Sale dell’Himalaya

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Sale dell’Himalaya

Il sale dell’Himalaya proviene dai residui del mare interno creato dal congiungimento della placca
tettonica comprendente l’attuale India, in deriva continentale fra i 100 e i 250 milioni di anni fa.
Sotto la spinta si è formato il sistema orografico dell’Himalaya e col tempo il fondo marino è stato
inglobato da “onde” di roccia che hanno generato pressioni enormi (come è successo a composti di
carbonio quali la grafite, che hanno formato cristalli: i diamanti, ecc.). La struttura di reticoli
ionici supercompressi ha acquisito caratteristiche di estrema compattezza (non si trovano singoli
cristalli cubici nella massa) e di compenetrazione dei componenti, tanto che gli elementi chimici
presenti hanno occupato ogni interstizio disponibile all’interno della struttura e non hanno formato
depositi superficiali labili.

SENZA SALE NON C’E CONDUCIBILITA’. Se si prende un cavo elettrico a due fili e lo si collega con una
spina da una parte e un porta lampade con lampadina dall’altra, si taglia uno dei due fili in un
punto lungo il cavo e si spelano le estremità dei tronconi, si immerge questo tratto di cavo
nell’acqua distillata e si inserisce la spina nella presa, la luce non si accende. Se si scioglie
del sale nell’acqua la lampadina si accende.

Noi viviamo grazie ad impulsi bio-elettrici che sono trasmessi attraverso l’acqua interna di fibre,
nervi, ecc. ed alla conducibilità elettrica di questa, che è determinata dalla sua struttura
molecolare e dalla presenza di sale disciolto.
Perciò senza sale (e acqua) non possiamo vivere. In liquido amniotico, spermatozoi, lacrime, ecc. è
presente una soluzione salina mediamente al 1%. Il sale più importante è quello marino integrale
(cloruro di sodio + oligoelementi associati) che può provenire anche da antichi residui essiccati di
mari scomparsi, inglobati nel terreno (cave di salgemma) come il sale dell’Himalaya.
Poi c’è il sale raffinato (puro cloruro di sodio) e sue varianti con additivi chimici per dargli
particolari caratteristiche, ma su questo ritorneremo più avanti.

L’organismo umano richiede sale da circa 0,2 a 5 grammi al giorno. I reni riescono ad eliminare il
surplus fino a un massimo di circa 7 grammi. La carenza e l’eccesso portano a un malfunzionamento
degli organi. In Europa (stati industrializzati) il consumo (indotto anche dal contenuto di alimenti
conservati) è fra 12 e 20 grammi al giorno (e, per lo più, è sale raffinato). Anche se migliore di
quello raffinato, il sale marino integrale conserva tracce di inquinanti (come presenza
chimica/ionica o in risonanza, anche in assenza di materia fonte). Si dovrebbe usare acqua di mare
prelevata in punti incontaminati.
La salgemma, proveniente da giacimenti minerari (antichi residui marini inglobati nel terreno),
garantisce l’assenza di inquinanti indotti da scarichi industriali e fognari. Tuttavia i componenti
naturali (oligoelementi, ecc.) non sono ben amalgamati al reticolo ionico del sale (NaCl) se non c’è
stata una adeguata pressione da parte delle rocce sovrapposte (miniere polacche, tedesche,
austriache).
Quindi il Sale dell’Himalaya non solo è un sale marino integrale ed è privo di sostanze inquinanti e
delle loro risonanze (si è formato molti milioni di anni fa!), ma le pressioni immense a cui è stato
sottoposto (simili a quelle che in composti di carbonio hanno formato i diamanti!) hanno anche
mutato la sua struttura, inglobando gli oligoelementi in un assieme stabile ed equilibrato che, per
ingestione e contatto, ci trasmette la sua energia vitale e perfettamente assimilabile.

Il sale è un elettrolita (come gli acidi e le basi) con legami di tipo elettrostatico, dovuti cioè
all’attrazione di ioni di carica opposta (Sodio Na+ catione, Cloro Cl- anione: questi fenomeni
nascono da cessioni e da acquisizioni di elettroni fra gli atomi). Il movimento caotico degli ioni
salini nell’acqua consente la conduzione di corrente elettrica ed è fondamentale per i processi
bio-elettrici, quindi per la vita organica e in particolare per il funzionamento del cervello, cioè
la possibilità di pensare (anche inconscia: funzionalità dell’organismo).
Iodati, fluorurati, tiocianati, acidi clorici, polifenoli e sali metallici causano accelerazione
della formazione di nitrosammine nello stomaco (reazione di competizione). Lo iodio è il più potente
catalizzatore di questo processo, aumentandolo di 6 volte. In Giappone se ne fa grande uso (aggiunto
al sale), e si registra il più alto tasso mondiale (25%) di tumori alla tiroide. In altri paesi
diminuisce l’incidenza, in proporzione al minor consumo.
Se gli elementi chimici sono presenti in forma naturale, sono invece metabolizzabili e non danno
problemi (come avviene per le vitamine negli alimenti, in presenza di co-agenti naturali, invece che
nella forma di sintesi).
Dannosi sono anche gli additivi dell’acqua: anidride carbonica (acqua frizzante), ozono,
conservanti, trattamento UV.

SALE RAFFINATO: PERCHE’ NON USARLO

Senza coagenti naturali (minerali/oligoelementi scartati come “impurità”) equilibranti della sua
struttura (reticolo ionico) che è retta da flussi di impulsi elettrici, il sale diviene
“aggressivo”, nel senso che cerca di unirsi a sostanze che gli ridiano equilibrio. Nel corpo umano
trova potassio, calcio, magnesio, ecc., che hanno emanazioni energetiche (onde elettromagnetiche con
frequenze specifiche) in grado di favorire la stabilità energetica della sua struttura.
Per evitare la sottrazione di elementi necessari al processo vitale, il nostro organismo cerca di
eliminarlo, sovraffaticando però gli organi escretori. Quindi, con azione solvente, cerca di isolare
quello che non riesce ad espellere, circondando i cristalli con molecole d’acqua (intercellulare: si
calcola che occorrano circa 23 grammi d’acqua per ogni grammo di NaCl) che lo scompongono in ioni di
cloro e sodio.
Le cellule, private dell’acqua “di servizio”, perdono energia e muoiono. Questo spiega il senso di
sete che danno i cibi salati: il nostro organismo “chiede aiuto”. Bevendo acqua di mare (a parità di
concentrazione) non abbiamo la stessa sete: infatti lì il sale è in equilibrio.
Se però, per quantità, il sale supera queste difese, viene ri-cristallizzato per l’intervento di
proteine animali resistenti all’assimilazione (come alcune presenti nei nostri alimenti) che vengono
trasformate in acido urico che si combina col sale e si deposita in ossa ed articolazioni. Ne
conseguono reumatismi, artrosi, artrite, edemi e gotta (che sono gonfiori da ritenzione idrica),
cellulite, calcolosi renale e biliare, dolori articolari, ecc.

Sale raffinato “arricchito”

Per ripristinare artificialmente la composizione naturale del sale, sono state aggiunte sostanze
alogene come iodio, fluoro, bromo, cloro, ecc. (che nella forma chimica non trasformata dai vegetali
o dallo stato ionico, sono altamente tossiche), polifenoli e sali metallici: tali sostanze
accelerano la formazione di nitrosammine, notoriamente cancerogene/allergeniche.

Additivi per dare miglior “cospargibilità” e resistenza all’umidità
Carbonato di calcio e magnesio, idrossido di alluminio, E535, E536, E540, E550, ecc.
In particolare, l’alluminio tende ad accumularsi nel cervello e pare abbia un ruolo nella maggiore
incidenza del morbo di Alzheimer, in quanto impedisce la sinapsi alle fibre nervose, e quindi
interrompe il flusso del pensiero. (Naturalmente sono corresponsabili le altre fonti del metallo,
come le lattine per bibite, le confezioni per alimenti, le pentole).

fonte: www.progettoscudo.it

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