Riflessioni sui poteri della nostra mente

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Riflessioni sui poteri della nostra mente

I poteri della mente esistono e non sappiamo ancora come incanalarli verso scopi precisi, ma Alcune
cose impediscono di valorizzare le nostre potenzialità
Come considerare i cosiddetti poteri della mente ? I termini della questione si potrebbero
riassumere nel modo seguente.
A- I poteri della mente sono un’illusione. Semplicemente non esistono: è questa la posizione degli
scientisti e degli scettici. Essi affermano che i fenomeni “paranormali” non sono riproducibili in
laboratorio né osservabili in modo oggettivo: non possono essere quindi ricondotti alle leggi
fisiche e studiati col metodo scientifico e statistico. Ciò non è vero, ma chi nega la realtà
plateale delle scie tossiche, ha atteggiamenti altrettanto ottusi di fronte a manifestazioni meno
evidenti.

B- I poteri della mente esistono, ma è necessario che si raggiunga una massa critica, ossia molte
persone devono manifestare la loro intenzione affinché si ottenga l’effetto Maharishi.

C- I poteri della mente sono una realtà, ma un’interferenza (arcontica?) li riduce drasticamente o
addirittura li azzera.

D- I poteri della mente esistono, ma non sappiamo ancora come incanalarli verso scopi precisi.
Sarebbe dunque necessario superare un ostacolo, una barriera che ci impedisce di valorizzare le
nostre potenzialità. Potrebbe trattarsi di un limite genetico o ontologico. Che esista tale limite è
giusto, poiché uomini scellerati ed egoisti potrebbero a loro piacimento determinare gli eventi.
Questo in parte già accade…

Che il pensiero crei è indubbio: il pensiero (quid misterioso) si traduce in cose, un’idea diventa
un quadro, un racconto, una lirica, un manufatto…; un’intuizione si manifesta in una teoria da cui
dipendono anche applicazioni concrete. Ciò che è nella realtà era prima nella mente: dal semplice
legnetto cui lo scimpanzé toglie i bitorzoli per catturare le formiche al più mirabile capolavoro
della letteratura. Tuttavia l’idea si palesa attraverso un medium materiale: senza di esso rimane
non-manifesta.

Dunque i poteri della mente (telecinesi, telepatia, psicometria, premonizione…) usano un medium
materiale: secondo alcuni ricercatori, la portante potrebbe essere l’etere. Altri, invece,
assimilando il pensiero all’informazione, reputano che l’azione a distanza, l’influsso del pensiero
sulla materia non viaggi su un veicolo concreto, ma che esista un intreccio, uno scambio istantaneo
ed aspaziale, indizio di una nascosta interconnessione di tutti i fenomeni. Essi paiono separati, ma
sono solo diversi aspetti della stessa unità, come tante sfaccettature del medesimo diamante.
Non è comunque agevole trovare questa adequatio intellectus et rei (vedi La frattura) né comprendere
i meccanismi dell’interazione tra pensiero e materia, anche perché ignoriamo sia la vera natura
della res cogitans sia della res extensa. Sono incline a considerare la materia-energia
un’estrinsecazione, una sorta di solidificazione del pensiero, ma ovviamente è solo una mia
congettura. Mi sembra anche che a qualcuno sia sfuggito il controllo della situazione, come quando
l’ingegnere progetta un ponte che, poi, a causa di calcoli errati, crolla.

Nota Corrado Penna a proposito delle potenzialità non-locali della mente: “Se molti uomini
sviluppassero i propri poteri mentali, potrebbero anche affinare l’intuito (un’altra “facoltà
nascosta” della nostra mente) per vedere più chiaramente quello che sta accadendo intorno a loro e
come il potere li stia avvelenando e manipolando. Per adesso, il potere criminale che ci sovrasta ha
fatto in modo che la gente che conosce i poteri della mente non fosse ben cosciente delle logiche di
predominio e sfruttamento delle élites che ci governano (e così abbiamo molte persone che usano la
meditazione e la focalizzazione dell’intenzione su obiettivi limitati), mentre le persone che sono
ben coscienti di come i potenti stiano depredando e sfruttando i loro sudditi, vivono ancora
nell’ignoranza delle proprie potenzialità mentali. Tale divisione credo sia fortemente voluta dai
poteri che ci sovrastano; se un giorno si realizzasse una forte commistione di queste due categorie
assieme ad una rinnovata presa di coscienza della realtà che ci circonda (vedi ad esempio le scie
chimiche) il potere delle élites che dominano il mondo potrebbe iniziare a scricchiolare”.

Insomma, chi conosce l’inganno non usa l’intenzione, chi usa l’intenzione lo fa “solo” per lenire un
dolore o creare una situazione di armonia individuale, laddove, se conoscesse le minacce del
sistema, deciderebbe forse di indirizzare il pensiero per neutralizzarne le azioni nefande o
comunque per migliorare la vita di ciascuno di noi e le condizioni del pianeta. Il problema è, però,
anche un altro: alcuni sono convinti, con la loro logica alla Pangloss, che viviamo nel leibnitziano
migliore dei mondi possibili.

Perché ingegnarsi, se tutto è perfetto così com’è?

Fonte: zret.blogspot.com

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