SCHOPENHAUER – L’ARTE E LA MUSICA

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SCHOPENHAUER

L’ARTE E LA MUSICA

” L’arte si deve necessariamente considerare come il grado più alto, come l’evoluzione più perfetta
di quanto esiste; ci offre infatti essenzialmente la stessa cosa che il mondo visibile; ma più
concentrata, più perfetta, con scelta e con riflessione: possiamo quindi, nel vero senso della
parola, chiamarla il fiore della vita. Se il mondo come rappresentazione non è che volontà divenuta
visibile, l’arte è precisamente tale visibilità resa più chiara; la camera oscura che abbraccia
meglio e con una sola occhiata; è lo spettacolo nello spettacolo, la scena nella scena. ”

L’arte ha per Schopenhauer un doppio valore. Valore teoretico . La ragione, la quale ci consente di
raggiungere le alte vette ed astrazioni della matematica e della fisica, grazie alla quale
abbracciamo gli infiniti spazi cosmici ed oltre, è tuttavia prigioniera del principium
individuationis, non può squarciare il velo di Maya e fornirci una conoscenza concettuale di ciò che
vi è al di là. Dunque il requisito per tale conoscenza è l’evasione, pur momentanea dalla volontà.
Questa condizione è realizzata nella contemplazione, nel rapimento estetico visto che in questa
particolare condizione ci liberiamo momentaneamente degli impulsi della volontà è ciò che l’arte
rappresenta, il puro dato sensibile diventa simbolo, metafora della pura idea che vi soggiace. È
evidente che, essendo la ragione esclusa da tale processo conoscitivo, ed essendo i concetti e le
parole, i mezzi attraverso cui essa opera, non è possibile esprimere con i linguaggi tradizionali
ciò che risiede oltre il mondo dominato dalla volontà. Il linguaggio dell’arte è invece un
linguaggio allegorico, che si esprime per metafore, immagini delle idee. Tutte le arti sono
rappresentazione dei diversi gradi di oggettivazione della volontà dai più bassi del mondo
inorganico fino al più alto: l’uomo.

Tuttavia come ribadisce lo stesso Schopenhauer negli ultimi periodi del §52 lo stesso mondo come
rappresentazione visto dall’asceta che è riuscito a svincolarsi dalla volontà è una visione
rasserenante di quest’ultima e delle sue oggettivazioni sensibili ed ideali. L’arte non fa che
rendere ciò che nel mondo è già visibile (agli occhi dell’asceta) più chiaro ancora, concentrato
nella purezza e perfezione dell’idea. Valore catartico . Partendo dall’assunto che il mondo mosso
dalla volontà è dominato dalla guerra, dagli egoismi e dal dolore e che nessun essere (dal sasso,
all’animale, all’uomo) ne è libero, bensì tutti sono ugualmente destinati alla sofferenza in modo
proporzionale al grado di consapevolezza, la contemplazione estetica, in quanto consente all’uomo di
liberarsi momentaneamente dalla volontà sottrae allo stesso tempo l’uomo alla sofferenza, al ciclo
di dolore (desiderio), piacere (appagamento) e noia (assenza di desiderio) che contraddistingue la
sua condizione. La musica occupa una posizione eccentrica rispetto alle altre arti. Infatti non è
solo rappresentazione, immagine, allegoria di un’idea, ma è l’allegoria, l’immagine, la
rappresentazione della volontà medesima di cui è oggettivazione al pari delle idee. Ad essa vengono
dedicati il §52, ultimo del libro terzo “Il mondo come rappresentazione” nel capitolo “L’idea
platonica: l’oggetto dell’arte” e nel capitolo 39 dei “Supplementi al libro terzo” intitolato “Sulla
metafisica della musica”.

Essendo l’immagine stessa della volontà ci consente di cogliere l’in sé di ogni fenomeno, la forma
pura privata della materia (in abstracto). Ma cos’è la volontà se non impulso cieco e irrazionale,
passione, sentimento? E proprio questo è il linguaggio della musica: il sentimento, contrapposto al
concetto della ragione. Questo esprime la musica quando “parla”: ci racconta la vita più intima e
segreta della volontà, attraverso i gradi della sua oggettivazione, dal mondo inorganico all’uomo,
dalla forza bruta ai più delicati moti e sentimenti dell’animo umano. Schema che visualizza la
concezione schopenhaueriana della musica come immediata oggettivazione della Volontà al pari delle
idee rispetto alle quali si trova allo stesso livello. Così come poi le idee sono ordinate secondo
una precisa gerarchia di consapevolezza che culmina nell’uomo (l’essere che, in quanto dotato di
ragione è fra tutti il più consapevole) e si moltiplicano attraverso le dimensioni spazio-temporali
e causali originando tutti i fenomeni esistenti, così la musica stessa è ordinata in una gerarchia
di suoni di altezza crescente che sono in diretto parallelismo con le varie idee ed i fenomeni in
cui esse si oggettivano e particolarizzano La musica nella sua struttura raccoglie perciò l’intero
mondo. Di conseguenza Schopenhauer procede nella sua analisi metafisica della musica (che
ripercorreremo nella pagine seguenti), instaurando una serie di parallelismi e analogie fra mondo e
musica.

Infatti al pari delle idee la musica è immediata oggettivazione e copia della medesima volontà e
differisce perciò dalle idee solo nella forma. Al pari delle altre arti la musica è in grado di
sottrarci momentaneamente alla sofferenza, ma non solo. Vista la sua natura è in grado di influire
sulla volontà, riproducendo in noi gli infiniti moti di quest’ultima (ruolo che vedremo affidato
alla melodia), il suo incessante ciclo di insoddisfazione e appagamento. Non è tuttavia da ritenere
che per questo motivo perda il suo potere catartico. Infatti non è in grado di farci soffrire
veramente essendo solo pura, distaccata, rappresentazione. Come tutte le arti anche la musica esige
che “la volontà resti fuori dal gioco e che noi ci limitiamo ad essere puro soggetto conoscente” “
Quando, invece, nella realtà con i suoi orrori, è la volontà stessa ad essere sollecitata ed
angosciata, non abbiamo più a che fare con suoni e rapporti numerici, ma siamo noi in persona adesso
la corda tesa, pizzicata e vibrante “.

A cura di www.geocities.com/fylosofya/schope62.htm

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