attingono allo stesso lago, per cui rifiutare una qualsiasi espressione del Divino e’ come rifiutare il Divino stesso.
Yogananda prego’ Gesu’ Cristo per ottenere l’assicurazione che stava interpretando correttamente le sue parole riportate nei Vangeli e Gesu’ gli apparve; il santo Graal passo’ dalle sue labbra a quelle di Yogananda, dopodiche’ – come ci racconto’ in seguito il Maestro egli pronuncio’ queste parole di celeste rassicurazione: “Stai bevendo dalla coppa da cui io bevo”
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